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Autore: Achernar    15/12/2014    3 recensioni
“Ma lui è morto, Yugi. È morto!” ormai le lacrime scorrevano senza più un freno dalle sue guance e Anzu scuoteva la testa freneticamente. Non avrei dovuto alzare la voce, non avrei dovuto alzarmi di scatto dal divano. Non avrei dovuto lasciare quel maledetto dito sulla scrivania.
“No, non è morto finché non lo dico io!” ho urlato.
Non avrei mai dovuto lasciarlo andare.
Genere: Dark, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E la Ache riappare in sezione!

In genere preferisco non pubblicare una storia prima di averla finita, stavolta però ho deciso di fare un'eccezione, sperando che questo mi aiuti a scrivere più velocemente (ho una marea di progetti da finire!), e poi era da un po' che desideravo scrivere una storia molto dark su Yugi e Yami. Questa ficci è ambientata in un postcanon diverso da quello a cui mi ispiro di solito. Sono sicura che Yugi superi pacificamente il distacco da Atem per poi diventare, come si vede in GX, grande e sicuro di sè. Ma questa visione non avrebbe funzionato per questa storia, perciò mi sono presa una piccola licenza poetica e ho deciso di buttare giù la mia idea. Non so quanti capitoli verranno fuori, credo sulla ventina ma è troppo presto per dirlo, tutti quanti comunque saranno abbastanza brevi.

Ciò detto, buona lettura!

So hard to let go, and I still hear the sound of your voice singin’ in my head.
I can’t surrender ‘cause the rope’s slowly coming apart but hangin’ by a thread

4 giugno 1998, Domino
Caro diario,

Non riesco a credere che ce ne siamo andati davvero.

Prima lui, poi noi.

È tutto un continuo partire, e Anzu che dice che nessuno di noi ha a disposizione un biglietto di ritorno. Vorrei che la smettesse con le sue parole di sostegno e i discorsi sulla solidarietà e la forza d’animo. Non aiutano. Per niente. Quando penso alla Valle dei Re… sento le lacrime bruciare sotto le palpebre, e ogni tentativo di fermarle è inutile. Ma poi mi rendo conto che forse Anzu ha ragione e le sue parole mi fanno ancora più male, e le odio perché sono vere. Non torneremo più in Egitto. Io non tornerò in quel posto, a scavare sotto le macerie della sua tomba come un terremotato, alla ricerca di qualche brandello di ossa da dissotterrare.

Lasciare l’Egitto è stato come scrivere la parola fine su tutta la nostra avventura. Chiaro, a lettere pesanti, incise nel piombo. Fine. Una scatola in cui chiudere due anni di vita, il soffitto della sua tomba a farne da coperchio. Come il sigillo nel contenitore del gioco del drago, a cui abbiamo rischiato la vita in uno dei suoi primi giochi, quel sigillo che non va mai tolto. Anche la nostra storia è stata sigillata per sempre adesso.

Il mio nuovo compito ora è crescere e dimenticare. Questo è quello che tutti si aspettano da me. E che tutti stanno provando a fare. Ma io non ho intenzione neanche di provarci, perché non voglio correre il rischio di riuscire a dimenticare. Io non devo dimenticare mou hitori no boku. È questo il mio compito, così come lo è stato impedire a lui di dimenticare il suo passato.

Devo solo trovare un modo per farlo.

Oggi è il mio compleanno, e mou hitori no boku non era con me. Ne abbiamo passati solo due insieme di compleanni, io e lui, eppure ho sentito come se mancasse una parte fondamentale di me stesso, come se al compleanno di due fratelli gemelli, uno dei due fosse assente. Non si può festeggiare a metà, non ti pare, diario? Mou hitori no boku mi ha lasciato proprio una manciata di giorni prima del mio diciassettesimo compleanno. Era il primo giugno. Alle cinque di sera.

Non dimenticherò mai quella data.

Ma devo trovare un modo per non dimenticare. E l’unico che mi viene in mente è riavere qui mou hitori no boku. Non posso dimenticare con lui vicino.

Devo trovare il modo.


It’s worth defending a tiny glimpse of what it would take to make us better

7 settembre 1998, Domino
Caro diario,

Non posso più accumulare assenze, mio nonno mi ha praticamente costretto a tornare a scuola. Dice che non ho il diritto di buttare vi un intero anno scolastico, che mou hitori no boku vorrebbe che io reagissi, che in fondo se ne è andato perché io ero pronto a vivere per conto mio e che io dovrei comportarmi in modo da renderlo fiero di me. Così adesso mi sento anche in colpa…

Sono tutti così, tutti a dirmi quello che lui avrebbe voluto, quello che lui avrebbe detto. Sono degli ipocriti. Oggi l’ho urlato in faccia a mio nonno quando mi ha visto rifiutare la cena per l’ennesima volta. Mi ha guardato con i suoi occhi viola scuro, mi chiedo da quando quelle rughe abbiano cominciato a circondarli in quel modo… mio nonno sembrava più giovane qualche mese fa… anche il suo sguardo, era spento, addolorato… Ma siamo invecchiati tutti nel giro di una sola estate, no? Perché dovrebbe importarmi più di tanto… Loro non hanno idea di cosa passasse per la mente di mou hitori no boku, non hanno idea di cosa significasse essere lui, essere me. Perché noi eravamo la stessa persona. E io adesso non sono più completo. Se solo il puzzle esistesse ancora sarei sicuro che per ricostruirlo dovrei costruire anche dei nuovi pezzi. Metà di loro se ne sono andati via con mou hitori no boku.

Sono passati solo tre mesi…

I miei amici sembrano stare bene. Hanno superato il distacco da lui e hanno superato il ricordo di tutto ciò che di brutto c’è stato in questa avventura. Tutte le volte che abbiamo rischiato di morire, tutte le volte che abbiamo rischiato la vita, ci siamo macchiati noi stessi le mani… le mie mani sono macchiate. È sangue, è sudore, sono lacrime. Ma non mi importa se non sono mie ma di mou hitori no boku. È come se appartenessero anche a me. Perché noi eravamo la stessa persona. E ciò che fa più male è che lui non l’abbia capito. Quando mi ha detto che io ero l’unico Yugi Mutou al mondo…

I miei amici stanno provando ad andare avanti, il nonno sta andando avanti e il mondo anche. È sempre così egoista il mondo, sempre ad andarsene per la sua strada. Tutti quanti lo hanno dimenticato. Ma io no, io non devo. E forse ho trovato il modo.

Oggi in classe Jonouchi è entrato con un numero di una nuova rivista, il titolo era in americano e purtroppo non riesco a ricordarlo, ma ricordo benissimo un articolo all’interno del giornale. Uno scienziato del Delaware dal solito nome impronunciabile è in lizza per il Nobel per un’importantissima invenzione: il primo microchip pensante. Se fosse vero, non riesco neanche a immaginare la rivoluzione che questa scoperta potrebbe portare al mondo intero. Mi interesso di tecnologia di tanto in tanto, in genere solo per ciò che riguarda l’industria dei giochi, che negli ultimi anni è progredita in maniera spaventosa. Se solo mou hitori fosse ancora qui ci divertiremmo un sacco a provare tutto ciò che la tecnologia ha da offrire.

Ma ora penso di aver capito come fare. Per non dimenticare mou hitori no boku… devo solo riportarlo indietro.


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