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Autore: brendy    19/12/2014    3 recensioni
tell me where’s your hiding place
I’m worried I’ll forget your face
and i’ve asked everyone
I’m beginning to think I imagined you all along
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imaginary girl
Capitolo dieci: Welcome to the jungle
 
 


Osserva le raccomandazioni sul pacchetto, quasi vuoto, delle Chesterfield e pensa che tutto fa un po’ schifo.
Andrew è seduto accanto a lui e sta in silenzio, occupato a pensare a chissà cosa che non ha il coraggio di dire e lui è stanco, per via del turno al Vesuvio’s di stamattina, del lavoro al supermercato finito quattro ore fa e il tardo pomeriggio passato a casa dei Riddle, a curare i loro due figli.
Louis proprio non ce la fa, perché oltre a doversi sbattere con tre lavori, lo studio e il mantenimento delle sue sorelle, deve anche preoccuparsi di non farsi vedere troppo in giro con Andrew, quando l’unica cosa di cui avrebbe bisogno è la certezza che può averlo accanto, stringergli la mano, baciarlo e fare tutte le cose smielate che gli sono proibite.
“Dobbiamo stare qui in silenzio ancora per molto?”
Andrew sobbalza, arrossisce e abbassa lo sguardo sui suoi anfibi rovinati, dove c’è scritta una frase di una canzone che gli ha dedicato Louis durante la lezione di matematica, dopo la loro prima volta.
“Non so che dirti, sinceramente”
“Davvero? Sei serio?”
“Si”
“Fantastico”
Louis stringe i pugni, quella nota sarcastica nella voce che da un po’, non riesce mai ad abbandonare.
“Non so se possiamo più andare avanti così, sai?”
Andrew lo guarda adesso, inghiotte rumorosamente e ha le gambe che gli tremano e ha paura, forse più paura delle parole di Louis che di quelle che gli dirà suo padre appena saprà che è gay (quando troverà il coraggio di dirglielo).
“Mi stai lasciando?”
“Vedi altra scelta?”
“Mi dispiace”
Louis si alza, calcia il palo della luce e chiude gli occhi, allontanando la scossa di dolore del piede.
“Ti odio”
“C-Come?”
“Ho detto che ti odio Andrew e che sono stanco” lo guarda negli occhi e odia anche se stesso “Vedi come fai? Non ti ribelli mai, continui a credere che sia tutto rose e fiori, che le cose vadano bene anche quando non è così, che tra noi non ci siano problemi quando in realtà siamo sommersi da tutto e io non ce la faccio più. Ho troppe cose a cui pensare e tu, la nostra storia dovrebbe essere qualcosa che mi distragga da tutto ciò invece no, rende tutto più incasinato e ti odio, mi odio perché ho una fottuta paura e non so che fare”
“Resta con me”
“Sono sempre con te, sempre qui per te ma quando faccio un passo per venirti in contro tu ne fai altri tre indietro e io non sono bravo a rincorrere le persone, così come non sono in grado di tenerle”
Andrew si limita ad abbracciarlo da dietro, sentendo il corpo di Louis irrigidirsi sotto il suo tocco e al momento, stanno tremando entrambi.
“Ho paura anche io ma non della situazione, a quella ormai ci sono abituato. Ho paura che tu te ne vada davvero e che il tuo amore per me finisca così com’è iniziato anni fa”
“Sai anche tu che non è possibile una cosa simile”
“No, non lo so perché se lo sapessi, non saremmo qui a discutere”
“Sembra che non facciamo altro che litigare”
“Pensi davvero che la nostra storia sia un problema?”
Louis sospira e scuote la testa, già pentito di tutto quello che gli ha detto.
“Non so bene a che pensare ora come ora”
“Pensa a me”
“Quello lo faccio di continuo ma non basta, perché bisogna affrontare anche le cose e noi due, non facciamo altro che sviare tutto, senza risolvere mai niente”
“Mi dispiace”
“Sembra che tu sappia dire solo questo”
Ed è così, perché i “ti amo” ad Andrew bloccano il respiro, gli si incastrano nelle costole e li rimangono, vicine al cuore ma troppo distanti per le orecchie di Louis.
“Mi dispiace”
“Adesso devo andare”
“Ci vediamo domani, vero?”
Louis non risponde, stringe le mani nelle tasche della tuta e si incammina verso casa, lasciandosi alle spalle Andrew e le sue lacrime.
 
 
 
“Quindi sei venuta davvero”
“Non ci speravi?”
“In realtà no ma sono contento di vederti”
Giza sorride, leggermente, perché non è brava nemmeno in questo e presto se ne accorgerà anche Harry.
Il locale è pieno di gente, sembra che a molte persone piaccia la voce del ragazzo e i suoi testi, che ogni tanto, si decide a cantare.
“Quando tocca a te?”
“Tra poco, prima ci sono Michael e Josh”
“Non sapevo cantassero”
“Si, sono piuttosto bravi ma non lo ammetterebbero mai, preferiscono l’immagine da ragazzacci che imbrattano i muri”
“Immagino”
Le sorride, mentre si tortura le mani e pensa che su quegli occhi, potrebbe scrivere ancora milioni di strofe e che se Giza non sa parlare di se, allora sarà lui a farlo.
“Harry? È il tuo turno”
Josh lo avvisa, lanciando diverse occhiate interrogativi ai due ragazzi che si guardano silenziosamente.
“Ti conviene andare, non vorrai mica far aspettare tutte queste persone, no?”
Lui si limita ad annuire, non sapendo bene il perché allontanarsi gli riesca così difficile.
“Ci vediamo dopo?”
Se qualche imprevisto non mi impedisce di restare, sicuro.
No, sono stanca è meglio se torno a casa.
Devo andare da Iris.
Sono qui con Louis.
Leo.
Sto sbagliando anche con te Harry.
Perché mi guardi come se non desiderassi altro che una mia risposta?
Va via, ora che sei in tempo.

“Sul retro del Vesuvio’s ci sono delle scale”
“Allora  a dopo”
“Buona fortuna”
Lo osserva mentre si incammina verso il palco, la maglietta bianca che gli mette in evidenza le spalle e la bandana tra i capelli, che non sa bene perché metta ma che gli sta bene.
Giza rimane a guardarlo, mentre la base musicale inizia e le persone intorno a loro si zittiscono per ascoltare.
Pensa e non raggiunge una vera conclusione se non che Harry, le porterà parecchi guai, che quella di rivederlo più tardi, di venire ad ascoltarlo sono tutte promesse, appuntamenti non dichiarati che lei ha sempre cercato di evitare con chiunque.
Ha bisogno d’aria, di una sigaretta ma la canzone inizia e lei è immobile ad ascoltarlo.
 
 
 
Non è che non ha mai bevuto, semplicemente per tutti i suoi quasi diciannove anni, si è sempre tenuto alla larga dall’alcol fatta eccezione per qualche bicchiere di vino, bevuto alle cerimonie importanti.
Per questo motivo, adesso, si trova a combattere una guerra silenziosa contro se stesso mentre gli occhi di Iris lo guardano attenti.
“Sicuro che vuoi un chupito?”
“Certo, insomma, per iniziare”
Cazzo dici Niall? Sei un coglione.
Iris annuisce, Ethan li guarda entrambi e torna a lavorare coi bicchieri, alcol e cocktail colorati che serve ai diversi ragazzi che si siedono al bancone, proprio come loro due.
“Cosa ti piace fare solitamente Niall?”
“Oh, sono un ragazzo abbastanza monotono. Non c’è niente di entusiasmante in me, suppongo”
“Impossibile”
“Lavoro in un negozio di animali, mi piace studiare ma giuro di non essere un secchione” Iris ridacchia e lui ha un attimo il respiro affannato, come se il suo cuore avesse appena percorso chilometri di corsa “E mi piace registrare i miei amici quando si esercitano con lo skate, anche se in realtà mi piace registrare tutto quello che accade intorno a me e mi piace scaricare musica, di qualsiasi genere”
“E anche parlare tanto”
Sente le sue guance colorarsi di rosso e lui odia arrossire, perché un ragazzo non arrossisce, non da questi segni di debolezza.
“Già, tendo a farneticare molto spesso”
“Mi piace!”
“Dubito seriamente che farneticare sia una cosa che piaccia”
“Ti rende più interessante Niall”
E arrossisce ancora, perché nessuno l’ha mai definito interessante;  lui,poi, il ragazzo che a scuola si limita a starsene nell’angolino in prima fila, a prendere appunti fin quando Harry, che arriva in ritardo, si siede accanto e inizia a parlargli. Lui che può benissimo passare inosservato in mezzo a tutti gli altri perché non ha niente di particolare, è appena stato definito interessante.
“Oh, beh, suppongo che debba ringraziarti”
“Figurati”
Iris ride, ordina un altro giro di chupiti e si morde il piercing che ha al centro del labbro, osservando come Niall cerchi di non soffermarsi troppo a guardarla.
“Che giorno non hai i rientri?”
“Il mercoledì, perché?”
“Sorpresa”
“Io odio le sorprese”
“Allora dovrai avere pazienza”
“Pazienza per cosa?”
“Perché arrivi mercoledì”
Butta giù il rum nel bicchierino e subito dopo beve il succo alla pera che c’è nell’altro, iniziando a far parlare Iris di se, perché se c’è qualcuno interessante oltre ad Harry, per Niall, quella è proprio la ragazza conosciuta ad una festa a cui non voleva nemmeno partecipare —e fa caldo nella stanza e il suo corpo sembra andare in fiamme, ride anche se non c’è niente di divertente e i suoi occhi lucidi, si allargano quando Iris intreccia la mano con la sua e lo spinge in mezzo alla folla per ballare.
 
 
 
“Capisci? È solo che sono stanco Zayn. Frida occupa tutto il tempo libero che ho dopo il lavoro e tralasciando quando posso portarla al Gramsci o come stasera, che Leo le fa da baby-sitter, non ho un solo momento per pensare a me stesso”
Liam ha una bottiglia di birra tra le mani e delle patatine che mangia ogni tanto, perché non può permettersi di tornare a casa ubriaco, nemmeno per una sera.
Zayn lo ascolta, perché in due anni si è perso davvero tantissime cose e non importa se Giza e Louis scrivevano le notizie fondamentali nelle lettere; viste di persona le cose sono sempre diverse.
Diverso è lo sguardo di Liam, il suo modo di parlare da quando era insieme a Louis, l’animo delle feste ma allo stesso tempo la persona che si preoccupava per lui quando ancora spacciava. Ancora più diversa è Giza, che rifiuta Leo e chiunque altro le si avvicini e le chieda di più, però lascia che Harry occupi il suo tempo, i suoi pensieri e le sue paure che ancora non conosce e Zayn spera, non conoscerà mai.
Diversi sono Louis ed Andrew, che hanno iniziato a farsi più male di quanto dovrebbero, ad odiarsi e ad amarsi come prima, forse più di prima.
Lui ora non sa se è poi così diverso, non riesce a capirlo nemmeno mentre Liam continua a blaterare che la sua vita non fa poi così schifo, che Frida è il suo regalo ma che è difficile e che gli piacerebbe amare, solo che non ne ha il tempo.
“Domani il turno inizia alle otto, va bene?”
“Ancora non so come ringraziarti”
“E di cosa? Sei un mio amico e gli amici si aiutano”
Zayn sorride, lo guarda mentre finisce la sua birra e lascia una banconota sul  bancone, prima che Ethan lo saluti e gli raccomandi di andare piano in macchina.
“Avvisi tu gli altri che non potevo rimanere?”
“Sempre se li troverò mai gli altri”
Liam ridacchia e lo stringe in un abbraccio, perché ancora gli sembra impossibile che sia li in carne ed ossa e che non sparisca da un momento all’altro.
“Nottata lunga Zayn?”
Ethan lo guarda, mentre taglia alcune fettine di limone che mette dentro qualche bicchiere.
“Secondo te è possibile non aver tempo per l’amore?”
“Non si ha tempo per tante cose ma non per l’amore, dopotutto quello viene senza che tu lo decida, è una cosa che non puoi controllare perché non te ne accorgi” gli posa un quattro bianchi davanti agli occhi “Non puoi non avere tempo per l’amore Zayn, sai quanto sarebbe facile altrimenti?”
E quella non è una domanda a cui serve una risposta ed Ethan nemmeno la vuole la risposta, perché si allontana e porta i chupiti ad una coppia, poco più distante da dov’è seduto lui.
Zayn l’amore l’ha letto nei libri di Giza, negli sguardi di Louis e l’ha sentito nella voce incrinata di Liam —non l’ha mai provato però, questo perché pensa di essere nato nell’epoca sbagliata.
Lui è tipo da romanzi, da parole piene di emozioni e poco dolore, niente lacrime o rimpianti. “Sei da lieto fine”, così gli ha detto Leo una sera, quando ancora era in prigione.
Forse è per questo suo lato fin troppo romantico che al suono di una risata Zayn si volta; è la coppia di amici?, di prima.
Stanno ridendo e lui  ha le guance troppo rosse, gli occhi brillanti e sta guardando quella ragazza particolarmente bella, che si tortura il piercing nel mezzo delle labbra e ne rimane incantato.
Non è incantato da loro, dal loro sembrare incredibilmente affiatati l’una con l’altro; rimane incantato da lei e poco gli importa se non la rivedrà mai più, se è impegnata o di qualcun altro, magari proprio del ragazzo dall’accento per niente parigino accanto a lei, deve scoprire chi è.
“Ethan?”
Il ragazzo si avvicina sorridente, un po’ perché si era dimenticato quante domande facesse Zayn e un po’ perchè la canna che gli ha dato Louis una volta finito il turno, è piuttosto forte.
“Un’altra domanda bizzarra?”
“Chi è quella?”
“Chi?”
“Quella che sta con il non-francese biondo, ubriaco”
Ethan segue il suo sguardo e rotea gli occhi, nello stesso momento in cui Harry Styles posa la chitarra per terra e Michael lo raggiunge sul palco, per cantare l’ultima canzone della serata insieme.
“Quella è Iris Dolley, la coinquilina di Giza. Strano che tu non la conosca”
“Sono stato fuori circolazione per un po’ vorrei ricordarti”
“Sicuro”
“Che c’è?”
“Sembra che tu abbia concorrenza”
Zayn guarda quello che dovrebbe chiamarsi Niall e si stringe nelle spalle, finisce il suo cocktail e afferra la giacca da dietro la sedia, improvvisamente felice di tornare nell’appartamento di Giza.
 
 
 
La giungla è nella sua testa; un groviglio di idee, pensieri ed emozioni che non è in grado di gestire. A questo si aggiungono gli amici, le bollette, i pavimenti consumati, le crepe nell’angolo della cucina e la retta del manicomio da pagare. Il periodo in cui Zayn era assente, la droga che ha dovuto nascondere, le canne nel posacenere insieme ai mozziconi di sigaretta.
Iris e i suoi bagagli, la tv accesa poche volte e solo per qualche film, il Vesuvio’s, Liam, Louis, Andrew, Leo.
Rappresenta tutto ciò con il nero, perché è un colore scuro, perché così come il buio, il nero può coprire tutto e Giza vorrebbe coprire ogni cosa c’è nella sua testa.
“Perché fumi?”
“Che razza di domanda è?”
Harry si stringe nelle spalle e si siede accanto; le scale in ferro sono un po’ fredde e scomode ma non si lamenta per nessuno dei due.
“Tu rispondi”
“Non lo so.. credo perché mi piace il sapore, il fumo che aspiro e poi rilascio. Perché mentre la sigaretta si consuma fino a spegnersi, in qualche modo, mi consumo anche io, poco alla volta”
La guarda mentre ne accende un’altra, le labbra rosse sempre per via di quel rossetto e le mani piccole.
Si domanda come sarebbe stringerle, toccarle, cercarle.
“Sei stato grande sul palco”
“Ti sono piaciuto davvero?”
Giza annuisce e osserva la mezza luna che c’è nel cielo, fingendo di non sentire lo sguardo di Harry su di se.
“L’hai scritta tu l’ultima canzone?”
“Si ma non è niente di che”
“Era bella, si vede che ci tieni molto alla persone di cui parli”
“E’ complicato”
“Cosa non lo è?”
Sono le tre di notte, il Vesuvio’s ha spento tutte le luci e la strada è illuminata dai lampioni.
Parigi in quel quartiere, è abbastanza silenziosa e tralasciando qualche macchina e il tram che passa ogni quaranta minuti, non c’è nessuno in giro.
“Tornerai venerdì sera a vedermi?”
“Suppongo di si”
“E’ confortante sapere  che ci sei tu in mezzo a tutte quelle persone, insomma.. un viso conosciuto, ecco”
Giza piega le labbra in un sorriso, si stringe nel giubbotto di pelle e butta la sigaretta ormai terminata.
“Sarà meglio che vada adesso. Iris mi starà dando per dispersa e Louis è in piena crisi quindi mi ammazza se non passo a prendergli le ciambelle e torno a casa”
“Certo, capisco”
“Harry, hai davvero un grande talento”
“E tu?”
“Cosa?”
“Cosa ti piace fare?”
“Stai ancora cercando di farmi parlare di me?”
Harry sorride e la luna sembra meno bella in quel momento.
“Ci sto riuscendo?”
“Scrivere. Mi è sempre piaciuto farlo, fin da piccola”
“Leggerò mai qualcosa di tuo?”
“Se Louis non mi ammazza stasera”
“E’ un si?”
“Più un forse”
Prende la borsa nera e si sistema meglio il golfino grigio, per poi scendere i due gradini e mettersi di fronte al ragazzo, che con le guance rosse e gli occhi stanchi sembra ancora più innocente, così fuori luogo con una come lei.
Harry è semplice, non ha il caos, problemi, non c’è niente che non vada in lui ed è bello, così come sono belle le sue labbra che quando sorridono fanno comparire le fossette. L’accento francese, la voce bassa, le spalle e le mani.
“Ci vediamo in tram allora”
Harry  la guarda incamminarsi verso il cancello e quando lo sguardo nel posto dove prima era seduta, trova una caramella.
Sorride e osserva il cielo; è arrivato alla conclusione che lei sia come la luna o che vagamente, ci assomigli.
“Giza?”
Non dice niente, rimane in silenzio aspettando che lui continui.
“Sono contento che non ti piacciono gli ombrelli, nemmeno quando piove”
“Va a casa Harry”
E lo dice con una leggera ombra di felicità, mentre la notte fa sparire anche l’ultima traccia di quella sera.
Benvenuto nella giungla.
E Giza, sperava davvero che Harry non ci entrasse nel caos dei suoi pensieri, perché non è così sicura di riuscire a nascondere anche lui e tutto ciò che le porterà.
Perché adesso lo sa, non ha più tempo per allontanarlo.




 
buona sera a tutti!!
come detto nel capitolo scorso non ho fatto passare molto tempo dalla pubblicazione di quello nuovo perchè mi sembrava giusto nei vostri confronti darvi un nuovo capitolo -come già ripetuto più volte, ormai la storia è conclusa da un anno sul mio pc, ma il tempo per stare al pc scarseggia- prima delle vacanze di Natale anche se spero di riuscire a pubblicarne uno anche nella settimana prossima o in quella dopo.
comunque, passando al capitolo: questo è in assoluto uno dei miei preferiti (soprattutto per louis e andrew perchè davvero, stravedo per questi due e scrivere la loro storia mi aveva seriamente coinvolta)
ringrazio infinitamente tutti, perchè siete splendidi e non vedo l'ora di leggervi nelle recensioni che spero lascerete?!, in modo tale da farmi capire che cosa ne pensate :))
che palle, son sempre di fretta.
vi auguro di passare delle bellissime feste, di risposarvi e di divertirvi (un buon Natale e un anno nuovo pieno di sorprese nel caso non potessi postare per diversi contrattempi)
AUGURI A TUTTIIII!
<3
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