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Autore: la luna nera    19/12/2014    2 recensioni
E' trascorso quasi un anno dal ritorno definitivo di Edward Harringhton nella nostra epoca e tutto fra lui e Daisy va per il meglio. Ma all'orizzonte si stanno addensando le nubi minacciose di un temporale. Che non è come tutti gli altri....
Cosa potrebbe accadere se qualcuno nel passato avesse bisogno di lui? Per caso c'è chi lo sta chiamando perché torni indietro nel tempo? E Daisy se ne starà con le mani in mano o farà di tutto per tenerlo accanto a sé?
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aveva ripromesso a se stessa di vedere coi propri occhi la Londra di metà ottocento. Con o senza Edward avrebbe soddisfatto questa sua curiosità. Dopo l’accesa discussione sentiva di dover metabolizzare per bene quanto scoperto. Il solo pensiero poi che potesse avere dei figli sparsi per l’Inghilterra le aveva fatto crollare il mondo addosso.
Dopo essere uscita dal palazzo, aveva passeggiato a lungo ai bordi del parco di Swanlake Palace senza una meta in cerca di risposte o giustificazioni utili a farle ritrovare la serenità. Sfiorò la ruvida corteccia di un albero, si sentiva sola, immersa nel silenzio di un’epoca le cui usanze erano difficili da accettare per una che come lei era nata e cresciuta in un mondo in cui le donne avevano pari diritti (o quasi). Forse aveva sbagliato ad aggredire a quel modo il ragazzo, forse non doveva lasciarlo solo in quella stanza, forse doveva dargli il tempo di spiegarle meglio l’accaduto… Ammesso che ci fosse stato qualcosa da spiegare. Si sedette ai piedi di un albero e si strinse in preda alla malinconia. Poggiò la testa sulle ginocchia sperando di trovare un minimo segnale di conforto per tutta l’amarezza che le aveva invaso il cuore. Restò a lungo immobile in quella posizione, con il vento che tentava di scompigliarle i capelli. Avvertì un brivido lungo la schiena, forse era il segno che aspettava? Si alzò, restando sempre appoggiata al tronco dell’albero, in lontananza scorse Swanlake Palace e come per incanto le tornarono in mente tutte le parole di Edward che le avevano ferito l’anima. Voltando la testa dalla parte opposta scoprì Londra ai suoi piedi. E non era la Londra che conosceva: il colore predominante era il nero, qua e là svettavano tetre ciminiere che sbuffavano fumo nel cielo. Se la immaginava ben diversa, limpida e pulita, magari con eleganti viali alberati percorsi dalle carrozze dei nobili, prestigiosi palazzi come quello in cui viveva lei o come l’imponente Buckingham Palace, la residenza della Regina che, se le reminescenze scolastiche non la ingannavano, era Vittoria. Nonostante l’apparenza lievemente tetra, Daisy sentì un richiamo fortissimo provenire dalla città e sebbene un briciolo di titubanza le suggeriva di restarsene lì, si alzò in volo dirigendosi verso la sua futura metropoli.
 
Intanto Edward non era stato capace di uscire da quel salone che lo aveva visto discutere con la sua ragazza. Si era solo alzato dal divano e piantato davanti ad una finestra, guardano fuori senza un motivo. Se solo quel rimbambito di Lawrence avesse tenuta chiusa quella sua boccaccia! Tutto questo non sarebbe successo! O forse era stato meglio in quel modo? Sapeva benissimo quanto Daisy tenesse alla sincerità e fiducia reciproca, forse ne avrebbe dovuto parlare con lei anche quando si trovavano nella Londra del futuro… Lì poteva sperare di essere al sicuro da qualsiasi imprevisto, poteva sperare che i fantasmi del suo passato se ne restassero per sempre sepolti. E quel dubbio che credeva di aver eliminato dalla sua testa era tornato di nuovo a tormentarlo: qualcuna delle sue partner occasionali poteva davvero avergli dato un figlio di cui ignorava l’esistenza?
“Mi sembri piuttosto pensieroso, tesoro mio. Qualcosa non va?” Due mani presero ad accarezzargli le spalle, massaggiandole con fare molto sensuale. Edward lasciò cadere la testa all’indietro. “Sono cose che non ti riguardano, Louise.” Sbottò con leggero fastidio. “Che cosa vuoi?”
“Credevo fossi andato a Londra, avevo visto preparare il calesse che solitamente usi…”
“Già, ma la gita è saltata.”
“Oh, capisco. Posso chiederti il perché?”
“Fatti miei.” Si allontanò da lei. “Se ora vuoi scusarmi, ho altro da fare che stare qui a perdere tempo con te.”
Louise fu più rapida di lui, si portò davanti alla porta impedendogli di uscire. “Sai bene cosa voglio da te. Ti voglio Edward, ti voglio più di ogni altra cosa.” Negli occhi della ragazza iniziavano a formarsi delle lacrime, mentre le sue mani avevano afferrato con delicatezza il colletto della camicia di lui. “Non puoi continuare ad ignorarmi per sempre, non puoi prendere al tuo fianco una come Daisy, lei non ti merita, non ti accetta e si aggrappa ad ogni cosa pur di farti soffrire.” Una lacrima le bagnò il viso. “Non posso sopportare tutto questo, lo capisci?”
Lo sguardo di Edward era inchiodato negli occhi color del cielo di Louise, sembrava che conoscesse per filo e per segno la discussione fra lui e la sua ragazza. Scrollò la testa per tentare di liberarla da certi pensieri. “Non ti seguo, scusami.”
“Non posso vederti soffrire così per una che non ti merita.”
“E allora tornatene nel Somerset e lasciami in pace una volta per tutte.”
“Non posso! Io ti amo Edward!” Gli gettò le braccia al collo intrappolandolo, lo fece indietreggiare fino a che non cadde sul divano, gli si stese sopra e prese a baciarlo con sentimento e disperazione. Lui non ricambiava affatto il bacio, anzi, teneva la bocca ben chiusa nonostante lei tentasse di entrarvi con ogni mezzo. Nella sua mente riecheggiavano le parole udite poco prima: lei non ti accetta, non ti merita, ti fa soffrire…. In sintesi era giusto: Daisy non accettava certe usanze tipiche dell’ottocento, ma lui si era dovuto adeguare a quelle degli anni duemila. Il fatto di non averle detto niente poi l’aveva mandata su di giri nonostante per la mentalità dell’epoca lui non si sentiva tenuto a riferirle tutti gli affari suoi. Le differenti vedute fra i due stavano purtroppo venendo fuori, era un dato di fatto e come un incubo che piomba nel mezzo della notte, nella sua testa si affacciò di nuovo la possibilità che la loro storia fosse giunta ad un punto critico:  se nessuno di loro avesse fatto un passo indietro per trovare un punto d’equilibrio, potevano trovarsi vicini al capolinea.
 
 
E mentre Edward, perso in mille pensieri era preda della fame di
Louise, Daisy aveva raggiunto la periferia di Londra. Si mise nascosta dietro un muro di mattoni che delimitava l’ingresso di una chiesa ed osservava: quelle viuzze debolmente illuminate in cui passeggiavano solo persone avvolte in lunghi mantelli scuri, le facevano venire in mente certi film e documentari su Sherlock Holmes o, ancora più inquietante, Jack lo squartatore. Erano proprio i quartieri dove circa venti anni dopo il misterioso serial killer avrebbe colpito? Preferì non indagare e tentare, nei limiti del possibile, di raggiungere il centro della città che forse era più sicuro. Si alzò di nuovo in volo e raggiunse la sommità del campanile. Iniziò a guardarsi intorno per orientarsi un po’: davanti ai suoi occhi la città si sviluppava fino a sfiorare l’orizzonte fondendosi con esso. Trovava quella vista estremamente suggestiva e ritenne decisamente meno pericoloso continuare la sua passeggiata alla scoperta di Londra da lassù. Con molta circospezione iniziò a passare di tetto in tetto, facendo attenzione a passare a debita distanza dai numerosi abbaini che si affacciavano come tanti occhi curiosi. Sembrava lo scenario perfetto da cui veder sbucare da un momento all’altro Peter Pan che svolazza diretto all’Isola che non c’è!  Poco più avanti, fra i comignoli di un palazzo, notò delle ombre muoversi. Sorrise ripensando alla sua infanzia, soprattutto quei giorni sotto Natale che trascorreva dai nonni guardando con loro il film “Mary Poppins”: quelle ombre erano sicuramente gli spazzacamini amici della magica bambinaia che volava sulla città appesa ad un ombrello. No, forse quelli erano autentici spazzacamini, ragazzi e bambini che per guadagnare qualche spicciolo si infilavano nelle canne fumarie. Non stavano girando nessun film: quella era la grigia realtà in cui vivevano in molti, respirando robaccia e rischiando la vita passando di tetto in tetto senza storielle e canzoncine, per cui ritenne più opportuno non farsi notare ed andare avanti con la sua passeggiata. Proseguì tentando di raggiungere rapidamente le rive del Tamigi, magari nei pressi del Tower Bridge dove lei ed Edward si aprirono i loro cuori dichiarandosi eterno amore e scambiandosi il loro primo vero bacio. Quei pensieri le strapparono una lacrima: lei amava Edward, non aveva mai smesso di farlo nonostante tutto quello che era accaduto. Aveva bisogno di riflettere da sola e lontano da tutti per ritrovare la calma e tentare quanto meno di accettare il passato del suo ragazzo, convincendosi che una volta tornati nel futuro, le sue partners non ci sarebbero state mai più, potenziali figli inclusi. Poggiò i piedi al suolo in un angolo nascosto, ancora pochi passi e i suoi occhi si sarebbero specchiati nelle acque del Tamigi. Era di un colore decisamente più consono ad un fiume di come lo aveva sempre visto lei: la rivoluzione industriale partita proprio dall’Inghilterra ancora non aveva fatto tutti i danni a causa dei quali molti ambienti naturali avevano perso la loro bellezza e la loro purezza. E quella che finalmente vedeva, era la Londra che immaginava nella sua mente: ecco gli eleganti palazzi, i viali, le carrozze e l’atmosfera romantica che sognava da quando era giunta nel 1867. Tutto però sembrava coperto da un velo di tristezza, fra l’altro il Tower Bridge non era al suo posto, forse non era stato ancora costruito… Peccato, per lei quel monumento aveva un significato profondo. Le ricordava Edward e l’inizio della loro storia d’amore.
Già, e che senso aveva trovarsi lì da sola senza di lui? Sentiva tantissimo la sua mancanza e cominciò a pensare che forse era stata troppo impulsiva nel lasciarlo da solo in quella stanza. Troppo spesso si lasciava guidare dalla rabbia e faceva cose che, dopo un attimo di riflessione, le sembravano dannatamente sbagliate. Si appoggiò al muretto che si affacciava sul fiume e lasciò che il suo sguardo annegasse fra le onde. E proprio da lì uscirono delle voci: poteva percepirle solo lei dato che le gli altri passanti continuavano a camminare per fatti loro. Ed erano le voci dei nonni di Edward, le riconobbe senza difficoltà.
“Ragazza mia, che vi è saltato in mente?”
“Tornate subito indietro, fate ritorno a casa, presto!”
“Andate a chiarire le cose con Edward, sbrigatevi!”
“Se non lo fate, rimarrete bloccata qui per sempre!”
La ragazza si guardò intorno, non voleva essere notata mentre parlava con il fiume. “E con quale faccia mi ripresento a casa? Dovrebbe essere lui a venirmi a cercare e scusarsi di tutte le cose che non mi ha detto.”
“Silenzio! Vi avevo messa in guardia: in quest’epoca è l’uomo che comanda e che vi piaccia o no, dovete accettarlo.”
Daisy restò in silenzio riflettendo e assestando il colpo. Sapeva che Edward era nato e cresciuto in un periodo di stampo prettamente maschilista, sapeva che l’uomo poteva fare quello che voleva senza dover rendere conto a nessuno. Se accettava lui, doveva accettare anche il suo passato che, in quanto tale non sarebbe più tornato. E per uno come lui valeva più che per altri.
“Ho capito. C’è una cosa però che vi prego di dirmi, è un dubbio che mi sta divorando…. Edward ha figli?”
“No, state tranquilla, non è mai diventato padre.”
Quelle parole furono balsamo, di loro si fidava ciecamente e quel macigno che le pesava dentro scomparve come per incanto. “Grazie…. Grazie di cuore, davvero.”
“Ora andate a casa, la vostra assenza potrebbe rivelarsi controproducente.”
Si asciugò l’ultima lacrima e prese la strada per appartarsi in un luogo da cui si sarebbe potuta alzare in volo lontana da occhi indiscreti.
“Milady! Grazie al Cielo vi ho travata!”
Daisy si voltò e riconobbe Lawrence che scendeva dal calesse e si dirigeva verso di lei baciandole la mano una volta raggiunta la ragazza. “Oh, mi avete fatto prendere un bello spavento… State bene?”
“Si… si, sto bene. Sono solo andata un po’ in giro per la città, non mi sembra di aver fatto niente di male.”
“Già, forse voi, mia cara, siete solita frequentare zone aristocratiche della nostra potente capitale dell’Impero e non conoscete i rischi che si annidano nei sobborghi frequentati da brutte facce, prostitute, assassini….”
“So difendermi, non preoccupatevi.”
“Come avete raggiunto la città tutta da sola?”
“Beh…” Autobus e metropolitane?  Da Swanlake Palace non partiva niente di tutto ciò. “Ho chiesto un passaggio ad un contadino…”
Lawernce esplose in un’espressione di grande stupore. “Siete molto intraprendente per essere una donna… E’ molto pericoloso per voi affidarvi agli sconosciuti, potevate passare dei grossi guai. Ad ogni modo salite, vi prego, preferisco ricondurvi a casa quanto prima. Si sta facendo tardi e non tollero vi rivolgiate di nuovo a sconosciuti.”
La ragazza non si fidava completamente di quel tipo, tuttavia accettò l’invito tenendosi sempre sul chi va là. Passare lungo i viali della città in compagnia di un uomo che non era Edward le provocava un effetto strano, insolito, di vuoto e smarrimento. Pensava Daisy, pensava che la cosa migliore da fare era ingoiare l’ultimo boccone amaro delle sue scappatelle passate, in fondo quando se le era concesse non si erano ancora incontrati e Louise, beh, l’aveva respinta con foga in più di un’occasione e una volta tornati nella Londra moderna, la signorina sarebbe scomparsa una volta per tutte. Daisy amava Edward alla follia, questo piccolo litigio ne era l’ennesima conferma. Se non fosse stato così, non si sarebbe sentita in quel modo. Una volta rientrata a Swanlake Palace avrebbe chiarito ogni cosa, quelle ore di solitudine le erano state davvero preziose.
Lawrence parlava come un registratore, decantava la bellezza della ragazza paragonandola ai fiori, ai tramonti, alle montagne, creando dal nulla rime e poesie più o meno assurde, ma lei non lo ascoltava perché nella sua testa c’era soltanto una parola: Edward.
 
Era da poco tramontato il sole quando varcarono il cancello di Swanlake Palace e il parco era avvolto dalla foschia della sera. Dasiy iniziava ad avvertire i morsi della fame, era stata a zonzo per tutta la giornata e non aveva mangiato niente. Nonostante ciò le era stato molto utile per calmarsi e riflettere per prendere la decisione migliore.
“Che mi venga un colpo!” Lawrence cacciò un urlo ed abbracciò all’improvviso Daisy.
“Cosa succede?!”
“Guardate là!” Indicò l’angolo del muro della villa poco distante dal boschetto in cui c’era un piccolo stagno con un gazebo presso la riva sinistra. “Un fantasma!”
“Dove?”
“Laggiù, vicino al gazebo.” Colse l’occasione per stringere a sé la ragazza che dal canto suo non mostrava alcun timore per il presunto spettro e gradiva ben poco il trovarsi fra le braccia del tizio.
“Giù le mani da lei, Lawrence!” Edward li aveva raggiunti non appena erano scesi dal calesse e si stava già agitando nel vedere suo cugino stringere la sua fidanzata.
Perdersi nello sguardo di Edward fu come essere illuminata dal primo raggio di sole del mattino che spazza via tutte le tenebre della notte.
“Fa’silenzio! Laggiù c’è uno spirito, osserva bene…. Ed è uno spirito dalla bellezza sovrumana…. Forse si tratta di una fata…” Ecco che di nuovo iniziava a vagare con la fantasia, addentrandosi nel mondo delle creature del bosco, delle guardiane della natura, dei folletti e degli spiriti silvestri. Effettivamente quell’entità poteva far pensare ad un essere del mondo della fantasia: portava un abito candido che le scendeva fino ai piedi, aveva dei lunghi capelli sciolti, sembravano anch’essi chiari e le nascondevano la faccia come a volerla circondare di un ulteriore tocco di mistero.
Chi o cos’era quell’entità?
 
 

 
Buon Natale a tutti!
E un GRAZIE a caratteri cubitali a tutti voi che avete recensito il capitolo precedente *_* Vi adoro!!!!
 
Daisy fa un giretto per Londra in completa solitudine: come per incanto la città le appare grigia e tetra come forse era davvero a quei tempi. Anche il suo stato d’animo è così e non muta neanche quando si trova nella parte più elegante della città. Il motivo è ovvio: le manca Edward, si era sentita tradita ed aveva bisogno di un po’ di solitudine per riflettere e metabolizzare tutto quanto.
 
Concludo augurandovi di trascorrere un sereno Natale. : )
E’ molto probabile che la settimana prossima non riesca ad aggiornare di venerdì, spero comunque continuiate a seguire la storia!
Buon Natale!
Un Abbraccio
La Luna Nera
 

 
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