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Autore: ParalyzedArtwork    20/12/2014    1 recensioni
”Cosa volete?”
“Quello che continua a dividerci e continua a tenerci uniti. L’odio verso di voi, quello che continua a gettarci nel caos ed ha farci risorgere.”
Genere: Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sul muro delineato da un tinta blu, c’era la sagoma di un pendolo con un foro non troppo grande scavato al centro della sagoma. Cassidy andò alla scrivania e riprese i vari manoscritti. Se la memoria non la stava ingannando aveva trovato una via di fuga. Tra i fogli apparvero disegni di un pendolo e di delle lune. Cassidy provò a leggere ma la lingua dei Ghoul era un miscuglio di conoscenze, lontane perfino a lei e tutto ciò le stava provocando un mal di testa enorme. Lesse frettolosamente le righe delle lingue che conosceva traducendo pezzi sparsi dei vari manoscritti.

”Lancette dell’orologio… Allineate con la luna… Aprire un varco verso un mondo… Ogni luna al suo Regno…. Viaggio spazio-temporale…. Geografia nel tempo…”
 
Le frasi continuavano a susseguirsi con la stessa incomprensione per ore e la sua mente non aveva elaborato nulla di buono. Ciò che aveva compreso era che le lancette della bussola rappresentavano le lancette del tempo del mondo dei Ghoul, la blu i minuti e la rossa le ore, la terza una più piccola, la nera dei secondi, e vari fasce orarie rappresentavano un luogo. Viaggiare era un incastro perfetto tra tempo e luoghi. Cassidy inserì all’interno della fessura sulla parete la bussola che con un tremendo tonfo attivò il meccanismo dell’orologio. Le lancette girarono frettolose in senso orario ed antiorario, poi ci fu una pausa, e posizionate sull’ora giusta iniziarono a girare velocemente quasi quanto prima. Il tempo nel mondo dei Ghoul era veloce, era una costante corsa verso l’eternità.
Cassidy aveva capito che l’ora era legata alla posizione della luna e delle rune.
La luna doveva coprire il karma e la runa del viaggio, Raido, e allo stesso momento cadere sull’orario racchiuso dalle sue lancette. I raggi lunari filtravano dalla fessura da dove era entrata la ragazza ed il buio della stanza aiutava la visione.
Ciò che non aveva ancora capito era quale luna rappresentasse il suo mondo e quale fascia oraria o solamente come dovesse avvenire il rituale. Continuò a leggere frettolosamente, come quando un bambino è di fronte ad un libro di favolose ma non sa leggere e sta volta quel bambino era lei.
Aveva capito che l’orologio per funzionare doveva essere impostato, ma non aveva idea delle modalità.
Le lancette scoccarono e la luce della luna coprì il loro quadrante. Cassidy afferrò i pezzi ci carta e salì frettolosamente la scala.
Fuori il vento infuriava ed una luce bianca inondava metà del cerchio runale, era difficile persino riuscire a camminare ed il suo respiro si fece affannoso per il freddo.
Si scoprì una mano e posta vicino a Raido, estraendo un coltello dalla tasta, si trafisse il braccio e marchio la runa, poi si diresse al centro fece colare 24 gocce di sangue su Karma, mentre la luna stava fuggendo velocemente ed il cielo scuro come la morte minacciava una bufera. I fulmini si unirono al vento furioso e intorno alla runa il rombo dei tuoni si faceva minaccioso. Era scoppiato un temporale.
Cassidy, fradicia dalla pioggia, iniziò a recitare in Arabo l’unica grande filastrocca che trovò. Conosceva bene l’Arabo ed era sicura che quella fosse la profezia giusta.
Trafisse Karma e Raido, marchiate sul suo palmo, tra il vento ed il rumore del tempo, un lampo illuminò il paesaggio e allo sparire della luna anche la ragazza era sparita, cancellata dall’intemperie.


Quando aprì gli occhi era all’interno di una vasca da bagno, con i lunghi capelli ramati scompigliati che le scendevano lungo tutto il corpo, quasi fossero una coperta. Il suo vestito bianco era diventato ormai color grigio fuligine e faceva parecchio freddo per poter continuare ad utilizzare un vestitino leggere come quello. Intorno a lei c’era una classica camera da bagno, tinozze di ferro, uno specchio, un lavatoio e qualche accessorio per la stanza. La vasca era umida e lo specchio coperto dal vapore. Qualcuno doveva aver utilizzato la stanza da poco. Chiuse gli occhi. In quel momento la porta del bagno emise un cigolio, come se qualcuno stesse entrando e come il rumore fu generato scomparve velocemente. Chiunque avesse deciso di entrare, aveva cambiato tempestivamente idea. Nemico, alleato, conoscente, non le importava. Cassidy era stanca di fuggire, di scappare da un combattimento imminente ed era stanca dopo tutti quegli eventi.
Quando riaprì gli occhi fu perché qualcuno stava bussando alla porta. Si levò dalla vasca, con la stessa vitalità che assume un fantasma nel oltre tomba, si stava trascinando con movimenti leggeri ed impercettibili. Si guardò intorno sperando di trovare qualcosa con cui coprirsi o difendersi, ma non c’era nulla oltre il vapore acqueo che gocciolava giù dalla stanza e qualche arnese.  Tossì per schiarirsi la voce, afferrando delle forbici poste sul lavandino e nascondendole dietro la schiena, si avvicinò con i piedi nudi alla porta, attenta a non cadere e tirò la maniglia. Davanti ai suoi occhi c’era un bambino, dai lunghi capelli castano chiari, con le braccia che sorreggevano una pila di asciugamani che lo coprivano quasi completamente; arrivava a malapena alle ginocchia di Cassidy. Il bimbo le porse la pila di asciugamani e corse giù per le scale. A quel punto tutta l’agitazione nascosta dal dolore e dalla stanchezza di Cassidy si tramutarono in sollievo. Era tornata a casa.

Era sempre stato un bambino parecchio timido a differenza del padre, il quale era un uomo cordiale e solare, disposto a chiacchierare in qualsiasi momento, un uomo intelligente e saggio ma non più giovane. Cassidy iniziò ricordare tutte le volte che da piccola si fermava alla sua armeria, e lui le sorrideva mentre continuava a battere con il martello sul ferro rovente, sorridendo alla ragazza con le gocce che gli scendevano giù dalla fronte e sedendosi poi su un ciocco di legno le raccontava del suo mestiere appreso da giovane da suo nonno. Cassidy amava l’armeria Riddle, c’era sempre un buon umore in quel luogo, anche i negozianti adiacenti sembrava che l’armeria riuscisse ad influenzare tutto il quartiere. Ma poi le immagini furono sostituita dall’armeria che bruciava e il signor Riddle con in braccio il piccolo che cercavano di scappare. Cassidy scosse la testa, come se questo potesse far scomparire tutti quei ricordi. Fissò la vasca e decide che sarebbe convenuto un bagno per far scivolare via ogni ricordo e dopo tutte quelle peripezie un bagno era veramente ciò di cui aveva bisogno. Riempì la vasca con l’acqua calda presente nelle tinozze di ferro nella stanza, probabilmente il vapore acqueo era stato causato da quello e non da qualcuno che volesse farsi un bagno. La ragazza non si interrogò troppo su questo, non aveva più la forza neanche di pensare. Era stanca come non lo era mai stata prima. Stanca e affranta. Si immerse quasi totalmente nell’acqua, lasciandosi sommergere, lasciando le la sua mente fosse sommersa dal tepore dell’acqua, chiuse gli occhi e si abbandonò alla tranquillità. Fu in quel momento che le lacrime si mischiarono l’acqua, scendendo veloci come una doccia salata. Cassidy stava piangendo silenziosamente, come faceva da piccola quando si immergeva nelle coperte, dopo una lunga giornata di solitudine senza che Frà Cliff potesse sentirla, lasciando scivolare tutto il dolore sul cuscino ed addormentandosi con le lacrime che ancora scendevano sul suo volto. Perché non era mai cresciuta realmente, aveva solo smesso di farsi domande, domande che in questa lotta erano riemerse o semplicemente qualcuno aveva iniziato a leggere. In realtà erano domande che non si era mai smessa di fare realmente e che adesso erano riaffiorate senza che lei dicesse nulla, perché tutti potevano leggerle sul suo volto, come potevano leggere il grande dolore che portava dentro. Si sentiva smarrita, sola, persa in un grande giardino che non era il suo, come una bimba persa in un castello. Non aveva più nulla, non aveva più la luce, non aveva neanche più il coraggio. Era tutto annebbiato nel suo cuore, tutto così freddo e si sentiva.. morta, come neanche un morto riesce ad essere mai ad essere realmente. Morta come se non avesse più nulla per essere felice. Aveva perso tutto ed era diventata grande adesso. Era diventata veramente grande, perché non si cresce mai veramente o forse è solo la morte a renderci grandi. Ma questo lei non poteva saperlo. Aveva smesso di chiedersi cosa sarebbe successo, aveva smesso di fare ogni cosa.. Forse le era rimasta solo la speranza ed il dolore, forse quelle. E’ come se la nostra sopravvivenza dipendesse da quanto dolore siamo disposti a sopportare, come se la felicità non esistesse più. Non lo sapeva, sapeva che davanti ai suoi occhi c’era la morte e alle sue spalle la vita e si stava girando e si era girata, perché era la vita che voleva restituire, a loro. Ma a lei cosa sarebbe rimasto? Non era forse la vita che cercavano i Ghoul? Contro cosa stava realmente combattendo? Se entrambi combattiamo per la stessa cosa? Non lo capiva.
Aprì gli occhi e vide le piaghe sulle mani e decise di uscire dalla vasca. Anche rilassarsi era un lusso troppo grande per la sua mente; penso ironicamente. Si asciugò e tra le coperte trovò una lunga gonna color cappuccino con un mezzo corsetto di stoffa dello stesso colore e una camicia bianca dalle maniche larghe. Sorrise, aveva sempre desiderato di poter vestire come vestono i suoi compaesani e non con la solita uniforme, accadeva così raramente che aveva anche rinunciato a quei pochi minuti in cui poteva farlo. Sul lavabo trovò un piccolo specchio e si specchio dopo tanto. Vide la sua carnagione pallida adesso lievemente abbronzata, principalmente le guance erano di un colorito quasi sporco ed i suoi occhi color ambra sembravano gialli più del solito. La sua chioma arancio era ormai troppo lunga e distrutta, si toccò i capelli, passando una mano leggera su di essi fino a toccare le punte. Li ricordò impregnati di sangue. Non li aveva mai tenuti sciolti soprattutto adesso che le arrivavano quasi oltre metà schiena. Fissò la stanza e prese delle forbici poste accanto al lavabo. Respirò profondamente, fissandosi duramente allo specchio. Stava iniziando una nuova era penso. Raccolse i capelli in una coda fatta con le mani, la tirò su e tagliò, i capelli caddero sul pavimento come le foglie d’autunno, grovigli di capelli di ammassavano velocemente a coprire tutto il pavimento. I capelli caddero giù dalla sua coda e Cassidy scosse la testa con decisione e con un lieve sorriso come un faceva da tempo. Improvvisamente si fermò e si vide allo specchio, fece un taglio, spiegando la testa lateralmente, deciso sui capelli e poi sorride. Era tornata ad essere una bambina dai capelli poco più lunghi delle spalle e una frangetta, con le guance scure. Sorrise, sorride come non faceva da tempo e rivide quella bimba che giocava nel cortile con le spade di legno, ancora una volta davanti ai suoi occhi, quella bimba che avrebbe lottato contro tutti per i suoi sogni, per tutti i sogni che aveva e in quell’istante, ritrovò se stessa ancora una volta.


Scese le scale con decisione, lasciando la mano scorrere sul corrimano, la casa era deserta e poco lontana dalla porta c’era una stanza immersa anch’essa nel grigio della giornata, era la cucina. Cassidy entrò silenziosamente, con i piedi scalzi che poggiavano sul legno ben levigato della casa.
Un uomo, dai capelli brizzolati sedeva a capo tavola, con la bocca poggiata sulle mani giunge in preghiera, era senz’ombra di dubbio il signor Riddle, appena la vide sul ciglio nella porta alzò lo sguardo e le rivolte un sorriso benevole, invitandola a sedersi davanti a lui.
Appena Cassidy si avvicinò, Riddle era in piedi e le si avvicinò per abbracciarla. Un abbraccio nostalgico, pieno di forza e speranza, come di qualcuno che ha trovato la forza per potersi rialzare dopo tanto, come qualcuno che ha trovato un miracolo. I movimenti del signor Riddle si fecero frettolosi, guardò Cassidy con occhi languidi e piedi di gioia come quando una notizia inaspettata cambia il tuo umore, ed un piccolo bocciolo di rosa nasce all’interno del tuo cuore, un piccolo fiore di speranza. Si monitorò con le lacrime agli occhi per porre sulla tavola tè caldo e biscotti ed un po’ di salumi. Con la voce vecchia, provata dagli anni, un po’ rauca ma sempre accogliente, sempre non abbandonando il suo sorriso e con la luce negli occhi il Signor Riddle fece accomodare Cassandra e la servì come un degno locandiere, mestiere che non si sarebbe mai addetto ad un Fabbro.

Riddle fissava Cassidy impaziente e pieno di gioia, come se  stesse aspettando che la ragazza le dicesse qualcosa che rendesse reali tutte le sue speranze, anche se Cassidy era ben conscia di non poter far nulla. Posò il biscotto incrociando lo sguardo di Riddle e lui capì, spegnendo tutto il suo entusiasmo, capì che questa volta non si trattava di briganti o di assalti, che questa volta erano pochi e soli e le sue paure non erano solo un brutto sogno. Perché tutti rimaniamo infondo dei bambini.

”Non puoi salvarci vero?”


Riddle aveva imparato presto che un amara verità è meglio di una dolce bugia, poiché a lungo andare quest’ ultime marciscono presto; coltivano la speranza e la fanno crescere marcia. Aveva sempre preferito le docce fredde ad un lungo tepore.

”Non lo so..  Non posso e non voglio, darti o darvi false speranze. Non conosco la situazione qui in paese ma posso dirti che è qualcosa di molto serio e stiamo già stendendo un piano per contrastarli.”

Riddle aveva ormai lo sguardo cupo e triste.


“Dopo la tua scomparsa tante cose sono cambiate. Da quella notte nessuno di noi ha più visto i Mastini o tanto meno un Gaunt della notte. Dopo esserci tutti radunati alla Rocca, i Ghoul non hanno tardato ad arrivare e siamo stati catturati, messi in catene e costretti ad inginocchiarci davanti a loro. Il Santo Padre è scomparso e con lui gli ultimi Mastini rimasti. Volatilizzati nel nulla, nessuno sa che cosa sia successo in quell’istante, sappiamo solo che ci siamo ritrovati soli, soli da chi avrebbe potuto anzi dovuto proteggerci. Ci hanno dato delle regole, le hanno elencate, ci hanno lasciato a svolgere le nostre mansioni o almeno a lavorare per loro, per procurargli tutto il fabbisogno necessario. Ci hanno resi schiavi, sotto sembianze di un finto popolo. Nei giorni a venire Amy e non ricordo chi sono riapparsi, ma sono stati catturati e picchiati a sangue davanti di noi, abbiamo provato a ribellarci ma la fine è stata la stessa. Hanno punito gli uomini che Amy e gli altri erano riusciti a radunare e da quel giorno i controlli sono stati intensificati. La chiamano pulizia, affermando che non siete stati capaci di portare ordine con false promesse di benevolenza, che la redenzione non esiste e le persone devono essere punite con la morte ed il dolore. Come sono stati punti loro per un ingiustizia e l’egoismo di Dio… “

Cassidy digrignò i denti.

”Chi è rimasto?”
”Nessuno, da quel giorno nessuno parla più con nessuno, ognuno cerca di vivere guardandosi i propri interessi, a testa bassa per proteggersi da un mondo che è pieno di crudeltà e morte, è questo l’unico modo per sopravvivere.”
”E’ successo altro..?”
”Dopo la tua scomparsa solo morte, dolore e violenza. Ne subiamo ogni giorno. Siamo schiavi ormai ed uno schiavo non può né difendersi né pensare.”
Giuro su tutto il sangue che ho in corpo che vi ridarò la libertà e saranno loro a conoscere il vostro dolore.”
 

 
   
 
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