E quando i campi non
danno più frutto,
è come un
bastone che batte sul petto.
È
fredda
questa cella, o forse è il freddo che provo dentro a farmela
apparire così.
Fuori
è una
splendida notte di luna piena, posso intravedere il suo pallore che
filtra dalle
sbarre di quell’inutile finestrella, l’unico
contatto che mi resta con il mondo
esterno.
Mi
sento
vuoto, come vuota è questa prigione.
Senza
più
piercing e abiti punk, ho smesso di indossare la maschera di Shin dei
Blast.
Adesso
sono
solo Shin’ichi Okazaki, figlio ripudiato e abbandonato da un
padre di cui porta
solo il cognome, perché il sangue nelle vene è
quello di un altro.
Shin’ichi
Okazaki, sedicenne che si vende per denaro, ammaestrato come una
scimmia per
portare la felicità alle donne sole.
E
quando
Shin’ichi è solo, chi porta felicità a
lui?
Shin’ichi
che viene usato, Shin’ichi che ubbidisce a testa bassa.
Shin’ichi
in
cerca d’amore, Shin’ichi che perde
l’amore.
Non
sapere
più chi sei è la peggiore delle sensazioni.
Vorrei
che
quel ragazzo spavaldo e sicuro di sé fosse qui adesso, che
indossasse questa
tutta arancione troppo grande per un ragazzino, accendendosi una
sigaretta per
farla in barba alla società.
Lui
saprebbe
restare a galla.
Non
è questo
il posto dove dovrei essere, ma nella vita si raccoglie ciò
che si semina.
Sto
pagando
i miei errori, solo e pieno di vergogna.
Se
potessi
avere il mio basso, oppure una semplice chitarra qualsiasi, forse mi
sentirei
meno triste.
In
fondo, è
tutto ciò che mi resta.
Ma
chissà se
Nana e gli altri mi vorranno ancora.
Chissà
se ci
sarà ancora posto per me in quella famiglia,
l’unica che abbia mai avuto.
Avere
il
loro perdono mi farebbe sentire meno colpevole.
Quando
si
rompe qualcosa di grosso, poi diventa difficile aggiustarlo.
Un
po’ come
la mia relazione con Reira, anche se quella non sono stato io a
distruggerla,
tutto sommato.
Non
si può
distruggere qualcosa che non è mai esistito.
Per
Reira io
ero Shin’ichi che porta felicità, ma non
Shin’ichi che può essere amato.
Anche
se
sapevo che nel suo cuore c’era solo Takumi, ho voluto
illudermi che potesse
vedere le cose da un’altra prospettiva.
Solo
ora
capisco Yasu.
È
questo,
dunque, il mondo degli adulti?
Un
circo di
bugie, illusioni e lacrime amare?
Non
è una
prospettiva futura allettante, ma non posso restare per sempre un
bambino.
Non
si può
smettere di crescere, né si resta bambini in eterno.
Anche
quella
sarebbe solo una bugia.
Da
oggi in
poi voglio fare del mio meglio per diventare un adulto, voglio
assumermi le
responsabilità delle mie azioni.
Non
sarà
facile, e forse cadrò ancora parecchie volte prima di
raggiungere la meta.
Ma
devo
farlo, devo farlo per me stesso.
Devo
dare
amore a Shin’ichi, prima di darlo agli altri.
Solo
così
sarò l’uomo che voglio essere, in grado di
prendersi cura della donna che ama e
di andarla a riprendere ovunque essa sia.
Mi
ripeto
tutto questo, eppure non riesco ad alzarmi da qui.
Seduto
in un
angolo, come un oggetto dimenticato: in fondo è quello che
sono sempre stato
fino ad oggi.
Se
anche
uscissi di qui, dove potrei andare?
La
mia casa
non è più mia, la mia stanza non esiste
più.
Non
posso
tornare dalle mie clienti.
Shin’ichi
senza dimora, Shin’ichi senza un posto nel mondo.
Nella
mia
mente riaffiora il volto di Hachi, l’unica madre che io abbia
mai avuto.
Nonostante
i
suoi difetti, ha saputo darmi molto più di chiunque altro.
Quando
si
hanno così tante imperfezioni, viene naturale accettare
quelle degli altri.
Non
per
comprensione reciproca, ma perché giudicare qualcuno uguale
a noi equivarrebbe
a giudicare noi stessi, e giudicare noi stessi fa paura.
Anche
adesso
ho paura.
Potrei
fingere
di essere un cantastorie, un eroe solitario che vaga alla ricerca
dell’amore.
Ma
qui non
ci sono amore e storie da raccontare, e io non sono un eroe.
Il
mio eroe
è Ren.
Chissà,
forse lui potrà capire i miei sbagli.
E
se non
dovesse capire quelli, capirà di certo come mi sento.
È
come se
qualcuno mi stesse percuotendo ripetutamente il petto con un bastone
duro e
acuminato, ricordandomi che nella vita non ho combinato nulla di buono.
Mi
sento un
rifiuto, uno sbaglio, un traditore della peggior specie per le persone
che mi
hanno voluto bene.
La
vergogna
mi pesa sulle spalle come un masso troppo grande perché
possa spostarlo con le
mie sole forze.
Credo
che
anche Ren si sentisse così quando abbandonò i
Blast.
Mi
chiedo se
si sia mai riscattato, dopo tutto questo tempo.
La
risposta
è ovvia, anche se non è delle migliori.
Purtroppo
nemmeno
gli eroi sono perfetti in questo mondo.
Mi
stringo
le gambe al petto con le braccia , affossando il viso
nell’incavo che si è
creato fra loro.
Ormai
la
luna si è allontanata dalla finestra, seguendo la sua
monotona traiettoria.
Il
buio è
tornato a prendermi, silenzioso.
È
come se
una voragine senza fine mi stesse inghiottendo.
Shin’ici
che
lotta, Shin’ichi che affonda.
ANGOLO DELL’AUTORE
Mi
rendo
conto che non è il massimo della storia per augurare buone
feste, ma quando ho
pensato a questa fra e a Shin mi è venuto subito alla mente
il momento in cui
nel manga lo si vedeva seduto a terra nella cella della prigione. Ho
quindi
dipinto una Shin che per la prima volta nel manga diventa consapevole
della sua
fragilità e si vergogna per gli errori commessi (come poi
lui stesso dimostrerà
quando tornerà al dormitorio). Spero di averlo reso
più IC possibile, anche se
lo Shin di prima di questo momento era un ragazzino irriverente e senza
freni.
Ne approfitto
con questa storia per augurare a tutte voi del fandom di Nana un
BELLISSIMO
NATALE e un FELICE ANNO NUOVO, nell’attesa di rivederci con
una prossima
storia! (e con il continuo di questa raccolta, anche ormai sta
arrivando agli
sgoccioli). Quest’anno mi avete dato tantissimo, anche se
siete in minoranza
rispetto all’altro fandom su cui scrivo mi avete dato molto
di più di loro, e
di questo vi sono super grata! Siete un pubblico piccolo ma molto
caloroso,
perciò grazie di cuore!
Un bacione e
un abbraccio a tutte!
Place