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Autore: Lilu_wolf    16/12/2014    2 recensioni
(Prologo all'interno)
Come tutte le avventure, questa storia parla di una normalità dietro la quale si cela la magia.
E l'amicizia più forte che ci sia... Ma questa volta i protagonisti hanno la possibilità di scegliere.
DAL TESTO
-Sei uno di loro, vero?- silenzio, silenzio, silenzio.
-Si- disse alla fine. Una sorta di brivido mi trapassò la schiena.
-E cosa sei in grado di fare- domandai, avvicinandomi.
Lui si sporse verso di me
-Molto più di quanto immagini- sussurrò
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2: Tempesta


-Virginia spicciati, dobbiamo andare!
-Sono le sette del mattino, c’è tutta questa fretta?!
-Dai, mamma e papà sono già in macchina!
-Sto chiudendo la valigia. Maglioni li metto?
-Ma che ti frega, muovi quell’elegante sedere da ballerina che ti ritrovi!
-Che palle, Nico, non rompere i coglioni, arrivo.
Montai in macchina, verso le sette e un quarto del mattino. Ero di pessimo umore, così non notai subito il comportamento dei miei genitori. Erano tesi, rigidi, preoccupati. Io e Nico chiacchierammo normalmente. Infondo eravamo molto legati, anche se non sembrava. Io ero sempre stata la migliore in tutto. Nella scuola, nello sport, ero anche popolare tra gli amici, ero carina.. Anche Nico era molto carino. Aveva i capelli biondi, e ricci, occhi verde-azzurri, e pelle ambrata. In effetti non potevamo essere più diversi. Non avevamo preso nulla dai nostri genitori. Mia madre aveva i tratti spigolosi, occhi castani e capelli scuri. Mio padre capelli brizzolati e gli occhi neri. In effetti non capivo come eravamo potuti nascere noi. Sbirciai dal finestrino. Grosse nuvole di addensavano in cielo. Si preannunciava una tempesta coi fiocchi.  La strada correva sotto gli pneumatici della nostra  auto. Osservai la strada, e mi sembrò di vedere un cane che correva tra gli alberi. Poi mi addormentai.
Arrivammo alle sette di sera. La casa era in legno, e dava l’impressione di qualcosa che si può sfracellare da un momento all’altro. Ma in realtà non era così. La casa reggeva da oltre un secolo, era stata rifugio di partigiani, e mio padre vi aveva passato l’infanzia. Era una casetta di appena con quattro stanze: un piccolo bagno, salottino con angolo cottura, camera di mamma e papà, camera mia e di Nico, con un lettone matrimoniale. Ma i mobili sono intagliati a mano, il legno rende tutto fresco d’estate e caldo d’inverno, e abbiamo anche un piccolo camino. Inoltre la casa è in una pineta, proprio tra un campo di grano, e prima di un sentiero roccioso che conduce al lago. Alla fine poteva anche essere una bella casa…
Quella sera mangiammo pollo arrosto comprato al negozio nella frazione più vicina. Poi papà provò ad accendere il camino. Non faceva così tanto freddo, eravamo a novembre, ma il fuoco rendeva tutto più casereccio ed invitante. Sbuffai, avvolgendomi in un maglione. Non avevo voglia di stare lì. Uscii dalla casa, e decisi di andare al lago. Era tutto silenzioso, e lo sciabordio delle acque mi rilassò ulteriormente. Presi il mio taccuino, per tentare di comporre qualcosa. Ma non feci in tempo a scrivere nemmeno una nota, che vidi una scintilla dall’altra parte del lago. Aguzzai la vista. Il bagliore si ripeté. Infondo la riva non era così lontana. Guardai verso casa mia. Ma si!
Sfrecciai sulla sabbia, muovendomi più silenziosamente possibile. Mi ci volle un quarto d’ora per arrivare. Ma alla fine giunsi al boschetto dall’altra parte del lago. Mi nascosi dietro un sasso, e avanzai strisciando. Fortunatamente avevo il maglione nero e i pantaloni della tuta, quelli militari, per cui fu facile mimetizzarmi. Strisciai verso il bagliore fino ad arrivare in uno spiazzo. Là li vidi: otto ragazzi davanti al fuoco. Chi erano? Che ci facevano lì? Sembravano in ascolto. Una figura aveva le mani tese verso le fiamme, come se si stesse riscaldando. Ma mi accorsi che il fuoco seguiva i suoi movimenti. All’improvviso una figura che non intravidi bene, corse verso i ragazzi
–Stanno arrivando- annunciò.
-Bene!- a parlare era stata una ragazza con i capelli  scuri, vestita di nero. Si alzarono di scatto, e sfrecciarono verso il bosco.
Mi allontanai, poi corsi dietro di loro. Chi stava arrivando? Sentii qualcuno prendermi alle spalle, e mi voltai, trovandomi davanti..
-Tu?!- il ragazzo con gli occhi neri mi mise un dito sulle labbra
-Ssh- sibilò.  Poi, sempre tenendomi per le spalle, iniziò a camminare rapidamente. Arrivammo alla radura dove il fuoco crepitava ancora
-Ascoltami bene, ragazzina, e non interrompermi. Qui è molto pericoloso. Ora tu vai a casa, e ti garantisco che nessuno ti farà del male, okay? Ma devi tornare a casa. Perché potresti rimetterci la pelle- parlò quasi sussurrando, ma riuscii a comprendere ogni sua parola. Annuii spaventata
-Bene. Vai!- e con quest’ultima parola, mi spinse, lasciandomi. Iniziai a correre, verso casa. Corsi senza fermarmi, e sbattei la porta di casa col cuore che mi esplodeva nel petto.
-Virginia tutto okay?- chiese mia madre
-Si, si. Sono solo stanca- mentii. Poi diedi la buonanotte a tutti, e andai in camera mia. Mi sdraiai sul letto, infilandomi l’Ipod. Sussultai. Avevo dimenticato il mio blocco in riva al lago. Beh sarei tornata a prenderlo il mattino seguente. Poi rimasi sveglia, a fissare il soffitto, fino alle quattro di notte, prima di cadere in un sonno privo di sogni.
   ❉❉❉


Quando mi alzai, quella mattina, vidi che Nico era già uscito, lasciando al suo posto le coperte, per il possesso delle quali aveva lottato tutta la notte, aggrovigliate e gettate sui cuscini, come onde che si abbattono sugli scogli,  per ghermirli e portarli con se nelle profondità oceaniche. Spinsi indietro le coperte, e i miei piedi incontrarono lo scendiletto peloso. Avevo dormito poco e male quel giorno. Mi chiesi dove fossero tutti, e poi ciabattai in cucina, per prendere qualcosa. Mi ero quasi rassegnata a mangiare latte senza cereali, quando un frastuono irruppe in cucina. Il frastuono in realtà era un “Auguri!” urlato con enfasi e scoordinazione. Mio padre aveva in mano una torta. Sbattei le palpebre, prima di capire. Era il sei novembre. Porca paletta. Era il mio compleanno.
Il mio primo impulso fu quello di urlare che mi avevano trascinata nel bel mezzo del nulla il giorno dei miei sedici anni. Mi sentii male pensando a quanta gente poteva avermi chiamato, ma li non c’era ne wifi ne segnale. Poi vidi mio padre. Aveva le nocche bianche, e mi guardava ansioso. Mia madre aveva un grosso paio di occhiaie, e le tremava il labbro. Cosa stava accadendo ai miei genitori?!
-Uhm… grazie, me ne ero scordata- dissi
-Ehi, hai sedici anni, non centosedici. Sei un po’ giovane per rimbecillirti
-Sta zitto, Nico.
Infondo erano solo sedici anni. Potevo sopravvivere… vero?
-Beh, io e la mamma andiamo- annunciò mio padre –Divertitevi-
Così io e mio fratello restammo soli.
-Okay, cosa vuoi fare?- chiesi. Lui sorrise enigmatico.
Fu così che passai il mio sedicesimo compleanno a fare pazzie con mio fratello di dieci anni.
Giocammo nel campo di grano, intrecciammo una corona, tentammo di fare un’altalena, e riuscii anche ad arrampicarmi su un albero. Quando venne l’ora di pranzo, scendemmo al lago con due panini fatti in casa. Non trovai il mio taccuino, e fu un brutto, bruttissimo colpo. Ma non vi fu tempo di pensarci. Infatti verso le tre di quel pomeriggio iniziammo a vedere  i nuvoloni ammassarsi sul bosco. Solitamente quelle nuvole erano solo passeggere, per questo non ci badammo. Ma un’ora dopo, le prime gocce di pioggia ci colsero sulla riva del lago. Nei cento metri che ci separavano dalla casa si trasformò in una bufera. Sembrava il secondo diluvio universale. Temetti che la casa non avrebbe retto. Nico sobbalzò, quando una finestra si spalancò. Era terrorizzato.
-Sai, da piccola avevo paura dei temporali- mormorai, guardando la pioggia. Nico mi ascoltava incantato
-E come l’hai superata?
- Beh, l’ho trasformata. Facevo finta che fosse un grosso pianoforte. I tuoni erano le note profonde, e le gocce di pioggia sembravano uno xilofono- ridacchiai
-Non serve cambiare, essere più coraggiosi. Se non vuoi cambiare te stesso..-
-Cambia il mondo!- concluse trionfante lui. In quel momento  i miei tornarono a casa trafelati
–Mai vista una tempesta così!- esclamò mio padre.
Il resto del pomeriggio decisi di parlare a Nico del mio sogno, e di tutto quello che era successo quei due giorni. Dovevo dirlo a qualcuno. Lui si fece descrivere quello strano simbolo, e poi rimuginò attentamente
-Non è la prima volta che lo sento.. ti farò sapere- mi promise. 
L’ora di cena arrivò poco dopo. Non eravamo potuti andare al ristorante, ma i miei avevano fatto una grossa spesa, e mangiammo tutti a sazietà.  Infine, al  momento della torta, Nico si scusò, e corse a prendere una certa cosa.
 -Così ti perderai la soffiata delle candeline- rise mamma. Ma era tesa, e la vidi stringere la mano a papà. Cosa stava succedendo? Mi chiesi per la millesima volta. In quel momento tornò Nico, con una cosa in mano, che mi porse.
 –Ecco. Auguri sorellina!- esclamò, consegnandomelo
 –Un bracciale! Lo hai fatto tu?- domandai, guardando le linee di cuoio che s’intrecciavano in un bellissimo nodo celtico. Sopra c’era una piastrina in legno, con il simbolo di cui gli avevo parlato, e una scritta “Change the world”
 -Grazie Fratellino!- dissi, abbracciandolo. Le candeline furono accese, e quando mi dissero “esprimi un desiderio” chiusi gli occhi e soffiai. E la luce si spense.
Restammo completamente al buio. Mia madre impazzì. Letteralmente
 –Giovanni..- sussurrò
–Gio... James!!- urlò poi, in preda al terrore, singhiozzando, chiamando papà. Mio padre ci strinse, sussurrando a mia madre
–Cora, sono qui, i bambini sono qui, non accadrà null..- non fece in tempo a dirlo, che un tuono spalancò la finestra. Un attimo dopo, mi ritrovai sbalzata per aria. Travolsi il tavolo, che mi colpì dolorosamente la schiena, gettandomi in un angolo del salotto. E guardai senza fiato il tronco della pianta. Era un tronco, dal quale si sprigionavano sette fasci di braccia puntellate con aghi enormi. Una pianta, un cactus. Che roba era?! Mi passai la mano dietro il collo, e vidi che era sporca di sangue
–Non muovetevi! È cieca, vi vede solo se vi muovete!- gridò mio padre. Come cacchio lo sapeva? A quel punto, restammo fermi. Mia madre si lasciò scappare un singhiozzo –Restate. Fermi- scandì papà. La mamma tremava, e la pianta l’aveva puntata. Nico sussultò. E tutto successe in un attimo. La pianta si scagliò verso di lui, come una furia.
 –NO! NICO!- urlò mia madre, slanciandosi verso mio fratello
 –Mamma!- esclamò lui, cercando di raggiungerla. Era un grido netto, quasi di avvertimento. Ma la pianta l’afferrò per la vita, ed iniziò ad inabissarsi
–Nico!- urlai
 –Virginia!- gridò Nico in risposta. Tastai il pavimento, e la mia mano si chiuse sul manico di un coltello da cucina. Tutto diventò sbiadito da allora. In pochi secondi agii. Un attimo prima ero schiacciata contro la parete. Dopo un secondo ero in piedi, col coltello in mano. E poi mi trovai ad accoltellare il tronco di una pianta gigante. Un liquido verdastro mi macchiò il maglione che iniziò a strapparsi. Acido corrosivo. Mi sfilai velocemente quello che restava del mio maglione preferito, e continuai. Con la forza della disperazione, puntai alle radici della pianta.  Stavolta infilai il coltello a fondo, tentando di salvare il mio Nico
–No, Virginia!- urlò mia madre. La pianta esplose. Schizzò in tutte le direzioni, sfondando la casa. Venimmo sbalzati fuori, e sbarrammo gli occhi: la pioggia infuriava, ma questo non aveva impedito agli alberi di prendere fuoco –Fuoco- mormorai. La pianta, intanto, era stata coperta. Da un altro essere orrendo. Aveva tre zampe, una più grande, solcata da vene bluastre, che la sosteneva, le altre due più sottili. Il tronco era tozzo e di forma allungata, coperto di squame, al contrario della testa piumata, dove faceva capolino un occhio, e due bocche, di forma grottesca. Era una sorta di incubo vivente. Si parò davanti a me, e non potei far altro che brandire il coltello, e agitarlo come una spada. Il mostro aprì una sorta di voragine nera, e la pianta che teneva il mio fratellino, iniziò ad affondare lì dentro
–No. No!- strillai, avventandomi contro quella creatura. Non potevo permetterlo. Schivai una zampata, e infilzai la seconda zampa, che sembrava coperta di pelle. Il mostro si chinò in avanti, ed io scivolai tra le sue zampe, fino a raggiungere la pianta –Nico!- urlai
–Virginia- pianse Nico. Tesi una mano, eravamo vicinissimi. Lui allunò la sua più che poté. Mi tesi, sforzando ogni singolo muscolo per raggiungere il mio fratellino. Ma il mostro si riprese, e mi scaraventò via con una zampata. Mi aggrappai a lui, e finii sul suo capo pennuto. Capii che non potevo fare nulla. Oppure..                                                               
Presi lo slancio, e mi gettai nella voragine nera                                                                                                                  
-Virginia! - udii una voce, e mi scontrai con qualcosa di nero e peloso. E poi svenni.

 

(Ma perché cavolo quando penso al padre di Virginia mi viene in mente mio zio Marco? Che poi mio zio è un figo, mentre il padre di Virginia è un cesso X'D AD ogni modo ringrazio Kamala_Jackson e.. Seth :3 per aver recensito. Marty per aver letto. Non far finta di nulla, sai che parlo di te. Velim ti saluta ;) Poi.. Amisa per averla messa nelle preferite, e Zampa di Lupo per avermi messa nelle seguite.. Ma che nomi fighi che avete! Comunque alla prossima.. E CAMBIATE IL MONDO! Zoe)
   
 
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