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Autore: elaisa    10/11/2008    1 recensioni
Il loro coraggio, che cadeva sul cortile soleggiato come sangue che sgocciolava sul terreno umido – di un rosso ugualmente intenso, ma altrettanto doloroso per l'anima -, non poteva e non doveva essere strumentalizzato, ma stimato e ammirato per la forza che esprimeva.
E la loro forza aveva la sfacciata pretesa di gridare a squarciagola che, sì, loro si amavano e non se ne vergognavano.
[Due amanti legati da catene sottili e indissolubili a una ragazza che, nell'ombra, li osserva e li protegge.]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci al secondo capitolo di Fagets II.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato, a parte Princy e Shanny, in privata sede (una persona sola, che io sappia, ma le sue parole mi hanno uccisa e fatta risorgere 14 volte per l'emozione. Sery <3 Grazie <3)
Altro non aggiungo e vi lascio al secondo capitolo della mini-long.

***

2- Menzogna




Uscì in cortile di nuovo e loro erano seduti sul muretto, come al loro solito.
Sorrise, mentre prendeva una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto che teneva in mano; la mise tra le labbra, saggiando la morbidezza del filtro con gli incisivi; estrasse l'accendino dalla tasca e lo fece scattare, osservando per un istante i due giovani che parlavano tra loro davanti agli appunti della lezione attraverso la piccola fiamma. Si accese la sigaretta e aspirò il fumo per poi gustarlo sulla lingua e sul palato.
Era come un appuntamento fissato per ogni giorno alle undici del mattino, si disse, mentre si appoggiava al muro e distoglieva lo sguardo dai due ragazzi. Era come se loro sapessero che lei era lì e li guardava, assorbendo quello che essi provavano l'uno per l'altro per cibarsene e farne fonte di vita e salvezza.
Forse era davvero così.
Scosse la cenere a terra muovendo di scatto il filtro della sigaretta tra le dita e la guardò cadere sul pavimento con lentezza, come se fosse neve. Quando alzò gli occhi verso la parte aperta del cortile, notò che aveva iniziato a piovere; l'aria aveva già assunto l'odore della pioggia, un odore che faceva pensare a una baita di montagna e a una tazza di cioccolato caldo fumante tra le dita: lei amava quell'odore e amava la pioggia. Chiuse gli occhi, isolando il rumore dell'acqua che cadeva al suolo – il pianto del cielo, l'angoscia che celava nel cuore – dal brusio degli studenti e dagli altri rumori, beandosene per un istante prima di tornare alla sua realtà, in quel cortile pieno di gente al cui cospetto due ragazzi, i suoi protetti, affrontavano a testa alta il mondo.
Li guardò, consapevole del fatto che loro non avrebbero mai scoperto quanto fosse piacevole per lei spiarli, mentre combatteva contro sensazioni contrastanti che andavano dalla più nera lussuria alla più azzurra tenerezza: erano vicini e guardavano un foglio senza reale interesse, bisbigliando all'interno del piccolo cerchio creato dalle loro magre figure e sorridendosi a tratti.
Lei chinò il capo e lasciò che i capelli le ricadessero sul volto a celare un sorriso che non aveva niente di casto né niente di peccaminoso. Un sorriso che era semplicemente un sorriso. Che cosa nuova era: un sorriso; sentimento nuovo, di colore giallo brillante, che affiorava da anfratti della sua mente che credeva morti e sepolti, o mai esistiti.
Di nuovo alzò gli occhi per fissare i ragazzi e il cuore le si strinse in una morsa feroce che mai aveva provato.
Quello che tra i due era più alto – e lo si notava anche se era seduto – aveva portato una mano al volto dell'altro, accarezzandogli lievemente lo zigomo con le nocche, poi aveva appoggiato il palmo sulla sua guancia e aveva avvicinato il viso al suo. Da prima il bacio era stato dolce, uno sfioramento di labbra che chiedevano come il permesso per qualcosa di più profondo e intimo; qualcosa che avvenne, perché il bacio si approfondì e lei poté scorgere il colore rosato della lingua del ragazzo più basso che, con intraprendenza, guizzava lentamente nella bocca dell'altro, cercando la sua in una romantica rumba che le scaldò il ventre di desiderio e tenerezza, di rispetto, ammirazione e un'infinita dolcezza che, come la volta precedente, quando li aveva visti sorridersi attraverso la fotocamera, le incrinò il cuore, mandandolo definitivamente in frantumi.
Le gambe cedettero sotto il suo poco peso e si preparò all'imbarazzante impatto con il terreno, che non avvenne; due braccia la sorressero e la fecero sedere sul muretto, al riparo di una colonna, facendola sdraiare un attimo per riprendersi da quello che, disse lei, era stato un semplice calo di pressione. In realtà – quella realtà segreta che sarebbe rimasta celata nella sua anima, se ancora ne aveva una -, l'emozione l'aveva travolta e dilaniata, schiacciandola sotto i cingoli di un carro armato che portava lo stemma di un amore tanto grande, anche se incompreso e ritenuto un abominevole rifiuto dalla società.
La sua speranza era tutta lì, in quel bacio casto eppure carico di una passione repressa – che sarebbe sgorgata appena non si fossero trovati in pubblico, dove lei non avrebbe potuto vederli; la nuova luce che vedeva brillare davanti a sé apparteneva a quei due ragazzi talmente sfrontati da osare una sfida – che si sarebbe conclusa con una sanguinosa guerra – diretta a chiunque avesse soltanto provato a dire che erano ingiusti, contro natura. Nati sbagliati.
Si mise seduta, passandosi una mano sugli occhi stanchi, e si accorse di aver lasciato cadere a terra la sigaretta; la cercò con lo sguardo: giaceva al suolo, calpestata e ormai irrecuperabile. Estrasse il pacchetto e se ne accese un'altra, ignorando le proteste di coloro che l'avevano salvata da una sventurata caduta.
Sapeva che quel bacio non avrebbe dovuto vederlo: apparteneva a quei ragazzi, era uno dei momenti che doveva restare tra loro soltanto. Eppure si sentiva come in diritto di guardarli, come se quei momenti, ormai, fossero anche suoi; erano legati da un filo invisibile, quei ragazzi a lei, che appariva tanto nitido ai suoi occhi da rischiare di inciamparci, mentre camminava per strada.
Erano i suoi protetti, loro, e lei si era eletta loro protettrice senza chiedere niente in cambio, se non un po' del loro amore, che rifrangeva su di lei tramite uno specchio che non poteva riflettere immagini, ma solo sentimenti.
Poteva ancora vederli, adesso, punzecchiarsi giocosamente tra loro e ridere felici del loro reciproco infastidirsi; il ragazzo più alto appoggiò una mano sulla testa del suo compagno, accarezzandola brevemente per poi avvicinarsela con forza alla labbra, incurante delle scherzose proteste dell'altro, e depositarvi un bacio dolce.
Erano come due bambini: ispiravano purezza, tenerezza. Un dolore infinito, derivato dal senso di protezione che le ispiravano i due ragazzi, le scaturì nel petto e si domandò se davvero lei potesse arrogarsi il diritto di sentirsi la loro protettrice nell'ombra, colei che si sarebbe battuta all'ultimo sangue pur di preservarli dalla cattiveria di chi non poteva capire. Preferì non rispondersi, perché in fondo sapere la verità non le interessava: preferiva mentirsi, perché le bugie erano più semplici della realtà.
I due ragazzi si alzarono e si incamminarono verso la porta che li avrebbe riportati in classe; lei abbassò lo sguardo e fissò le loro mani: avevano le dita intrecciate con fare distratto e rilassato, le une abbandonate nelle altre a significare un bisogno costante di toccarsi, di sentirsi vicini e appartenenti l'un l'altro.
Li guardò rientrare poi si alzò in piedi e appoggiò la schiena alla colonna di cemento, accendendosi l'ennesima sigaretta prima dell'arrivo della professoressa; riflettendoci bene, sì, poteva arrogarsi il diritto di proteggere il loro amore dall'ignoranza e la maldicenza: non faceva altro che ricambiare a quella coppia il favore d'averla salvata.
Rientrò anche lei, dopo aver spento il mozzicone nel posacenere, e l'ultima cosa che vide prima di sedersi al suo posto fu un abbraccio scambiato davanti agli occhi di quattrocento persone che, fingendo di guardare altrove, non si persero niente di tutta la scena. E altrettanto niente capirono.



***

Titolo ispirato a "Faget" dei KoRn.
Storia protetta da svariate licenze che vi prego di leggere attentamente nel caso in cui vi venga in mente di prendere anche solo una virgola da questo testo qui.
Mi trovate anche su Last Quarter
  
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