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Autore: Blueorchid31    22/12/2014    9 recensioni
Doveva essere una one, ma sarebbe uscita un papiro, quindi è diventata una mini long. Sasusaku. Sbrocco Natalizio Non è per cuori deboli. Dovrebbe far ridere e anche un po' piangere. Con questa introduzione entro di diritto tra le introduzioni scelte del sito , quelle più brutte. Buon Natale!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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- Questa storia fa parte della serie ''' Il secondo tragico Sasuke '''
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1.Passato





Quando Sasuke riaprì gli occhi, si ritrovò a guardare il soffitto della camera di suo fratello.

Come ci fosse arrivato, non ne aveva idea.

Sentì di avere qualcosa nella mano destra e la sollevò fino a portarla in corrispondenza del viso. Quando la aprì, vide che stringeva la collana di Itachi e i ricordi di quello strano sogno che aveva fatto riaffiorarono improvvisamente.

Forse aveva avuto un attacco di sonnambulismo – non sarebbe stata la prima volta – oppure un allucinazione – più probabile – ma sembrava come se quel sogno fosse stato reale, come se davvero avesse trovato Itachi seduto sul suo letto a giocare con quella collanina.

La collana...

Se quello che era accaduto non fosse stato reale, sarebbe dovuta essere attorcigliata al suo polso destro e non aggrovigliata nella sua mano.

Probabilmente si era sentito un po' in colpa per come aveva trattato Naruto e Sakura – soprattutto Sakura – e la sua mente, ormai allenata all'espiazione, aveva creato da sola quell'illusione per fargli capire che avesse sbagliato. Non sarebbe stato poi così strano, la sua mente era eccelsa per certe cose.

Un gran fracasso giunse dal piano di sotto e Sasuke roteò gli occhi al pensiero di cosa, ma soprattutto chi, ne fosse la causa.

I suoi due compagni di Team, con in spalla delle grosse sacche, avevano fatto irruzione nel suo soggiorno, senza preavviso, ma soprattutto senza invito.

"Buongiorno teme!" esclamò Naruto con uno dei suoi sorrisi che partivano da un orecchio e finivano all'altro che gli mettevano in bella mostra quelle antenne che aveva sulle guance.

Sakura non sorrise, non gli diede il buongiorno, non lo guardò neppure in verità – nonostante fosse misteriosamente senza maglietta.

"Che cosa ci fate qui?" chiese, incrociando le braccia per essere sicuro che i due recepissero il messaggio subliminale, che pressappoco recitava così:"Uscite fuori da casa mia"

"Hai detto che potevamo usare il tuo soggiorno. Casa mia è troppo piccola e anche quella di Sakura-chan e noi" – quel noi non gli era piaciuto affatto – " dobbiamo impacchettare tanti regali. Non vorrai mica rimangiarti la parola data?" insinuò Naruto, sostituendo il sorriso luminoso con un ghigno malefico – quasi lui non sarebbe riuscito a fare meglio.

Istintivamente aveva indirizzato lo sguardo verso Sakura che continuava a guardarsi intorno fingendo disinteresse – perché stava fingendo, non era possibile che davvero lui le fosse diventato indifferente.

"E va bene" capitolò, dimostrando alla ragazzina che lui non era il tipo da rimangiarsi le parole, una volta date – quando non contemplavano promesse di imperituro amore, logicamente.

Sakura sbuffò rumorosamente prima di poggiare in malo modo la sua sacca sul tavolo della cucina, facendolo scricchiolare in modo allarmante.

Quella donna rappresentava una minaccia per ogni singolo mobile di quella casa.

Sasuke, affranto, si diresse in camera sua per indossare una maglietta, perché dare sfoggio gratuitamente delle sue grazie non rientrava nei suoi buoni propositi per il Natale, in più sembrava che nessuno fosse interessato, o fingesse di non esserlo.

"Meglio così" si disse, considerando che il repentino, quanto inconcepibile, cambiamento di Sakura nei suoi confronti, dovuto sicuramente alla sua permanenza a Suna – e non al suo comportamento da emerito stronzo irriconoscente - , potesse essere il punto di inizio per ricostruire una qualsivoglia specie di rapporto con lei. Doveva ammetterlo, anche se gli risultava disgustosamente difficile: Sakura e le sue attenzioni un po' gli mancavano, ma non si era mai soffermato a chiedersi il perché, sentendosi, al contrario, tranquillo nel saperla a molti chilometri di distanza da lui.

Si riavvolse la catenina intorno al polso, minacciandola mentalmente di non provare a muoversi più da lì, soprattutto fino a quando ci fossero stati ospiti – invasori – in casa.

Una volta ritornato in soggiorno, sentì le gambe diventare molli di fronte a cotanta idiozia.

Mentre Sakura, da brava cocca del maestro, si stava già adoperando a impacchettare i giocattoli, quelli che non avevano bisogno di essere testati, il dobe era in procinto di provare un trenino giocattolo con tanto di rotaie.

Era salito sulla locomotiva di legno, che straordinariamente sembrava sostenere il suo peso e al grido di "In carrozza" aveva azionato il pulsante rosso, che Sasuke sperò fosse quello dell'autodistruzione, per cominciare il suo viaggetto lungo le rotaie che in quel brevissimo lasso di tempo in cui lui era andato in camera, si era infilato la maglietta ed era ritornato, Naruto aveva montato lungo tutta la superficie calpestabile del soggiorno per un meraviglioso giro turistico tra le porcellane di sua madre – antichissime e fragilissime.

"Teme, è fantastico!" aveva urlato, quasi con le lacrime agli occhi.

Va bene che avessero avuto un infanzia difficile, ma l'atteggiamento del Dobe non poteva non essere considerato folle, da manicomio immediato. Lui era stato quasi condannato per aver perpetuato una giusta vendetta e a quel coso arancione lo lasciavano a piede libero. Robe da matti.

"Immagino" gli rispose senza contraccambiare l'entusiasmo.

Sakura aveva osservato tutta la scena e aveva sorriso – l'aveva vista – trovando forse l'ennesima pagliacciata di Naruto, divertente. Lei l'aveva sempre considerato divertente, mentre lui? Cosa pensava Sakura di lui? La Sakura del passato avrebbe risposto che era il ragazzo più bello sulla faccia della terra, il ninja più forte, la ragione della sua vita, ma la Sakura attuale come lo avrebbe definito?

Odioso, vigliacco, traditore, bastardo. Ecco cosa pensava Sakura di lui e non vedeva l'ora di avere l'occasione di dirglielo, ma si era ripromessa di avere pazienza, che quei pochi giorni sarebbero passati in fretta e che poi, fino alla prossima stranezza dell'Hokage, lei avrebbe continuato tranquillamente la sua splendida vita a Suna, lontana da lui, dai suoi pettorali e da qualsiasi altra cosa lo riguardasse.

Era stanca di corrergli dietro; lo aveva fatto per troppi anni, senza ottenere niente se non un paio di "grazie", uno "Scusa", due colpi dietro la nuca e una toccatina fugace sulla fronte. Era troppo poco per spingerla a insistere e poi durante l'ultima conversazione che avevano avuto lui era stato molto chiaro in merito al fatto che non le avesse mai promesso niente di concreto. Si era illusa che si potesse accorgere di lei per la dedizione con cui lo aveva amato anche quando era un nukenin e tutti lo odiavano e a volte si era chiesta se non fosse stata troppo precipitosa, se lui avesse preferito muoversi più lentamente, procedendo per gradi. A tal proposito la Yamanaka era stata molto incisiva: "Se non ti vuole adesso, non ti vorrà neanche dopo" le aveva detto, sostenendo che se Sasuke non l'avesse voluta al suo fianco proprio al suo ritorno, in un momento in cui sarebbe dovuto essere volubile e sensibile, allora per lei non ci sarebbe stata speranza alcuna.

Non aveva torto.

Sasuke non si accorse che per un brevissimo istante lei lo avesse guardato, troppo preso a testare i riflessi del suo nuovo braccio, salvando le porcellane di sua madre, ad una, ad una che rischiavano di perire a causa di un Dobe, dopo essere sopravvissute a uno sterminio.

Verso sera, i due compagni, finalmente, decisero di congedarsi e lasciare la sua casa che sembrava quasi una delle dimensioni parallele di Kaguya per il caos infernale che vi regnava incontrastato.

Sasuke si strinse nelle spalle e chiuse gli occhi sperando che come per magia tutto quel casino sparisse. Purtroppo per lui, una volta riaperti, non solo il casino non era scomparso, ma vi si era aggiunto anche qualcos'altro: un gatto, probabilmente entrato dalla finestra che Naruto aveva aperto per provare l'aereo a motore.

Il felino, peloso e come minimo pulcioso, si era appostato proprio al centro del tavolo e lo scrutava con i suoi occhi gialli che il manto nero faceva risaltare.

"Sciò!" gli intimò, pensando che bastasse un ordine deciso a mandarlo via.

Il gatto, per nulla intimorito, aveva preso a grattarsi con la zampetta posteriore l'orecchio, causando la caduta di numerosi e fastidiosi peli sul tavolo dove l'Uchiha era solito mangiare.

Sasuke non ebbe scelta: fu costretto ad attivare lo sharingan, visto che il rinnegan non aveva sortito effetti.

Il gatto sembrò accorgersene, sgattaiolando via, ma... nella direzione sbagliata.

Di male in peggio. Non solo non era riuscito a cacciarlo, ma adesso si era anche diretto verso le camere da letto.

Lo seguì lungo il corridoio scuro, deciso a stanarlo e... a spedirlo a casa del Dobe – perché no, sarebbe stata la sua giusta punizione. Gli occhi gialli del felino lo guardarono per un istante prima di sparire in un'altra camera che solitamente lui teneva sigillata come il dojo o quella di Itachi: la stanza dei suoi genitori.

Quel gatto aveva davvero deciso di morire.

Una volta sulla soglia della porta, tuttavia, del micetto non vi era più ombra, ma una fioca luce, come quella di una candela, illuminava a stento una figura.

A Sasuke tornarono in mente le parole che Itachi gli aveva riferito la sera precedente.


"Riceverai delle visite".


"Tsk!"

Lui odiava le visite, lui detestava avere gente intorno, viva o morta che fosse, a meno che non fosse stata sua...

"M - mamma!" esclamò, sentendo uno strano pizzicore agli occhi.

La donna dai lunghi capelli corvini, in piedi, vicino alla finestra, si voltò verso di lui, mostrandogli il suo dolce sorriso. Quel sorriso che Sasuke aveva sognato di rivedere tante volte e che non poteva credere che fosse proprio lì davanti ai suoi occhi appannati e umidi.

"Sas'ke" sussurrò la donna, la cui emozione era pari solo a quella del ragazzo che lentamente si stava avvicinando a lei, con cautela, come se un movimento troppo brusco potesse farla scomparire.

Sasuke allungò timidamente una mano per afferrarle una ciocca di capelli, proprio come era solito fare da piccolo. Aveva sempre amato i capelli di sua madre, così profumati e morbidi. S'incantava a guardarla mentre si pettinava quelle lunghe ciocche nere davanti allo specchio della sua camera e adorava addormentarsi con alcune di esse intrecciate tra le sue piccole manine.

Si stupì di quanto quell'illusione – se di questo si trattasse – fosse così reale: una ciocca dei capelli di sua madre scorreva tra le sue dita che sembravano di nuovo pure come quelle di un bambino e non quelle di un uomo che spesso – troppo spesso – le aveva imbrattate di sangue. Riusciva a sentire la morbidezza di quei fili di ebano e i loro profumo inebriante.

Una solitaria lacrima scese dal suo occhio destro, subito raccolta dalla mano di sua madre che lo guardava con occhi dolci, colmi di quell'amore incondizionato che lui a stento ricordava.

Voleva abbracciarla, tenerla stretta nella speranza che non scomparisse, che rimanesse con lui.

Pianse sulla sua spalla tutte quelle lacrime che per anni aveva trattenuto e provò vergogna, una vergogna angosciante, al pensiero che sua madre sapesse tutto quello che lui aveva fatto.

Rimasero abbracciati a lungo, senza dire nulla, mentre la cera della candela colava sul pavimento. Mikoto prese a cullarlo delicatamente e Sasuke la lasciò fare, beandosi di quel contatto che lo riportava indietro negli anni, quando era un bambino felice, senza pensieri, senza vendette, senza dolore.

Fu proprio quell'immagine che vide quando scostò il viso dalla spalla bagnata di sua madre. Era la sera di Natale, pressappoco doveva avere due anni. Non aveva ricordi di quella sera, troppo piccolo per averne. Erano tutti intorno al tavolo della cucina : il padre, Itachi e lui, piazzato su un seggiolone mentre sua madre era ai fornelli. Suo padre, stranamente, non era intento a leggere, bensì parlava con Itachi che da poco aveva iniziato a frequentare l'Accademia, mentre lui giocava con un sonaglino con il simbolo Uchiha stampato nel centro.

"Ci eravamo da poco trasferiti" iniziò a raccontare Mikoto "Il terzo, dopo l'attacco della Volpe aveva fatto costruire il quartiere Uchiha e ci era voluto circa un anno."

Sasuke si asciugò gli occhi con la manica della maglietta e si concentrò su quelle immagini calde, famigliari, rammaricandosi di non averne memoria.

"Diventerai un grande shinobi, Itachi"

"Sì, Padre, lo diventerò, così potrò proteggere il mio otouto se la volpe dovesse attaccare ancora"

Il viso di suo padre, dopo quell'affermazione del figlio maggiore, si era rabbuiato e anche lui aveva smesso di far tintinnare il suo sonaglino.

"Tuo padre era al corrente che fosse stato un Uchiha a liberare la volpe, scatenandola contro il Villaggio. Tuttavia, non prese bene la decisione del Terzo di relegare il Clan in quel quartiere, nonostante gli avesse dato il compito di proteggere Konoha." continuò sua madre, indirizzando la sua attenzione proprio su suo padre.

Come doveva essersi sentito? Umiliato forse? Gli Uchiha erano comunque a capo della polizia di Konoha, perché allora suo padre non era riuscito ad accontentarsi di vivere serenamente la sua vita con la sua famiglia? Cosa lo aveva spinto a desiderare un colpo di stato?

"Orgoglio" rispose sua madre, come se avesse letto nei suoi pensieri "Tuo padre, come molti altri membri del Clan, era accecato dall'orgoglio."

Sasuke sentì un brivido scorrergli lungo la schiena. Il tono di sua madre sembrava quasi rimproverare quello che lui aveva sempre considerato un pregio e non un difetto. Era, dunque, stato l'orgoglio a spingere suo padre a orchestrare il colpo di stato, a mettersi contro il suo stesso figlio e a decretare poi la fine del Clan. Sasuke conosceva molto bene quel sentimento, ne era schiavo da tempo e aveva lasciato che condizionasse la sua vita.

"Konoha aveva bisogno di un alleato forte, non di una serpe in seno" continuò sua madre "Avremmo dovuto cooperare tutti per mantenere la pace, proteggere i nostri figli e invece..."

Scoprì che sua madre non fosse del tutto d'accordo con le ideologie del padre, anzi, ma da brava moglie aveva deciso comunque di assecondarlo e aiutarlo. Anche lei era una pacifista proprio come Itachi.

"Sì, lo ero"

Sasuke ebbe così la certezza che i suoi pensieri venissero realmente ascoltati.

"Allora perché hai deciso di aiutare nostro Padre?" a questo punto risultava più facile farle a voce le domande.

"Perché lo amavo e amavo voi" e in quel momento la Mikoto del passato si era accomodata di fianco al marito e aveva iniziato a imboccare il suo secondogenito.

"Ti sono sempre piaciuti i pomodori" gli disse con un sorrisetto divertito.

Suo padre aveva dato un buffetto a Itachi e poi aveva passato il pollice sulla sua guanciotta paffuta per poi posare la mano sulla schiena della madre. Non ricordava questi gesti di affetto da parte del padre perché i suoi ricordi effettivi partivano da qualche anno dopo, intorno ai quattro, cinque anni, quando le cose avevano già iniziato ad andare male.

Anche suo padre ghignava, proprio come lui.

"Sapeva anche sorridere e non ci crederai, ma sapeva anche ridere, ridere di gusto e la sua risata era talmente bella da essere contagiosa"

Suo padre sapeva ridere?

Questa scoperta era sconvolgente. Era cresciuto convinto che i veri uomini, gli Uchiha – tranne quelli vecchi che potevano ormai lasciarsi andare -, non dovessero minimamente mostrare alcun tipo di emozione.

"Tuo fratello sorrideva spesso" gli fece notare Mikoto "soprattuto quando c'eri tu in giro"

Era vero. Itachi era sempre sorridente in sua presenza, nonostante portasse nel cuore un peso opprimente. Era anche simpatico e giocherellone, quando le missioni non lo costringevano a stare lontano.

"Andiamo a fare due passi" gli propose la donna, dirigendosi verso la porta di casa.

Lui avrebbe voluto rimanere lì, a guardare quella scena, in eterno.

Si ritrovarono all'aperto e presero la strada che conduceva all'Accademia.

Sasuke, guardandosi attorno, pensò quasi di essere in un altro luogo, quel Villaggio non sembrava Konoha Le vie erano illuminate da ogni tipo di addobbo natalizio; alcuni jonin, travestiti da Babbo Natale, distribuivano doni ai bambini e nell'aria si respirava odore di caramello, nauseabondo odore di caramello.

"Il secondo Hokage era un fanatico del Natale" gli spiegò la madre, accennando un sorrisetto divertito per la confusione evidente che si evinceva dalle smorfie che il figlio stava facendo.

"Questa è Konoha?"

"Eh già." gli rispose lei, sospirando nostalgica.

Raggiunsero l'accademia, o quella che credeva fosse l'accademia, quando il singhiozzare di una ragazza attirò la sua attenzione.

Appoggiata a un albero, con le mani sul viso c'era una giovane jonin e davanti a lei un ragazzo, anch'egli jonin, visibilmente contrariato.

Si chiese chi fossero e per riuscire a inquadrarli meglio e ascoltare cosa si stessero dicendo, si avvicinò.

Sua madre continuava a sorridere, anzi il suo sorriso sembrava essersi allargato, ricordandogli vagamente quello...

"Non ce la farò mai" piagnucolava la ragazza.

"Sei davvero insopportabile. Non è piangendo che diventerai più forte"

"Giusta osservazione" pensò Sasuke, trovando appropriato anche l'epiteto che quel tizio aveva utilizzato.

"Non voglio che tu sia costretto a difendermi ogni volta, Fugaku."

Fugaku? Quindi la ragazza insopportabile era... sua madre?

Da che ne avesse memoria non l'aveva mai vista piangere, eppure era lei, gli occhi erano i suoi e così anche le labbra e il viso. Gli assomigliava in modo stupefacente.

Quant'era bella.

"Grazie" rispose immediatamente Mikoto.

Quella storia che riuscisse a leggere i suoi pensieri stava diventando imbarazzante e Sasuke si augurò che la madre non avesse colto l'associazione mentale fatta poco prima circa una ragazza dai capelli di uno strano colore.

"Smettila di piangere" tuonò il ragazzo, scostando con una delicatezza inaudita le mani dal volto della dolce e giovane Mikoto per poi asciugare le lacrime che ancora sostavano sulle sue palpebre "E' mio dovere proteggerti, tu sarai mia moglie" dichiarò quasi sottovoce.

La ragazza aveva strabuzzato gli occhi e visibilmente emozionata gli aveva portato le braccia intorno al collo e l'aveva baciato, d'istinto.

"Tuo padre non è mai stato un uomo di molte parole; non era un tipo romantico come Minato Namikaze, ma aveva fascino" ed era arrossita, sapendo perfettamente quale fosse stato l'epilogo di quella notte di Natale e anche il risultato: Itachi.

"Perché mi stai facendo vedere queste cose?" le chiese Sasuke, che essendo solo all'inizio dell'espiazione dell'unico peccato che aveva trascurato, non riusciva proprio a capire il senso di quel viaggio nel tempo.

"Non abbiamo ancora finito. Seguimi" lo invitò, tendendogli la mano.

Ritornarono verso il centro del Villaggio e dopo aver svoltato un angolo si ritrovarono in una Konoha più attuale, ma non troppo.

Sasuke si riconobbe nel se stesso dodicenne che camminava per il Villaggio con le mani in tasca e riconobbe subito dopo la ragazzina che lo seguiva di nascosto con in mano un pacchetto: era Sakura.

Ricordava quel giorno, perché anche se riusciva a mostrare totale indifferenza per le manifestazioni di affetto che la sua compagna di Team avesse per lui, non poteva negare che gli facessero piacere. Lui era solo e avere una persona che in un certo qual senso pensasse a lui, lo faceva sentire meglio.

Lo aveva seguito dal campo di addestramento, lui se ne era accorto subito ma aveva continuato a camminare, sperando che a un certo punto sia lei, che quella testa quadra che la stava pedinando a sua volta, si arrendessero.

Ma Sakura era sempre stata caparbia, soprattutto quando si trattava di lui e dopo aver camminato per ore, a un certo punto si era fatta coraggio e gli era spuntata alle spalle, cinguettando uno dei suoi smielati "Sasuke-kun" per attirare la sua attenzione.

"Che cosa vuoi?" le aveva domandato, caustico, insofferente, voltando appena la testa dalla sua parte.

"Q-questo è per te! Buon Natale!"e aveva steso le braccia in avanti, mostrandogli il pacchetto.

"Non posso accettarlo" aveva tagliato corto. Lui non aveva nessun regalo per lei.

"Se vuoi lo accetto io, Sakura-chan!" aveva esclamato il Dobe, comparso all'improvviso.

Sakura sembrava non essersene neanche accorta, troppo dispiaciuta per il suo rifiuto. Aveva abbassato le braccia e stretto il pacchetto tra le mani, mentre Naruto le dava il tormento per accaparrarsi il regalo e lui si allontanava con la sua solita flemma e il suo solito disinteresse.


"Non sei stato molto educato con quella ragazza" adesso ci si metteva anche sua madre.

"Tsk"

"Che razza di risposta è -Tsk-?" tuonò la matriarca Uchiha, ricordando al figlio chi avesse di fronte “Vieni con me”

Il tempo si riavvolse in un secondo e lo scenario cambiò di colpo.

Erano in una camera da letto, probabilmente di una ragazza, vista la predominanza del colore rosa in ogni dove.

Sasuke guardò la madre con aria interrogativa fino a che il suo sguardo non cadde su una testa rosa, seduta alla scrivania. Sulla mensola appena sopra il mobile, spiccava la foto del Team 7 e al suo fianco erano allineati tre pupazzetti di stoffa con le loro fattezze.

Ridicolo” pensò Sasuke, prima di notare che la ragazzina avesse tra le mani un kunai, non di pregiata foggia, di quelli che si trovavano nelle botteghe del Villaggio e che costavano poco. La particolarità di quella scena non risiedeva nel fatto che Sakura stesse impugnando un kunai, ma in cosa stesse facendo sulla sua impugnatura ricoperta da una corda spessa.

Ahi” esclamava di tanto in tanto, quando la punta dell'ago le si conficcava nella carne.

Stava ricamando qualcosa e Sasuke si sporse appena sopra la sua testa per capire cosa.


Il suo nome. Sakura stava ricamando, maldestramente, il suo nome sull'impugnatura del kunai.


Solo lei sarebbe stata in grado di pensare a un dono del genere, tanto semplice quanto unico.

Ma non fece in tempo a vedere altro: lo scenario cambiò di nuovo catapultandoli di fronte alla porta di quello che era stato il suo appartamento fino a quando non aveva lasciato il Villaggio.

Sakura era lì con loro, incerta se bussare o meno. Alla fine aveva semplicemente lasciato il pacchetto davanti alla porta ed era fuggita via.

Sasuke si chiese dove fosse andato a finire perché non ricordava di aver mai trovato un regalo davanti alla sua porta di casa. La risposta la ebbe poco dopo, quando un dobe di sua conoscenza, con fare circospetto, aveva trafugato il dono della rosa, sostenendo che "una cosa che non è mai stata vista, non può essere considerata rubata" aggiungendo "tanto tu non lo volevi, teme."

Quel maledetto idiota ladruncolo si era preso il suo regalo di Natale, l'ultimo regalo di Natale – visto che quelli successivi li aveva passati presso il covo di Orochimaru dove vigeva solo la festività della Befana.

Veloci immagini avevano cominciato a passargli davanti agli occhi: Sakura che dormiva nel suo letto con i tre pupazzetti, Naruto che prendeva a calci un sacco con la sua faccia disegnata sopra e infine... lui, solo, nel suo appartamento a pensare alla vendetta.

Perse per un attimo il senso dello spazio e del tempo, fino a incontrare di nuovo gli occhi di sua madre, illuminati dalla candela.

Erano di nuovo a casa.

"Sono contenta che ci fosse qualcuno che ti volesse bene, Sas'ke." esordì, accarezzandogli una guancia, come per scusarsi di averlo lasciato solo.

Era vero: lui aveva iniziato a sentirsi davvero solo dopo aver lasciato Konoha. I legami che aveva instaurato con Naruto, Sakura e il maestro Kakashi erano forti, tanto forti da averlo illuso di aver trovato in loro una specie di famiglia. Ma si era convinto che fossero quegli stessi legami a renderlo vulnerabile – era evidente quanto lui si preoccupasse dell'incolumità dei suoi compagni di squadra – e per uno come lui, che aveva scelto la strada della vendetta , non potevano esserci distrazioni.

"Il mio tempo è quasi scaduto" gli comunicò la madre, portando la mano ad accarezzargli i capelli.

Sasuke sentì la terra venire meno sotto i suoi piedi: non voleva che se ne andasse, di nuovo.

"Tuo padre mi ha chiesto di salutarti"

"Perché non è venuto anche lui?" le chiese, respirando avidamente il suo profumo.

"E' occupato a organizzare un colpo di stato in Paradiso con il resto del Clan e adesso che anche Itachi ci ha raggiunti si sente invincibile"

Stava scherzando, vero?

"Mi ha anche chiesto di dirti che è molto orgoglioso di te" aggiunse, sorridendo con dolcezza.

"Per aver tentato di distruggere Konoha?"

"Anche" gli rispose ironicamente "Ma soprattutto perché non lo hai fatto" concluse, iniziando a dissolversi.

"Non andare, ti prego!"

"Buon Natale, Sas'ke"




Angolo Autrice

Sono circa le 3:00 del 22 Dicembre. Siamo a due giorni da Natale.

Non penso che riuscirò a concludere questa fan entro il 24 come avevo pronosticato in quanto i capitoli mi stanno uscendo un po' lunghini rispetto alla mia media e non amo fare le cose in maniera superficiale. Da due, barra tre capitoli che avevo in mente, sono già arrivata a quattro e ogni volta che li rileggo mi viene in mente qualcos'altro da aggiungere o modificare. Quindi non me ne vogliate se dovessi sforare di qualche giorno.


In questo capitolo abbiamo fatto un viaggio nel passato di Sasuke e anche in quello di Mikoto e Fugaku (scenetta fluffosa, ne? Non ho resistito.), adesso ci aspetta il "presente" che riserverà delle belle sorprese.

Si accettano scommesse su chi siano i fantasmi del presente e del futuro. In base alle vostre risposte potrei anche avere qualche brillante idea e cambiare la trama della fan (non sarebbe la prima volta, visto che la cambio in continuazione. Nda)

Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e chi l'ha semplicemente letto.

E vi saluto ricordandovi che "recensire fa bene alla salute mentale dell'autrice".

Un bacione.

Blueorchid31
















   
 
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