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Autore: Nina Ninetta    19/12/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo scusa per la lunga assenza, ma il mio pc è stato per tutto questo tempo in "convalescenza" diciamo :) 
Per farmi perdonare, invece di un capitolo, ne ho raccolti due insieme. 
Buona lettura. 
Nina 


Capitolo 16
 
 
Lo spettacolo era finito.
I fuochi d’artificio si erano esauriti in un ultimo esaltante sprint finale di luci, colori e pioggia scintillante, lasciando dietro di sé il rimbombo dei boati e una strana sensazione di malinconia nel cuore.
C’era stato un momento, durante la sua favola con Diego Torres, che Morena si era sentita una specie di prescelta. A volte si perdeva nei i suoi pensieri osservandolo, i suoi capelli folti che sempre tirava indietro quando gli cadevano sugli occhi, la sua barba ispida, i tatuaggi in giro per il corpo, quello stesso corpo che l’aveva stretta e amata fino a farle dimenticare che, al di fuori di loro due, esisteva un mondo intero. Sorridendogli di rimando quando lo faceva lui per primo, rispondendo con una smorfia alle sue battutine spinte per occultare il rossore che si andava diffondendo su per le guancie, si diceva che doveva esserci stato un errore.
Uno come lui non veniva attratto da quelle come lei.
 A uno come lui piacevano le ragazze magrissime e bellissime, quelle che indossavano la minigonna e i tacchi alti, che spendevano il loro tempo davanti ad uno specchio a sistemare l’eyeliner sulle palpebre e la matita intorno alle labbra. Doveva esserci stato un madornale errore: Diego Torres non poteva aver preferito proprio lei come compagna di vita. E quando si era invaghito di un’altra tutto era tornato nell’ordine naturale delle cose. L’allarme era rientrato, l’equilibrio era stato ristabilito.
Eppure, per un periodo di tempo più o meno lungo, Morena ci aveva creduto ed era stata felice.
 
«Quello sarebbe tuo marito?» le chiese Carlo e Morena allontanò dalla mente quei pensieri che sapevano di vecchio
«Non siamo sposati» gli rispose, continuando a tamponare il suo naso sanguinante con una matassa di ovatta imbevuta di disinfettante
«Ma è il padre di tuo figlio, no?» proseguì ancora lui e stavolta la ragazza si limitò ad annuire e il silenzio calò nuovamente nella stanza.
Teddy con un tocco deciso lasciò cadere la cenere della sigaretta nel bicchiere di carta adibito a posacenere, con un dito di acqua sul fondo per evitare che la plastica di squagliasse.
Era così stanca. Tutto quello che chiedeva era addormentarsi e non pensare più alla sua situazione personale, al fatto che avrebbe dovuto affrontare con Nicolas il discorso del suo rientro in Cile. E, come se non bastasse tutto questo a tenerla sulle spine e a prosciugare le sue energie mentali e fisiche, adesso era arrivato anche quel desgraciado di Torres a gettare benzina sul fuoco.
Come faceva, si chiese, come faceva Morena a sopportare tutto quello senza dare segni di cedimento?
Poi Grimilde sospirò e Teddy si voltò ad osservarla.
La biondina se ne stava a braccia conserte e con lo sguardo perso sul panorama imbiancato del giardino. Aveva l’aria strana. Probabilmente era stanca come tutti loro, infondo aveva affrontato un viaggio di tante ore e subito l’impatto del fuso orario, nonché lo sbalzo delle temperature. Sebbene fosse una persona sempre piena di energie, era un essere umano anche lei, senza dimenticare che solo una settimana addietro aveva combattuto per rimanere aggrappata alla vita.
Teddy distolse l’attenzione da Morena e Carlo, entrambi seduti al tavolo e muti come pesci. Dal resto della casa non si udiva un minimo rumore, neanche dal soggiorno, dove i tre compagni di nazionale si erano accomodati dopo l’attacco a sorpresa di Diego che aveva spiazzato un po’ tutti.
«Grimi, sei un po’ pallida. Ti senti bene?» le domandò a bassa voce, notando il pallore dell’amica dai capelli biondi, la quale rispose senza però voltarsi a guardarla:
«Io sono sempre pallida» il tono nascondeva un pizzico di sarcasmo che era raro trovare in lei. Si passò una mano sul viso, sembrava esausta «Il Cile è la mia patria, eppure ci sono giorni che mi sento una perfetta estranea. Mia madre mi diceva sempre che quelle come noi non si ambientano mai completamente, perché ovunque ci saremo girate avremo visto sempre e comunque delle differenze. È per questo motivo, credo, che sia andata via da Santiago»
Teddy scosse il capo, prima a destra, poi a sinistra, con lentezza. Non c’era nulla di sensato in quel monologo, proprio niente. Grimilde finalmente alzò i suoi occhi azzurri su quelli propri, aggiungendo:
«Forse in un altro paese troverei quello che cerco. Forse mi sentirei più a casa di quanto non mi senta in Cile …»
Sinceramente la ragazza castana non capì se la sua amica le stesse porgendo una domanda o fosse una semplice constatazione. Fu sul punto di dirle di smetterla con tutte quelle stupidaggini, certo che il Cile era casa sua, che domande! Quando Carlo parlando ricordò ambedue che non erano sole:
«Penso che sia arrivato il momento di tornare a casa da mia moglie e i miei figli.»
A Morena quasi cadde l’impacco di ovatta e disinfettante sul pavimento.
«Sei sposato …» affermò sognante, ma era come se parlasse con sé stessa «Ho flirtato con un uomo … sposato … »
«Di sicuro in questa casa non ci si annoia mai!» sghignazzò Grimilde che sembrava essere tornata momentaneamente la solita bionda frizzante e allegra di sempre.
 
Poco dopo un taxi si fermò sulla strada adiacente alla casa di Nicolas Antonio, i fari di posizione accesi e il motore che ronfava come un gatto.
Carlo abbracciò Romero sull’uscio di casa, ringraziandolo più volte. Dal canto suo il cileno gli batté una pacca sulla schiena, dicendogli di non preoccuparsi, che lui e la sua casa erano a disposizione per gli amici. Ci tenne a sottolineare l’ultima parola.
Morena era qualche metro più indietro, le braccia incrociate sotto il seno e il capo basso a fissare il pavimento, il muso imbronciato.
Nonostante conoscesse quel ragazzo solo da qualche giorno, non voleva che andasse via. Così facendo la sua realtà imperfetta le sarebbe di nuovo crollata addosso e aveva perso la conta di quante volte era stata costretta ad affrontarla.
Guardò di sghembo Carlo quando le si avvicinò emettendo un lungo sospiro e posandole una mano sulla spalla per scuoterla con delicatezza:
«Quando non ce la fai più, pensa a Martin. Pensa che lui vive solo per te, che ha bisogno di te per sopravvivere.»
Morena sentì la minaccia imminente delle lacrime, avrebbe voluto scappare, invece lo fissò negli occhi e accennò un sorriso:
«Lo farò» poi si prese qualche secondo per riflettere prima di aggiungere «Non conosco il motivo per cui sei andato via di casa, ma so’ che la scelta di tornare è quella giusta.»
Il ragazzo l’abbracciò forte, sperando di trasmetterle tutto l’affetto che provava per quella persona che, infondo, restava un’estranea per lui. Poi il suono del clacson del taxi che era in attesa scosse entrambi, la ragazza scura si alzò sulle punte e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, prima di vederlo sparire nella bruma e nel gelo della notte.
 
Diego Torres aveva un’enorme chiazza rossa al centro della fronte.
La strada ghiacciata, contro la quale si era schiacciato per inginocchiarsi ai piedi di Morena, evidentemente non gli aveva giovato, lasciandogli quel ricordo alquanto ridicolo.
La ragazza mora entrò nella stanza dopo aver visto partire Carlo e, sforzandosi di ignorare gli occhi supplichevoli di Diego, nonché la sua espressione da cane bastonato, annunciò alle sue amiche che sarebbe andata a dormire, solo allora Torres parve risvegliarsi da un lungo torpore e saltò sull’attenti:
«Martin è …»
«Dorme» la voce di Morena sovrastò la sua e quando fece per uscire dalla stanza, lui la fermò, afferrandola per entrambe le spalle
«Mi perdonerai, mi amor?» Diego chinò il capo «Mi darai un’altra possibilità?»
Nella stanza calò il silenzio. Teddy distolse lo sguardo da quei due innamorati, sapeva che Morena teneva ancora a lui, ma sapeva anche che spesso il dolore è più forte dell’amore. Spostò lo sguardo su Nicolas, i cui occhietti scuri facevano su e giù dalla coppia ferma sulla soglia della porta, il volto dispiaciuto. Se lui l’avesse odiata per non averlo seguito otto anni prima in Germania, ora forse sarebbe tutto più facile, probabilmente lei sarebbe sposata con Marcelo e lui avrebbe reso felice un’altra donna che, come giusto che sia, sarebbe stata pronta a seguirlo in capo al mondo. Infine si accese una sigaretta e inspirò a fondo.
Grimilde si strinse ad Alex. Com’erano arrivati a quel punto loro due?
Anzi, come era arrivata lei al punto di dover decidere se andare a vivere insieme o lasciare tutto come si trovava: vedersi sporadicamente, soffrire ogni qual volta lui doveva tornare in Spagna, toccare il cielo con un dito quando, al contrario, sarebbe giunto in Cile per una breve vacanza. E la cosa che più la destabilizzava era il fatto che non aveva mai pensato o sperato ad una tale eventualità.
Martinez la strinse a sé e le posò un leggero bacio sui biondi capelli lisci. Lui non avrebbe fatto lo stesso sbaglio di Diego, pensò, lui non sarebbe stato così stupido, ma soprattutto, si chiese, avrebbe saputo mettere da parte l’orgoglio e tornare strisciando come aveva fatto Torres? Lo dubitava.
Nicolas Romero si sarebbe voluto trovare in qualsiasi altro posto nel mondo, fuorché lì. Assistere alla battaglia di un uomo per riconquistare la vita che aveva avuto e che poi aveva perduto, seppur per demerito proprio, lo faceva sentire vulnerabile. Infondo conosceva la tristezza e il senso di colpa che probabilmente lo tormentavano, quella sensazione di impotenza, la stessa che lo aveva accompagnato durante il primo periodo in Germania, dove non aveva fatto altro che pensare che sarebbe dovuto tornare indietro e restare a Santiago.
Per Teddy. Con Teddy.
«Fossi in te, mi vergognerei a chiedere un’altra possibilità» disse Morena la cui voce calda penetrò nelle menti dei presenti, dissolvendo i loro intimi pensieri «Una cosa è il perdono, Diego, un’altra una nuova chance»
«Mì amor, ti prego …» ma lei si tolse le grosse mani di Torres dalla spalle, prima quella destra, poi la sinistra:
«Ti ho dato tante nuove possibilità in quest’ultimo anno e tu non l’hai mai capito. Ora basta» fece Morena «Ora basta» e uscì, lasciando che il peso degli errori crollasse addosso al padre di suo figlio.
 
Come al solito Teddy aveva le coperte tirate fin sulla testa, a sbucare era solo una ciocca ingarbugliata di capelli mossi.
Nicolas sorrise e si distese al suo fianco, scostando la piega del piumone per scoprire una parte di viso sul quale posare un bacio, ma la missione si rivelò più difficile di quanto previsto. La sentì mugolare e lui la voltò delicatamente verso di sé, aveva le palpebre abbassate. Le carezzò il volto, studiandolo con attenzione e nonostante lo conoscesse bene gli sembrava di scoprire sempre nuovi particolari, come quel piccolo neo nella tempia, appena visibile:
«Sei stanca?» gli chiese lui, scoprendo ancor di più il suo corpo per adagiare le labbra fra le clavicole. Un nuovo mugugno scaturì dalla gola della ragazza, ma questa volta lui non comprese se era dovuto al sonno o al tocco della bocca sulla sua pelle nuda:
«Si, sono tanto stanca» bisbigliò lei, girandosi però nel suo abbraccio per stringersi meglio a lui, il quale prese a risalire con le dita lungo la linea dei fianchi, su fino al seno e poi di nuovo giù:
«Quanto stanca?» le domandò con una sfumatura di malizia nella voce e quando la vide accennare un sorriso, senza tuttavia aprire gli occhi, fece lo stesso:
«Non così stanca infondo …» concluse Teddy, lasciandosi sopraffare dal sapore della sua bocca dentro la sua e dal peso confortante del suo corpo premuto contro quello proprio, consapevole che quella sarebbe potuta essere l’ultima occasione che avevano di condividere quella notte.
 
«Allora Romero, mi spieghi perché diamine deve venire pure lui?»
«Accidenti Morena!» sbraitò Nicolas alla guida della sua berlina preferita «É il giorno di Natale, non potevo lasciarlo a casa da solo come un cane!»
La ragazza bruna sbuffò rumorosamente e si lasciò scivolare con le spalle contro lo schienale dei sedili posteriori e, non avendo più l’appoggio necessario, Martin cadde all’indietro atterrando sul morbido seno, scoppiando a ridere, credendo che quello scatto improvviso della sua mamma fosse stato voluto per divertirlo.
Teddy scrutò la strada che scorreva alle loro spalle attraverso lo specchietto retrovisore. Vide il viso tondo della sua amica, la fronte corrugata e gli occhi fissi oltre il finestrino, sul panorama di campagne imbiancate dalla neve che aveva continuato a cadere durante la notte, quindi andò oltre, fino alla macchina che li seguiva a ruota.
Da quella distanza non poteva focalizzare appieno le persone che erano al suo interno, ma tanto non ne aveva bisogno. Sapeva che al posto dell’autista c’era Torres (infondo quella era la macchina che si era portato appresso dalla Sardegna), affiancato da Martinez, con Grimilde seduta alle loro spalle.
Quella mattina si erano ritrovati tutti davanti al camino nel soggiorno di casa Romero e dopo un lungo momento di silenzio e imbarazzo, durante il quale nessuno aveva saputo cosa dire per rompere il ghiaccio, fatta eccezione per la ragazza bionda che aveva tentato più e più volte di avviare un discorso, con scarsi risultati, il padrone di casa era balzato in piedi e si era attaccato al telefono. Dopo diversi minuti era tornato, affermando che aveva trovato miracolosamente un ristorante aperto il 25 dicembre.
 
Ed ora eccoli lì, in viaggio verso un paesino a qualche miglia di distanza da Torino, sperso fra le campagne e le case con le canne fumarie a svolgere il loro sporco lavoro.
Il locale si rivelò essere molto più fine ed elegante di quello che si erano aspettati studiando l’ambiente geografico che li aveva circondati lungo il tragitto, con un ampio giardino in cui l’inverno aveva addormentato la vita, ma che in primavera doveva essere un vero e proprio scoppio di colori e cinguettii, alti gazebi in ferro battuto erano coperti da veli e fiocchi di tulle che la brezza smuoveva con delicatezza. Nonostante l’aria gelida l’interno del locale era caldo e accogliente. Sicuramente non rustico e folcloristico come lo era stato il rifugio che Teddy e Nicolas avevano pescato fra le disperse montagne sarde.
Mentre un cameriere li accompagnava lungo una rampa di scale, addobbata per le feste natalizie, Grimilde non smise un attimo di guardarsi attorno estasiata, rimanendo affascinata soprattutto dai grossi lampadari che pendevano dal soffitto in uno sfavillio di luci.
Il loro tavolo era stato apparecchiato nell’angolo più remoto della sala, come aveva chiesto lo stesso Romero al momento della prenotazione. Ben presto scoprirono che i pochi ospiti del locale erano per lo più gente forestiera e di una certa età.
Com’era prevedibile l’atmosfera tornò ad essere più gelida del clima al di fuori di quelle mura, con Morena che si ostinava a tenere gli occhi fissi sul sottopiatto dai bordi decorati che le stava davanti e Diego, sedutogli di fronte, che non la smetteva per un solo istante di distogliere l’attenzione da lei, scattando ogni qual volta chiedeva, a qualsiasi altro che non fosse lui, di passarle ora l’acqua, ora il cestino del pane, ora il sale. Torres a quel punto scattava e le versava l’acqua nel bicchiere, chiedendole se stava bene così, se aveva bisogno d’altro, ma lei si limitava a scuotere il capo o a farfugliare un bisbetico dissenso.
Più volte Teddy fu sul punto di intervenire, di attaccare Diego dicendogli di sedersi, di smetterla di fare avanti e indietro per il tavolo facendo rumore con la sedia ogni volta che balzava in piedi, attirando le occhiate dei presenti, e che così facendo non avrebbe risolto nulla. Morena desiderava un uomo, un vero uomo, non uno che dopo averla ferita dimostrava tutta la sua debolezza atteggiandosi a zerbino. Solo la mano di Nicolas Antonio, che sempre correva a chiudersi sulla propria quando era in procinto di parlare, l’aveva trattenuta.
Nicolas. Guardarlo negli occhi le faceva male, quello stesso sguardo buono e gentile che si infuocava quando erano in intimità. Avrebbe dovuto dirglielo, aspettare ancora avrebbe solo peggiorato la situazione e rimandato l’irrimediabile.
Quella sera, si disse, quella sera gliel’avrebbe detto.
Immersa nei suoi pensieri, sembrò cadere dalle nuvole quando sentì la voce di Torres scusarsi e ancora scusarsi.
Nell’ennesimo scatto repentino per recuperare la brocca del vino, maldestramente rovesciò una goccia sui pantaloni di tessuto di Alexander Martinez. Il più mortificato dei due però sembrava quest’ultimo, messo a disagio dalla raffica di scuse pronunciate da Diego. Alla fine si allontanò verso la toilette lasciando l’amico con le mani a coppa sul viso e le spalle ingobbite.
 
I corridoi erano freddi e vuoti.
Grimilde camminava strofinandosi le braccia con le mani, fermandosi di tanto in tanto per acconciarsi i capelli davanti allo specchio, o controllare la sbavatura del rossetto. Alla fine del corridoio si arrestò, guardando prima l’omino maschio sito sulla porta alla sua sinistra, poi la donnina con il suo triangolo per gonna sulla destra e sorrise, continuando a tenere gli occhi fissi su quell’ultima figura entrò di schiena nella stanza con l’omino, abbassando la maniglia della porta e sgattaiolando all’interno.
Un lungo specchio rifletteva i quattro lavabi sotto di esso e le porte che nascondevano altrettanti bagni sulla parete opposta. Le mattonelle erano a forma romboidale e di colore azzurro. Martinez era intento a lavare via la macchia di vino sulla coscia mancina, ma quando alzò lo sguardo rimase di stucco. Chiuse il rubinetto e le andò incontro, con aria preoccupata:
«Grimi, è successo qualcosa?»
«Io non voglio essere la tua fidanzata!» annunciò di punto in bianco lei e prima che lui potesse aggiungere altro, o che riuscisse a formulare una frase di senso compiuto dato lo shock della rivelazione, la biondina continuò «Non voglio essere la tua fidanzata se questo significa smettere di fare l’amore con te. Io voglio essere la tua migliore amica, la tua confidente, la tua ragazza … ma voglio essere anche la tua amante» la ragazza riprese fiato e le sembrò che Alexander increspasse le labbra in un sorriso «Come posso seguirti in Spagna se non mi sento desiderata? Guardami, Alex, guardami» e si allontanò da lui incamminandosi verso l’interno della stanza, dove aprì le braccia «Io ho solo questo: un bel fisico e un faccino angelico. Nient’altro. Non sono intelligente, non sono saggia, non sono… »
«Tu sei bella e sei anche intelligente. Sul fatto si essere saggia avrei qualche dubbio …» entrambi risero, mentre lui le posava le mani sui fianchi stretti, attirandola a sé «Sei la donna che voglio portare con me a Barcellona perché non sopporto l’idea di allontanarmi da te. Voglio poterti vedere sempre, sentire la tua voce non solo attraverso un apparecchio telefonico e schiavo del fuso orario. Voglio poterti avere ogni volta che ne ho l’occasione …» lentamente la sospinse verso il bordo del lavandino, chinando il viso su quello candido della ragazza «Ad esempio, se ti prendessi in questo bagno mentre i nostri amici ci aspettano di sopra e con il rischio che qualcuno ci scopri, sarebbe troppo molesto secondo te?»
Grimilde sorrise, con il cuore che le batteva a mille nel petto. Non si sentiva così, con quell’ansia e quella voglia di sentire il corpo di Alex dentro quello proprio, da tanto tempo. Forse da quando era tornato in Cile per qualche giorno durante la pausa invernale, dopo che non si erano potuti vedere per mesi e mesi. Solo adesso, con il batticuore e quel senso di eccitazione che si andava espandendo oltre l’ombelico, comprese il motivo per cui Martinez aveva deciso di imporre un freno alle loro notti amorose: per farla sentire esattamente così, desiderata come non mai, voluta nonostante la situazione, in attesa di riaverlo e di sciogliersi fra le sue braccia.
L’atleta cileno non attese la risposta della ragazza bionda, la baciò con frenesia, aiutandola a salire sul bordo di marmo bianco del lavabo, mentre le loro bocche si scontravano, in una lotta fatta di lingue e di respiri umidi, l’uno smanettava per spogliare l’altro.
 
Nulla di nuovo: senza la biondina che teneva banco, la tavolata dei cileni cadde nel silenzio più buio. Si sentiva distintamente il ticchettio delle forchette contro i piatti, mentre Teddy si intestardiva a tenere il capo basso e a tracciare raccordi autostradali fra il purea di spinaci che non aveva neanche toccato. Le cose verdi le facevano impressione da mangiare. Pensava che il verde fosse un colore da indossare, non da mangiare.
Anche Martin sembrava pensarla come lei, visti i capricci e le ore che ci stava mettendo Morena per ficcargli quella pappina verdognola in bocca. Nicolas prese a fargli linguacce per distrarlo e il bambino rise, ma fu una pessima mossa, poiché la sua mamma ne approfittò per scaricargli quella brodaglia melmosa che fu costretto ad ingoiare.
Diego Torres bevve un lungo sorso di buon vino italiano. Si rendeva conto che quel mutismo e quell’imbarazzo tangibile era dovuto a lui e solamente a lui. Doveva rimediare, non era nella sua indole indomita restarsene buono buono senza spiccicar parola. Se Morena non voleva parlargli, non era detto che non poteva farlo con Romero o con la sua … compagna? Fidanzata? Morena gli aveva raccontato tutta la storia da telenovela di quei due, i quali sembravano finalmente essersi ritrovati. Tossì per schiarirsi la gola e far sapere agli astanti che avrebbe detto qualcosa:
«Teddy …» iniziò e lei lo guardò come se si fosse materializzato a quella tavola dal nulla, come se non fosse stato lì finora «Pensi dunque di trasferirti a Torino?»
Martin sputacchiò l’ultima cucchiaiata che Morena gli aveva messo a forza nella bocca, cominciando a piangere quando la sua adorata mamma lo guardò male e iniziò a pulirlo con foga, utilizzando la bavetta e le salviettine imbevute che non mancava mai di portare con sé.
Teddy fu inghiottita dalle vertigini. I suoni si ovattarono, eccetto la voce di Torres che risuonava ancora nella sua testa, forte e chiara. Non era né il momento, né il luogo adatto per affrontare quella discussione, ma si rendeva conto che mentire avrebbe reso la situazione ancor più difficile. Non poteva illudere Nicolas, non lo meritava, soprattutto perché sentì la sua mano calda prendere la propria, fredda e dura come un cubetto di ghiaccio, e portarsela alle labbra per baciarne il dorso. Non osò guardarlo. Non osò guardare il suo sorriso dolce che sicuramente gli aveva illuminato il viso e addolcito lo sguardo. Non osò guadare nessuno in verità.
«Non è semplice …» disse dopo un’eternità «A Santiago ho il lavoro e tante altre …»
Nicolas Antonio mollò la mano che le ricadde in grembo e che si chiuse a pugno. Morena smise di ripulire il suo bambino per piantare due occhi spalancati sull’amica che teneva di fianco, chiedendole in un sussurro cosa diavolo stesse dicendo.
In quel preciso istante Grimilde e Alex tornarono euforici e felici e, con la sua vocina di cristallo, la biondina esordì con un battito di mani:
«Signore e signori … e anche tu bel bambino, abbiamo una comunicazione urgente da farvi!» e ridacchiò insieme a Martinez, poi Nicolas si alzò in piedi, spingendo la sieda con tanto fervore che cadde all’indietro provocando un gran tonfo. I suoi occhi erano più scuri del solito, avevano perso la loro immancabile gentilezza e si posarono su una Teddy a testa bassa come un pugile che ha incassato il colpo di grazia:
«E io che ancora ci credo a certe cose!» disse a denti stretti, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti. Di Morena e Diego perché avevano udito le parole di Teddy, di Grimilde e Alex della cui presenza non si era accorto nessuno.
Nicolas Romero fissò per qualche altro secondo ancora la ragazza castana con la testa abbassata, aspettando di vedergliela alzare per guardarla negli occhi e farle capire quanto astio stava provando per lei in quel momento. Ciò non accadde e a grandi falcate raggiunse l’uscita che portava sul terrazzo del locale.
Morena scosse Teddy per una spalla, chiedendole se per caso non fosse impazzita, ma non ottenne risposta, la vide alzarsi con calma, prendere il giubbotto di pelle marrone di Nicolas e seguirlo nel gelo.
 
 
  
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