The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è
stata
scritta senza fini di lucro.
Capitolo
3
Ufficio
di Albus
Silente – Hogwarts
Regno Unito
1 Agosto, 1991
Albus
Silente sedeva pigramente nel suo ufficio. Negli
ultimi anni il destino aveva preso una piega imprevista, ma alla fine
tutto era
tornato come sarebbe dovuto essere. In giornata l'anziano stregone
avevo
ricevuto decine di lettere di scuse da oppositori ed alleati, e ad
ognuno di
loro aveva risposto con allegria e giovialità. Harry Potter
era tornato. Era
davvero tornato, e finalmente il suo destino si sarebbe compiuto. Al
diavolo i
sacrifici fatti e le parole dette, il suo impegno alla fine era
stato ripagato, e nessuno avrebbe potuto
più dire
nulla contro di lui.
Lentamente
il Preside prese una caramella al limone, la
avvicinò alle labbra, e ne assaporò il gusto
meravigliosamente agro, che da
anni non si era più concesso il lusso di provare. Vicino a
lui, il suo
famiglio, una bellissima fenice, trillò contenta in sintonia
con i sentimenti
del suo padrone. Proprio in quell'istante, dalla finestra ancora
aperta, entrò
un gufo in picchiata. L'animale si fermò un attimo sulla
testa di Albus,
lasciando cadere una lettera, per poi volare via, senza aspettare di
vedere se
il vegliardo volesse rispondere alla missiva oppure no.
Silente
ridacchiò, prendendo la busta e nell’aprirla
notò
che il mittente era Olivander. Non appena fece quella scoperta, il
preside si
mise un po’ più dritto sulla sedia, mostrando
estremo interesse. Gli occhi si
mossero sulla breve lettera, divorandola in pochi istanti.
Albus,
ho
venduto al giovane Harry la bacchetta
del Re Drago, così come mi avevi chiesto. Il fatto stesso
che non sia morto
appena la ha toccata lo rende un mago straordinario, spero mi terrai
informato
su ogni avvenimento strano o interessante, riguardo quella bacchetta.
Buona
Giornata
Ollivander: fabbrica
di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.
L’anziano mago era seduto dritto sulla sedia, mentre ancora
rifletteva sulla
missiva appena spulciata. Aveva consigliato al vecchio venditore di far
provare
la bacchetta maledetta ad Harry, ma non si sarebbe mai aspettato che
questo
facesse realmente una prova, ne che Harry risultasse compatibile. Lo
sguardo si
spostò in direzione della fenice, che ancora riposava
appollaiata sul suo
trespolo, ed il sorriso del preside si rinsaldò sul suo viso.
“Strano
Fanny, immaginavo che alla fine sarebbe stata la tua bacchetta
a finire nelle mani di Harry. Evidentemente il gioco si è
spostato ad un
livello più alto di quello che immaginavo.” La
voce del preside era tranquilla,
e la fenice si limitò a ricambiare il suo sguardo piegando
il capo. Silente
prese un’altra caramella,
succhiandola per un po’, convocando infine il suo elfo
personale. “Hatta.” Un
pop seguì la chiamata del preside, rivelando un piccolo elfo
in tenuta da
ginnastica. In genere gli elfi indossavano solo uno straccio con il
blasone
della scuola, ma a questo elfo in particolare, Albus aveva ordinato di
indossare una bella tuta da ginnastica. Rendeva tutto più
divertente.
“Mi ha
chiamato padrone?” La voce dell’elfo era uno
squittio al limite
dell’udibile e Silente sorrise nel costatare che ad anni di
distanza la cosa
non era cambiata. “Si Hatta, devi andarmi a chiamare la
professoressa
McGrannit, ed il Professor Piton, e dire loro di raggiungermi nel mio
ufficio
appena possibile.”
L’elfo si
inchinò e scomparve, lasciando il preside a mangiare le sue
caramelle al limone. Esattamente nove caramelle al limone dopo, e
quindici
minuti più avanti, qualcuno bussò alla sua porta,
e dopo aver concesso loro
l’ingresso, i due professori si fecero avanti.
La McGrannit
indossava una vestaglia antica, e non sembrava per nulla
contenta di essere stata svegliata a quell’ora tarda, Piton
invece portava il
suo solito completo nero, quasi non fosse ancora andato a dormire.
“Ci ha
chiamato Preside?” Ad
aprire bocca era stato proprio il maestro di pozioni, che stava rigido
come uno
stoccafisso, mentre Minerva incrociava le braccia in attesa. Entrambi i
docenti
nutrivano del risentimento verso di lui per via dei guai che aveva
fatto loro
passare durante gli ultimi anni, infatti sebbene grazie alla visita di
Lucifer,
il preside avesse smesso di praticare le arti oscure, ancora molte voci
e
congetture avevano come argomento principale il castello di Hogwarts,
un tempo
prestigioso, ed ora in vistoso declino. La loro generazione sarebbe
stata
ricordata come quella che permise ad Hogwarts di decadere dopo quasi un
millennio di nobiltà.
“Si, vi ho
convocati qui perché ho delle cose di cui discutere con
voi. Ma prima di tutto voglio sapere da te, Minerva, cosa ne pensi del
giovane
Potter. Mi sono arrivate lettere da ogni dove per informarmi che la
vostra
visita non è passata inosservata.” Lo sguardo del
preside era divertito, ma il
suo sorriso scomparve quando incrociò l’aria
litigiosa della sua Vice.
“Bhe,
doveva immaginarlo che sarebbe accaduto, visto che ho fatto
scivolare il nome di Harry in mezzo ad una folla di folletti e maghi,
su suo
preciso ordine!” Il preside si mosse a disagio sulla sua
poltrona, spostando lo
sguardo su Piton, che ora aveva le labbra socchiuse e digrignava i
denti. “Potter!
Lei mi ha chiamato qui per parlare
di Harry Potter!?” All’arrabbiatura della
professoressa di trasfigurazione si
era unita quella del professore di Pozione. Forse stava davvero
invecchiando
visto che non aveva previsto le reazioni dei membri del suo staff.
“Su su,
calmati Severus, questa è solo curiosità, una
volta appagata
torneremo alla questione principale, non ti scaldare.” Le sue
parole
conciliatrici fecero sbuffare l’uomo, che distolse lo sguardo
dal preside,
avvicinandosi al camino acceso. “Minerva, ti prego, dimmi
cosa ne pensi del
ragazzo.”
“Benissimo
preside, ai suoi ordini, come sempre!” La donna, ancora
indignata, fece qualche passo avanti prendendo posto su una sedia
davanti alla
scrivania. “Il Signor Potter si è dimostrato di
gran lunga più maturo e garbato
di quanto avrei mai creduto. Mi sarei aspettato di trovarmi a
combattere contro
un piccolo bamboccione tronfio..!”
“Proprio
come quel maiale di suo padre!” La voce di Severus interruppe
le parole della Vicepreside, ma ad un gesto di Silente tornò
il silenzio. “Per
favore Minerva, continua.”
La donna
annuì, scambiando uno sguardo incollerito con Severus.
“Come
dicevo, Harry si è dimostrato di gran lunga superiore a
quello che era suo
padre quando frequentava la scuola, anzi per il modo di porsi e di
affrontare
le situazioni, mi ricorda più una versione giovanile di sua
madre. Ha dato
retta alle mie istruzioni per quanto ha potuto, anche quando ha perso
la calma
ha fatto in modo di limitare i suoi atteggiamenti infantili, ed ha
subito
legato e fatto amicizia con Hermione Granger, la nata babbana che era
con noi
durante il giro d’acquisti.”
Un piccolo sorriso
increspò le labbra della strega, quando nominò di
proposito la vecchia amica del professore di pozioni.
Un’occhiata al suo
bersaglio le diede modo di capire che sì, aveva colpito ed
affondato la sua
vittima. L’aria scorbutica del professore si era infranta, ed
ora c’era una
maschera gelida al suo posto. Eppure sembrava più triste che
arrabbiato.
“Tutto qui
Minerva, non ha fatto o detto nulla di strano? Niente di
rilevante a nessun livello?” Le sopracciglia del preside
erano inarcate mentre
cercava di nascondere la delusione. Una persona di questo tipo
prometteva di
essere una gran noia all’interno della scuola. Avrebbe quasi
preferito che
Harry assomigliasse a quell’esagitato di suo padre, che si
buttava nella
mischia ed era sempre il primo ad intervenire in caso di bisogno. Ora
gli
toccava trovare qualche leva con cui sollecitare il ragazzino, e la
cosa
avrebbe richiesto tempo. Congiungendo le mani al petto, avrebbe
osservato la
professoressa ricordare, ed infine riprendere a parlare.
“Bhe,
l’unica cosa fuori dalla norma che abbia fatto, è
chiudere il
suo conto alla Gringott e dare tutto il suo patrimonio in
beneficenza…” La
notizia colse di sorpresa tutti i presenti, e perfino alcuni quadri si
ritrovarono a trattenere il respiro. Il quantitativo di galeoni nel
conto dei
Potter, era vicino al centinaio di migliaia. “… ma
non devi preoccuparti di
questo Albus, il ragazzo ha scaricato dal suo zaino due lingotti
d’oro, come se
ne avesse a centinaia, ed a conti fatti penso abbia più
soldi nell’altro mondo
di quanto potrà mai spenderne in questo.”
Il silenzio si
dilatò nello spazio chiuso dell'ufficio, mentre tutti
facevano i conti con questa ammissione della donna. Piton aveva uno
sguardo
illeggibile, mentre Silente era spaesato, ma contento. “V-Va
bene Minerva,
grazie per il resoconto. Di certo questo è qualcosa che non
ci saremmo mai
aspettati, ma visto che li ha devoluti in beneficenza penso vada tutto
bene.”
L'anziano stregone prese un'altra caramella al limone, fece per
metterla in
bocca, ma il professore di Pozioni si schiarì la voce
rumorosamente.
“Preside,
penso sia il caso di tornare al motivo per cui ci ha
convocati nel suo ufficio in piena notte.” La mano del
preside si fermò a metà
del tragitto verso la bocca, mentre l'uomo rivolgeva un'occhiata a
Severus.
“Ehm... si, forse hai ragione.” Annuendo
pacatamente il preside ripose la
caramella nel sacchetto, bramandola immensamente, tornando poi ai due
docenti.
“Vi ho convocati per parlare della Pietra Filosofale. Come
sapete, il mio buon
amico Nicolas Flamel mi ha chiesto di custodirla nel castello per via
di alcuni
tentativi di furto quasi riusciti, ed io ho deciso di accettare. Oggi
la pietra
è stata ritirata da Hagrid alla Gringott, ed è
per ora sotto la mia custodia,
tuttavia vorrei che nel mese che resta prima dell'inizio della scuola,
il
corridoio abbandonato del terzo piano venga allestito e preparato per
proteggerla. Ogni professore metterà il suo contributo senza
però far sapere
agli altri cosa hanno preparato, questo penso che garantirà
un livello adeguato
di sicurezza.”
I due professori,
capendo la gravità della situazione annuirono
seriamente, non senza però avere qualche remora.
“Preside, non sarebbe più
sicuro se la pietra rimanesse nel suo ufficio, sotto la sua vigilanza
ed i suoi
incantesimi? Lei è un incantatore migliore di quanto noi
saremo mai. Spostare
la pietra in un
corridoio, con diversi
livelli di difese sembra più un test, che un sistema di
protezione...” Piton
parlò lentamente, con voce calma, ma perfino Minerva che era
seduta a qualche
passo da lui, poteva capire dove voleva andare a parare.
“Penso che il
professor Piton abbia ragione Albus. Se stai architettando qualche
stupido
piano per addestrare e mettere alla prova Harry Potter, ti voglio
consigliare
di lasciar perdere fin da subito. Ti avverto che sto tenendo una fitta
corrispondenza con Sirzechs Lucifer, e sono pronta a
scrivergli subito di
qualsiasi anomalia dovesse accadere a scuola. Non hai dimenticato la
sua ultima
visita, vero Albus? Ha minacciato di distruggere Hogwarts e l'intera
Gran
Bretagna magica se dovesse accadere qualcosa ad Harry, e sappiamo
entrambi che
ne ha sia la forza, che la volontà. Dobbiamo solo
ringraziare la nostra buona
stella che lui non sia come il suo predecessore, altrimenti non saremmo
nemmeno
qui a fare questa conversazione.”
Le
parole della McGrannit colpirono in profondità, facendo
svanire ogni ombra di allegria che il vecchio mago avesse avuto durante
la
giornata. “Minerva, ti prego di tenere i tuoi commenti per
te, e di fare quanto
ti è stato ordinato. Per quanto possa disturbarti, sono
ancora io il Preside
della scuola, ed ora che il mio nome è riabilitato lo
rimarrò ancora a lungo.
Domani la pietra verrà spostata, voi imporrete delle
protezioni, e tanto
basterà, d'accordo?” L'aura di potere sprigionata
dal preside fece gonfiare e
scuotere il mantello di Severus e la vestaglia di Minerva, che una
volta di più
ebbero una dimostrazione del livello di demenza raggiunta dal loro
superiore.
Silente era diventato come un enorme bambino viziato, con un potenziale
magico
sufficiente ad incenerirli tutti. L'unica cosa che potevano fare era
assecondarlo
fino a che aveva tutte le vite degli studenti in ostaggio, e sperare
che la sua
esistenza finisse presto, o che quanto meno rinsavisse prima della fine.
““Sissignore””
Professore di Pozioni e professoressa di
Trasfigurazione parlarono insieme, come solo poche ore prima avevano
fatto
Harry ed Hermione, ma nell'aria non c'era lo stesso senso di sollievo e
giovialità. I due professori si congedarono, Silente
tornò alle sue caramelle,
ma invece di riprendere a mangiarle le buttò nel fuoco.
“Nessuno
riesce a capire che tutto quello che sto facendo
è per il bene superiore...”
Quest'ultima
frase la sentì solo la fenice, che trillò
inviperita prima di volare fuori dalla finestra. A volte gli
atteggiamenti di
Silente infastidivano pure il suo famiglio.
*************
Castello
del Maou
Lucifer – Mondo Sotterraneo
1 Settembre, 1991
Il
primo Settembre, Harry si svegliò alle 6:30 del
mattino, in preda all'agitazione. Nel letto con lui c'erano Rias, Akeno
e
Koneko, che avevano preso tutte l'abitudine di intrufolarsi in camera
sua a
notte fonda, per poterlo usare come cuscino, abbracciandolo ne sonno.
Harry
sorrise nel vedere la rossa Rias stringergli il braccio destro, la mora
Akeno
stringergli il sinistro, e la piccolo Koneko che giaceva raggomitolata
sul suo
petto come un gattino.
Ormai
era più di un anno che quest'episodio si ripeteva
ogni mattina, ed Harry aveva imparato come sgattaiolare via dalle
lenzuola
senza svegliare le ragazze, tuttavia quello era un giorno speciale,
infatti
quel giorno sarebbe inizia la loro avventura nel mondo umano, e tutti
avevano
bisogno di prepararsi. Avvicinando una mano alla coda bianca di Koneko,
Harry
iniziò ad accarezzarla
e stringerla,
fino a che la piccola bambina dai capelli bianchi non iniziò
a muoversi nel
sonno. Alla fine apri gli occhi, guardando confusamente Harry. Quando
lo
riconobbe gli sorrise, stringendo il suo petto un po' più
forte.
“Koneko,
io devo andare a prepararmi, puoi svegliare tu le
altre e dire loro di sbrigarsi? Sono sicuro che anche se siamo ore in
anticipo,
Rias ed Akeno ci impiegheranno un sacco di tempo a mettere le loro cose
in
valigia, e non voglio proprio arrivare in ritardo.” La voce
di Harry era bassa
e gentile, e di fronte a quel tono di voce, la piccola Nekomata, in
parte donna
ed in parte gatto, non poté che annuire. Con uno sforzo di
volontà ritrasse le
sue orecchie e la sua coda, prendendo in tutto e per tutto le sembianze
di una
bambina normale, scivolando poi dal petto di Harry per farlo scendere.
“Grazie
Koneko, sei sempre la più gentile.”
La
bambina arrossì, distolse lo sguardo, gonfiando le
guance indignata. “Harry è sempre così
diretto, non deve illudere le ragazze
così, le ragazze non devono essere illuse, Harry è cattivo, molto
cattivo.” La sua voce era solo
un borbottio, ma nonostante le sue parole, il suo viso era sorridente.
“Ah,
in questa storia non sono io il cattivo, ma vedrai
che prima o poi un cattivo comparirà.” Con
quest'ultima battuta Harry si alzò,
andando in bagno per farsi una doccia. Nel contempo un vociare
femminile arrivò
dalla sua camera, segno che sia Rias che Akeno si erano svegliate, ed
avevano
iniziato a litigare per il diritto di preparargli la colazione.
La
mattinata procedette in un fremito di preparativi,
ovunque nel castello del Maou c'erano servitori che si muovevano,
raccogliendo
calzini spaiati o preparando razioni di cibo e provviste di
sopravvivenza per
settimane. Questo nel caso estremamente improbabile in cui il treno
deragliasse
finendo in un buco nero che li avrebbe fatti viaggiare indietro nel
tempo fino
all'età della pietra. Si, era un'ipotesi assurda e ridicola,
ma con
l'avvicinarsi della partenza, il loro 'Re' era diventato sempre
più paranoico,
alternando momenti di totale depressione, a momenti di paura e pianto
disperato.
“No
Harry, non andare!” Inconfondibile con i suoi capelli
cremisi, le lacrime che rigavano il viso, ed il piccolo bambino in
braccio, il
Maou fece la sua comparsa nella Sala d'Ingresso dove giacevano
ammucchiate
l'equivalente di un camion di valige. “Parlerò con
Silente, distruggerò Hogwarts,
mangerò tutta la minestra anche se a prepararla è
Grayfia, ma ti prego non
andare!” Era tornato nella fase di pianto disperato. Al suo
fianco sua moglie
aveva le braccia incrociate, ed emetteva un'aura negativa. Non gli
piaceva
quando suo marito, uno dei signori dell'Inferno si comportava in quel
modo così
misero, e soprattutto odiava essere tirata in ballo per le sue doti
culinarie.
Certo, lei indossava sempre un abito da cameriera, ma questo non voleva
dire
che fosse una brava cuoca, al contrario ogni suo pasto andava servito
con un
Bezoar vicino in caso di necessita.
“Sirzechs...”
nell'ultimo periodo, su richiesta del Maou
in persona, Harry avevano iniziato a chiamarlo con il suo nome di
battesimo,
rendendo il loro rapporto ancora più vicino rispetto a
quello che dovrebbe
esserci tra un 'Re' ed il suo servitore. Per lui, Lucifer era come un
padre, ed
allo stesso modo veniva considerato come un figlio dal demone.
“... sai bene
che dobbiamo andare. Prometto che torneremo per le vacanze di natale, e
che ti
scriveremo ogni volta che potremo. E poi non devi mica preoccuparti no?
Siamo
stati addestrati nel combattimento da uno dei Demoni Supremi, cosa
potrebbe mai
accaderci di male?”
Le sue
parole fecero piangere ancora più forte il Maou,
che ora aveva iniziato a singhiozzare incontrollabilmente. Insieme a
lui, anche
tutto il resto della servitù si commesse, ed ovunque si
potevano sentire
commenti sula maturità di Harry. “Ah! Quando il
piccolo bambino che ho raccolto
per strada è diventato un uomo così saggio? Un
giorno sarai un grande demone
Harry, ed l'intero inferno risuonerà per le tue
gesta!” Il Maou continuò a
singhiozzare, mentre suo moglie lo portava via.
Dal
lato della stanza, al limitare del campo visivo di
Harry, comparve Tomak, uno dei demoni che gli aveva fatto da mentore
durante
quegli anni. Il vecchio mago, che come lui era un demone reincarnato,
stringeva
tra le dita una fondina con dentro un pregiato pugnale, e le istruzioni
sul
cerchio di teletrasporto da fare per arrivare alla stazione di King's
Cross.
Per evitare problemi, Harry avrebbe fatto l'incantesimo, portando con
se le sue
compagne di viaggio, mentre tutto il resto dello staff demoniaco,
compreso il
Maou, sarebbe rimasto indietro in modo da non destare sospetti.
Tomak
si avvinò, porgendo il pugnale ad Harry, che lo
prese con mani incerte. Lui non era un combattente di prima linea,
aveva
impiegato anni ad imparare come combattere a distanza senza che questo
lo
portasse ad uno scontro diretto, eppure ora si vedeva dare un pugnale,
che
probabilmente non avrebbe mai potuto usare. “Tomak,
perché questo regalo? Non
sarebbe meglio darlo a Koneko, lei riuscirebbe di sicuro a sfruttarlo
in
maniera migliore di me...” Le parole di Harry fecero fare un
passo alla
Nekomata, che subito osservò il pugnale, scuotendo il capo.
Lei incarnava il
pezzo della torre, e sebbene la sua aria piccola e fragile, era forse
la più
forte del loro gruppo per quanto riguardava il combattimento corpo a
corpo.
“Questo non è un normale pugnale Harry, riesco a
leggere un intricato flusso di
incantesimi al suo interno. Probabilmente il suo scopo non è
quello di essere
usato in combattimento.”
Koneko
parlò così, mantenendo sul viso un'espressione
tranquilla, che subito fu sostituita da una di dolore quando Rias
iniziò a pizzicarle
una guancia. “Non fare la sapientona solo perché
puoi leggere il flusso degli
oggetti e delle persone! Tu non dovresti neanche essere qui, hai solo
dieci
anni, non puoi venire a scuola con noi!” Koneko
gonfiò le guance, riassumendo
la stessa aria da bambina che aveva quella mattina appena sveglia
“Harry ed il
Maou hanno detto che io posso andare! C'è un'eccezione
speciale per me, perché
io sono importante per Harry!”
“Hey,
anche io sono importante per Harry!” Anche Akeno si
intromise nella discussione, portando le tre ragazze a litigare. Di
nuovo. Per
l'ennesima volta.
Il
bambino-sopravvissuto sorrise, scuotendo il capo,
riportando la sua attenzione a Tomak, che osservava il bisticcio tra le
ragazze, con un sorriso “La Nekomata ha ragione Harry, ho
incantato
personalmente questo pugnale, perché possa essere usato
anche dentro Hogwarts.
Se lo pianterai al suolo, infondendogli il tuo potere, ti
porterà in una realtà
parallela per un'ora al giorno, in modo da permetterti di continuare il
tuo
addestramento. Sarebbe un peccato se durante il tuo soggiorno umano tu
ti
impigrissi, non pensi?”
Il
demone sorrise, ed altrettanto fece Harry, che legò
l'arma alla cintura. “Grazie Tomak, sei il miglior insegnante
che potessi avere
in questi anni.” la voce di Harry era rotta dall'emozione, ma
nonostante questo
i suoi occhi erano chiari e belli come sempre. Non si sarebbe
abbandonato alle
lacrime neanche in quest'occasione. “Andiamo ragazze, non
vorremo mica perdere
il treno.” Le
sue parole misero subito
fine alla lite, e le ragazze si portarono alle sue spalle
tranquillamente. Rias
lo amava come un fratello visto che erano cresciute insieme, Akeno e
Koneko
invece lo stimavano perché Harry le aveva salvate ed aveva
dato loro una casa,
quando nessun altro lo avrebbe fatto.
Un
sigillo comparve in aria di fronte ad Harry, che
tendeva una mano seguendo le istruzioni che gli erano state date per
trovare la
stazione, prima che una luce bianca, fortissima li avvolgesse.
Loro,
e tutti i loro bagagli erano scomparsi, lasciando un
vuoto non solo nel castello, ma anche nei cuori delle persone che vi
abitavano.
*************
Binario
9 e ¾ –
Londra
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 10:50 A.M.
La
luce li avvolse, per qualche istante nessuno fu in
grado di vedere nulla, e poi lentamente il mondo tornò a
fuoco, rivelando un
vasto binario ferroviario, su cui alloggiava una lussureggiante
locomotiva
scarlatta. Il logo Hogwarts Express compariva
sul fronte della sala Macchine, ed ai lati dei vari scompartimenti,
mentre
ovunque maghi e streghe salutavano i propri figli pronti a partire.
Fortunatamente,
nonostante il loro ingresso plateale,
Harry e la sua compagnia, riuscirono a passare inosservati grazie ad un
astuto
incantesimo non-notarmi, che era stato applicato intorno al sigillo di
teletrasporto. Le persone camminavo loro di fianco, o addirittura
rischiavano
di finire loro addosso, solo per spostarsi all’ultimo istante
senza neppure
sapere il perché.
Il
primo a riprendersi dopo la magia, fu Harry, che
voltatosi verso le sue amiche, le abbracciò tutte tenendole
strette. “Grazie
per essere qui… per aver scelto di venire con me. Non so
come sarebbe la mia
vita senza di voi.” Lui sorrise, loro arrossirono,
distogliendo lo sguardo quel
tanto che basta per non farsi notare. “Come se avessimo mai
potuto lasciarti
d-da solo. Tu attiri guai e noi d-dobbiamo tirartene fuori.”
Rias disse queste
parole, mentre le altre due balbettavano qualche commento simile.
Sembrava che
nonostante tutto, non avessero nessuna fiducia in Harry, o nel modo in
cui
trattasse le situazioni di pericolo.
Sorridendo
e lasciandole andare, il giovane demone avrebbe
rivolto la sua attenzione al problema successivo, i bagagli. A quanto
vedeva,
tutti gli altri bambini, compresi quelli più grandi e
ricchi, avevano al massimo
un baule l’uno, non una dozzina l’uno come invece
era per loro. “Sembra che al
castello si siano sbizzarriti. Qui abbiamo abbastanza roba per occupare
un
intero vagone, e non credo che la cosa sia permesse. Oh beh,
vorrà dire solo
che si dovrà rimediare no?”
Un
occhiolino dell’incantatore, ed un gesto complesso
delle sue dita, fece comparire ai loro piedi quattro bauli delle stesse
dimensioni di quelli degli altri ragazzi. Ogni baule differiva
dall’altro, per
via del colore che Harry aveva scelto per loro. Alla fine aveva
impostato un
semplice sistema che prevedeva che il colore dei capelli del
proprietario,
corrispondesse a quello del baule, quindi Rias lo aveva cremisi, Akeno
lo aveva
nero, e Koneko lo aveva bianco. Il suo differiva da questa specifica,
avendo
assunto il colore verde dei suoi occhi, anziché quello dei
suoi capelli. Voleva
evitare di confonderlo con l’angelo caduto.
Ad un
gesto della sua mano, l’enorme pila di bagagli venne
suddiviso equamente tra i vari bauli, scomparendo al loro interno,
quasi questi
non avessero fondo. Ad uno sguardo interrogativo delle ragazze, che
avevano
osservato ogni suo gesto ed azione, lui rispose alzando le spalle
casualmente.
“Incantesimo di creazione primordiale, specifica collaterale
legata alla
volontà dell’attuatore, incantesimo di pozzo senza
fondo, ed incantesimo peso
piuma. Fondamentalmente, io non so neanche perché sto
venendo a questa scuola,
so probabilmente fare più incantesimi dei professori, e li
so fare anche
meglio. Ma mi raccomando, tutto questo deve rimanere segreto, le nostre
identità, i nostri poteri e le nostre capacità
sono off-limits. Se gli umani
scoprissero che si possono ottenere capacità come queste,
l’inferno sarebbe
preso d’assalto nel giro di un mese.”
Ripeté
le stesse raccomandazioni che ormai faceva loro da
un mese, sovrastando il suono delle loro lamentele. “Smettila
di ripetercelo,
pensi che siamo stupide?!” “Harry è
sempre così cattivo, non deve dirci le
stesse cose, noi sappiamo mantenere i segreti” “Oh,
Harry è così virile quando
ci da ordini, ti prego daccene ancora...” Il ragazzo
sospirò, incominciando a
sciogliere i legacci dell'incantesimo che li teneva nascosti. Lo fece
ancora
lui perché a differenza sua, loro non avevano alcuna
capacità magica. Certo,
potevano incanalare i loro poteri demoniaci tramite una bacchetta e
fare le
stesse cose che facevano i maghi, ma erano allo stesso livello degli
altri
bambini del primo anno in quanto a capacità e conoscenze. In
loro difesa c'è
però da dire, che se avessero combattuto senza limitazioni,
ognuna di loro
avrebbe potuto dargli filo da torcere in uno scontro reale.
“Ragazze,
sono le undici meno dieci, conviene che saliamo
sul treno prima che questo vada via senza di noi. Parleremo meglio
dopo, quando
saremo da soli, ok?” Harry sorrise con il suo solito sorriso
tranquillo e
pacifico, e le ragazze non poterono che annuire mitemente. Per quanto
odiassero
ammetterlo, c’era qualcosa di unico in quel ragazzo,
così simile a loro eppure
così diverso. Così maturo, padrone di se,
tranquillo e gentile.
Una
volta sul treno la ricerca di uno scompartimento non
fu facile. Ogni scompartimento, che fosse piccolo o grande, era sempre
occupato
da tre o più persone. Certo, loro avrebbero comunque potuto
prendere posto,
finendo per dividersi in più scompartimenti, ma le ragazze
si opposero
categoricamente all’idea di allontanarsi da Harry ora che
avevano più bisogno
di lui. Del resto questo era il loro primo viaggio lontano da casa, era
il loro
primo incontro con il mondo della magia, e per quanto gli fossero stati
insegnati gli usi ed i costumi che vigevano in quel mondo, erano ancora
tremendamente impaurite da tutto.
Alla
fine arrivarono in coda al treno, nell’ultima
carrozza, all’ultimo scompartimento. Al suo interno, per puro
miracolo,
trovarono solo una persona. Un ragazzo di colore, che sembrava avere la
loro
stessa età, e che stava guardando tranquillamente fuori dal
finestrino.
“Scusa,
sono occupati” Harry richiamò
l’attenzione del
ragazzo ed indicò con un cenno della mano i posti vacanti
intorno a lui “ No,
sono liberi, sedetevi pure.”
Il ragazzo
fece loro segno di entrare, tornando poi a guardare fuori dal
finestrino. I
demoni, seguendo l'esempio di Harry, si accomodarono, sistemando i
bagagli
magicamente ridotti, sulle retine sopra i sedili.
“Io
sono Blaise Zabini, voi invece come vi chiamate?” Lo
sguardo di Blaise era curioso, attento, quasi fosse incerto su come
comportarsi
davanti a persone così diverse rispetto alla norma. In
effetti, per una persona
nata e cresciuta in Inghilterra, doveva sembrare strano vedere persone
così
diverse le une dalle altre, infatti sebbene lui e Rias avessero tratti
occidentali, Akeno e Koneko condividevano tra loro dei tratti
orientali. La
prima era giapponese, mentre la seconda coreana.
“Io
sono Harry, mentre loro sono Rias, Akeno e Koneko.
Siamo felici di fare la tua conoscenza.” Harry si
presentò per tutti, indicando
ogni ragazza man mano che ne pronunciava il nome. “Harry,
sappiamo parlare da
sole!” A riprenderlo era stata Rias, forse leggermente stufa
del suo atteggiamento
così paterno. Lei voleva essere considerata una ragazza da
lui, non una
amica/sorella, come invece veniva trattata. “Ah, scusami, non
volevo darti
fastidio.” La ragazza si inalberò, reprimendo quel
sentimento che sentiva
crescere dentro di lei ogni volta che lui le sorrideva.
Ma
nonostante tutte le parole dette, Blaise sembrava aver
colto solo una cosa. “Tu sei Harry? Harry Potter?”
La sua voce prima incolore,
aveva ora assunto una nota di curiosità che non riusciva a
reprimere. “Si, sono
io.” Harry si alzò la frangia che opportunamente
copriva la cicatrice a forma
di saetta, e gli occhi del ragazzo scattarono verso quella.
“Non avevo creduto
realmente alle voci sul fatto che saresti venuto ad Hogwarts. Sono
girate così
tante voci su di te negli ultimi anni. Si può sapere dove
sei stato, nessuno è
riuscito a trovarti”
Harry
sorrise, fece accomodare Koneko sulle sue gambe come
la bambina era solita fare, tornando poi a guardare il coetaneo.
“Oh, in nessun
posto in particolare a dire il vero. Sono stato un po' qui, un po'
lì, davvero
nulla di eccezionale.” In sottofondo, si diffuse la risata
trattenuta di Akeno,
che stava ora ridendo per la casualità con cui Harry aveva
risposto a quella
domanda che di sicuro in molti gli avrebbero fatto d'ora in poi.
“Oh,
capisco. Scusami, non volevo sembrare sfacciato, non
avevo alcun diritto di chiederti quelle cose, mi dispiace.”
Il rammarico era
evidente nella voce del ragazzo, che sorrise imbarazzato ad Harry, ed
alla sua
amica seduta sulle sua ginocchia. Di certo quello non era un
comportamento
normali per quella parte del mondo. “Non devi preoccuparti,
è stata una domanda
normale, ed anzi sarebbe stato più strano se tu non me
l'avessi fatta. Spero
che nonostante la mia storia passata potremo essere amici, purtroppo
oltre
queste qui non conosco nessuno io.” Harry sorride, indico le
ragazze alzando
gli occhi al cielo esasperato, e come pagamento ricevette un pugno in
testa da
Rias.
“Ehi,
se ti diamo così fastidio possiamo pure tornare
indietro sai?” La Gremory disse questo, mentre nello
scompartimento si
diffondeva ora la risata di Blaise. Dopo qualche istante il momento di
ilarità
era passato, ed il ragazzo allungò una mano verso Harry che
la strinse di buon
grado. “Certo che possiamo essere amici, spero solo che
finiremo nella stessa
casa, le cose sarebbero difficili altrimenti.”
“La
stessa casa?” A parlare, leggermente intimorita, era
stata Koneko, che dalla sua posizione sulle ginocchia di Harry, ora
voltava il
viso rosso verso Blaise “Cosa vuol dire la stessa
casa?” Il ragazzo di colore
la guardò confuso dopo questa affermazione, ma colse
l'espressione di scuse di
Harry che era dietro di lei. “Ehm... le case, quelle di
Hogwarts. La prima cosa
che fanno con i bambini del primo anno, è quella di
dividerli in una casa a
seconda delle proprie potenzialità. Corvonero per le persone
argute, Tassorosso
per quelle leali, Serpeverde per quelle astute, e Grifondoro per i
coraggiosi.”
Blaise
parlò mitemente, illustrando alla piccola Nekomata
il sistema di smistamento della scuola. Le ragazze subito si fecero
prendere
dal panico alla notizia, nessuna di loro si era presa la briga di
leggere
Storia di Hogwarts. “““Quindi potremmo
finire in una casa diversa da quella di
Harry?!””” La loro domanda fu
però eclissata dall'aprirsi dello scompartimento,
nel quale si affacciarono altre due persone. Harry riconobbe Hermione,
accompagnata da un ragazzo con i capelli rossi.
“Harry,
ti ho trovato! Pensavo quasi non fossi sul treno”
Hermione sorrise radiosa al bambino-sopravvissuto, che in risposta la
invitò ad
entrare. “Hermione! Scusami, sarei dovuto a venire a cercarti
dopo aver trovato
uno scompartimento, ma ho fatto amicizia con questo ragazzo e la cosa
mi è
proprio passata di mente. Ti va di sederti con noi?” Harry
indico gentilmente l'ultimo
dei posti liberi, mentre la voce del rosso scoppiò
indelicata dallo sportello.
“Quindi
è vero, sei Harry Potter!” Harry inarcò
un
sopracciglio, e fece cenno di si con la testa, alzandosi la frangia
come già
aveva fatto qualche attimo prima. “Miseriaccia, quindi
è tutto vero, quella
storia su te che uccidi tu-sai-chi. E dimmi, come
sono andate le cose, ricordi tutto vero?”
L'espressione
di Harry divenne indecifrabile per qualche
istante, per poi tornare tranquilla. Intorno a lui, le ragazze
iniziarono a
muoversi a disagio. “Oh si, ricordo tutto. È
successo che Voldemort è arrivato
a casa mia in piena notte, ed ha attaccato i miei genitori. Loro hanno
cercato
di difendermi, ma sono morti, e quando Voldemort mi ha lanciato
l'anatema che
uccide, io l'ho preso a mani nude e lo rilanciato indietro. Per buona
misura ho
pure aggiunta una fattura esplosiva in modo che non restassero tracce,
non
volevo mica farlo sapere al mondo no?”
Harry
continuò a sorridere, ma perfino il più tonto
avrebbe capito che quello era un sorriso finto, di circostanza, che
nascondeva
in realtà una profonda irritazione. “Fico, quindi
è così che andata?” Gli occhi
del rosso erano sgranati, mentre guardava Harry rapito. Alla fine la
maschera
del bambino-sopravvissuto cadde, lasciando solo una faccia stanca e
sconcertata. “Certo che no! Avevo solo un anno
quand'è successo, come pretendi
che ricordi quello che accadde quella notte? Sei forse
cerebroleso?” Harry
sputò quelle parole con cattiveria, ed una parte di lui
godette nel vedere il
ragazzo arrossire fino alle orecchie, facendo un passo indietro.
“Ah...
si, certo. Immagino tu abbia ragione. Beh, è meglio
che vada, i miei fratelli saranno in pensiero per me. Tu puoi restare
pure qui
Hermione, cercherò io il rospo di Neville.” Il
rosso disse quelle parole,
allontanandosi velocemente dallo scompartimento. La porta si chiuse
alle sue
spalle, ed il gruppo neo-formato, comprendeva un'Hermione seduta
proprio di
fronte ad Harry. Lo sguardo della ragazza era duro mentre tornava a
rivolgersi all'amico.
“Harry, saresti potuto essere più gentile. Capisco
che lui sia stato scortese,
ma questo non ti autorizza ad esserlo a tua volta.”
“Mi
sa che hai ragione Hermione, devo ancora abituarmi a
tutta questa storia della popolarità.” Harry
chiuse gli occhi, chinando il
capo, e per qualche secondo regnò il silenzio.
“Harry...” era di nuovo la voce
di Rias “... chi è questa ragazza?” Le
sue parole erano lente e misurate,
mentre lanciava occhiate incenerirtici proprio lì dove c'era
la sua testa. “ Ah
si, hai ragione. Ragazzi, lei è Hermione, abbiamo fatto il
giro delle compere
insieme alla McGrannit a fine Luglio. Come me, lei non era mai stata
nel mondo
magico, e quindi abbiamo fatto amicizia facilmente.”
Harry
era tornato a sorridere, ma era l'unico a farlo. Le
ragazze che con lui si erano trasferite dall'inferno, guardavano
Hermione con
sguardo truce, alla quale la ragazza rispondeva solo con un senso di
estremo
disagio. Blaise invece, era incuriosito da lei, e fu il primo a
riprendere la
parola. “Non eri mai stata nel mondo magico? Sei forse una
nata babbana?”
Le sue
parole attirarono l'attenzione della ragazza, che
voltò il capo verso di lui, contenta di avere una scusa per
togliersi quelle
occhiatacce di dosso. “Oh si, ho scoperto di essere una
strega solo da qualche
mese. Prima non avevo mai dato troppa importanza a tutte le cose strane
che mi
accadevano, ora invece so che c'è un motivo
dietro.” Il sorriso di Hermione era
radioso, ma per qualche motivo Blaise non riuscì a
ricambiarlo. Quello che
riuscì a fare fu solo inclinare debolmente le labbra verso
l'alto.
“Se
posso darti un consiglio, cerca di nascondere le tue
origini. Ci sono molte persone, soprattutto in Serpeverde, che odiano
quelli
come te. Li chiamano ‘Sanguemarcio’, che
è il peggior insulto che potrebbero
dirti, e da quando Harry è sparito...” un cenno al
redivivo
bambino-sopravvissuto, che ascoltava con attenzione le parole del
non-più-tanto-simpatico Blaise. “... le persone
che la pensano così non hanno
fatto che aumentare... potrebbe tornarti più utile dire di
essere una
mezzosangue, figlia di un babbano e di una strega.”
Alle
sue parole seguì un silenzio teso. Nessuno osò
romperlo, ma tutti stavano pensando la stessa cosa. “E tu
Blaise, la pensi in
quel modo?” Ancora una volta era Harry quello che si esponeva
per tutti. Di
certo il fatto di essere un demone onnipotente aiutava la sua
autostima. Il
ragazzo di colore alzò le spalle quando sentì
quella domanda, tornando a
guardare fuori dal finestrino. “Probabilmente io
finirò a Serpeverde, ma la mia
famiglia ha sempre preferito non esporsi. Vivere in una zona neutra,
non
partecipare al conflitto, arrivando poi per prendere quello che resta
del
potere che le persone perdono. È in questo modo che agiamo
noi Zabini.”
Harry
annui, non avendo altro da dire, ma il suo sguardo
si sposto su Hermione, che era scioccata dalle parole del ragazzo. Lei
gli
aveva confidato che sperava tanto di trovare un luogo sicuro ad
Hogwarts, un
luogo dove non sarebbe stata presa in giro perché studiava,
e dove finalmente avrebbe
avuto tanti amici, ed ora le avevano detto che fin dall'inizio sarebbe
stata
presa di mira dai bulli della situazione per via delle sue origini.
Delle
lacrime avevano iniziato ad accumularsi al bordo dei suoi occhi, ma
facendo
affidamento alla forza di volontà che era nata in anni di
solitudine, le spinse
indietro, strofinandosi gli occhi. Harry provò compassione
per lei, per la sua
situazione, e per quei sentimenti che lui condivideva e conosceva fin
troppo
bene. Lentamente sposto Koneko dalle sue ginocchia, sollevandosi per
avvicinarsi alla strega dai capelli crespi.
“Ehi.
Non permetterò a nessuno di prenderti in giro,
capito? Io sarò sempre tuo amico, non mi importa di cosa
siano i tuoi genitori,
a me interessa quello che sei tu. Ed io vedo solo una strega bellissima
e
brillante di fronte a me.” Harry sorrise, Hermione lo
guardò con il viso rosso,
ed in quel momento le altre ragazze nello scompartimento capirono che
si era
unita un'altra pretendente alla lista di persone che amavano Harry.
“Io
posso farcela da sola!” Nonostante i suoi sentimenti
fossero palesi, la ragazza rispose così, ed Harry le
accarezzo gentilmente i
capelli. “Certo che puoi, ma non c'è motivo
perché io non possa aiutarti se ce
ne sarà bisogno, no?” Un occhiolino, un sorriso, e
poi il bambino-sopravvissuto
tornò al suo posto.
L'aria
si alleggerì ed il viaggio riprese in pace, mentre
il treno si avvicinava sempre di più alla scuola.
*************
Sala
Grande –
Hogwarts
Regno Unito
1 Settembre, 1991, ore 07:50 P.M.
I
passi degli studenti risuonarono sul pavimento in
pietra, mentre l’enorme guardiacaccia, presentatosi con il
nome di Hagrid, li
guidava su per il castello fino ad incrociare la Vicepreside McGrannit.
“Grazie
Hagrid, puoi andare ad unirti agli altri professori in Sala Grande, io
sarò
lì a
breve con i bambini” La
professoressa sorrise al mezzogigante, spostando poi la sua attenzione
sul
vociare concitato dei primini.
Da
quando Hogwarts era apparsa all’orizzonte, molte delle
paure e dei timori degli studenti erano stati sostituiti da meraviglia,
ma non
per tutti la scuola era un immenso e magnifico castello impregnato di
magia,
infatti per Harry e le sue compagne che venivano dal mondo demoniaco,
l’enorme
patrimonio culturale inglese, era forse la metà della
grandezza del castello
del proprio ‘Re’, senza contare che era ancora meno
opulento ed incuteva un
minor senso di potere.
Il
bambino-sopravvissuto sospirò, mentre dall’altro
lato
della fila, Ron Weasley, il tipo dai capelli rossi che aveva trattato
male nel
treno, raccontava di come lo smistamento avvenisse attraverso una gara
di lotta
libera. Rias si strinse un po’ di più a lui,
mentre la professoressa, sempre
con quel suo cipiglio severo, richiamava l’attenzione di
tutti. “Bambini
silenzio! Questo è un momento molto importante per voi, tra
poco entrerete
nella Sala Grande, ed una volta lì compirete il primo passo
della vostra
carriera scolastica. Il cappello parlante vi smisterà nella
casa a cui siete
più propensi, e da quel momento la vostra casa
sarà un po’ come la vostra
famiglia. I vostri successi accademici le faranno guadagnare punti,
mentre le
vostre infrazioni alle regole gli faranno perdere punti. Alla fine
dell’anno,
la casa con più punti vincerà l’ambita
coppa delle case, un grande onore per
ogni studente.”
Le
parole le vennero fuori con quel suo solito tono da
generale, che fece sorridere Harry. Istintivo il bambino
cercò con lo sguardo
Hermione, che poco più in là gli sorrideva.
Entrambi stavano pensando la stessa
cosa. “Adesso mettetevi in fila per due e preparatevi, quando
vi darò il
segnale entrerete e
sfilerete tra i
tavoli delle case, fermandovi di fronte al tavolo d’onore. Mi
sono spiegata
bene?” Il silenzio accompagnò le parole della
donna, anche se Harry dové combattere
la voglia di rispondere con un saluto militare alle istruzioni che
erano state
impartite loro. “Perfetto, allora preparatevi, ed attendete
il segnale. Fatemi
vergognare del vostro comportamento, ed avrete segnato il vostro primo
errore
da quando avete messo piede nel castello.”
La
donna in vesti scozzesi annuì alle sue stesse parole,
voltandosi impettita per rientrare in Sala. In quel momento i bambini
iniziarono a dividersi. Lui si pose vicino a Rias, mentre dietro di
loro
c’erano Akeno e Koneko. Proprio di fronte, Blaise divideva il
posto con
Hermione, che si trovava leggermente a disagio per il compagno che le
era
capitato.
“Dunque
è vero, Harry Potter è tra noi.” Una
voce più
forte delle altre interruppe i preparativi dei bambini, mentre un
piccoletto
biondo, con un viso affilato e capelli laccati all’indietro,
si fece avanti
portandosi proprio davanti ad Harry. “Io sono Draco, Draco
Malfoy. Sei nuovo
qui, e lo capisco, ma presto imparerai che alcune famiglie sono
migliore di
altre. Lascia che sia io ad insegnartelo.” Draco
allungò una mano verso Harry,
che alzò un sopracciglio dubbioso su come comportarsi. Era
sicuro che quel
piccolo damerino, che dietro di se aveva due bambini stranamente simili
a
gorilla, fosse uno dei tanti decantati Purosangue, i trascinatori di
folle che
portavano avanti l’ideologia superata che Blaise gli aveva
raccontato sul
treno.
Per un
attimo il piccolo demone incrociò lo sguardo
dell’amico di colore, che gli sorrideva come a voler dire
‘Visto? Che ti avevo
detto?’. Harry sorrise di rimando quando colse il messaggio
che gli era stato
lanciato, e senza pensarci più di tanto, strinse la mano di
Draco. “Sono felice
di conoscerti Draco, ma penso di essere più che capace di
capire chi sono le
persone giuste da solo. Grazie.” Harry strinse un
po’ più forte la mano di
Draco, causandogli un piccolo fremito di dolore, tornando poi nella
fila vicino
a Rias. “Stai facendo la scelta sbagliata Potter. Vedi di non
fare amicizia con
SangueMarcio o NemiciDelProprioSangue, altrimenti la tua vita a scuola
diventerà difficile.” Harry voltò di
nuovo la testa, il sorriso completamente
svanito dal proprio corpo, l’aria in fermento intorno a lui.
“E tu capirai
molto presto Draco, che ora che sono qui le cose cambieranno. Non
voglio più
sentire la parola SangueMarcio riferita a nessuno. Parola del bambino
che ha
ucciso Voldemort.”
A
sentire quel nome la folla di primini trattenne il
fiato, e tutti iniziarono a parlare agitati, senza accorgersi che il
segnale
della professoressa era appena apparso in aria di fronte a loro. “Ora se
vuoi scusarmi, sembra proprio
che sia arrivato il momento del nostro momento.” Harry prese
le mano di Rias, a
si avviò verso la Sala Grande. Dietro di lui
c’erano solo Akeno, Koneko, Blaise
ed Hermione. Quest’ultima sorprendentemente, sorrideva in
maniera radiosa.
Tutti gli altri bambini rimasero fuori dalle porte d’ingresso
senza sapere bene
cosa fare.
Quando
i sei raggiunsero i posti davanti al tavolo
d’onore, il generale McGrannit si alzò, andando a
recuperare l’altra ventina di
bambini rimasti indietro. Il suo sguardo era di pura indignazione, e
per un
momento era quasi convinto che questa fosse stata diretta verso di lui.
Il
bambino sorrise, tornò a guardare il tavolo dei professori,
sempre tenendo
stretta la mano di Rias, che sorrideva a disagio di fronte allo sguardo
di
tutti gli altri studenti presenti in sala.
Poco
dopo il contingente marciò dentro come un plotone
perfettamente addestrato, fermandosi dietro ai bambini già
presenti. Minerva,
soffiando come un gatto irritato si pose davanti alla fila, lanciando
occhiatacce ad Harry ed i suoi amici. “Portate il Cappello
Parlante!” La voce
della donna riverberò nell’aria, mentre un tipo
strano, che aveva tutta l’aria
del custode, portava dentro, da una stanzetta laterale, uno sgabello
con un
logoro cappello sopra.
Harry
fissò l’artefatto, individuando
quantità industriali
di incantesimi e magia al suo interno, fino a che questo non spalanco
lo
strappo poco sopra la falda iniziando a cantare.
Forse
pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
È forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!
Quando
la canzone finì, nella sala scoppiarono ovazioni da
ogni tavolo, quasi volessero vedere quale poteva urlare più
forte e fare più
rumore. I bambini del primo anno al contrario, rimasero in silenzio,
mentre i
loro muscoli si rilassavano, contenti nello scoprire che non
c’era nessun
combattimento a mani nude da affrontare, ma solo uno stupido cappello
da
indossare.
Harry
applaudì insieme agli altri, spostando la sua
attenzione dal cappello al tavolo dei professori. Fu in quel momento
che vice
il vecchio mago, che sapeva essere Silente, guardarlo con aria
famelica, con un
sorriso fin troppo finto in viso. Harry fissò di rimando
l’anziano stregone,
parando la sua stoccata di Legilimanzia, con uno scudo di Occlumanzia.
L’espressione di Silente divenne sorpresa, mentre il sorriso
di Harry si
allargò. E questo era solo l’inizio, non si
sarebbe fatto mettere i piedi in
testa dal vecchio mollusco.
A quel
punto, la professoressa McGranitt si fece avanti
tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.
“Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il
cappello in testa e vi
siederete sullo sgabello per essere smistati” disse.
“Abbott Hannah!” Una
ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla
fila
inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli
occhi e si sedette.
Un attimo di pausa... “TASSOROSSO!”
gridò il cappello, dando modo al tavolo
rosso/bronzo di festeggiare.
Da
quel momento le cose andarono liscie, molte persone
vennero smistate, mentre Harry e le sue amiche attendevano il loro
turno. Per
un tacito accordo che il suo signore Lucifer aveva preso con la
professoressa,
Rias, Akeno e Koneko, sarebbero state chiamate subito dopo di lui, in
modo tale
che potessero convincere il vecchio cappello a metterle nella sua
stessa casa.
Harry era venuto a conoscenza di questo da poco, e non era stato troppo
contento, ma a conti fatti era la cosa migliore pure per lui averle
vicino,
così avrebbe potuto tenerle d’occhio e proteggerle
in caso di necessità.
Quando
la professoressa chiamò il nome di Hermione, la
bambina dai capelli crespi si mosse rapidamente verso lo sgabello, e si
sbatté
il cappello in testa senza tante cerimonie. Passò quasi un
minuto prima che il
vecchio pezzo di magia si decidesse, ed urlasse a tutta la sala la sua
scelta.
“GRIFONDORO!”
Il
tavolo rosso ed oro esplose in cori di ovazione, così
come succedeva ogni volta che guadagnavano un nuovo compagno di casa,
mentre la
fila riprendeva a scorrere. Hermione prese posto vicino ai suoi nuovi
compagni,
ed Harry riuscì ad incrociare il suo sguardo per un attimo.
Lui le sorrise, e
lei ricambiò con un’espressione felice che non le
aveva mai visto fino a quel
momento.
Alla
fine tocco ad Harry. Quando il suo nome fu chiamato,
il silenzio nella sale parve comparire per magia. Tutti erano
interessati a
lui, alla sua storia, e soprattutto alla casa nella quale sarebbe stato
smistato. Senza dubbio ogni tavolo lo bramava, quasi fosse il jolly nel
mucchio
di primini che si erano presentati quell’anno. Muovendosi
sicuro di se verso lo
sgabello, Harry sorrise a Minerva, che aveva assunto di nuovo il suo
lato
umano, e si poggiò il cappello sulla testa. Poco prima che
questo gli calasse
fino a coprirgli gli occhi, riuscì a vedere Rias, Akeno e
Koneko sorridergli
dal loro posto tra i tavoli delle case.
Il
cuore di Harry si placò, e subito dopo una voce si
intromise nella sua mente, sussurrandogli all’orecchio.
“Mmm… Difficile. Molto
difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar
via. C'è
talento, oh, accipicchia, si... e un bel desiderio di mettersi alla
prova. E
poi... cos’è questo potere enormemente sviluppato?
Non sei più nemmeno umano,
vero?” La voce del cappello era divertita, mentre andava
sempre più in
profondità dentro di lui. L’oggetto magico stava
volontariamente evitando i ricordi,
concentrandosi solamente sulle sue potenzialità, lasciando
ad Harry il compito
di seguirlo in quel viaggio introspettivo. “Oh accipicchia,
sei un demone! Un
demone che frequenta la scuola di magia, questa si che è una
storia che vorrei
poter raccontare ai fondatori! Bhe, ormai sei qui, e di certo non posso
rimandarti indietro, no?”
“Non
puoi mettermi in una casa qualsiasi? Mi è
indifferente dove finirò, a patto che le mie compagne
vengano con me.” Harry
pensò quelle parole, proiettandole poi verso il cappello.
“Compagne? Quali
compagne?” Harry visualizzo un’immagine di Koneko,
Rias ed Akeno, mostrandola
al cappello. “Oh capisco, in effetti avevo origliato qualche
conversazione
nell’ufficio del preside. Bhe, vedrò cosa posso
fare, nel frattempo sei sicuro
di voler lasciare a me?”
“Fai
quello che vuoi, non mi importa dove finirò.”
Harry
pensò questo risolutamente, mentre il cappello annuiva alle
sue parole. “Bene,
allora direi…” il silenzio riecheggiò
sia nella mente del bambino, che in sala
grande, dove nel frattempo erano passati quasi cinque minuti
“…SERPEVERDE!”
Harry
si sarebbe aspettato che il silenzio si infrangesse
non appena il cappello avesse dichiarato la sua casa di destinazione,
ma
incredibilmente, l’aria si fece solo più tesa e
scioccato. Il bambino si tolse
il cappello, lo porse ad un’allibita Minerva McGrannit,
incominciando a
camminare verso il tavolo verde-argento. Tutti lo fissavano, lo
scrutavano,
cercando capire come l’eroe del mondo Magico fosse finito
nella casa che aveva
forgiato il suo attentatore. Più degli altri, le persone
stupite erano il
preside Silente ed il professor Piton. Il primo guardava scioccato
l’artefatto
magico come se gli avesse fatto un tiro mancino, il secondo invece
stringeva
così forte il calice d’argento al punto che il
metallo aveva iniziato a
piegarsi, ed il vino a traboccare.
Passarono
secondi, e poi minuti, ed Harry iniziò a
sentirsi a disagio per tutta quella attenzione. Poi lentamente i suoi
compagni
di casa iniziarono ad applaudire, ed infine Harry si ritrovo a
stringere mani a
persone d’ogni dove. Quando la sala si rianimò,
allora riprese anche lo
smistamento, che procedette senza intoppi fino alla fine.
Fortunatamente il
cappello aveva mandato le sue tre amiche a Serpeverde, ed anche Zabini,
l’ultimo della lista, si era aggiunto alla tavolata.
“Non
mi sarei mai aspettato di saperti a Serpeverde. Cioè
con tutta quella storia del salvatore del mondo magico, tutti si
aspettavano
che fossi un Grifondoro. Capisco perché la cosa abbia
scioccato tutti in questo
modo.” A parlare fu proprio Blaise, che prese posto di fronte
a lui,
sorridendogli. “Bhe, non sono stato io a creare il mito che
li ha indotti a
pensare che sarei stato un Grifondoro, e per quanto mi riguarda una
casa vale
l’altra, basta avere buona compagnia” Harry
sorrise, mentre il cappello veniva
portata via ed il preside si alzava per il suo discorso di benvenuto.
“C’è
un tempo per i discorsi, ma non è questo.
Abbuffatevi!” Tutti applaudirono per quel discorso molto
conciso, mentre sui
tavoli appariva ogni sorta di leccornia. “Però
Hermione non è con noi, è finita
a Grifondoro, pensi che riuscirai a mantenere i rapporti con lei? Le
nostre
case si odiano.” La voce di Blaise si era abbassata di
un’ottava, mentre
tornava a parlare riempiendosi il piatto di patate arrosto. Harry lo
guardò
scioccamente per qualche istante, allungando poi il collo verso il
tavolo dei
Leoni. Hermione rideva e scherzava con i suoi nuovi compagni, ma quando
Harry
incrociò il suo sguardo, lei gli sorrise arrossendo
amabilmente. “Oh si, non
credo sarà un problema.”
Harry
sorrise di rimando alla piccola bambina dai capelli
crespi, ignorando l’aria omicida proveniente dalle altre
ragazze vicino a lui.
“Sarà un anno ricco di sorprese.”
*************
Torre
di Grifondoro
– Dormitorio dei Ragazzi
Poche ore dopo
Ron Weasley, Neville Paciock, Dean
Thomas e Seamus Finnegan
si sedettero meglio sul pavimento in pietra del loro nuovo dormitorio,
continuando a parlare di Harry Potter, il bambino-sopravvissuto.
“È
incredibile, è finito in Serpeverde!” Le parole di
Seamus riecheggiarono nella
stanza, mentre gli altri vociavano sopra di lui. “Tutti si
sarebbero aspettati
che finisse in Grifondoro, cioè per tutta quella storia di
aver sconfitto
Voi-Sapete-chi! Ed invece ci ha colti di sorpresa!” erano
tutti contenti, tutti
felici, meno Ron, che invece aveva un’espressione buia in
viso.
“Non mi sorprende che sia
finito in Serpeverde.” Le sue
parole erano dure e fredde. Neville fu il primo a prestargli ascolto,
scuotendo
il capo divertito “Come non ti sorprende? Stiamo parlando di
Harry Potter, il
paladino della luce!” Ron represse un ringhio, mentre il suo
viso si storceva
leggermente. “L’ho incontrato sul treno, volevo
solo salutarlo, e mi ha
trattato come se facessi schifo. Era in compagnia di quelle sue strane
amiche,
e di quell’altro tipo in Serpeverde. Ora che ci penso anche
quella Hermione ero
con lui, e sicuramente sarà stata un qualche
incantesimo… dovevate vedere come
lo guardava.”
Ora l’attenzione
dell’intero gruppo era su Ron, che sembrava
in qualche modo godersi quel momento. “E poi mi è
venuto addosso e mi ha detto
di andarmene dal suo scompartimento, altrimenti mi avrebbe spiaccicato
la testa
contro il muro, e mi avrebbe cavato gli occhi.” Tutti
trattennero il respiro, e
Ron sorrise intimamente. Non gli era mai capitato che qualcuno pendesse
dalle
sua labbra, lui era sempre il fratellino più piccolo, quello
che non merita
attenzione, che veniva snobbato pure dai suoi stessi genitori, sempre
impegnati
a risolvere qualche pasticcio dei gemelli.
“Ma perché
avrebbe dovuto farlo? A me è sembrato un tipo
molto tranquillo, ha pure risposto male a Malfoy! Non tutti lo
farebbero no?”
Ron sospirò teatralmente prolungando il più
possibile quella pausa. “Neville,
mio padre lavora al Ministero, e quando Harry è scomparso,
ci ha raccontato che
della sua casa era rimasto solo un cratere fumante. Alcuni babbani
dissero di
aver visto una luce nel cielo, e poi un’esplosione, e quasi
la stessa cosa è
successa a Grodic’s Hollow quando Harry era un bambino. Una
luce, e poi la
cameretta di Harry che esplodeva uccidendo Voi-Sapete-Chi! Harry
è un mago
oscuro, che ha ucciso Voi-Sapete-Chi e poi la sua stessa famiglia, e
chissà
cos’altro ha combinato in tutti gli anni che è
scomparso! Ora torna, e finisce
casualmente in Serpeverde, la casa dei maghi oscuri! È tutto
così chiaro, non
ditemi che non ci arrivata!”
Ora tutti sembravano sul punto di
farsela addosso. Il
piccolo Weasley non sapeva bene dove gli fosse arrivata
l’ispirazione per
quella storia, che in parte era vera ed in parte gonfiata,
però era certo che
Harry Potter fosse un mago oscuro, se lo sentiva nel sangue.
“C-Credo sia meglio andare
a dormire. Domani iniziamo le
lezioni e non voglio essere sgridato di nuovo dalla
McGrannit…” Dean disse
questo, mentre gli altri annuivano solidali. “Come volete, ma
sentite a me,
dovete stare attenti ad Harry Potter….” Ron disse
queste parole mentre si
spostava sul suo letto, coprendosi con le leggere coperte estive. Dal
suo
pigiama spuntava un po’ troppo caviglia, ed era
più povero che mai, ma per una
volta si sentiva felice.
Un tiepido sorriso lo
accompagnò nel mondo dei sogni, mentre
all’altezza del corridoio del terzo piano, un uomo avanzava a
passi furtivi.
Nel riflesso dei suoi occhi, si poté cogliere il baluginare
di due occhi
vermigli.
Occhi vermigli e spietati.
N.d.A. : Capitolo
caricato con un giorno di ritardo, spero vi possa piacere =) Domani
aggiornerò le NdA in maniera più appropriata, per
ora vi lascerò al capitolo ^_*