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Autore: Lilu_wolf    08/09/2014    3 recensioni
(Prologo all'interno)
Come tutte le avventure, questa storia parla di una normalità dietro la quale si cela la magia.
E l'amicizia più forte che ci sia... Ma questa volta i protagonisti hanno la possibilità di scegliere.
DAL TESTO
-Sei uno di loro, vero?- silenzio, silenzio, silenzio.
-Si- disse alla fine. Una sorta di brivido mi trapassò la schiena.
-E cosa sei in grado di fare- domandai, avvicinandomi.
Lui si sporse verso di me
-Molto più di quanto immagini- sussurrò
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elios

Cavalieri del Sole
 
 
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 Prologo
Questa storia parte da un sogno che ho fatto molto tempo fa, a dicembre 2013. È uno di quei sogni che ti colpiscono come un flash, per poi svanire lasciando solo qualche piccolo indizio. Ma ho deciso di cambiare il corso delle cose. Così, stamattina, ho trovato due paginette redatte di corsa, con una biro blu mezza scarica. C’erano i tratti essenziali di questa storia, che mi piacerebbe continuare. Perciò, senza indugio, inizierò a scriverla. La protagonista si chiamerà Virginia. Virginia è una ragazza abbastanza normale, forse non la classica sfigatella, pensavo di farla più popolare, e conosciuta... dunque, questa Vì, visitando un museo, si imbatte in qualcosa. A causa di questo evento, e di altri che dirò in seguito, scoprirà di essere una dei guardiani del Sole. Cioè della luce. Furono scelti durante il periodo cancellato dalle storie, e visto come una sorta di El dorado. Il periodo in cui i Maya scrissero della fine del mondo, un antico stregone spezzò un raggio di sole, tramutatosi in pietra. I sette frammenti sfuggirono lontanissimo, fino a quando non trovarono dieci persone. Per proteggere la luce, ai prescelti viene dato il dono di decidere cosa fare della propria eternità. Possono scegliere di essere licantropi, o vampiri, o draghi, o magici, o comandare una parte della natura, come ghiaccio, terra, fuoco, o piante..  Virginia è capace di usare... oh, non voglio rovinarvi tutto! Allora, per la struttura garantisco sviluppi rapidi, e colpi di scena di media intensità (mi sto allenando) inoltre… qualcuno è nella mia lista.. cioè, forse qualcuno si troverà in questi personaggi.. o forse no, perché qualche bruna nella realtà sarà bionda in questa storia.. insomma, non vi riconoscerete, ma alcune persone che mi seguono sono in questa storia… non avrete mai la mia lista (la pubblicherò alla fine della storia… se ci arriverò)
 Grazie dell'attenzione. 
 
 
 
 
 
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 1: Musei che esplodono.
 
 
-… e qui potete ammirare la sua opera più famosa- non degnai la musa nemmeno di uno sguardo, come la maggior parte dei miei compagni. Alessio e Marta si stavano baciando senza nessun riguardo verso la prof, Sara si stava truccando, Elisa parlava con Alessandra. Solo due o tre seguivano la voce della guida. La osservai. Senza gli occhiali che sembravano fondi di bottiglia, e il rossetto sbavato, poteva pure essere carina. Poverina, chi glielo faceva fare, di buttare la sua vita nel cesso in quel modo? Mi sistemai i capelli ramati dietro le spalle, e bisbigliai una battuta nell’orecchio di Cassandra, la mia compagna di banco. Lei rise, come se la trovasse divertentissima. La prof ci fulminò con lo sguardo. Avete presente quando una professoressa si fissa con voi, si, solo con voi, perché siete quelle che in classe parlano di più? E non fa nulla se le persone accanto a voi stanno scatenando il terremoto, i responsabili siete sempre voi. Alzai gli occhi al cielo, e nel farlo incontrai il tetto decorato di stucchi lapislazzuli del museo. Infondo, anche se non sembrava, i musei mi piacevano. Ma andarci con la scuola era un’altra cosa. Avevo la media più alta di tutta la mia classe, e non si poteva dire che non studiassi, o che fossi una casinara. Ero piuttosto normale, carina, tanti amici, una casa di quattrocento metri quadrati, e mi interessavo di cultura, per questo avevo la media del 9.8, sempre a causa del mio comportamento saccente. Percorsi la galleria con lo sguardo. Infondo era un bel posto. Magari potevo fare un giretto..
 –Prof, posso andare al bagno?- domandai con innocenza. La prof mi squadrò come se stessi progettando un attentato al museo. Annuì con straziante lentezza, e mi lanciò uno sguardo alla “se provi a fare una delle tue stranezze ti ammazzo”. Sbuffai, e mi avviai lungo la scalinata principale. Arrivata alla toilette, però, girai dall’altro lato, e proseguii in una galleria secondaria. Fortunatamente non ero capitata nel corridoio delle Nature morte, ma in una bella galleria di dipinti che ritraevano incantevoli scene di borghesia, e dame bellissime. Ammirai il chiaroscuro dei disegni, le tecniche di sfumatura, e i fregi barocchi che ricoprivano sia i quadri che la galleria. Non c’era nessuno, il che mi parve molto strano. Improvvisamente notai una porta, dove era scritto a caratteri cubitali
                             VIETATO AI VISITATORI. SOLO RESPONSABILI.
Provai ad aprire la porta, ma era chiusa. Feci leva sulla maniglia, e questa si riscaldò a tal punto che mi scottai. Ritrassi la mano, e osservai la scritta. Improvvisamente accadde una cosa incredibile, la prima, di tante cose assurde che mi capitarono. Alcune parole sbiadirono, altre mutarono di posizione, ed alla fine, al posti di ‘responsabili’ lessi un’altra parola
VIETATO AI VISITATORI. SOLO ELIOS.
Spalancai la bocca, e sfiorai la maniglia della porta. Era aperta. Cosa diamine era successo? Chi era Elios? Sono sempre stata di indole molto curiosa. Infondo tutti i protagonisti delle storie lo sono. E questo è l’inizio di una storia. Socchiusi la porta. Dentro era scuro, non riuscii a distinguere nulla.
-Cosa stai facendo qui?-
Mi voltai di scatto, allarmata. Accanto all’arco attraverso il quale si accedeva alla galleria di destra c’era un ragazzo. La pelle sembrava fatta di alabastro, al contrario dei capelli, dell’inchiostro più nero. Gli occhi erano grigio-neri. Era vestito in modo strano, in nero, tanto per cambiare colore. Aveva un mantello che gli scendeva lungo le spalle, fino a terra, fermato da una spilla con una pietra incastonata. Portava degli anfibi, e intravidi dei pantaloni neri. Restai ferma, cercando una scusa. Per quale motivo stavo ficcanasando li? Lui aveva visto quella magia della porta? Improvvisai, presa dal panico.
-Ehm.. mi ero persa- stupida, stupida stupida. Il ragazzo alzò un sopracciglio. E poi mi giocai il tutto per tutto: glielo dissi.
–E.. e la porta ha cambiato la scritta… Insomma, è scritto Elios – insomma, non ero una pazza visionaria. No? Il ragazzo spalancò gli occhi, boccheggiando. Cercò di parlare una o due volte, ma rimase senza fiato.  Poi sembrò ricomporsi, ma quando parlò, il suo tono era stravolto
–Come.. come hai fatto a vedere.. tu la vedi?- balbettò
–La scritta? Si, è mutata proprio di fronte a me- risposi. Lui scosse la testa
-No. No, non è possibile. Tu non puoi vederla- cercò di convincersi. Ma come si permetteva?!
- Ehi, decido io cosa posso vedere e cosa no! Ma chi ti credi di essere, si può sapere?!- sbottai
-Devi andartene di qui-
- Non vado da nessuna parte- protestai.
-Invece te ne vai- disse lui. Tre secondi dopo, si udì un boato enorme, provenire da una galleria. Caddi, mentre i calcinacci mi volavano accanto. Appoggiai la mano sulla mia gamba, e notai con orrore che c’era del sangue. Mi voltai allarmata, e vidi del fumo in lontananza, nella galleria da dove ero entrata. Mi voltai verso il ragazzo, ma lui era sparito. Vidi una sagoma di cane allontanarsi distintamente, e pensai fosse un randagio entrato per sbaglio. Magari c’era una seconda uscita, infondo i cani hanno istinto. Presi a correre verso la galleria di destra. Svoltai a sinistra, poi dritto, poi di nuovo a sinistra, sempre seguendo il cane. Alla fine uscii dal museo, in tempo per vedere un altro paio di finestre esplodere
-Virginia!- esclamò la professoressa, afferrandomi per il polso, e strattonandomi in preda ai sensi di colpa
-Prof, che diamine succede?!- domandai, guardando il fumo nero
–Non si sa. La galleria di sinistra è esplosa. Fortunatamente era in restaurazione, e non c’erano opere famose- spiegò, senza pensare che non mi fregava un fico secco delle opere. Guardai se c’era il ragazzo che avevo visto nella galleria. Ma notai solo il bastardino che mi aveva inconsapevolmente portato fuori trotterellare verso un boschetto.
 ***
-Virginia, tesoro!- mia madre mi stava soffocando in quello che si prospettava essere il primo di una lunga serie di abbracci trita ossa. Mi avevano portato in ospedale, dove avevano appurato che era una ferita superficiale, niente di preoccupante, solo un graffio da cui era uscito molto sangue. Ma mia madre pensava che scampata all’esplosione di una centrale nucleare.
-Mamma è una sbucciatura, sto bene- tentai di replicare, ma venni zittita da una sequela di abbracci e singhiozzi, così per la seguente mezz’ora, mi limitai ad annuire.
Alla fine mamma mi portò fuori dall’ospedale, e tornammo a casa. Papà non era ancora tornato, e non sapeva nulla. Ma Nico, il mio fratellino di dieci anni e mezzo, fu messo immediatamente al corrente, e si mostrò eccitatissimo, chiedendomi se era stato come una di quelle esplosioni dei videogames. Lo mandai al diavolo, e mi chiusi in camera. Sapevo di dover studiare, ma mi concessi un po’ di tempo per stare seduta a contemplare il soffitto. Mi infilai le cuffie, e la mia mente tornò a quel corridoio, a quel ragazzo, a quella parola. Elios. Cosa era successo in quel corridoio? L’unica persona che pareva potesse darmi quelle notizie, era un ragazzo con due pozzi neri al posto degli occhi, per ora svanito. Sospirai, chiudendo gli occhi. Sentii la porta d’ingresso tintinnare. Era tornato papà. Udii lui e la mamma confabulare. Mi venne di colpo sonno. L’ultima cosa che sentii, fu mio padre che diceva ‘Dobbiamo farlo’  poi crollai
Ero in una galleria di ghiaccio. Stupenda. Mi aggiravo tra i cristalli, contemplandoli estasiata. Uno in particolare mi attirava. Era un simbolo molto strano, una sorta di A, con degli strani ghirigori. La sfiorai, e la lettera prese fuoco. Gridai, tentando di spegnerla. Cosa avevo fatto?! Ma ben presto mi accorsi di una cosa impossibile: il fuoco non bruciava. Sfiorai una fiamma con un dito.
–Tu non dovresti essere qui!- mi voltai verso la voce, e vidi il ragazzo della galleria.
-Perché?!- domandai
-Sei in pericolo! Gli Elios arrivano!- una gigantesca esplosione ci travolse, e vidi solo una macchia nera. Mi svegliai di soprassalto, e udii mia madre chiamarmi preoccupata
-Virginia? Virginia?! La cena- si affacciò alla mia porta, e mi affrettai a rassicurarla
-Si, mamma, mi ero addormentata, arrivo- mi sciacquai la faccia in bagno, e mi guardai allo specchio. Avete presente quando chiudete gli occhi, e vedete delle strane forme che si agitano sotto le vostre palpebre chiuse? Beh, allora mi apparve un simbolo. Lo stesso che c’era sul ghiaccio. Ma venne presto inghiottito da due occhi d’inchiostro. Scossi la testa, e andai a tavola. I miei genitori erano stranamente silenziosi. Mia madre distribuiva il cibo nel piatto, senza toccarlo, mentre i movimenti di mio padre erano rigidi e meccanici. Io e Nico ci guardammo, restando in silenzio. Poi mio padre si schiarì nervosamente la voce. Mia madre sussultò
-Allora ragazzi, abbiamo pensato di fare una bella gita alla casa sul lago, domani- annunciò.
-Ma domani è venerdì! Ho scuola!- fu la prima cosa che mi venne in mente.
-Si!- urlò mio fratello, al contrario lui non era un genio a scuola
-Lo so, Virginia. Ma cerca di capire, sei ancora molto provata, e una vacanza ti farà bene-
-Ma domani ho anche danza- dissi, soffocata. Ero la migliore del corso, e mi stavo allenando per fare un’audizione. Non potevo mollare tutto, non in quel momento. Non dopo dieci anni! 
-Non discutere. Domani andiamo alla casa sul lago- sbottò mio padre. Tacqui, mordendomi il labbro. La casa sul lago. Non l’avevo mai sopportata, quella casa. Avevamo una grande e bellissima villa nel centro di Roma, ma a quando pareva, i miei ci tenevano molto a quella piccola catapecchia di legno davanti ad un lago. Completamente sperduta, il primo negozio era a due km, ed era uno spaccio alimentare. Mi alzai da tavola, e corsi in giardino. Avevamo un giardino gigante. Mi sedetti sulla vecchia altalena di mio fratello, e guardai il cielo. C’era qualcosa che non tornava. Qualcosa di strano, mia madre era sempre stata poco apprensiva, e mio padre non era il tipo che si lasciava coinvolgere dai sentimenti. Era avvocato, la neutralità era d’obbligo. E poi la scelta di andare alla casa, usando me come scusa, perché sicuramente era una scusa. Qualcosa non andava per il verso giusto, e non sapevo cosa fosse. Ma quel qualcosa c’entrava con quella galleria, con gli Elios, e con quel ragazzo, ne ero sicura. E avrei scoperto cos’era.
 
Fine capitolo uno
   
 
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