La finestra
-2-
La brezza notturna di un venticello ritardatario soffiava contro le ante della finestra, facendo sbattere il vetro. Era spalancata.
Peter, suo malgrado,
provò un certo sollievo. Volò fino al davanzale osservando la stanza. Molto era
cambiato: c’erano nuovi giocattoli e mancava un letto. Due bambini dormivano in
essi.
Il ragazzo si
avvicino, il cuore che correva: e vide, adagiata fra le coperte, una splendida
creatura dai capelli ondulati e l’espressione serena.
Peter attraversò di
volata la stanza; allungò un dito verso di lei, accarezzandole il viso. La sua
faccia si distese in un sorriso.
Ad un tratto sentì un
rumore provenire dall’altro capo della camera: si girò... trovandosi di fronte
una donna che lo fissava con gli occhi sbarrati.
Poco prima...
Appoggiò la spazzola
sul comò. Davanti a lei, riflessa nello specchio, c’era una donna che la
fissava malinconica. Una donna che si potrebbe dire avesse avuto tutto dalla
vita. Il lavoro andava bene. Bei figli. Un buon marito. Ma qualcosa le mancava.
Un vuoto che non
riusciva a colmare.
Sospirò. Poi si girò
lentamente, per andare in camera sua a dormire. Passando però davanti alla
stanza dei bambini, si fermò. Aveva sentito uno spiffero gelido. Come al
solito! Jane si era dimenticata di chiudere la finestra. Dimenticata...?
Avrebbe detto che l’aveva fatto apposta!
E certo James non
gliel’aveva ricordato... sperava sempre in un’ispirazione, anche dalle stelle!
Sorridendo, aprì la
porta. I due bambini dormivano tranquillamente. Avrebbe dovuto correre a
socchiudere le ante, spalancate, invece si fermò e si appoggiò al muro,
fissando i suoi figli.
Jane dormiva a labbra
socchiuse. Era così bella... le somigliava moltissimo. Gli stessi capelli, gli
stessi occhi... beh, lei si era tinta le ciocche e perciò erano un po’
diverse...
Era una bambina
vivace. Sembrava davvero lei.
James Matthew era
molto diverso. Più schivo, più chiuso in se stesso. Solo la sorella riusciva a
tirarlo fuori da quel silenzio.
Voleva diventare
scrittore di favole, ma non aveva ispirazione... non ancora, almeno.
Parecchie volte Wendy
li aveva sorpresi a fissare il cielo stellato. C’era qualcosa che li attirava,
fuori nel cielo. Quanto a lei, aveva sempre evitato di fermarsi a guardare le
stelle. Era una donna in carriera. Non ne aveva bisogno.
E ad un tratto... lì,
proprio fuori dalla finestra apparve qualcuno.
Una figura nera si
stagliava contro l’orizzonte. Era immobile. Il suo sguardo saettò per la
stanza, da James, e si fermò su Jane.
Quando si protese in
avanti, allora Wendy lo riconobbe.
Oddio.
Non poteva essere
lui! Non poteva!
In un solo momento,
con un solo sguardo, aveva cancellato tutte le sue certezze di donna.
Faceva strani sogni,
a volte, la notte. Sognava un ballo fra le luci della notte, sospesa in aria.
Sognava la sensazione del vento fra i capelli, e la musica dell’aria che
soffiava nelle orecchie.
E sognava uno strano
bambino dai capelli d’oro, con un’espressione sbarazzina, le orecchie a punta e
il vestito verde sbrindellato.
Da quando aveva undici
anni quei sogni la tormentavano. Si era imposta di non credere... di non
pensare... nemmeno per un momento... che fossero ricordi.
C’era stato un
periodo in cui era sicura... tanto, tanto tempo prima... che esistesse un
bambino che non cresceva mai. Che lei e i suoi fratelli (avvocato e professore
di fama) avessero viaggiato fino ad un’isola leggendaria.
Ricordava anche le
coordinate: terza stella a destra e poi dritto fino al mattino.
Che cose strane si
inventavano i giovani.
Eppure...
Eppure si era sempre
chiesta dove avesse trovato quella noce che si era trovata al collo,
apparentemente perfetta.
Come si fosse
procurata quegli strappi e quei segni di foglie e fango sulla camicia da notte.
Da dove fossero
venuti i suoi cugini acquisiti.
Anche i suoi fratelli
per un po’ di tempo vaneggiarono su questo viaggio. Perfino i genitori erano
sicuri che fossero spariti per qualche giorno.
Ma poi... i fratelli
crebbero, ci scherzarono su, i genitori morirono.
E perfino lei, che
raccontava la favola di Cenerentola storpiandola e facendo diventare la
sguattera una moderna spadaccina, lei, Wendy Moira Angela Darling, aveva
lasciato la camera dei bambini.
Era cresciuta. Era
riuscita a chiudere la finestra, e non solo quella della sua stanza.
La finestra dei suoi
sogni, delle sue fantasie, dei suoi deliri di bambina.
E adesso, a chi le
chiedeva il suo nome, rispondeva Wendy Barrie. Come tutte.
Ma... ma non poteva
ora, trovarsi davanti quel bambino! Che lei conosceva... che sognava...
No! Era di sicuro uno
scherzo... un ladro forse... adesso usavano anche i ragazzini...
Stava proprio
pensando di andare lì a cacciarlo,.... quando il bambino tirò su il capo e... e
all’improvviso era in piedi sulle coperte del letto della figlia.
No, un attimo... come
aveva fatto?
Un salto?... no,
troppo lontano... infatti, anche ad arrivare sul davanzale ce ne voleva...
Ma non poteva... non
poteva aver... era contro la logica... aver... si era decisa a non pensarci
più, a quelle fantasie!... aver... era una donna adulta!...
Indietreggiò. Era
troppo. Ma senza volere urtò la lampada, che ondeggiò sul tavolino per poi
afflosciarsi sul banco.
A quel rumore, il
bambino si girò verso di lei.
Si fissarono
irrigiditi. Per quanto? Un secondo, un minuto? Adesso anche lì il tempo si era
fermato.
Poi, lentamente...
Wendy alzò la testa... e...
“Peter?” mormorò.
Lui non rispose.
Restate con me per
l’Epilogo!
NOTE: Di sicuro vi
sarete accorti/e che il nome dei figli non è casuale... la bambina è la vera
Jane del libro... mentre James Matthew... è l’autore!
Ringrazio:
Ginny90: Leggo che c’è una recensione, clicco... uhm, è di
Ginny90...GINNY90?!! Proprio lei, l’autrice geniale di Time (una delle
mie ff preferite)?? Che onore, accipicchia! PS Non osare dire mai più che le
tue storie sono una schifezza! (Paddy si avvicina alla casa di Ginny con un’ascia
in mano...;-))
Nemesis: Come hai fatto? Hai colto esattamente ciò che io desideravo
trasmettere con la lettura... cioè le sensazioni di Peter... ciò significa che
hai capito tutto della mia storia... grazie...