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Autore: alessandroago_94    22/12/2014    7 recensioni
1837, Romagna. Giovanni è un pericoloso brigante, un fuorilegge che terrorizza tutti i nobili romagnoli. Compie furti, rapine e rapimenti, senza farsi molti scrupoli. Ha formato una sua banda di delinquenti, e pare inarrestabile. Non sa cosa sia la pace, lui combatte per sé stesso e per il bene della sua banda, in una terra martoriata dalla povertà, dalla criminalità e dalle continue insurrezioni del popolo, represse nel sangue.
Quando rapisce Teresa, la figlia di un ricco conte, pensa solo al riscatto che pagherà suo padre. Ma passerà un po’ di tempo prima che il riscatto venga pagato. Nel frattempo Giovanni resta invaghito della giovane e seducente contessina, e lei, dopo un iniziale reticenza, lo ricambia, affascinata dalla figura del forte e misterioso brigante. Il problema è che Teresa deve tornare dalla sua famiglia, e deve andare in sposa ad un giovane nobile romano. In un mondo difficile e pieno di pericoli, due persone così diverse, con destini così differenti, riusciranno ugualmente ad amarsi e ad affrontare il percorso pieno di ostacoli che la vita ha predisposto davanti a loro?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: L'Ottocento
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Capitolo 3

CAPITOLO 3

 

 

Giovanni stava sellando il suo cavallo.

 Erano passati solo tre giorni dal suo incontro con Aldo, e Marco aveva già avvisato entrambi dell’imminente arrivo del conte. A quanto pare, la diligenza avrebbe dovuto attraversare la pineta di Ravenna nella prima serata di quel giorno stesso.

 Giovanni aveva già fatto preparare i suoi uomini, che stavano scalpitando, bramosi di nuove avventure, dopo parecchi giorni in cui erano stati immobili.

 Fortunatamente, il tempo sembrava promettere bene. Era ancora mattino, comunque il sole irraggiava le montagne, rendendo il clima leggermente più gradevole. Ma il brigante conosceva la sua terra, e sapeva che lì, soprattutto in quel periodo dell’anno il clima poteva cambiare rapidamente. E questo a svantaggio della loro missione.

 Per ora non sapeva ancora come fosse il tempo nella pianura, ma già si immaginava quella fitta coltre di nebbia che accompagnava i romagnoli che vivevano lì per parecchi mesi dell’anno.

Finalmente, salì in groppa al suo destriero, un bell’animale rubato alcuni anni fa, quando era poco più che un puledro, da un mercante che lo stava portando al foro boario di Forlì, per venderlo. Giovanni l’aveva chiamato Furia.

Il nome gli stava a pennello, poiché fin dall’inizio si era rivelato un animale piuttosto irrequieto, che comunque, dopo un opportuno addestramento, era riuscito ad acquietarsi un po’. Era un cavallo che quando veniva spronato al galoppo era in grado di raggiungere velocità molto notevoli, e non si lasciava mai maneggiare da nessuno che non fosse Giovanni stesso, se no tendeva a scalciare e a imbizzarrirsi. Giovanni amava quell’animale, che era anche un suo fedele compagno durante le scorribande.

I suoi uomini erano impazienti, e lo attendevano già sopra ai cavalli.

 ‘’Zvàn, oggi pensavamo che non saresti riuscito a sellare Furia. Ci hai messo quasi un’eternità’’, disse Mario, il suo braccio destro, sorridendo.

 ‘’Certamente. Non dovete dimenticare che, se va tutto bene, qui sopra questa sera dovrà salirci una contessina. E le contessine di solito non montano animali mal sellati’’, disse Giovanni, scatenando l’ilarità generale.

‘’Ragazzi, dividetevi in gruppi composti da una decina di componenti ciascuno. Poi, io partirò per primo, seguito da alcuni di voi che sceglierò io stesso, mentre quelli che rimarranno partiranno un po’ dopo di me. E’ importante che vi muoviate in gruppi ridotti, e che percorriate strade secondarie, per non dare nell’occhio. Evitate i centri abitati. Il viaggio che ci attende è lungo e rischioso, state sempre pronti a far fuoco in caso di pericolo, ma non fate sciocchezze. Non voglio che nessuno ci scopra, e se vi trovate in situazioni sconvenienti, datevi alla fuga, e subito dopo aver seminato gli inseguitori, tornate sulla vostra strada. In ogni gruppo fate in modo che ci sia uno un po’ esperto della zona, così potrà aiutarvi, e non ingaggiate risse con contadini o soggetti vari che incontrerete lungo il vostro cammino. E ora, dividetevi’’, disse Giovanni, interrompendo le risa dei suoi uomini.

Aveva deciso di frammentare il gruppo degli uomini che sarebbero andati con lui per fare in modo di dare meno nell’occhio. Certo, essere in pochi poteva significare essere anche in svantaggio e in pericolo, ma in realtà tutti loro erano abituati alle fughe precipitose, quindi, in caso di necessità, non ci sarebbero stati molti problemi. Lui sarebbe partito con lieve anticipo proprio per incontrare per primo Aldo, e per sondare il terreno.

Al nascondiglio avreva lasciato una ventina di uomini, quelli più giovani e più irrequieti, in modo da non creare intralci a un’operazione già di per sé complicata. Aveva incaricato alcuni dei nuovi arrivati di preparare una piccola dimora più a valle, che era abbandonata da tempo e che faceva proprio al caso loro. Era il luogo ideale dove rinchiudere l’eventuale prigioniera.

 I briganti, intanto, continuavano a guardarsi l’un l’altro, e iniziarono a comporre i gruppi, che vennero tutti sbagliati. Alcuni erano composti da molti individui, altri da pochi.

Giovanni sorrise, ricordando parecchi dei suoi uomini non sapevano contare.  Lui l’aveva imparato da solo, perché gli serviva, ma molti di quei ragazzi non avevano mai avuto molte opportunità per contare oggetti, poiché non avevano mai avuto niente. Giovanni scambiò un’occhiata d’intesa con Mario, e insieme iniziarono a sistemare i gruppi. Poi, scelsero nove uomini, che sarebbero partiti con loro nel primo gruppo.

Dopo un po’, finalmente, Giovanni vide che era tutto pronto.

 ‘’Andiamo. E ricordatevi che dovete essere puntuali. Cercate di non perdervi, di non dare nell’occhio e di non fare tardi’’, disse Giovanni, come ultimi avvertimenti. I suoi uomini fecero cenni affermativi con la testa, come chi non ne può più di ascoltare prediche.

 Poi, il suo stallone partì. Ben presto, si trovò ad affrontare il ripido pendio che portava a valle. I ciottoli cercavano di recare offesa ai duri zoccoli di Furia, ma il cavallo era scaltro ed esperto, e giunse a valle immune, come anche gli altri cavalli. Cavalcarono moderatamente, per non fare stancare gli animali.

 Ben presto, le figure dei ripidi monti furono rimpiazzate da quelle più dolci e arrotondate delle colline. Attorno agli undici uomini, c’erano solo alberi. Le abitazioni erano poche, e tutte di contadini. La cavalcata continuò tranquilla anche quando giunsero nella pianura.

Di fronte a loro, la pianura romagnola si estendeva ovunque, dando a tutto un senso di tranquillità, non più interrotta da brulli calanchi ma da siepi spoglie. Stettero ben attenti a non dare nell’occhio, ed evitarono tutti i centri urbani.

Attraversarono solo pochi villaggi, sperduti in mezzo al nulla. I boschi immacolati dei monti, in  pianura erano sostituiti dai campi agricoli. In quel periodo dell’anno, i campi erano quasi tutti arati, e la terra marrone scuro combatteva un conflitto perenne contro l’intenso blu del cielo. In molti terreni iniziava già a nascere il grano, che stava facendo la sua comparsa perforando il terreno con la sua prima foglia. Fortunatamente, non c’era la nebbia.

Era metà giornata, e il clima era piuttosto caldo per il periodo. Giovanni si tolse il suo pesante mantello, e inspirò a pieni polmoni quell’aria, che non sapeva più di selvaggio ma odorava di sapori vari, prodotti da quel magro pasto che ogni santo giorno le donne stavano a preparare con tanta cura per i loro mariti e i loro figli.

Continuarono a percorrere una strada di terra battuta, poco distante da un minuscolo gruppo di case, costruite l’una a fianco dell’altra, come quasi per volersi proteggere a vicenda.

Scelsero di attraversare un luogo che veniva chiamato le larghe, poiché era una zona poco abitata, ma comunque in compenso era molto coltivata. I briganti, fortunatamente, non incontrarono mai una guardia o qualcuno che potesse dar loro problemi.

 I contadini erano nei campi, a sfruttare quel giorno soleggiato per finire la semina delle fave, uno degli elementi essenziali per il prossimo anno, anche se parecchi di loro erano già nelle loro case, pronti a pranzare.

 I briganti continuarono a percorrere la stradina sterrata che attraversava le larghe con calma, consapevoli che entro un paio d’ore sarebbero giunti a destinazione.

 La strada era veramente in condizione penosa. I carri, trainati perlopiù da asini e muli, avevano tracciato profondi solchi nel suolo.

Attorno a loro, si susseguivano piccoli vigneti e terreni coltivati, tutti separati tra loro da alte siepi di alberelli spinosi, ormai tutti spogli. Quelle siepi erano importantissime, poiché fornivano la legna necessaria ai contadini durante la lunga stagione fredda.

 Lungo la strada, che era un rettilineo che attraversava la campagna, incontrarono solo un pastorello, che doveva avere circa tredici anni. Badava a due pecore, stando ben attento che brucassero solo sulla riva del piccolo fosso che fiancheggiava la strada, controllando che non lo saltassero per andare a nutrirsi nei campi coltivati. Il giovane era pelle e ossa, e vestiva abiti tutti rattoppati, indossati da chissà quanti prima di lui. Un cagnolino lo seguiva, tutto malandato.

 Vedendo i briganti, e vedendo che cavalcavano dei cavalli, pensò che fossero dei ricchi. Non si vedevano spesso uomini a cavallo da quelle parti. Subito, il ragazzino si allontanò dalle pecore, e si avvicinò a Giovanni, che stava cavalcando lentamente, in modo da non stancare troppo Furia.

 ‘’Bel cavallo, signore’’, disse il ragazzo, avvicinandosi quasi di corsa.

‘’Si chiama Furia, ragazzo’’, disse Giovanni, sorridendogli.

 ‘’Io mi chiamo Giulio, e quello è Fòf’’, disse il ragazzino, indicando il cane, e cercando di mettersi davanti a Furia, per cercare di fermare Giovanni.

Subito, gli uomini dietro di lui si arrestarono ed iniziarono ad agitarsi, e Giovanni fece loro cenno di stare calmi. Poteva essere una trappola. Magari, il ragazzo era lì per intrattenerli, in modo che perdessero tempo prezioso, o forse poteva essere una spia. Ma Giovanni era certo che questa volta non si trattava di nulla di tutto ciò.

‘’Bhè, se avete i soldi per poter nutrire un cavallo così bello, potreste avere anche qualche spicciolo per me. Ho tanta fame, e da due giorni tutto quello che riesco a mangiare è un minuscolo uovo sodo, che neppure mi basta ad alleviare quel vuoto che ho nella mia pancia’’, continuò a dire Giulio, speranzoso.

Giovanni gli fece un grande sorriso, e rovistò nella saccoccia di tela grezza che portava appesa a fianco del cavallo. Estrasse un pezzo di pane piuttosto fresco.

‘’Tieni, Giulio, non ho altro’’, gli disse.

 ‘’Oh, grazie signore, questo basta e avanza. Grazie, grazie!’’, continuò a dire Giulio, allungando le sue scarne braccia verso Giovanni, che gli porse il cibo.

Subito, il ragazzino smise di ringraziare, e addentò in modo famelico quel pezzo di pane. Il cane, vedendo il padrone mangiare, iniziò subito a saltellargli attorno, annusando il terreno in cerca di qualche possibile briciola.

‘’Anche lui ne vuole un po’’, disse Giovanni a Giulio, sorridendo. Il ragazzino scrollò le spalle.

‘’No, lui si arrangia’’, disse Giulio, senza smettere di masticare.

‘’Giulio, è meglio che ora torni alle tue pecore’’, disse Mario, che fino a quel momento era stato in silenzio, e indicò i due animali, che nel frattempo si erano allontanati, e stavano per addentrarsi in un terreno coltivato.

‘’Oh! Grazie di tutto, signori, ma ora devo andare’’, disse il ragazzo, prima di ripartire di corsa per cercare di raggiungere le due bestiole, prima che potessero combinare danni. ‘’Ehi! Ehi!’’, prese a gridare, mentre correva lungo la strada, per cercare di fermare l’avanzata del piccolo gregge. Fòf lo seguì, scodinzolando.

Giovanni scosse la testa, divertito.

‘’Vedete?’’, disse Giovanni rivolto ai suoi uomini, ‘’Vi siete agitati per niente. Non era una trappola, era solo un monello affamato. Siete troppo agitati, state calmi, o se no daremo nell’occhio’’.

 ‘’Hai ragione, Zvàn. Comunque, stiamo facendo tardi’’, disse Mario, più rilassato.

Subito, Giovanni strattonò lievemente le redini di Furia, e il cavallo aumentò l’andatura, notando che, effettivamente, l’amico aveva ragione. Tutti gli altri fecero lo stesso.

Ben presto, però, ebbero un oscuro presagio. Proprio verso Ravenna e la costa, il cielo era scuro. E visto che c’era il sole ovunque attorno a loro, quello poteva significare solo una cosa; nebbia. E Giovanni sapeva che vicino alla costa la nebbia poteva essere veramente molto fitta. Comunque, continuarono a procedere spediti.

Di lì a poco, la prima fresca foschia iniziò ad avvolgerli. Il sole si abbassava sempre più, e gli uomini iniziarono a temere di arrivare in ritardo, oppure di perdersi. Dai fossi saliva una  nebbiolina lieve, e più si andava verso la costa, più la situazione peggiorava. I campi pian piano iniziarono a scomparire, inghiottiti da quell’intangibile nulla. Giovanni iniziò ad imprecare, seguito a raffica dai suoi uomini.  La nebbia poteva aiutarli a nascondersi, ma allo stesso tempo la foschia poteva impedire ai tiratori di prendere la mira giusta, sprecando munizioni che invece avrebbero dovuto abbattere il nemico in poco tempo. E se il nemico riusciva ad accorgersi in tempo che era sotto tiro, sarebbe stato tutto ancora più complicato.

‘’Dannazione, Mario! Speriamo che questa sera ci vada tutto bene’’, disse all’amico.

 ‘’Stai calmo, Zvàn. Al massimo torniamo indietro a mani vuote’’,  rispose Mario da dietro.

 Giovanni si girò e lo fulminò, e Mario cadde in un profondo silenzio, seguito da tutti gli uomini. Sapevano che il capobanda era scaramantico, e odiava le gufate. E Mario ne aveva appena fatta una, seppur involontariamente.

‘’Noi non torneremo a mani vuote, a patto di sterminare tutti quei tagliagole delle paludi. Abbiamo perso un giorno solo per prepararci e giungere fin qui, maledizione!’’, sbottò Giovanni con stizza, senza rivolgersi a nessuno in particolare, almeno in apparenza. Nessuno fiatò più, mentre la nebbia si faceva sempre più fitta e Giovanni imprecava sempre più forte.

‘’Ormai dovremmo esserci’’, disse Giovanni, dopo un altro po’ di imprecazioni.

 Infatti, poco dopo a poco distanza da loro, apparve sfocato il limitare della pineta. La strada che stavano percorrendo si inoltrava al suo interno, tra sterpaglie e pini marittimi.

 ‘’E ora dove saranno, quegli inutili esseri?’’, borbottò, riferendosi ai banditi delle paludi. Poco dopo, dalla vicina boscaglia uscì una figura alta. Era Aldo, che veniva loro incontro. Appena arrivò vicino a Giovanni, parlò.

‘’Socio, sei arrivato in ritardo. I tuoi uomini sono giunti qui già da un bel pò’’, disse.

‘’Come?’’, chiese Giovanni, stupito.

‘’Vieni con me’’, gli rispose il bandito, e lo condusse nella pineta. Giovanni, seguito dai suoi uomini, tentennò un attimo, avendo il dubbio di cadere in una trappola. Non si fidava.

‘’Oh, avanti Zvàn, non ho teso nessuna trappola. Smettila di essere così sospettoso nei miei confronti’’, disse Aldo, notando i suoi tentennamenti.

Giovanni lo seguì, smontò da cavallo e dopo poco si ricongiunse con gli altri uomini. C’erano già tutti, nonostante fossero partiti dopo di lui.

Tutti i suoi briganti gli andarono incontro a piedi, affermando di essersi preoccupati per il suo ritardo, temendo che fosse accaduto qualcosa. Lui li rassicurò, e parlò con loro. Fortunatamente, anche gli altri gruppetti erano riusciti a giungere lì senza guai. Intanto, stava iniziando a calare la notte.

 ‘’Zvàn, è tutto pronto. Seguimi con i tuoi uomini, vi mostrerò il luogo per l’imboscata. La nebbia, vedrai, non sarà un problema. Questa sera non è particolarmente fitta, e vedrai che non impedirà la nostra azione, ma ci favorirà nascondendoci un pò’’, disse Aldo con fare sicuro, interrompendo tutti i discorsi.

Tutti si fecero silenziosi, e iniziarono ad inoltrarsi nella boscaglia, tenendo i cavalli per le briglie, per non perderli. Aldo li accompagnò in un punto dove la strada si faceva lievemente più stretta, e curava un po’ verso destra. Lì la diligenza avrebbe sicuramente rallentato, si disse Giovanni, soddisfatto.

 ‘’D’ora in poi, silenzio assoluto. Allontanate di poco i cavalli, e appostatevi ben nascosti lungo il ciglio della strada. A breve, le nostre prede transiteranno di qui. Ricordate che Ravenna è poco distante da qui, quindi lo sono anche le guardie. Io sarò posizionato nell’altro lato della strada, con alcuni dei miei uomini. I piani sono sempre quelli, nulla è variato’’, disse Aldo, prendendo poi ad allontanarsi.

 Giovanni fece allontanare di poco i cavalli, lasciando un uomo con loro, che era poi anche lo stalliere, che li tranquillizzava e li controllava.

 Intanto, lui e i suoi uomini si appostarono nella boscaglia, e prepararono i fucili. Poi, ci fu solo silenzio.

 I suoni degli animali notturni giungevano attutiti, mentre la nebbia veniva spinta da un lieve venticello gelido, ma almeno in certi momenti la visibilità era abbastanza buona.

 Giovanni meditò un po’, mentre sentiva che il suo pesante mantello iniziava ad inumidirsi. Aveva iniziato a cadere una fitta pioggerellina lieve.

Giovanni non ne poteva più di attendere. E fu proprio in quel momento che si sentì uno scalpiccio in avvicinamento. E, poco dopo, apparve la diligenza. Era circondata da molte guardie, probabilmente abili austriaci. Le loro ravvicinate uniformi bianche erano ben visibili nonostante la foschia, ed inoltre alcuni avevano acceso qualche torcia, per illuminare la strada. Ben presto, nonostante la foschia che le avvolgeva, fu chiaro che erano parecchie, e non un numero esiguo, come aveva detto Aldo.

 Giovanni tentennò, temeva per l’incolumità dei suoi uomini, poiché quelle guardie erano veramente molte. Ma non si poteva più tornare indietro. Ora, bisognava sperare solo di far funzionare l’elemento sorpresa. Le guardie continuarono ad avanzare lentamente, rallentando. Avevano un modo di fare apparentemente tranquillo. Ormai non si aspettavano più di fare brutti incontri.

 Anche la diligenza, che ora era ben visibile e vicina ai briganti, rallentò, come previsto. La nebbia, come aveva previsto Aldo, alla fine non impedì né rallentò l’operazione.

Appena le guardie furono a tiro, i fucili dei briganti presero a far fuoco, spezzando il fragile silenzio di quella notte tardo autunnale.

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo! Spero vi sia piaciuto J

Riusciranno i briganti a compiere la loro missione? Lo scopriremo nel prossimo capitolo J

Piccola anticipazione; nel prossimo capitolo conosceremo la contessina J

Per ora mi limito a ringraziare tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le loro preferite o seguite, e a ringraziare i tre recensori J grazie J

Intanto che ci sono, auguro a tutti buone feste! J A lunedì prossimo J

   
 
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