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Autore: __surpriseme__    13/12/2014    0 recensioni
La disgrazia ebbe inizio in una terribile giornata agli inizi di dicembre. Quel giorno non solo aveva perso il lavoro nella clinica privata dove lavorava come chirurgo, ma la sua adorabile madre l’aveva anche contattata dopo due anni, dicendole di aver finalmente trovato l’ennesimo uomo della sua vita.
Tiffany, il nome della donna, aveva quarant’anni suonati e non si poteva di certo dire che fosse una persona dalle mente brillante e lucida. Infatti, era finita in carcere un paio di volte per possesso e abuso di sostanze stupefacenti quando sua figlia era un piccolo cucciolo da sfamare.
Dopo anni in cerca dell’amore, aveva trovato, secondo lei, l’uomo giusto che sicuramente era più che disposto ad accontentarla in ogni modo possibile ed immaginabile.
E due mesi prima del matrimonio aveva invitato il suo futuro sposo a convivere a casa sua, o meglio di sua figlia, per instaurare un buon rapporto con quest’ultima.
Serena Cooper è il nome della figlia di Tiffany, la fidanzata quarantenne di Harry Styles.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma si può sapere chi é questo demente che viene a scassare le scatole alle sei del mattino?
Sono nella mia camera da letto, vestita con il mio pigiama bianco panna e mi sporgo verso il vetro della portafinestra che si affaccia sulla strada per vedere chi sta bussando alla porta.
Meglio per lui che sia importante oppure…
 
Oh, dannazione.
 
Oggi è sabato!
 
«Il sette verrò a casa per farti conoscere il mio ragazzo, ok?»
 
La voce di mia madre sembra una pugnalata al petto quando ricordo la nostra conversazione a telefono.
Ma diciamoci la verità, io non ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta in cui ho consumato un pasto perché dovrei ricordarmi del suo arrivo?
 
Quando si cade in depressione non si fa caso a quello che accade attorno a noi, vero?
Ditemi che non sono la sola.
 
Non ho dato ascolto alle sue parole, né ho sistemato casa per il loro arrivo. Non ho fatto un emerito cazzo!
Se vogliamo dirla tutta, io nemmeno li voglio in casa mia, perché dovrei aprire loro la porta?
 
Il citofono continua a suonare per conto suo e io dopo varie indecisioni comincio a correre per le stanze cercando di infilare dei jeans e di sistemare il porcile che ho causato in questi giorni di disperazione totale.
 
Fra la mia immondizia ci sono soprattutto bottiglie di birra, che mi hanno aiutata a combattere la terrificante paura di non trovare più un lavoro.
In un attimo infilo una maglietta color pesca e subito dopo mi fiondo alla porta.
 
Ed ecco la mia mamma. In due anni ha perso solo qualche chilo è ha aggiunto delle rughe alla sua espressione. Non posso dire che mi sia mancata dopo avermi lasciata sola con tutte quelle bollette da pagare nella vecchia casa, ma non nego che i miei pensieri non si siano rivolti a lei almeno una volta.
 
E per quanto io passa odiarla per non essere venuta alla mia cerimonia di laurea un anno fa, io le voglio be…
 
«Dove eri finita?!» e afferro una valigia al volo rischiando di cadere a terra.
 
Ho pensato troppo in fretta e non mi sono resa conto di quello che stessi pensando.
 
Cosa mi aspettavo? Che fosse felice di vedermi dopo due anni?
Ma certo che no, il mio rispetto per lei è sparito del tutto quando ha messo piede fuori dalla nostra vecchia casa.
Appoggio l’affare che ho in mano a terra e metto un sorriso sulla mia faccia da appena svegliata. Vedo con la coda dell’occhio la signora che abita di fronte a me che guarda dalla finestra scuotendo la testa e io non posso fare a meno di sorridere. Mi è stata più accanto lei quando mi sono trasferita qui che le persone che fanno parte della mia famiglia.
 
Con i miei stivaletti di pelliccia metto piede fuori. In questi gironi è nevicato e l’aria è ancora umida per questo non riesco a trattenere la tremarella quando il freddo pungente attraversa il tessuto della mia maglia.
 
Saranno giorni da incubo, me lo sento.
 
Mi avvicino al bagagliaio per prendere qualche altra valigia senza fare troppe cerimonie e una persona è piegata in due per prendere un borsone.
 
Ma quante cose si sono portati appresso? Era solo per una settimana o sbaglio?
Spero di non sbagliarmi! Solo sette giorni e poi vanno via. Il tempo di sapere come si chiama questo tizio e poi andranno via.
 
Ed io, non mi sono accorta di star guardando il vuoto. Quando mi riprendo una faccia infreddolita mi guarda sorridendo.
 
«Tu devi essere Serena!» e fa cadere il borsone a terra accanto ai miei piedi e mi abbraccia calorosamente.
 
«Sì» sussurro dopo essere stata rilasciata dall’abbraccio della morte.
 
Il ragazzo mi guarda con quegli occhi vispi e verdi, tanto verdi. È giovane, troppo giovane.
 
«Tu devi essere il figlio dell’uomo che mia madre sta per sposare» dico incredula e tremante.
 
Perché la risposta mi spaventa? Ho paura di sentire un no.
 
«Oh, Tiffany, cara»
 
Mia madre è arrivata accanto a lui che le mette un braccio sulla spalla.
 
«In realtà, lui è il mio ragazzo»
 
E me lo dici così?! Come se nulla fosse?!
 
Prendi un bel respiro, contieni le bestemmie e fa finta di niente.
 
Ordino a me stessa in cerca di un appiglio per non urlare.
 
«Io…» non so cosa dire. Dovrei scusarmi?
Ma no, insomma, quanti anni avrà? Dio, aiutami!
 
«Non preoccuparti, non ti avevo detto nulla a posta» scherza mia madre, ridacchiando. E io faccio una smorfia che dovrebbe sembrare un sorriso.
 
Mi sento quasi male. Stanno per arrivare i conati di vomito.
 
Ingoio la saliva acida per le troppe bestemmie trattenute e prendo il borsone accanto ai miei piedi.
 
«Entrate» sembro sputare acido muriatico, ma non mi importa.
 
Dopo due anni quella sconsiderata di mia madre si permette di venire in casa mia con questo tizio che potrebbe essere mio fratello per quanto è giovane?
Non lo accetto.
 
Continuo a ripetermi che è solo per una settimana, ma non riesco a non pensare che dovrò fingere per tutto il tempo di essere carina e gentile con questi due.
 
Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Io volevo solo una vita normale, con un lavoro normale, con una madre normale che non piombasse nel bel mezzo di una crisi esistenziale con il suo fidanzato perfetto e giovanissimo.
 
Entro nella camera destinata alle mie amiche quando vengono a dormire da me e caccio le due brande aprendole con violenza e posizionandole contro il muro. Devono stare vicine, unite, così possono passare del tempo insieme quando vorranno dormire.
 
«Tesoro, hai spostato un bel po’ di cose» urla mia madre per le scale.

La verità è che non sa dove mettere piede perché non conosce questa casa. L’ho pagata io, con i miei soldi, con i miei faticati e sudati soldini.
 
Esco dalla camera e me la ritrovo nel corridoio. È arrivato il momento di dirgliene quattro.
 
«Senti –comincio- la tua camera è questa, il bagno è quello e la cucina da di sotto accanto al soggiorno. Fa in modo che la tua permanenza qui non diventi un peso per me e per le mie spese. Ho intenzione di essere carina con lui, ma non con te!» parlo indicando le porte una ad una e cercando di mantenere un tono calmo.
 
«Non ho bisogno di altri problemi adesso quindi passata questa settimana ti voglio fuori di qui!» la sua espressione è sbigottita, ma se la ride sotto i baffi come se io stessi scherzando.
 
«Non urlare, Harry è di sotto. Ti spiegherò come agire quando saremo sole» e mi supera entrando nella stanza che le ho indicato poco prima.
 
Come ho fatto a cacciarmi in questa situazione? Ero così emozionata del suo ritorno dopo la telefonata e adesso mi ritrovo a pentirmi di essere stata io stessa a scavarmi la fossa.
 
Dannata me!
 
Con passo pesante scendo le scale e sull’uscio della porta trovo il bastardo che si chiama Harry. Già il nome mi fa schifo, ma non voglio scatenare una guerra per questo. Forse è migliore di lei.
No, merda, non è migliore, se vuole lei come fidanzata, non è per nulla migliore.
 
«Dove posso posare questi?» chiede spaesato guardandosi intorno.
 
«Vieni, ti do una mano» afferro una valigia e le nostre mani fredde si toccano. Che schifo!
Dovrò disinfettarmi dopo.
 
Salgo le scale e gli mostro le stanze così non verrà a scassarmi l’anima quando non saprà dove è il bagno o cose simili.
 
Subito dopo corro in cucina per vedere se c’è qualcosa in frigo e amaramente scopro che è finito tutto.
 
Infilo il cappotto con tutta la calma di questo mondo e avviso mia madre, che sghignazza rumorosamente al piano di sopra, che sto per uscire.
 
Afferro il cellulare che è stato dimenticato una settimana prima sul mobiletto accanto alla porta ed esco controllando le chiamate e i messaggi di Zayn.
 
L’ultimo mi è stato inviato proprio adesso e dice:«Il lavoro non sarà più lo stesso senza te <3»
 
Il mio migliore amico! Quanto può essere dolce?
Mi è stato di grande aiuto nel primo ed ultimo anno in quella clinica. Abbiamo salvato assieme un sacco di pazienti e non poterlo vedere ogni giorno è un trauma bello e buono.
 
Gli faccio uno squillo e lui risponde immediatamente.
 
«Mi do per malato a lavoro, dimmi solo dove sei e arrivo» la sua sembra una risposta di aiuto e io sorrido pensando che potrei invitarlo a pranzo oggi.
Mia madre può portare sconosciuti e trattarmi male in casa mia, ma io posso fare quello che voglio, invitare chi voglio e festeggiare quanto voglio.
 
Questa cosa dei festeggiamenti mi fa venire in mente che forse potrei organizzare una piccola festa per quei due. Giusto qualcosa di intimo (con più gente possibile), qualcosa di calmo (musica ad altissimo volume), in famiglia (il nonno sarà contento di poter rinfacciarle quanto sia stata stupida a lasciarci).
 
Prendo la macchina e rispondo a Zayn dicendogli che mi sto dirigendo al supermercato e che lo invito a cena, promettendogli che per le corsie del negozio gli avrei spiegato tutto quello che sta succedendo in casa mia.
 
 
 
***
 
 
 
«Bellissima» tutto incappucciato Zayn mi aspetta fuori dall’alimentati e allarga le braccia per abbracciarmi stretta.
 
«Bellissimo a te» dico intrufolando la faccia nella sua sciarpa profumata e calda.
 
«Manchi a tutti in ospedale, i pazienti chiedono di te» dice e sorrido perché c’erano anche dei bambini sotto la mia ala guaritrice.
 
«Quel bastardo la pagherà per averti mandata via, ieri ha trovato le ruote della macchina bucate» ride lievemente.
 
«Zayn!» lo richiamo. So che è stato lui e non doveva, ma sapere che l’ha fatto per me mi fa sentire quasi complice.
 
«Non preoccuparti, pensa che siano stati dei piccoli vandali» ride e ci incamminiamo nel negozio.
 
 
 
 
***
 
 
«Bene, fammi conoscere il bastardo e poi sputerò soltanto insulti su quella stronza di tua madre» il mio amico  dopo aver parcheggiato la macchina sul marciapiede, dietro quella di Harry mi raggiunge con tutte le mie buste e mi aiuta ad entrare in casa.
 
«Portiamo tutto in cucina» e mi avvio verso la mia cucina dove mia madre ed Harry ci stanno dando spettacolo.
 
«Non guardare» sento qualcosa cadere a terra e due mani mi coprono gli occhi.
 
«Noi, non stavamo facendo niente» la voce di mia madre e poi la porta sbattere. Zayn è dietro di me ed ha uno sguardo schifato quasi quanto il mio appena vedo il macello che c’è in cucina.
 
«Gesù!»
 
C’è della panna sparsa ovunque sull’isola nel mezzo della cucina. Un cucchiaio di legno ricoperto di cioccolato mi fa inciampare quando avanzo nell’inferno, ma Zayn mi afferra prontamente e poi va a raccogliere le buste di cartone che gli sono cadute per salvare i miei poveri occhi dall’orrore.
 
«E quindi, tu dovresti sopportare le loro scappatelle per un settimana?» mi volto verso di lui e annuisco con la bocca spalancata.
 
«Ti faranno Santa prima o poi»
 
Dopo quest’ultima battuta a cui non riesco proprio a rispondere, puliamo quello che hanno combinato e io sto in silenzio mortificata per quello che non ho visto.
 
Il bancone è pulito e ancora sconvolta comincio a preparare il pranzo. Sono le undici, potrei riuscire a preparare qualcosa di buono anche se la voglia di mettere del cianuro nel pranzo di mia madre è tanta.
 
«Serena, qui ho finito» Zayn appoggia il coltello con il quale ha tagliato le carote in piccoli cubetti sul tavolo.
 
«Sì, grazie» e prendo il tagliere in mano gettando il tutto nella padella insieme alle cipolle che sfrigolano.
 
«Vorrei restare qui per tutta la loro permanenza, ma devo lavorare e non credo che mi daranno una settimana libera prima di Natale»
 
«Lo capisco, me la caverò da sola» e mi abbraccia da dietro mentre con un utensile smuovo le cipolle che stavano per incollarsi letteralmente alla padella.
 
 
 
***
 
 
 
 
«Cosa si mangia di buono?» mia madre, o meglio Tiffany, fa la sua comparsa in cucina seguita dal suo uomo, che in realtà mi sembra suo figlio.
 
Devo sapere assolutamente quanti anni ha.
 
«Siediti e mangia» la sua tipica risposta quando ero piccola era questa ed è il momento di ripagarla con la sua stessa moneta.
 
«Scontrosa la mocciosa» risponde sedendosi davanti a me che sto preparando i piatti.
 
«Ti sto ospitando in casa mia, sono io che do gli ordini qui» dico sbattendole il piatto sul tavolo.
 
«Che ne dite di parlare un po’ di come va il lavoro?» chiede Harry mentre si siede accanto a mia madre.
 
«Oh, bene grazie» dice Zayn sorridendo e accomodandosi a tavola non perdendo mai il contatto visivo con Harry. Il mio amico sembra rapito dalla voce del tizio e posso capire che ho perso anche lui in questa battaglia.
 
Bene, lo accetto, mi va bene così.
 
«Sono un chirurgo ed il mio nome è Zayn» spiega e io perdo la cognizione del tempo fissando il mio piatto e imponendomi di mangiare almeno un po’.
 
«E tu Serena? Dove hai trovato lavoro?» chiede Harry cercando di cominciare un discorso con me.
 
«Sono stata licenziata» e abbasso lo sguardo su quello che stavo per mangiare.
 
«Oh…» vedo le labbra di mia madre incurvarsi in un’espressione addolorata, ma non mi lascio abbindolare. Non ho bisogno della sua pietà.
 
«Serena, lavorava nella mia stessa clinica, ma una settimana fa quel bastardo…»
 
«Zayn» lo fermo prima che possa dire qualcos’altro. Non mi va che lei sappia della mia situazione economica. Troverò un altro lavoro, non c’è bisogno di allarmarsi.
Ho già telefonato in alcuni posti ed ho trovato un buon lavoro in una pizzeria e in un locale, comincerò lunedì, ma per il momento sono in lista d’attesa per sapere se potrò lavorare in un altro ospedale un po’ lontano da qui.
 
«Cosa mi racconti dei nonni?»chiede mia madre.
 
«Nonno, ha intenzione di restaurare una vecchia moto al momento e si gode la pensione come meglio può» le spiego senza aggiungere altro perché quello che potrei dire, lei non lo sa.
 
«E mia madre?»
 
Visto che insisti tanto, lo dirò, ma non sarei mai voluta arrivare a questo.
 
«È morta un anno fa» mentre tu eri a spassartela con chissà chi in chissà quale posto.
 
Il suo sguardo si riempie di lacrime, ma cerca di non farlo notare alzandosi da tavola e uscendo dalla stanza.
Fa bene a vergognarsi. Ho provato a contattarla migliaia di volte, ma non ho mai ricevuto risposta.
 
«Io, vado a vedere come sta» dice Harry alzandosi anche lui.
 
«Lasciala stare, vuole stare sola» e prendo il mio piatto e quello di Zayn, riponendoli nel lavandino.
 
«Senti, io dovrei andare, la mia ragazza mi aspetta per un pomeriggio assieme e vorrei darmi una sistemata» annuncia Zayn. Lo saluto con un bacio sulla guancia e sparecchio la tavola sotto lo sguardo di Harry che non sa cosa dire né fare.
 
«Ti aiuto» poi parla. Prende uno strofinaccio appeso al muro e asciuga i piatti che ho già sciacquato.
 
«Quanti anni hai?» mi chiede ad un tratto dopo minuti di silenzio passato a bagnarmi le mani di acqua calda.
 
«Ventidue, tu? Sempre se posso darti del tu» chiarisco scontrosa.
 
«Non sono poi così vecchio, mi mancano tre anni alla trentina» ride a disagio, ma io non provo a toglierlo dall’imbarazzo perché mi sta antipatico.
 
«Merda»
 
Ventisette anni e quella vuole stare con questo qui? Tredici anni di differenza! Ben tredici, non cinque o sei, ma tredici.
 
Presa dal panico della notizia per sbaglio mi taglio il palmo con un coltello che stavo lavando.
 
«Santo Dio»
 
Questa è più per la differenza di età che perla mano.
 
Il fidanzato di mia madre mi si avvicina e cambia subito l’acqua da calda a fredda e afferra possentemente il mio braccio con la mano per assicurasi che tenga la mia sotto il getto dell’acqua.
 
«Come hai fatto a tagliarti così?» guarda la profondità della ferita. In effetti non lo so, ma fa veramente male.
 
«Ho del filo e degli aghi sterilizzati in bagno, potresti prenderli? Stanno nello specchio»
 
Corre immediatamente e torna immediatamente mentre io bagno uno straccio del mio sangue.
 
«Faccio io, lavoro in ospedale anche io»
 
Oh, fantastico, un medico che vuole insegnarmi il mio lavoro.
Mi mancava solo questa.
 
Però mi lascio aiutare, anche perché sono mancina e con la destra non riesco a fare molto.
 
Ma oltre a questo, non posso dire che mi stia simpatico. Voglio dire, ha dei ricci fantastici, degli occhi verdissimi e bellissimi. L’accenno di barba mi fa venir voglia di accarezzargli la guancia per sentire quanto è ispida. È un bel ragazzo alla fine, non è adatto a mia madre, ma a me.
 
 
  
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