CAPITOLO 3
Giovanni stava sellando il suo cavallo.
Erano passati solo tre
giorni dal suo incontro con Aldo, e Marco aveva già avvisato entrambi
dell’imminente arrivo del conte. A quanto pare, la diligenza avrebbe dovuto
attraversare la pineta di Ravenna nella prima serata di quel giorno stesso.
Giovanni aveva già
fatto preparare i suoi uomini, che stavano scalpitando, bramosi di nuove avventure,
dopo parecchi giorni in cui erano stati immobili.
Fortunatamente, il
tempo sembrava promettere bene. Era ancora mattino, comunque il sole irraggiava
le montagne, rendendo il clima leggermente più gradevole. Ma il brigante
conosceva la sua terra, e sapeva che lì, soprattutto in quel periodo dell’anno
il clima poteva cambiare rapidamente. E questo a svantaggio della loro
missione.
Per ora non sapeva
ancora come fosse il tempo nella pianura, ma già si immaginava quella fitta
coltre di nebbia che accompagnava i romagnoli che vivevano lì per parecchi mesi
dell’anno.
Finalmente, salì in groppa al suo destriero, un bell’animale
rubato alcuni anni fa, quando era poco più che un puledro, da un mercante che
lo stava portando al foro boario di Forlì, per venderlo. Giovanni l’aveva
chiamato Furia.
Il nome gli stava a pennello, poiché fin dall’inizio si era
rivelato un animale piuttosto irrequieto, che comunque, dopo un opportuno
addestramento, era riuscito ad acquietarsi un po’. Era un cavallo che quando
veniva spronato al galoppo era in grado di raggiungere velocità molto notevoli,
e non si lasciava mai maneggiare da nessuno che non fosse Giovanni stesso, se
no tendeva a scalciare e a imbizzarrirsi. Giovanni amava quell’animale, che era
anche un suo fedele compagno durante le scorribande.
I suoi uomini erano impazienti, e lo attendevano già sopra ai
cavalli.
‘’Zvàn, oggi pensavamo
che non saresti riuscito a sellare Furia. Ci hai messo quasi un’eternità’’,
disse Mario, il suo braccio destro, sorridendo.
‘’Certamente. Non
dovete dimenticare che, se va tutto bene, qui sopra questa sera dovrà salirci
una contessina. E le contessine di solito non montano animali mal sellati’’,
disse Giovanni, scatenando l’ilarità generale.
‘’Ragazzi, dividetevi in gruppi composti da una decina di
componenti ciascuno. Poi, io partirò per primo, seguito da alcuni di voi che
sceglierò io stesso, mentre quelli che rimarranno partiranno un po’ dopo di me.
E’ importante che vi muoviate in gruppi ridotti, e che percorriate strade
secondarie, per non dare nell’occhio. Evitate i centri abitati. Il viaggio che
ci attende è lungo e rischioso, state sempre pronti a far fuoco in caso di
pericolo, ma non fate sciocchezze. Non voglio che nessuno ci scopra, e se vi
trovate in situazioni sconvenienti, datevi alla fuga, e subito dopo aver
seminato gli inseguitori, tornate sulla vostra strada. In ogni gruppo fate in
modo che ci sia uno un po’ esperto della zona, così potrà aiutarvi, e non
ingaggiate risse con contadini o soggetti vari che incontrerete lungo il vostro
cammino. E ora, dividetevi’’, disse Giovanni, interrompendo le risa dei suoi
uomini.
Aveva deciso di frammentare il gruppo degli uomini che
sarebbero andati con lui per fare in modo di dare meno nell’occhio. Certo,
essere in pochi poteva significare essere anche in svantaggio e in pericolo, ma
in realtà tutti loro erano abituati alle fughe precipitose, quindi, in caso di
necessità, non ci sarebbero stati molti problemi. Lui sarebbe partito con lieve
anticipo proprio per incontrare per primo Aldo, e per sondare il terreno.
Al nascondiglio avreva lasciato una ventina di uomini, quelli
più giovani e più irrequieti, in modo da non creare intralci a un’operazione
già di per sé complicata. Aveva incaricato alcuni dei nuovi arrivati di
preparare una piccola dimora più a valle, che era abbandonata da tempo e che
faceva proprio al caso loro. Era il luogo ideale dove rinchiudere l’eventuale
prigioniera.
I briganti, intanto,
continuavano a guardarsi l’un l’altro, e iniziarono a comporre i gruppi, che
vennero tutti sbagliati. Alcuni erano composti da molti individui, altri da
pochi.
Giovanni sorrise, ricordando parecchi dei suoi uomini non
sapevano contare. Lui l’aveva imparato
da solo, perché gli serviva, ma molti di quei ragazzi non avevano mai avuto
molte opportunità per contare oggetti, poiché non avevano mai avuto niente.
Giovanni scambiò un’occhiata d’intesa con Mario, e insieme iniziarono a
sistemare i gruppi. Poi, scelsero nove uomini, che sarebbero partiti con loro
nel primo gruppo.
Dopo un po’, finalmente, Giovanni vide che era tutto pronto.
‘’Andiamo. E
ricordatevi che dovete essere puntuali. Cercate di non perdervi, di non dare
nell’occhio e di non fare tardi’’, disse Giovanni, come ultimi avvertimenti. I
suoi uomini fecero cenni affermativi con la testa, come chi non ne può più di
ascoltare prediche.
Poi, il suo stallone
partì. Ben presto, si trovò ad affrontare il ripido pendio che portava a valle.
I ciottoli cercavano di recare offesa ai duri zoccoli di Furia, ma il cavallo
era scaltro ed esperto, e giunse a valle immune, come anche gli altri cavalli.
Cavalcarono moderatamente, per non fare stancare gli animali.
Ben presto, le figure
dei ripidi monti furono rimpiazzate da quelle più dolci e arrotondate delle
colline. Attorno agli undici uomini, c’erano solo alberi. Le abitazioni erano
poche, e tutte di contadini. La cavalcata continuò tranquilla anche quando giunsero
nella pianura.
Di fronte a loro, la pianura romagnola si estendeva ovunque,
dando a tutto un senso di tranquillità, non più interrotta da brulli calanchi
ma da siepi spoglie. Stettero ben attenti a non dare nell’occhio, ed evitarono
tutti i centri urbani.
Attraversarono solo pochi villaggi, sperduti in mezzo al
nulla. I boschi immacolati dei monti, in
pianura erano sostituiti dai campi agricoli. In quel periodo dell’anno,
i campi erano quasi tutti arati, e la terra marrone scuro combatteva un conflitto
perenne contro l’intenso blu del cielo. In molti terreni iniziava già a nascere
il grano, che stava facendo la sua comparsa perforando il terreno con la sua
prima foglia. Fortunatamente, non c’era la nebbia.
Era metà giornata, e il clima era piuttosto caldo per il
periodo. Giovanni si tolse il suo pesante mantello, e inspirò a pieni polmoni
quell’aria, che non sapeva più di selvaggio ma odorava di sapori vari, prodotti
da quel magro pasto che ogni santo giorno le donne stavano a preparare con tanta
cura per i loro mariti e i loro figli.
Continuarono a percorrere una strada di terra battuta, poco
distante da un minuscolo gruppo di case, costruite l’una a fianco dell’altra,
come quasi per volersi proteggere a vicenda.
Scelsero di attraversare un luogo che veniva chiamato le larghe,
poiché era una zona poco abitata, ma comunque in compenso era molto coltivata.
I briganti, fortunatamente, non incontrarono mai una guardia o qualcuno che
potesse dar loro problemi.
I contadini erano nei
campi, a sfruttare quel giorno soleggiato per finire la semina delle fave, uno
degli elementi essenziali per il prossimo anno, anche se parecchi di loro erano
già nelle loro case, pronti a pranzare.
I briganti
continuarono a percorrere la stradina sterrata che attraversava le larghe con
calma, consapevoli che entro un paio d’ore sarebbero giunti a destinazione.
La strada era
veramente in condizione penosa. I carri, trainati perlopiù da asini e muli,
avevano tracciato profondi solchi nel suolo.
Attorno a loro, si susseguivano piccoli vigneti e terreni
coltivati, tutti separati tra loro da alte siepi di alberelli spinosi, ormai
tutti spogli. Quelle siepi erano importantissime, poiché fornivano la legna
necessaria ai contadini durante la lunga stagione fredda.
Lungo la strada, che
era un rettilineo che attraversava la campagna, incontrarono solo un pastorello,
che doveva avere circa tredici anni. Badava a due pecore, stando ben attento
che brucassero solo sulla riva del piccolo fosso che fiancheggiava la strada,
controllando che non lo saltassero per andare a nutrirsi nei campi coltivati.
Il giovane era pelle e ossa, e vestiva abiti tutti rattoppati, indossati da
chissà quanti prima di lui. Un cagnolino lo seguiva, tutto malandato.
Vedendo i briganti, e
vedendo che cavalcavano dei cavalli, pensò che fossero dei ricchi. Non si
vedevano spesso uomini a cavallo da quelle parti. Subito, il ragazzino si
allontanò dalle pecore, e si avvicinò a Giovanni, che stava cavalcando
lentamente, in modo da non stancare troppo Furia.
‘’Bel cavallo,
signore’’, disse il ragazzo, avvicinandosi quasi di corsa.
‘’Si chiama Furia, ragazzo’’, disse Giovanni, sorridendogli.
‘’Io mi chiamo Giulio,
e quello è Fòf’’, disse il ragazzino, indicando il cane, e cercando di mettersi
davanti a Furia, per cercare di fermare Giovanni.
Subito, gli uomini dietro di lui si arrestarono ed iniziarono
ad agitarsi, e Giovanni fece loro cenno di stare calmi. Poteva essere una
trappola. Magari, il ragazzo era lì per intrattenerli, in modo che perdessero
tempo prezioso, o forse poteva essere una spia. Ma Giovanni era certo che questa
volta non si trattava di nulla di tutto ciò.
‘’Bhè, se avete i soldi per poter nutrire un cavallo così
bello, potreste avere anche qualche spicciolo per me. Ho tanta fame, e da due
giorni tutto quello che riesco a mangiare è un minuscolo uovo sodo, che neppure
mi basta ad alleviare quel vuoto che ho nella mia pancia’’, continuò a dire
Giulio, speranzoso.
Giovanni gli fece un grande sorriso, e rovistò nella
saccoccia di tela grezza che portava appesa a fianco del cavallo. Estrasse un
pezzo di pane piuttosto fresco.
‘’Tieni, Giulio, non ho altro’’, gli disse.
‘’Oh, grazie signore,
questo basta e avanza. Grazie, grazie!’’, continuò a dire Giulio, allungando le
sue scarne braccia verso Giovanni, che gli porse il cibo.
Subito, il ragazzino smise di ringraziare, e addentò in modo
famelico quel pezzo di pane. Il cane, vedendo il padrone mangiare, iniziò
subito a saltellargli attorno, annusando il terreno in cerca di qualche
possibile briciola.
‘’Anche lui ne vuole un po’’, disse Giovanni a Giulio,
sorridendo. Il ragazzino scrollò le spalle.
‘’No, lui si arrangia’’, disse Giulio, senza smettere di
masticare.
‘’Giulio, è meglio che ora torni alle tue pecore’’, disse
Mario, che fino a quel momento era stato in silenzio, e indicò i due animali,
che nel frattempo si erano allontanati, e stavano per addentrarsi in un terreno
coltivato.
‘’Oh! Grazie di tutto, signori, ma ora devo andare’’, disse
il ragazzo, prima di ripartire di corsa per cercare di raggiungere le due
bestiole, prima che potessero combinare danni. ‘’Ehi! Ehi!’’, prese a gridare,
mentre correva lungo la strada, per cercare di fermare l’avanzata del piccolo
gregge. Fòf lo seguì, scodinzolando.
Giovanni scosse la testa, divertito.
‘’Vedete?’’, disse Giovanni rivolto ai suoi uomini, ‘’Vi siete
agitati per niente. Non era una trappola, era solo un monello affamato. Siete
troppo agitati, state calmi, o se no daremo nell’occhio’’.
‘’Hai ragione, Zvàn.
Comunque, stiamo facendo tardi’’, disse Mario, più rilassato.
Subito, Giovanni strattonò lievemente le redini di Furia, e
il cavallo aumentò l’andatura, notando che, effettivamente, l’amico aveva
ragione. Tutti gli altri fecero lo stesso.
Ben presto, però, ebbero un oscuro presagio. Proprio verso
Ravenna e la costa, il cielo era scuro. E visto che c’era il sole ovunque
attorno a loro, quello poteva significare solo una cosa; nebbia. E Giovanni
sapeva che vicino alla costa la nebbia poteva essere veramente molto fitta.
Comunque, continuarono a procedere spediti.
Di lì a poco, la prima fresca foschia iniziò ad avvolgerli.
Il sole si abbassava sempre più, e gli uomini iniziarono a temere di arrivare
in ritardo, oppure di perdersi. Dai fossi saliva una nebbiolina lieve, e più si andava verso la
costa, più la situazione peggiorava. I campi pian piano iniziarono a
scomparire, inghiottiti da quell’intangibile nulla. Giovanni iniziò ad
imprecare, seguito a raffica dai suoi uomini. La nebbia poteva aiutarli a nascondersi, ma
allo stesso tempo la foschia poteva impedire ai tiratori di prendere la mira
giusta, sprecando munizioni che invece avrebbero dovuto abbattere il nemico in
poco tempo. E se il nemico riusciva ad accorgersi in tempo che era sotto tiro,
sarebbe stato tutto ancora più complicato.
‘’Dannazione, Mario! Speriamo che questa sera ci vada tutto
bene’’, disse all’amico.
‘’Stai calmo, Zvàn. Al
massimo torniamo indietro a mani vuote’’,
rispose Mario da dietro.
Giovanni si girò e lo
fulminò, e Mario cadde in un profondo silenzio, seguito da tutti gli uomini.
Sapevano che il capobanda era scaramantico, e odiava le gufate. E Mario ne
aveva appena fatta una, seppur involontariamente.
‘’Noi non torneremo a mani vuote, a patto di sterminare tutti
quei tagliagole delle paludi. Abbiamo perso un giorno solo per prepararci e
giungere fin qui, maledizione!’’, sbottò Giovanni con stizza, senza rivolgersi
a nessuno in particolare, almeno in apparenza. Nessuno fiatò più, mentre la
nebbia si faceva sempre più fitta e Giovanni imprecava sempre più forte.
‘’Ormai dovremmo esserci’’, disse Giovanni, dopo un altro po’
di imprecazioni.
Infatti, poco dopo a
poco distanza da loro, apparve sfocato il limitare della pineta. La strada che
stavano percorrendo si inoltrava al suo interno, tra sterpaglie e pini
marittimi.
‘’E ora dove saranno,
quegli inutili esseri?’’, borbottò, riferendosi ai banditi delle paludi. Poco
dopo, dalla vicina boscaglia uscì una figura alta. Era Aldo, che veniva loro
incontro. Appena arrivò vicino a Giovanni, parlò.
‘’Socio, sei arrivato in ritardo. I tuoi uomini sono giunti
qui già da un bel pò’’, disse.
‘’Come?’’, chiese Giovanni, stupito.
‘’Vieni con me’’, gli rispose il bandito, e lo condusse nella
pineta. Giovanni, seguito dai suoi uomini, tentennò un attimo, avendo il dubbio
di cadere in una trappola. Non si fidava.
‘’Oh, avanti Zvàn, non ho teso nessuna trappola. Smettila di
essere così sospettoso nei miei confronti’’, disse Aldo, notando i suoi
tentennamenti.
Giovanni lo seguì, smontò da cavallo e dopo poco si
ricongiunse con gli altri uomini. C’erano già tutti, nonostante fossero partiti
dopo di lui.
Tutti i suoi briganti gli andarono incontro a piedi,
affermando di essersi preoccupati per il suo ritardo, temendo che fosse
accaduto qualcosa. Lui li rassicurò, e parlò con loro. Fortunatamente, anche
gli altri gruppetti erano riusciti a giungere lì senza guai. Intanto, stava
iniziando a calare la notte.
‘’Zvàn, è tutto
pronto. Seguimi con i tuoi uomini, vi mostrerò il luogo per l’imboscata. La
nebbia, vedrai, non sarà un problema. Questa sera non è particolarmente fitta,
e vedrai che non impedirà la nostra azione, ma ci favorirà nascondendoci un pò’’,
disse Aldo con fare sicuro, interrompendo tutti i discorsi.
Tutti si fecero silenziosi, e iniziarono ad inoltrarsi nella
boscaglia, tenendo i cavalli per le briglie, per non perderli. Aldo li
accompagnò in un punto dove la strada si faceva lievemente più stretta, e curava
un po’ verso destra. Lì la diligenza avrebbe sicuramente rallentato, si disse
Giovanni, soddisfatto.
‘’D’ora in poi,
silenzio assoluto. Allontanate di poco i cavalli, e appostatevi ben nascosti
lungo il ciglio della strada. A breve, le nostre prede transiteranno di qui.
Ricordate che Ravenna è poco distante da qui, quindi lo sono anche le guardie.
Io sarò posizionato nell’altro lato della strada, con alcuni dei miei uomini. I
piani sono sempre quelli, nulla è variato’’, disse Aldo, prendendo poi ad
allontanarsi.
Giovanni fece
allontanare di poco i cavalli, lasciando un uomo con loro, che era poi anche lo
stalliere, che li tranquillizzava e li controllava.
Intanto, lui e i suoi
uomini si appostarono nella boscaglia, e prepararono i fucili. Poi, ci fu solo
silenzio.
I suoni degli animali
notturni giungevano attutiti, mentre la nebbia veniva spinta da un lieve
venticello gelido, ma almeno in certi momenti la visibilità era abbastanza
buona.
Giovanni meditò un
po’, mentre sentiva che il suo pesante mantello iniziava ad inumidirsi. Aveva
iniziato a cadere una fitta pioggerellina lieve.
Giovanni non ne poteva più di attendere. E fu proprio in quel
momento che si sentì uno scalpiccio in avvicinamento. E, poco dopo, apparve la
diligenza. Era circondata da molte guardie, probabilmente abili austriaci. Le
loro ravvicinate uniformi bianche erano ben visibili nonostante la foschia, ed
inoltre alcuni avevano acceso qualche torcia, per illuminare la strada. Ben
presto, nonostante la foschia che le avvolgeva, fu chiaro che erano parecchie,
e non un numero esiguo, come aveva detto Aldo.
Giovanni tentennò,
temeva per l’incolumità dei suoi uomini, poiché quelle guardie erano veramente
molte. Ma non si poteva più tornare indietro. Ora, bisognava sperare solo di
far funzionare l’elemento sorpresa. Le guardie continuarono ad avanzare
lentamente, rallentando. Avevano un modo di fare apparentemente tranquillo.
Ormai non si aspettavano più di fare brutti incontri.
Anche la diligenza,
che ora era ben visibile e vicina ai briganti, rallentò, come previsto. La
nebbia, come aveva previsto Aldo, alla fine non impedì né rallentò
l’operazione.
Appena le guardie furono a tiro, i fucili dei briganti
presero a far fuoco, spezzando il fragile silenzio di quella notte tardo
autunnale.
NOTA DELL’AUTORE
Grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo! Spero vi
sia piaciuto J
Riusciranno i briganti a compiere la loro missione? Lo
scopriremo nel prossimo capitolo J
Piccola anticipazione; nel prossimo capitolo conosceremo la
contessina J
Per ora mi limito a ringraziare tutti coloro che hanno
inserito la mia storia tra le loro preferite o seguite, e a ringraziare i tre
recensori J grazie J
Intanto che ci sono, auguro a tutti buone feste! J A lunedì prossimo J