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Autore: Stormix    15/12/2014    0 recensioni
[...] «Benvenuto al Collegio più prestigioso di tutta la contea: The Dixon's.» disse. «Qui impartiamo una rigida educazione a monelli come te, ragazzo mio.» soggiunse infine.
[...] «M-Mi chiamo Danny, signora.» le dissi con quel poco filo di voce che avevo. «Perché mi trovo qui?»
«Sappiamo benissimo chi sei, Danny.» replicò immediatamente ella, portando le mani nelle tasche del camice. «Sei qui perché i tuoi genitori ti hanno assegnato a questo Collegio. Sai, sappiamo di tutte le tue marachelle; sappiamo tutto di te.» Concluse abbozzando un sorrisetto fastidioso e un tantino beffardo.
«P-Per quanto tempo dovrò stare qui?» Domandai rassegnato.
“Fin quanto basterà, Danny.” Ribatté celermente, quasi come se avesse tutte le risposte alle domande che le stavo ponendo.
[...] «Per un po' sarai privato della possibilità di usare le mani; in questa maniera capirai che con esse non si possono combinare sempre e solo guai... come hai fatto fino ad ora.» Mi rimproverò la donna, «Mi auguro che queste orette, sole con te stesso, ti aiuteranno. A dopo.» Finì, per poi voltarsi ed andarsene dalla stanza in compagnia dei due uomini. Serrarono la porta, con due movimenti di chiave, e spensero inoltre la luce.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Per un momento mi trovavo bene, sollevato. Anzi, più che sollevato io stesso, sentivo che il peso che gravava sulle mie spalle fosse incredibilmente più leggero, proprio come se ci fosse stato l'intervento di qualcuno volenteroso che me l'avesse tolto di dosso: Andrew. Metaforicamente, lui aveva fatto la stessa identica cosa, aveva avvertito - almeno secondo me - il mio richiamo d'aiuto, il mio bisogno di compagnia; l'essere umano, fin da quando nasce, cerca il contatto diretto con la mamma, ed è per questo che si spiega il motivo per il quale l'uomo, in tutta la sua vita, coltiva amicizie, amori, odi, sentimenti verso il prossimo, e struttura tutta la sua esistenza in funzione di una seconda persona, perché diciamocelo senza alcun pizzico d'orgoglio: abbiamo bisogno degli altri. La stessa arte, che può essere intesa in tutte le sue sfaccettature: scultura, musica, pittura, se non avesse un pubblico al quale mostrarla, se non avesse qualcuno che esprimesse la propria opinione in base a ciò, se non provasse a dichiarare l'emozioni che ha sentito nel vederla o nell'udirla, be', non avrebbe poi molto senso d'esistere no? Ecco, proprio per questo ora credevo che fosse opportuno mettere da parte la superbia. Chi proclamava di non aver bisogno di nessuno era proprio il primo che necessitava di una mano.
«Sai, non m'aspettavo proprio che un tipo bello grosso come te finisse qui.» proruppe nel silenzio Andrew, forse con un pizzico di sarcasmo, strappando conseguentemente un pezzo di pane, il quale emise una sinfonia di scrocchi, tipici del pane fresco  e croccante; perlomeno il cibo sembrava essere decente.
«Sai una cosa? Neanche io.» risposi chinando il capo verso la scodella contenente una specie di minestra di piselli, annusando con entusiasmo il buon profumo che emanava. Aprii la busta di plastica che conteneva le posate, ed estrassi il cucchiaio fatto con lo stesso materiale, pronto per assaporare il caldo brodo.
«Eppure mi sembra piuttosto strano, sai? Voglio dire... Ti avranno preso come minimo in cinque per portarti qui!» fece Andrew, lodando la mia stazza fisica e facendo cenni con le mani, emulando la "cattura", «Devi averla combinata proprio grossa...» proseguì poi, assumendo stavolta un tono di voce un tantino più serio, e mordicchiando il pezzo di pane a morsi alternati.
«Tu come mai sei qui?» gli chiesi, ignorando il fatto che, molto probabilmente, aveva intenzione di conoscere la motivazione per la quale io ero finito in quell'inferno. Ma la realtà era che... di preciso neanche io ne ero al corrente, non sapevo proprio quale fosse stato il motivo traboccante che avesse fatto prendere questa decisione ai miei genitori, di punto in bianco. Avevo frequentato diversi collegi e diverse scuole di riformazione educativa, ma questa sembrava essere totalmente differente.
«I miei genitori sono morti. Essendo una testa calda, hanno scelto di assegnarmi in questo schifo.» intimò celermente Andrew, come se stesse gettando a terra un mastodontico fardello che gli opprimeva lo sterno, per disfarsene; subito sentii un bollore colorarmi e saturarmi il viso, tant'è che lanciai un colpo di tosse per rompere la tensione.
«Io... Ecco... Mi dispiace davvero, non volevo.» riuscii a dire soltanto, giocherellando col cucchiaio nella brodaglia.
«Ma non preoccuparti! È successo molto tempo fa, non ci faccio neanche più caso. È da quel momento che ho reagito sempre istintivamente contro chi mi dava torto, forse per far sbollire l'enorme rabbia che ho dentro di me.» mi spiegò, e tutto fu molto più chiaro adesso. Avvertii la tensione salire dentro di lui, tanto che strinse la mano destra attorno ai suoi capelli, color nero corvino, come per sfogare il nervosismo che stava accumulando a poco a poco; il suo colore dei capelli era in netto contrasto con la pelle, molto chiara e lentigginosa, al contrario di me, che avevo una carnagione piuttosto scura e i capelli color castano. Andrew non era un tipo molto grande, anzi, direi che era piuttosto minuto, ciò nonostante seppure con la divisa addosso, si potevano scrutare i lineamenti muscolari attraverso la giacca, a testimoniare il fatto che molto probabilmente, restando abbandonato già a quest'età prematura, avesse fatto lavori manuali per mantenersi economicamente. Ero un attento scrutatore, lo ammetto, anche se non sembrava, spesso rimanevo a fissare i minimi dettagli di ognuno, e cercavo disperatamente di trarne ipotesi attendibili sulla loro posizione ed il loro ruolo sociale o meno che fosse. Situazione familiare ok, ma non sapevo ancora quanti anni avesse, per cui pervenne spontaneo chiederlo.
«Andrew, posso farti una domanda un po' fuoriluogo?» chiesi interrompendo il momentaneo ed imbarazzante silenzio.
«Basta che non mi chiedi dei soldi perché non ne ho! Ahah» ironizzò lui, per poi mettere in bocca un grosso e scrocchiante pezzo di pane.
«Oh no no, assolutamente... volevo solo sapere quanti anni avessi.» dissi io, facendo spallucce.
«Ah. Ne ho sedici, te?» mi fece.
«Wow... Be', ne ho tredici io.» ammisi quasi con un lieve briciolo di sconforto, infatti mi sentii per un momento inadeguato e, seppure più grande fisicamente, del tutto fuori dalla portata di Andrew, indubbiamente più maturo di me. Nel suo volto comparve un'espressione di stupore piuttosto accentuata, tanto che alzò in maniera spropositata le sopracciglia; mi aspettavo, naturalmente, che mi mandasse a quel paese per andare da coloro che avevano la sua stessa età. Tuttavia, paradossalmente ed in maniera del tutto inaspettata, ciò non avvenne, anzi. Il ragazzo sorrise spontaneamente, e tornò a guardarmi dritto negli occhi.
«Che dire... Sei il tredicenne più grosso che abbia mai visto!» mi fece, porgendomi il pugno ed aspettando che glielo toccassi col mio, in chiaro segno d'amicizia e stima reciproca. Anch'io risi volentieri e, dopo aver ricambiato il gesto, aprii il pacchetto di crackers integrali per inzupparne uno in quel brodo vegetale davvero gustoso; forse perché avevo una fame allucinante, allora la mia papilla gustativa percepiva tutto molto più buono.
«Sei di qui o vieni da un altro paese? Nel caso in cui venissi da fuori, ti prego, spiegami anche dov'è collocato geograficamente il luogo perché non sono proprio un asso in questa materia...» sboccò nel secondo silenzio imbarazzante Andrew, con visibile e voluta ironia, aspettando una mia risposta con percepibile ansia.
«Oh sì sì, sono della zona. E te, da dove vieni?» gli domandai a mia volta io, porgendo lo sguardo sul suo immancabile pezzo di pane, che teneva in mano ormai da diverso tempo, dato che sembrava mangiasse mantenendo un ritmo piuttosto moderato. Meglio così, ora capisco perché aveva un fisico così slanciato.
«Anche io sono di qui, ma non ti ho mai visto! Giuro.» mi fece, mordicchiando la crosta della rosetta. Diedi un accenno di sorriso, e voltai il capo istintivamente verso le finestre, nella parte opposta alla nostra. Il paesaggio che si vedeva al di fuori era alquanto triste, poiché essendo periodo autunnale, i pochi alberi che circondavano il perimetro del giardino collegiale erano spogli e di diverse colorazioni caratteristiche della stagione, e s'intravedeva raramente qualche piccolo passerotto che andava a rifugiarsi in un posto caldo. D'un tratto piombò nella mensa un silenzio tombale, si udivano soltanto dei sussurri che mantenevano un volume sonoro molto basso, i quali tuttavia nel silenzio riuscivano ad echeggiare, tanto che percepii anche qualche parola sconnessa: "Ora... picchiano... botte...", era questo tutto quel che riuscivo a comprendere, e a cosa si riferivano di preciso? Voltai il capo diverse volte, in cerca di prove, fin quando non si manifestò palese una vicenda preoccupante: due ragazzi, di un apparente uguale altezza, o così almeno riuscivo a vedere, ma di stazza completamente differente - uno di loro era molto grasso, mentre l'altro slanciato - si stavano spintonando fra di loro, offendendosi reciprocamente, lanciando anche invettive molto pesanti, che alludevano alle proprie madri - atteggiamento che non afferravo proprio, ma sorvoliamo - e cercando in tutti i modi di alzare le mani. D'un tratto, il ragazzo grasso mollò un mancino micidiale sul mento del rivale, che cadde rumorosamente a terra, sbattendo con violenza la testa... successe il caos. Urla, movimenti, tutto fu fomentato da quel gesto, finché non si udì un assordante fischietto che incitava al silenzio, il quale però non pervenne, e finché non vennero in fretta e furia lo staff dell'istituto; due uomini abbastanza grandi divisero i due, mentre l'infermiera soccorse in fretta e furia il giovane svenuto. Per un momento non capii più niente, tutto ciò che era razionale stava andando a farsi benedire per lasciar spazio all'istinto, tant'è che iniziai a gridare senza apparente senso logico anche io, e Andrew seguì la mia rotta, o forse io seguii la sua, ma non ha importanza. Fatto sta che fu il panico più totale.
La situazione migliorò non appena i due riottosi ragazzini avevano abbandonato la mensa, quello svenuto portato in braccio da uno dei due omoni, mentre l'altro grasso per le orecchie in presidenza.
«Meglio che ce ne andiamo di qui, tanto hai finito di mangiare, no? Coraggio, seguimi.» mi disse improvvisamente Andrew, mormorandomi quella proposta allettante nell'orecchio, per via del chiacchiericcio che ancora non s'era del tutto estinto. Annuii col capo, senza replicare in alcun modo, forse perché ero ancora scosso dalla vicenda. 
Uscimmo dalla mensa in fretta e furia, fra la mastodontica mole di ragazzini che s'accingevano a spintonarsi al fine di uscire per primi; ma che senso aveva una cosa del genere? Non lo sapevo.
Camminavamo, a passi moderati e mantenendo un ritmo costante, mentre la curiosità di sapere quale fosse la destinazione cominciava a saturarmi la testa.
   
 
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