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Autore: Holly Rosebane    21/12/2014    4 recensioni
«Cosa ti fa anche lontanamente pensare che io possa fidarmi di voi? Voglio dire, mi hai guardato? Hai presente la tua notorietà all’interno del campus? Siamo come due linee parallele. Andiamo lungo due percorsi differenti», spiegò Harry, con fermezza.
«In geometria descrittiva», disse allora Zayn, «due linee parallele s’incontrano. All’infinito».
«E si da il caso che Juliet sia “l’infinito” che faccia per noi», aggiunse Niall.
«Ma perché volete aiutare proprio me? Non ci siamo mai parlati in tutto l’anno…» riprese Styles, ma Louis alzò una mano, zittendolo.
«Sono…» altro calcio. «Siamo», sibilò allora, incenerendo Liam con lo sguardo, «convinti che sotto tutta questa robaccia nerd, ci sia del materiale notevole. E raramente ci sbagliamo», concluse. Esibendo uno dei suoi allegri sorrisi contagiosi con retrogusto di pazzia latente.
«Non mi farete fare cose umilianti, nudo nel bagno del campus… per poi mettere il video su YouTube e indurmi al suicidio, vero?»
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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First Shot
 
 
 
"Bisogna essere davvero un grand'uomo per saper resistere anche contro il buon senso."
FËDOR DOSTOEVSKIJ
 


 
 
Qualche giorno prima (venerdì), ore 15.00
 


«E questo è quanto, signori. È chiaro?»
«Sì, mr. Bloom».
«Allora levate le tende, la lezione è finita».
Quasi come se avesse sentito le parole del professore, la campanella suonò rumorosamente, trillando in ogni recesso udibile del plesso universitario. Bloom fu il primo a seguire il suo stesso consiglio e a schizzar via, imbracciando la ventiquattrore, dando l’esempio ai numerosi giovani che frequentavano la lezione. Harry Styles, il pluripremiato nerd secchione del corso di architettura, famoso presso ogni studente o docente per la sua media di 30 e lode inanellati senza colpo ferire ad ogni esame, sospirò, posando la penna sul quaderno. Anche in quella lezione aveva scritto molto. Infaticabilmente. Scoccò una timorosa occhiata alla sua sinistra, verso la giovane che aveva appena infilato il suo astuccio esile nella borsa scura. Lei ricambiò il suo sguardo per qualche istante, e poi alzò un sopracciglio con freddezza e una punta di disgusto, alzandosi e uscendo dall’aula. Lasciando solo una sensuale scia del costoso profumo che usava solitamente come segno tangibile della sua presenza. Ora mutata in desolante assenza. Juliet Collins, una delle più belle ed inavvicinabili ragazze del corso. Lui aveva un debole per lei da quando erano iniziate le lezioni. Ma, come di consueto, si era sempre e solo limitato ad osservarla da lontano. Non avrebbe mai potuto mirare a ben più alti obiettivi. Non con la sua andatura alla “Leopardi” e i modi sgraziati da sfigato quattrocchi. Si sfilò gli occhiali, massaggiandosi con due dita le cavità che i naselli gli avevano impresso attorno alla radice del naso, stanco. Erano due ore che immagazzinava sapere scientifico e ingaggiava lotte psicologiche con se stesso per non voltarsi a guardare Juliet ogni tre minuti.
«Carina, eh?»
Harry sussultò malamente, minacciando di gettare all’aria quaderno, penne ed occhiali, facendoli volare dal suo banco. A pochi centimetri dal suo braccio, vide una pretenziosa e soda coscia maschile fasciata in un jeans blu scuro dall’aria nuova e costosa, la quale apparteneva ad un busto stretto in una maglietta Hollister a righe sormontato da un collo e una testa. Guarda caso, quella di Louis Tomlinson. Harry non seppe se sentirsi esaltato perché uno come lui gli avesse appena rivolto la parola, oppure seccato, per lo stesso identico motivo.
Vispi occhi azzurri, sottili labbra rosate quasi perennemente piegate in un sorriso strafottente, volto ovale contornato da un’ombra di barbetta castano chiaro regolata ad arte, nasino alla francese. Lisci capelli castano chiaro acconciati verso l’alto in maniera sapiente, incarnato abbronzato 365 giorni su 365. Se non fosse per i suoi ventitré anni suonati, chiunque avrebbe benissimo potuto prenderlo per un teenager spensierato, dagli oscuri processi mentali, che spesso faceva strambe pazzie. Era molto esuberante, ironico e con un gusto particolarmente eclettico per la moda, dato che amava abbinare i suoi capi secondo coppie molto a contrasto. Insieme a tre dei suoi amici, costituivano il quartetto più famoso del campus. La gente ideale da frequentare per avere le feste migliori, i vestiti più all’avanguardia, le compagnie più giuste. Tutti elementi da cui Harry si era sempre tenuto a debita distanza, come gli aracnofobici dai ragni. E si dava il caso che quel Louis costituisse una tarantola, per l’intollerante sanità morale del ragazzo. Neanche a farlo di proposito, alle spalle del moretto comparvero gli altri due amichetti di quella sorta di semaforo bipede, mentre un terzo si limitò ad accendersi una sigaretta alla porta d’ingresso.
«Ehi, è proibito fumare qui dentro!» Esclamò Harry, inforcando nuovamente gli occhiali e sbraitando verso la figuretta che stringeva il pallido cilindro fra le labbra, a metri di distanza.
«Infatti, io non sono nella classe» rispose Zayn Malik con un’alzata di spalle, sfilandosi la bionda di bocca e tenendola fra indice e medio con un gesto molto maschile e virile. Sbuffò un algido serpentello grigiastro, del tutto noncurante. Styles gl’invidiò con ferocia lo charme e la sicurezza che gli stava volutamente sbattendo in faccia. Quelle e il suo fascino mediorientale dal sapore arabo, testimoniato dall’incarnato color ambra e i seducenti occhi neri come il carbone, contornati da lunghe ciglia. Con tutto quel ben di Dio, i modi da sceicco alla Rodolfo Valentino e il corpo ben disciplinato da anni di palestra e kick boxing, Juliet Collins non avrebbe mai alzato un sopracciglio con disgusto, rispondendo ad una sua occhiata.
«Rilassati, amico», commentò Niall Horan dandogli una lieve pacca sulla spalla.
«Qui dentro non c’è nessuno», aggiunse Liam Payne, sbracandosi con i piedi sul banco e allacciando le dita dietro la testa. Con quelle due battute, lo spettacolino era ufficialmente iniziato. Tutti i personaggi principali avevano fatto il loro ingresso. Nella sua testa, Harry li paragonò alle streghe di Macbeth, che danzavano strillando anatemi attorno al pentolone. Dove lui stesso stava, sfortunatamente, dentro a bollire.
Niall Horan era l’irlandese biondino tutto pepe e musica hip hop, che strimpellava la chitarra in ogni dove e ammaliava le ragazze con la sua aria da dolce putto dublinese con i grandi occhi azzurro cielo. All’inizio dell’anno, portava un apparecchio per i denti con le piastrine trasparenti. Di recente, l’aveva tolto. Esibendo un sorriso da spot della Mentadent che aveva fatto guadagnare cento punti alla sua già perfetta immagine.
Liam Payne era il classico ragazzo della porta accanto, con l’aria protettiva ed amichevole, che esibiva un’infinita serie di camicie a quadri e buon senso. Pareva il più normale in mezzo a tal festival della pazzia umana che era quello strambo quartetto. Si accompagnava a Niall come fossero gemelli siamesi, ancora faticava Harry a capire cosa potesse avere a che fare uno come lui con Louis e Zayn.
«Comunque, non mi hai risposto» disse Tomlinson, piantando i suoi trasparenti occhi azzurri sul suo interlocutore. Styles, a disagio, si spinse ancor di più gli occhiali sul naso, con un gesto nervoso.
«A cosa ti riferisci?» Chiese, con tono distaccato. La sua voce morbida e profonda stonava in modo quasi malsano con il suo aspetto e i modi scoordinati.
«La ricciolona tutte curve. Juliet», scandì. Al pronunciare quel nome, il moro sussultò di nuovo. Gli sembrava quasi un insulto, sentirlo uscire dalle sue labbra. Uno come lui, che profanava la soavità di quelle sei lettere perfette.
«Oh, lei…» mormorò. «N-normale», aggiunse, abbassando gli occhi. Zayn scoppiò a ridere, ancora fermo allo stipite della porta. Si allungò verso il cestino, dando un colpetto di pollice al filtro della sigaretta, per far cadere la cenere in eccesso.
«Dimmi, Styles… sbavi sempre due ore, dietro ogni ragazza che tu definisci “normale”?» Domandò, pungente. Il moro arrossì violentemente, in silenzio. Era quello, che volevano? Prenderlo in giro come i bulli del liceo, quando tutti erano andati via? Bene. La storia si ripeteva.
«Ascolta, è da settembre che la contempli in adorazione», intervenne Liam, quasi intuendo i suoi pensieri e scongiurando quell’inizio di ipotesi per niente allettante nei confronti del ragazzo.
«Per quanto possa essere esilarante notare come lei non abbia neanche la minima considerazione, per te… ho deciso» e Louis s’interruppe, dopo che Payne gli ebbe assestato un calcetto e un’occhiata risentita. «Abbiamo», si corresse, con tono seccato. «Deciso di darti una mano. Questa commedia deve finire».
«In che senso, scusa?» Harry cadde dalle nuvole. Si era già aspettato le solite frasi di sarcasmo acuminato, che sarebbero saltate sulla punta della lingua a chiunque. Non certo una proposta di aiuto, apparentemente gratuita. Men che meno da loro.
«Oh cavolo, questo qui prende tutti trenta ed è proprio tonto», Louis si coprì con insofferenza il volto con le mani. «Svegliati, Styles. Vogliamo che Juliet si accorga di te. E per far sì che ciò accada, abbiamo preparato un piano!»
«Cosa ti fa anche lontanamente pensare che io possa fidarmi di voi? Voglio dire, mi hai guardato? Hai presente la tua notorietà all’interno del campus? Siamo come due linee parallele. Andiamo lungo due percorsi differenti», spiegò Harry, con fermezza.
«In geometria descrittiva», disse allora Zayn, «due linee parallele s’incontrano. All’infinito».
«E si da il caso che Juliet sia “l’infinito” che faccia per noi», aggiunse Niall.
«Ma perché volete aiutare proprio me? Non ci siamo mai parlati in tutto l’anno…» riprese Styles, ma Louis alzò una mano, zittendolo.
«Sono…» altro calcio. «Siamo», sibilò allora, incenerendo Liam con lo sguardo, «convinti che sotto tutta questa robaccia nerd, ci sia del materiale notevole. E raramente ci sbagliamo», concluse. Esibendo uno dei suoi allegri sorrisi contagiosi con retrogusto di pazzia latente.
Harry lo fissò, ancora scettico. Trascorsero attimi di pregno silenzio, in cui ogni parola veniva soppesata e analizzata affondo in ogni sua sfumatura.
«Non mi farete fare cose umilianti, nudo nel bagno del campus… per poi mettere il video su YouTube e indurmi al suicidio, vero?» Chiese, in ultimo. Dopo due secondi di scioccato mutismo, scoppiarono tutti e quattro in fragorose risate. Mentre il ragazzo rimaneva serissimo, impassibile.
«Ci prendi per dei terroristi solo perché abbiamo un sacco di tatuaggi?» Domandò Malik, spegnendo la sigaretta sotto la suola della Chuck Taylor vissuta.
«Tu devi aver avuto un’adolescenza molto traumatica», decretò Louis, stranamente serio.

 

 
 
Ore 16.00
 

Arrivarono nell’appartamento che Harry aveva subaffittato in pochissimo tempo, sulla Maybach di Zayn. Styles aveva avuto timore anche solo a metterci piede dentro, in quella macchina. Sapeva tutto di lussuoso, proibito, trasudava ricchezza e potere da ogni cucitura, in ogni briciola che stazionava sul tappetino per i piedi. Decisamente inadeguato per uno come lui. Dopo che Louis ce lo ebbe ficcato quasi a calci, sul sedile posteriore, spararono musica elettronica a tutto volume, sgasando nel parcheggio e uscendo dal campus.
Quei momenti parvero frutto di una visione, per il giovane occhialuto. Un altro mondo. Appena Tomlinson e le sue dame di compagnia si fecero indicare la stanza da letto con relativo armadio, corsero tutti e quattro nella camera. Harry si coprì la faccia con le mani, pentendosi già di aver accettato di fidarsi di loro e seguendoli trascinando i piedi. Zayn calciò via le scarpe e si distese sul letto, mentre Niall e Liam si appollaiarono su entrambe le sponde.
«Oddio, eccolo che ricomincia», mormorò il castano, fissando Harry con dolore. Il giovane non capiva, appoggiandosi allo stipite della porta e osservando la scena.
«Bene. Il momento è sacro», esordì Louis, in piedi dinanzi alle ante in noce ben chiuse. Sembrò quasi raccogliersi in preghiera, tant’era concentrato.
«Quando si tratta di vestiti, fa sempre così. Non capisco questo suo lato da omosessuale isterico», commentò Zayn chiudendo gli occhi, mentre il biondo accanto a lui soffocava una risata.
«Per favore, fa’ che non sia come mi aspetto», sussurrò Louis, voltando la testa a sinistra e stringendo le dita attorno alle due maniglie. In un colpo solo, spalancò entrambe le porte, e cacciò un urlo di dolore.
«Sorreggetemi!» Esclamò, vacillando scenicamente. Notando che nessuno dei suoi tre amici accennava ad alzarsi dal letto di Styles, s’inalberò. «Ho detto: sorreggetemi», ringhiò. Niall e Liam scattarono in piedi sbuffando e tendendo un paio di braccia per uno, mentre Louis poteva mimare gioiosamente uno svenimento degno delle migliori attrici del cinema.
«Dobbiamo fare questa cretinata ogni santa volta, fratello?» Commentò il biondo con insofferenza. Il suo amico scacciò quella domanda con un gesto della mano, come fosse stata una mosca fastidiosa e tornò in piedi.
«Silenzio, plebei. Non capite l’arte profanata, lo scempio!» Quasi urlò, «che ho dinanzi agli occhi!», allungò una mano e pescò a caso un pullover a scacchi con scollo a V. Il preferito di Harry.
«Orrore!» Esclamò, lanciandolo via. Afferrò quindi un paio di pantaloni di velluto a righine. Li squadrò arricciando il naso, come se si trovasse dinanzi ad un brutto quadro.
«Pena!» E tirò via anche quelli. Dunque pescò un maglione natalizio con un’adorabile renna kitsch con il naso in rilievo. Rosso ruggine. Con inserti bianchi e fiocchi di neve ricamati tutt’attorno alle maniche. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Panico», sussurrò, lasciandolo cadere come se fosse infetto. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente e massaggiandosi le tempie con le dita, cercando di calmare i suoi istinti come gli insegnavano al corso di yoga. Ma poi decise che il melodramma aveva la sua considerevole componente scenica, e addio all’autocontrollo di Osho.
«Tu!» Disse con imperiosa solennità, puntando un indice abbronzato contro Harry, che intanto si era precipitato a raccattare il suo maltrattato vestiario per terra. Scattò in piedi con gli occhiali sbilenchi sul naso e le braccia cariche di indumenti, come se avesse ricevuto una scossa elettrica.
«Cosa?» Balbettò.
«Fuori! Dobbiamo salvare il buongusto, resuscitare la dignità della moda! Versace non ti ha insegnato nulla?! Posa quelle pezze, forza! Il tempo è denaro, e il denaro è shopping!» Cianciò monologando con ampi e ariosi gesti e uscì dalla stanza, dirigendosi all’ingresso sbattendo la porta. Styles si voltò a bocca aperta verso gli altri tre ragazzi, incredulo. Si aggiustò gli occhiali, cercando di recuperare un minimo di dignità. Loro non facevano una piega. Sembravano del tutto indifferenti a quella furia omicida della moda che rigurgitava insulti nei confronti del guardaroba di Harry. Perfettamente abituati e composti.
«Devi capirlo. È cresciuto con un sacco di femmine in casa. Gliel’hanno inculcato in vena a suon di tacchi e Real Time», lo giustificò Liam, passandosi una mano fra i capelli con lieve disagio.
«Credo che ci convenga seguirlo. Altrimenti si altererà ancora di più», aggiunse Niall, alzandosi.
«Che palle», sentenziò Zayn.

 


 
Ore 18.50
 

«Sì, prendiamo questo e questo e anche questo… oh, come ho fatto a non notarlo prima? Anche quel giacchetto di pelle proprio lì. Addebiti tutto sulla carta, non si faccia scrupoli».
La commessa, visibilmente scossa, strisciò la luccicante Visa senza capacitarsi di quello che accadeva sotto i suoi occhi. Sapeva soltanto che quel ragazzo abbronzato dagli occhi azzurri aveva comprato una quantità incredibile di indumenti e accessori maschili, tutti in un colpo solo. In barba a Paris Hilton. E non erano nemmeno per lui.
«Ah, e i vestiti che sta indossando, vorrebbe tenerli dove sono. Harry, porta le tue chiappe da ex nerd qui in cassa e fatti togliere l’antitaccheggio».
Quando un giovane avvenente dall’aria imbarazzata e i modi impacciati si avvicinò all’altro, la commessa batté le palpebre cadendo dalle nuvole. Era davvero bello, morbidi riccioli color cioccolato, profondi occhi color del mare, bella bocca dalle linee finemente definite. E quel corpo. Meravigliosamente proporzionato, fasciato in jeans stinti ad arte e maglietta dimessa ad hoc, come se fossero state cucite addosso a lui. Avvolgente e vibrante desiderio dall’aria ingenua e inconsapevole. Che camminava come se non fosse cosciente di avere degli arti tutti suoi.
La donna s’imbarazzò da morire quando dovette sfilare l’oggetto di plastica grigia dai suoi pantaloni e dal bordo della t-shirt, sfiorandogli la pelle con le dita. Quando lui la salutò con un mezzo sorriso, ebbe appena la coscienza di alzare la mano e smuovere indice e medio nella sua direzione. Soprattutto dopo che i tre ragazzi che lo seguirono le rivolsero occhiolini e parole di ringraziamento. Parevano altri modelli spuntati fuori da una rivista per teenagers. Troppa bellezza in un colpo solo, quella sera.

 
 

Ore 19.00
 
 
«Molto bene», sentenziò Louis stringendo parte degli acquisti che aveva fatto per Harry. Il quale, dopo il suo trattamento, sembrava una persona completamente diversa. Le ragazze si voltavano per strada a guardarlo, le più audaci gli scattavano anche foto di nascosto con lo smartphone. Gli occhialoni a fondo di bottiglia erano stati rimpiazzati da lenti a contatto giornaliere graduate. I capelli stile famiglia Addams, lasciati liberi di esprimere la loro natura scomposta e selvaggia, voluttuosa e sensuale. Gli avevano suggerito di osservare bene Zayn e copiarne il portamento e i modi. Si stava sforzando così tanto da tutto il pomeriggio, che parte della sua insicurezza cronica era ormai scomparsa. Anche la schiena stava già molto più dritta.
«Su con quel mento, non devi rilassarti! Manderai i miei sforzi in fumo!» Sbraitò Louis, notando che Harry si stava lievemente incurvando di nuovo. Il riccio scattò sull’attenti come se avesse ricevuto una bacchettata nelle reni. Ottenendo un cenno di capo d’approvazione.
«A ben guardarti…Tomlinson aveva ragione. Non sei affatto male come ragazzo», intervenne Malik, posando le buste da shopping e accendendosi con soddisfazione una sigaretta. Harry rise, passandosi una mano fra i capelli. Gli faceva un certo effetto sentire quelle morbide onde sotto le dita e non avvertire più la compatta compostezza del gel. Per non parlare del peso degli occhiali sul naso. Tutto il mondo gli sembrava più leggero e sciolto. Libero da ogni vincolo. Era come se stesse camminando sull’aria.
«E adesso… l’atto finale» disse Niall, rovistando nella tasca posteriore del jeans ed estraendo il flyer di una serata in una discoteca abbastanza rinomata. Lo sventolò sotto il naso di Styles, sorridendo furbescamente.
«Stasera niente libri. Si va qui!» Disse, entusiasta. Il ragazzo strinse le dita attorno al solido pezzo di carta plastificata, osservando la locandina e leggendo qua e là con rapidità. La serata cominciava a mezzanotte in punto. Orario nel quale lui era già bello che sprofondato nel momento più dolce dei suoi sogni notturni. Da un pezzo.
«Perché…?» Si arrischiò a chiedere, e Tomlinson gli assestò una gomitata nel costato. Dolorosamente.
«Juliet ci va sempre! Oggi compreso, l’ho sentita mentre ne parlava ad una sua amica», lo informò.
«È la tua occasione, Harry! Stasera è la sera», gl’intimò Liam. Tutte quelle parole iniziarono a galvanizzarlo, esaltandolo lievemente. Però la vecchia insicurezza tornò ad affiorare in superficie, attanagliando la morbida aspettativa come dei denti acuminati d’acciaio che straziavano un fiore profumato tranciandolo in due. No, non poteva mica farcela. Lui, il nerd secchione del corso di architettura. Giacomo Leopardi. Assolutamente negativo.
«E se rovinassi tutto? E se andasse male? Non posso stare zitto tutta la sera!» Cominciò a dire lui, avvertendo il panico farsi strada nel suo essere, strisciando dalla periferia del corpo. Louis scosse la testa sorridente.
«Calmati, Sheldon Cooper dei poveri. Ci prendi per dei pivelli? Abbiamo ancora un paio di cosette da insegnarti… vedrai». 




Nota: non mi aspettavo minimamente tutto questo interesse! E invece devo ricredermi, accidenti! La cosa non mi spiace per nulla, devo essere sincera, hahahah!
Parlando del capitolo, questo è quello vero e propriamente detto, dove si srotolano diverse matasse che segneranno il filo conduttore della storia e andranno a confluire nel prossimo capitolo e nell'epilogo. Come potete notare, l'Harry di questa storia è molto diverso dall'usuale (spero...?) e i suoi rapporti con i ragazzi sono ben differenti da quelli comunemente contemplati. Chiarisco subito, Louis non è gay, hahahaha! E' soltanto molto molto interessato all'aspetto estetico delle persone, ecco! Spero di aver risvegliato un po' di teste dormienti, con questo capitolo e di avervi colti un po' di sorpresa! Non mi resta che ringraziare tutti quelli che mi hanno seguita fino a questo momento e chi ha letto la vicenda oggi per la prima volta! Alla prossima!

 
   
 
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