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Autore: Chappy_    24/12/2014    8 recensioni
Prendete un "Principe dei Nani" qualsiasi: figo, testardo e per di più idiota.
Prendete poi la solita "Dea dei Giganti": acida, bellissima, ma insicura su ogni cosa.
Prendete anche, se volete, un'"autrice": sadica, stramba e fuori di melone, quale la sottoscritta.
Incastrateli per bene tra di loro (Attenzione: l’attrito tra le loro teste potrebbe rivelarsi FATALE), in una cornice meno comica e con una spruzzata di romanticismo in più; aggiungete una carrellata di situazioni assurde, svolte inaspettate e scelte difficili, capaci di mettere a dura prova anche il rapporto più solido e, infine, amalgamate il tutto…
Il risultato? Non sarà nulla di ciò che vi aspettate! Soprattutto se si ha a disposizione un anno, nel quale ogni cosa può accadere!
Tra vecchi e nuovi ostacoli, faide familiari, gelosie e tanto, tanto love-love, riusciranno i nostri cari "All Hanshin Kyojin" a buttare giù la maschera di storica coppia comica e farci vedere un'altra faccia dell'amore?
Perché si sa, anche la testa più dura, con l'aiuto di un cuore sincero, può ammorbidirsi.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Otani, Nuovo personaggio, Risa Koizumi, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lovely★Idiots '
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Capitolo 11: “The Otani”

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POV Risa
 
 
 
“Uno Streep club!” sbotto, senza riuscire a contenere la costernazione, aggiustandomi gli occhiali viola e spessi che, per la foga di esprimermi, continuano a scivolarmi dal naso.
“No, dico, hai capito?? Uno Streep club!”
“Sì sì, ho capito... sarà più di mezz'ora che mi ripeti la stessa cosa...”
“Ma ti sembra normale?! Insomma, ha rinunciato a uscire con me, per andare in un locale di perdizione come quello!”
“La colpa è solo tua, cara,” mi riprende Nobu con voce schietta e concisa, dall’altra parte della webcam.
Sono le 23:40 e entrambe siamo nelle nostre rispettive camere, davanti al pc per l’abituale conversazione serale (che in realtà non avveniva da un po’, per via dei nostri impegni), io seduta sulla sedia di fronte alla scrivania e lei sul futon, col portatile in equilibrio precario sulla coscia, intenta a smaltarsi le unghie dei piedi. Dopo averle chiesto della sua giornata e aspettato che terminasse di esprimere il suo punto di vista riguardo il mio nuovo paio di occhiali (“vedrai che ti ci abituerai, e poi ti stanno benissimo, Risa! Ti danno un’aria così professionale!”), ho aspettato il suo consueto “come va con Otani?” per partire in quarta e rigettare la valanga di astio trattenuta in questi giorni, nei confronti del mio fidanzato.
“Non dai a Otani le giuste attenzioni e lui va a cercare i suoi piaceri altrove... mi sembra più che normale,” prosegue spietatamente la mia migliore amica, immergendo il pennellino nella boccetta verde scuro.
“Nobu! Guarda che io sono seria!”
“Anch’io!”
La riccia distoglie momentaneamente l’attenzione da quello che sta facendo e mi lancia un’occhiata storta: “Risa, tesoro, quante volte dovrò ripetertelo che sotto quei mancati centimetri si nasconde un uomo? Un uomo! Tu ed Otani dovete lasciare da parte le sciocchezze e incominciare seriamente a pensare alla parte intima della vostra relazione.”
Mi esce un mugugno infantile, mentre mi abbandono fiaccamente contro lo schienale della sedia:
“Nobu...”
“Sto dicendo cose stupide?”
“No...”
Sì, sì, va bene… so che prima o poi io e Otani dovremo fare ‘quel passo’. Lo so, okay? E forse anche Otani lo sa, ma… sento che non è ancora il momento. Non lo è e basta.
“Sì, lo so... però non voglio che sia una cosa forzata...”
“Allora non rendetela tale,” ribatte prontamente lei, “secondo te Otani perché è andato in quel locale? Te lo dico io: vorrebbe degli stimoli, degli input da parte della sua ragazza, ma non li trova.”
“A me non è mai sembrato che lui li cercasse, sinceramente...”
“Li nasconde, probabilmente, perché sa come la pensi... ma ti ripeto che Otani è un uomo, Risa. E gli uomini hanno certi stimoli. Fidati, non sto dicendo cose tanto per dirle.”
“Okay... ma parlare di certe cose mi imbarazza ancora,” taglio corto, seccata.
È un'assurdità. Tutto questo non giustifica il fatto che lui sia andato in quel locale. Se Otani ha questi ‘stimoli’ dovrebbe parlarne con me, non comportarsi in questo modo… non esiste! Io la penso così.
Nobu si limita a fare spallucce, riprendendo a smaltarsi le unghie, borbottando a bassa voce qualcosa come: “se la tiri troppo, la corda prima o poi si spezza, cara mia.”
Sollevo gli occhi al cielo: avrei dovuto aspettarmi una reazione del genere, da parte di Nobu. Ma avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno su quanto sia stato pessimo Otani, ho solo aspettato che anche lei fosse libera dagli impegni.
Decisa a cambiare discorso, cerco di distrarla sorridendole e elogiando il suo nuovo taglio di capelli, scalati e col ciuffo, senza frangetta. È da un bel pezzo che non la vedo, e la trovo benissimo.
La mia migliore amica sbuffa, senza nascondere un sorriso: “È inutile che cerchi di fare la ruffiana, sai benissimo che con mammina non attacca...”
Il mio sorriso si allarga: “Ma mammina mi è mancata così tanto!”
Nobu scuote la nuca, fingendosi esasperata, ma non smette di sorridere: “Comunque anche tu sei in gran forma, sai? Sembri troppo sorridente per essere davvero arrabbiata per la faccenda di Otani… è successo qualcosa di bello?”
“Oh! Si vede così tanto?” ridacchio, sentendomi arrossire,“Bè in realtà qualcosa di bello è successo... sai il test di cui ti ho parlato? Quello che dovevo recuperare?”
“Mh.”
“Bé, sono arrivata prima in classifica! Ho visto i risultati stamattina!”
Gli occhi di Nobu si espandono dalla sorpresa: “Coosa, dici davvero?? Addirittura prima?”
Ridacchio felice, annuendo: “Già! Mi sono tolta un peso enorme! Si trattava semplicemente di avere più fiducia in me stessa, perché le capacità le ho! E alla fine il duro lavoro mi ha ripagata!”
“Ben detto! Batti il cinque, sorella!” entrambe avviciniamo il palmo della mano alla webcam, per poi ridere come due sceme totali. Quando le nostre risate si spengono, mi esce un sospiro malinconico:
“Quand’è che ci rivedremo di presenza, comunque? Non è lo stesso qui, senza di te!”
“Oh, amica mia! Dài, Maggio non è poi così lontano!”
“Aspetta, Maggio?” chiedo, confusa,“Ma i corsi non ti finiscono a Giugno?”
“Sì, ma dato che dovrò scendere il 18, sono riuscita a convincere mia nonna  a prolungare la mia permanenza a Osaka,” sfodera un sorriso, ammiccante.
“Il... 18?”
“Sì, per il matrimonio... oh. Aspetta, Otani non te lo ha...”
Il responso di Nobu viene interrotto dal mio grido di gioia: balzo in piedi e esulto correndo per la mia stanza come una matta, saltando sul letto per la felicità, senza smettere di strillare euforica.
Scoppia a ridere: “A quanto pare no...”
Ritorno come un fulmine davanti al pc, con le lacrime agli occhi:
“Allora verrai anche tu al matrimonio di Midori- san!”
“Mi ha invitato Nakao- chi, che a sua volta è stato invitato da Otani, che ha avuto il permesso dalla sorella di invitare chi gli pare,” conferma la mia amica, con un gran sorriso stampato in volto.
“Che bello, non ci credo!”
“Però purtroppo, prima non sarà possibile...”
“Bè, non ti perderai molto, tranquilla. Avevo in mente di organizzare a Otani una festa a sorpresa al parco, dato che quest’anno il 25 coincide con l’apertura dell’Hanami [1]...  ma per la verità non se lo meriterebbe affatto.”
“Perché? Tanto per allora sarà tutto sistemato, no? Intendo dire, avrete già fatto pace, giusto?”
Sbuffo, incrociando le braccia la petto: “Ancora non lo so. In questa settimana mi ha mandato un milione di messaggi, ma io non gli ho risposto, ovviamente.”
La bionda sospira: “Hai già pensato a quale regalo fargli?”
“Certo.”
“Ottimo. Quale?”
“Non ne ho idea.”
“Risa!” mi riprende Nobu.
“Lo so, lo so!” la mia voce suona disperata,“Ci ho pensato per giorni e giorni, ma non ho la minima idea di cosa potrei regalargli!”
“Strano,” commenta la bionda, pensierosa,“di solito sai perfettamente cosa gli piace, dato che tu ed Otani avete pressoché gli stessi gusti e vi conoscete davvero bene. Non hai mai avuto problemi a trovare facilmente qualcosa.”
“Lo so!” sospiro, affranta, “Ma ultimamente mi sento insicura, su questo. Voglio dire, non è che non conosco Otani, so bene quali sono i suoi gusti... però non voglio che sia come le altre volte...”
“Non dire altro. Ho capito dove vuoi arrivare.”
Nobu mi ferma sollevando una mano e sfoggia un sorriso malizioso: “Vuoi stupirlo con un regalo che non si aspetterebbe, da adulti ma, allo stesso tempo, conquistarlo con qualcosa che può ricevere solo da te. Esatto?”
“Sì!”
“Bè, amica mia, lascia che te lo dica: di solito ‘regali’ del genere, da fidanzati, si donano quando si è da soli in una camera, su di un letto e sotto le lenzuola...”
Sento il mio viso incendiarsi: “N... NOBU!”
“… Ma dato che è di una coppia di alieni che stiamo parlando, e certe cose ancora vi rifiutate di metterle in atto, rimane solo una cosa che puoi regalare al tuo fidanzato...”
“Ti prego, non mi starai suggerendo anche tu di fotografarmi in intimo e regalare la foto a Otani!”
Nobu agita una mano con fare sbrigativo: “Figurati, ci ho già pensato e conoscendoti ho scartato l’ipotesi ancora prima che tu potessi propormela.”
“Allora... cosa?”
Tu,” risponde semplicemente lei, con quel suo sorriso sempre carico di malizia, “fa’ la manierosa, sii gentile con lui, renditi disponibile per qualunque cosa lui voglia. Ricordati che è il suo compleanno. Tieni a freno quella linguaccia e le battute poco simpatiche per te, almeno per una serata, d’accordo? Cerca di essere carina, e anche dolce e romantica. In più gli organizzerai l’evento... vedrai che apprezzerà tutto questo, tanto quanto apprezzerebbe un regalo materiale.”
Mi gratto la nuca, poco convinta: “Non saprei, Nobu... non è proprio ciò che avevo in mente.”
“Bè, se vuoi fargli un regalo da innamorati, allora vai sul classico: un ciondolo da dividere insieme con le vostre iniziali, o un cuscino a forma di cuore con la stampa di una vostra foto, oppure un video che racchiude i momenti più belli della vostra storia, e...”
Storco il naso, interrompendola: “Basta, basta... per carità!”
Inorridisco al solo pensiero della faccia che farebbe Otani, nel vedersi ricevere regali del genere.
“Non se ne parla. Non è nel nostro stile...”
“Okay, se vuoi comprargli qualcosa fallo, ma cerca di seguire anche i miei consigli. Ricordi il discorso sull’essere una gattina sexy che sprigiona feromoni da tutti i pori e attrae i ragazzi, come le api col miele?”
“Quando abbiamo conosciuto Seiko... certo che me lo ricordo. Ma ricordo anche che non servii a niente.”
“Bè, tesoro, non funzionò con Otani perché tu eri ancora una bambina, e lui un cerebroleso. Adesso si presume sia passato del tempo e, ovviamente, il vostro rapporto non è più quello di una volta, si è evoluto... almeno spero.”
Deglutisco rumorosamente, e mi sento andare in iperventilazione: “M- mi stai chiedendo di provare a s-sedurre Otani?”
Nobu ridacchia: “Oddio, no! No, non essere sciocca, so bene che non lo faresti mai, non arriverei a chiederti tanto. Solo, flirtaci un po’… sai flirtare con il tuo ragazzo, sì?”
Sento i miei muscoli rilassarsi istantaneamente. Non mi sembra un compito così difficile...  io e Otani flirtiamo, qualche volta.
“Flirtare... sì. Posso farlo.”
“Brava. E bacialo, anche.”
Subito arrossisco: “Bè, questo non c’era bisogno di dirmelo,” ribatto, stizzosamente, “ci avevo già pensato da me.”
Nobu sgrana gli occhi, sinceramente stupita: “Uao, non posso credere che una frase del genere sia davvero uscita dalla tua bocca!”
Sghignazzo, sentendomi arrossire ancora di più: “Come vedi sto migliorando!”
“Vedo. Ed è per questo che ti ordino di non regredire a com’eri prima. Chiaro?”
Mi apro in un sorrisone, facendo il saluto militare: “Signorsì, capo!”
Nobu sospira, elevando gli occhi al cielo e subito dopo il suo cellulare squilla. Lo afferra dal comodino, lanciandomi un’occhiata:
“Un attimo... pronto, Tesoro! Sto parlando con Risa, aspetta che metto il vivavoce.”
“Ciao, Nakao!”
“Ehilà, Koizumi- san!”
“Sei a casa, tesoro?” cinguetta Nobu.
“Sì, sono appena tornato e ho pensato di chiamarti.”
“Aw.”
Arrossisco, sentendomi di troppo: “Ehm, io vado, non vorrei disturbare i due piccioncini...”
“Ah. Aspetta, Koizumi- san,” mi chiama Nakao,“oggi Otani è passato in negozio e mi ha spiegato un po’ quello che è successo... in pratica, lui non sapeva di che posto si trattasse.”
“Sì, aspetta che ci credo!” esclamiamo simultaneamente io e Nobu, entrambe scettiche.
“No no, sul serio... è disperato, perché non riesce a parlare con te...”
Il mio cuore sussulta in modo fastidioso, a quel commento: immagino Otani soffocare nel dolore delle proprie lacrime, sotto la massa di coperte del suo futon. Una scena agghiacciante e oltremodo ridicola e inverosimile. Altro che disperato! Probabilmente sarà a spassarsela in giro con i suoi amici dell’università. Anzi, chissà quante volte sarà ritornato in quel luogo intriso di perdizione...
Un ringhio mi esce spontaneo al solo pensiero.
“È già stato abbastanza male, per un sacco di cose... non credi di poter passarci sopra, per questa volta?”
“Bè, neanche io me la sono passata meglio," commento, piccata. Poi sospiro, sconfitta: “Quel cretino... mi da’ fastidio che sia andato in quel locale...”
“Ti capisco, ma se ha detto che non lo sapeva, fidati di lui, no? Su, avanti... perdonalo.”
Sospiro nuovamente, tagliando corto: “Vedremo... farò uno sforzo, e cercherò comunque di organizzargli una festa a sorpresa per il suo compleanno.” Anche se non ho ancora idea di cosa regalargli, penso.
“Ottimo.”
“Ti farò sapere ogni cosa, okay?”
“Okay!”
Ehm - ehm...” si schiarisce pesantemente la gola Nobu, innervosita nel non ricevere attenzioni, "se avete finito di fare finta che io non esista, vorrei farvi presente che ci sono anch’io!”
“Scusa, amore! Ma certo che so che esisti, sei la mia ragione di vita!”
“Oh, quanto sei dolce, amore!”
Puah, quanto miele.
“Ehm… okay, io vado. Ci sentiamo!”
“Ciao ciao!” mi saluta calorosamente Nakao.
Nobu mi guarda: “Tienimi aggiornata sulla la faccenda della festa di Otani, okay?”
Annuisco, prima di interrompere la connessione.
Decido di farmi una doccia, per poi ripassare mezzora la lezione di stamattina, e infine a nanna.

 
 
  
***
 
Chiudo la manopola del soffione ed esco dalla doccia, avvolgendomi in un asciugamano e strofinandomi i capelli con un altro, chinandomi in avanti.
Dopodiché controllo le chiamate perse al cellulare, sulla mensola lì accanto: 8 chiamate perse. Tutte di Otani.
Trattengo un ringhio: il nanetto non demorde, eh?
Neanche finisco di pensarlo che, improvvisamente, il cellulare squilla di nuovo:


Chiamata in entrata : Essere ignobile

Tiro fuori il tono di voce più freddo che riesco a trovare e rispondo:
“Pronto.”
“Ehi…” mi risponde, con tono di chi è preso alla sprovvista. Probabilmente si aspettava che rifiutassi anche questa chiamata, come tutte le altre.
“Come... come è andata?” mi domanda subito dopo, e io capisco che si sta riferendo al punteggio del test che è uscito stamani. Questa volta se lo è ricordato, almeno. Ma questo, non mi impedisce di rispondere immediatamente con uno stizzito:
Tsk.”
“Tsk?”
“Non ti riguarda, sicuramente non t’interessa,” faccio, con voce petulante.
“CHE?!” sbotta lui, irritandosi, “Se non mi fosse interessato non ti avrei chiamata per sapere com’è andata, stupida!”
“Oh, davvero? E sentiamo, sono proprio curiosa di sapere da dove chiami... da un bordello, forse?”
Ti ho già detto che non-!!” si interrompe, abbassando il tono di voce, proseguendo a denti stretti, “Ti ho già detto che non avevo idea di che posto fosse, ero lì per caso...”
“E ti aspetti davvero che ci io creda? Pft, ridicolo!”
Lo sento grugnire pesantemente: “Senti un po’, vuoi dirmi come è andata o no?!”
“E tu vuoi dirmi che bisogno avevi di andare in uno Streep club, brutto schifoso che non sei altro?!” rispondo a tono, con voce vibrante di rabbia.
“Mi stai facendo incazzare, lo sai? Quante volte dovrò ripetertelo? Io NON lo sapevo, okay?!”
“Per caso...” mi blocco, ripensando alle parole di Nobu:
# “Secondo te, Otani perché è andato in quel locale? Te lo dico io: vorrebbe degli stimoli, degli input da parte della sua ragazza, ma non li trova.” #
E se Nobu avesse ragione?, mi chiedo, ansiosa. Nah. Impossibile, mi rispondo subito.
E’ un’assurdità. Otani non ci pensa neanche lontanamente a queste cose... oppure sì?
Mi mordo nervosamente le labbra, prima di proseguire:
“Per caso, senti che io non ti dia abbastanza, Otani?”
“… Eh?”
Cavolo, che imbarazzo.
“Insomma, senti il bisogno di... uhm… fare certe cose, o...”
“Koizumi... ma si può sapere che diamine stai blaterando?” chiede, sinceramente perplesso dal mio tono serio.
Mi sento una totale cretina.
“Io… niente, lasciamo perdere! Okay? Lasciamo stare.”
“Eh??”
“Questa volta la passi liscia, Otani, ma alla prossima non ne uscirai vivo, sappilo!” puntualizzo, agitando la spazzola che ho in mano davanti allo specchio, in un gesto di stizza, prima di portarmela ai capelli bagnati.
Onestamente, non voglio che arrivi il giorno del suo compleanno e noi due siamo ancora in questa situazione, con la sottoscritta che gli fa la guerra... è solo per questo, tanto per la cronaca!
Tanto vale mettere momentaneamente una pietra sopra questa faccenda e dargli un ultimatum. 
Lo sento distintamente ringhiare dall’altra parte del cellulare: “Io non ho fatto niente, brutta gigantessa da strapazzo!”
“Com’erano le ballerine?” la butto lì, con tono falsamente docile e pacato, smettendo di lottare contro i nodi umidicci della mia nuca e aggrappandomi al lavello.
“Ahh??”
“Com’erano? Nude, mezze nude, belle, brutte...”
“Non lo so, non le ho guardate.”
“… Tette grosse, piccole, alte, basse, more, bionde... quale ti è piaciuta di più?”
“Tu sei… argh! Ecco, ci sei riuscita! Sei riuscita  a farmi incazzare! Ed io che avevo chiamato per tentare di fare pace!”
“Non volevi sapere il mio voto?”
“Volevo, ma non me ne importa più nulla! Vado, ho da fare, ciao!”
“Ot-!”
E con questo, mi chiude la chiamata in faccia. Sento il mio volto incendiarsi di rabbia.
Pazzesco! Sta cercando di fare sentire me in colpa, quando è stato lui a sbagliare! Ed io che lo perdono anche!
Oh, ma adesso mi sentirà!


A: Essere ignobile
BRUTTO CAFONE IGNORANTE, HAI OSATO STACCARMI LA CHIAMATA IN FACCIA, GIURO CHE APPENA TI VEDO TI SQUARTO, BRUTTO PEZ


Cancello il tutto, febbricitante, e riscrivo:

Sei stato tu a incominciare, cavolo! Che diamine ci facevi in quel postaccio, me lo spieghi? E non venirmi a dire che non sapevi che posto fosse, tanto lo so che sei un solo nanetto perv

Ricancello ciò che ho scritto e, sbuffando, ricomincio:

Se c’è qualcosa che vorresti dirmi, Otani, dovresti solamente dirmela, non cercare altrove quello che

Oh, al diavolo!
Cancello velocemente il tutto per la terza volta e, con un sospiro, riprovo:


A: Essere ignobile
Ho preso il massimo, idiota. Prima in classifica. Chiamami, se ti va.


INVIO.
So che probabilmente non mi chiamerà adesso, sarà ancora infuriato per...
 
* È in arrivo una super telefonata! È in arrivo una super telefonata!*
 
… quanto è successo prima…? Che?


Chiamata in entrata : Essere ignobile

Sorrido e rispondo, schiarendomi la gola:
“Potevi farli passare almeno cinque secondi, sai?”
“IO TI STRANGOLO, KOIZUMI!!”
Scoppio a ridere allegramente, non potendo farne a meno. Metto il vivavoce al cellulare, appoggiandolo sulla mensola  accanto agli spazzolini, e riprendo a spazzolarmi i capelli, tutta la tensione e la rabbia svanite nel nulla.
“È per questo che mi hai detto di chiamarti? Per prendermi in giro?!” sbotta, seccato.
“No, scemo. Non pensavo che mi chiamassi così velocemente, tutto qui.”
Lo sento sbuffare sonoramente, mentre proseguo sghignazzando: “Primo posto... non male, eh? Considerando che l’ultima volta ero ultima...”
“A quanto pare i miracoli accadono,” replica freddamente lui, sempre arrabbiato per prima.
“Tsk. Ma quale miracoli... tutto merito della mia bravura!”
“Non ti sembra di darti un po’ troppe arie, spilungona?”
“Eccome se mi do delle arie, gnomo. Vorrei vedere, dopo tutto l’impegno che ci ho messo!” replico, poggiando la spazzola sul lavello; prendo a scrutare minuziosamente il mio viso allo specchio, come d’abitudine post- doccia, tormentandomi un brufoletto sul mento.
Lo sento sorridere: “Bè... congratulazioni, Koizumi,” cede infine, smettendo di fingersi furioso, “te lo sei meritato.”
Sorrido allo specchio, sentendomi arrossire dalle sue lusinghe: “Grazie, grazie...”
“Che fai, gongoli?”
“Certo, nano! Sono o non sono la ragazza – nonché fidanzata – migliore del pianeta?”
Lo sento sbuffare: “È una domanda a trabocchetto?”
“Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. Ma spero tu abbia capito che non c’è nessun’altra migliore di me, perciò è inutile che cerchi altrove, tantomeno in luoghi di perdizione come squallidi Streep club!”
“Che scema…”
“Sappi però...” smetto di tormentarmi il viso e raddrizzo rigidamente la schiena, “che non sono felice per quanto è successo l’altra volta, Otani. Affatto,” concludo, con voce ferma e seria.
“Lo avevo capito...” mormora, prima di sospirare, “ma tu mi credi, vero?”
“Mah. Diciamo di sì.”
Diciamo? Alla faccia della fiducia!”
“Sì sì...” faccio annoiata, “ti credo... per questa volta.” puntualizzo.
“Il tuo tono è falso, lo sento.”
“Come vuoi... tanto mi ami lo stesso, At- chan!” cinguetto, tutta smielata.
“Bah. Che schifo.”
“COSA?! TU, BRUTTO-!!”
Bè, era scontato che facessimo pace, penso, stringendomi nell’asciugamano. Per fortuna è successo prima del suo compleanno...
“Okay,” sospira lui, sollevato, “ora che è tutto sistemato e hai smesso di credermi un pervertito, potresti gentilmente aprirmi?”
Tolgo il vivavoce al telefono e lo incastro tra l’orecchio e la spalla mentre ritorno in punta di piedi in camera mia. C’è un po’ caldo qui, devo arieggiare la stanza.
‘Hai smesso di credermi’? Forse intendevi dire: ‘hai capito che non sono’.”
“È … è uguale!”
“No, non lo è.”
“Come vuoi, ma aprimi!”
“Eh?” chiedo distrattamente mentre apro le tende, per poi scorrere la portafinestra per fare entrare aria.
“Aprimi,” ripete, impaziente, “sono qui, fuori dalla tua stanza.”
“Sì sì, solo un attimo, sto...”
Il telefono scivola dal mio orecchio, finendo con un tonfo sordo sul pavimento. Ma io sono immobilizzata dall’imbarazzo per potermene accorgere.
Otani, di fronte a me, ha la medesima espressione shockata, gli occhi sgranati.
Oh, dio.
Sto davanti a Otani, solamente con un asciugamano addosso!


 
***
 
POV Otani
 
 
Oh, dolci Kami.
... Koizumi è qui di fronte a me solo con un asciugamano addosso!
Il mio viso prende fuoco, nel frattempo che lo strillo acuto di Koizumi vibra per tutto il quartiere, spaventando qualche uccello nascosto sugli alberi, che vola via.
Decisamente ho scelto il momento peggiore per farle visita.
“LURIDO PERVERTITO!!”
“No! No, senti non è come-!”
“PERVERTITO, PERVERTITO, PERVERTITO...!!”
“Shht! Koizumi, ti prego sta zitta! Stavo solo…”
“… PERVERTITO, PERVERTITO... PERVERTITO!!”
Sto cercando disperatamente di recuperare la situazione, ma lei non pare ascoltarmi, premendosi con ostinazione i palmi contro le orecchie, le guance scarlatte.
“Koizumi, ti prego, fammi spiegare! N- non s-apevo fossi a-appena u-uscita dalla d-docc-!”
Interrompo il mio sproloquio per schivare il portapenne che Koizumi mi ha appena lanciato contro.
“VATTENE VIA SUBITO, MOLESTATORE!!”
“Ti stai sbagliando, idiota!!” la mia faccia deve essere più rossa di quanto lo sia stata in tutta la mia vita, “Se solo mi lasciassi spiegare-!!”
Accenno un passo dentro la stanza, e la vedo indietreggiare immediatamente fino al letto, in allarme (ridicolo!), stringendosi ancora di più in quel suo striminzito asciugamano:
“NON OSARE METTERE PIEDE QUI DENTRO!!”
“Non è come pensi! Volevo solo…” mi abbasso per evitare che il modellino in miniatura di Cain mi rompa qualche dente, “… accertarmi di persona che fosse tutto a posto tra noi, e se solo la smettessi di comportarti da pazza e di tirarmi roba addosso, forse sarebbe meglio!!”
“Sarebbe meglio che tu te ne andassi, invece! E subito!”
“Non se ne parla!” la mia voce ora è chiara e ferma, mentre varco la soglia e la guardo negli occhi, con sguardo carico di ostinazione.
“Stavo per perderti una volta, non ho intenzione di ricommettere lo stesso errore, chiaro?!”
Questo pare farla calmare. Mi lancia un’occhiata furiosa e incerta, poi respira profondamente, ritrovando padronanza di sé.
“Otani…”
Viene interrotta da un improvviso bussare alla porta, che ci fa raggelare entrambi sul posto.
“Nee- chan, tutto okay?”
Oh, no: il fratello di Koizumi!
In meno di un istante l’intera situazione si concretizza nella mia testa con la stessa devastante, schiacciante brutalità di un calcio nei gioielli:
Io+Koizumi mezza nuda+ camera sua ad un orario indecente+suo fratello che bussa alla porta.
= Sono un uomo morto!
Io e Koizumi e ci osserviamo inermi e con occhi colmi di panico, intanto che Takato continua a bussare imperterrito alla porta: “Nee- chan, vuoi aprirmi, per favore?”
“Ehm! S- solo un secondo!” farfuglia lei, prima di voltarsi verso di me, con sguardo allarmato: “Va’ fuori, esci...!” mi intima con un sussurro strozzato.
“Cos-?”
Non ho il tempo di esprimermi che lei si è già avventata contro di me e mi ha sospinto non troppo gentilmente fuori dalla portafinestra, chiudendo poi con un colpo secco la tenda, prima di andare ad aprire a suo fratello.
“A- allora? Che c’è?” domanda Koizumi, con voce malferma.
Sento Takato grugnire, evidentemente sospettoso: “Perché stavi gridando?”
“N- non è niente,” farfuglia lei, con voce stridula,“h-ho visto un ragno e… mi sono spaventata.”
“Un ragno?” la sua voce si fa ancora più diffidente,“Mi prendi in giro? Guarda che ti ho sentita: stavi urlando ‘pervertito’…”
Mi schiaffo una mano sulla tempia, demoralizzato. Dovevo immaginarlo: Koizumi è proprio negata a mentire e, di certo, suo fratello non è un idiota.
“Ehm… sì, era un ragno piuttosto grosso e… molesto. Eh eh... già. Sì.”
“Tu sei strana, nee- chan. Molto, molto strana.”
“Che vuoi che ti dica, sei sempre stato tu il figlio intelligente, non io! Se non ti dispiace ora dovrei asciugarmi i capelli e cambiarmi, quindi sciò.”
“Aspet-”
Sento la porta chiudersi, e Koizumi sospirare pesantemente. Lascio passare un paio di secondi e, non appena sono certo che il peggio sia passato, decido di chiamarla:
“Koizumi...?”
In assenza di una risposta faccio per scostare la tenda per entrare, ma la sua voce mi blocca all’istante:
“No, resta fuori! Devo vestirmi.”
“Oh,” per qualche strana ragione mi ritrovo ad arrossire nuovamente, “o-okay...”
“E non osare sbirciare!”
Le mie guance da rosso, diventano cremisi: “C- come se ne avessi l’intenzione!”
“Come hai detto??” ruggisce, rabbiosa.
“N- niente...”
Con un sospiro mi avvicino al muretto e vi appoggio i gomiti, affacciandomi al balcone. Mi perdo ad osservare il cielo stellato e respiro profondamente, facendomi cullare dalla leggera brezza di Marzo e dal lieve aroma di rose che mi giunge alle narici.
Cerco di concentrarmi su quella quiete notturna, e per qualche secondo sembro riuscirci ma, per qualche strana ragione, il fruscio indistinto di vestiti che proviene da dentro rappresenta una grossa distrazione, per me.
In men che non si dica tutto l’imbarazzo accumulato e tenuto a bada finora esplode nel mio cervello come la cima di un termometro che ha raggiunto una temperatura troppo elevata, facendomi andare in tilt e arrossire nuovamente.
“Cavolo...” sussurro tra me e me mentre mi gratto la nuca, ancora sotto shock, “aveva solo un asciugamano addosso...”
È stato il momento più imbarazzante di tutta mia vita, questo è sicuro... e ne ho avuti a centinaia, di momenti imbarazzanti! Voglio dire, è stato del tutto inaspettato... non mi aspettavo di certo quello, quando ho deciso di venire qui! È una cosa che difficilmente posso levarmi dalla testa e dimenticare come se niente sia successo, giusto? E il fatto di cominciare a chiedermi cosa ci fosse sotto quell’asciugamano non aiuta affatto...
Allento il colletto della felpa e deglutisco, sentendomi improvvisamente la gola secca.
Sbaglio o fa caldo, qui fuori? L’aria è ancora piuttosto fresca, specie di notte, ma allora perché sento la mia pelle scottare sotto la maglia, come se avessi la febbre? Forse ce l’ho sul serio. Istintivamente mi volto per guardarmi alle spalle, per poi tornare con uno scatto a guardare di fronte a me, gli occhi sbarrati e i battiti del mio cuore accelerati.
Perché mi sono voltato? Speravo di scorgere la figura di Koizumi tra le tende, vederla di nuovo in asciugamano? Non sono un guardone! Lo sono? E perché questa strana fitta di delusione? Sarà perché mi sono trovato davanti le tende chiuse e non lei?
“Ho quasi fatto...” mi informa Koizumi; dal suo tono di voce anche lei sembra nervosa.
Questa situazione è nuova e strana per entrambi... anche se dubito che Koizumi sospetti la natura dei miei pensieri su di lei, al momento. Sicuramente sarà furiosa, oltre che imbarazzata. Eppure, io non mi sento affatto in colpa...
Aspetta. Cos'è questo strano ghigno che mi si sta formando sulla faccia, neanche fossi il Grinch e avessi appena rovinato il Natale ai Nonsokì per i prossimi vent'anni? E perché improvvisamente sento di voler ringraziare il Cosmo e ho certi pensieri idioti su Koizumi e il suo asciugamano, del genere ‘un regalo di compleanno anticipato’ e simili? Pft! Come se Koizumi mezza nuda possa essere un regalo... potrebbe? Oh dio, spero di sì... voglio dire, NO! Non si spoglierebbe mai di fronte a me, comunque. O sì? Ovvio che no, la sua reazione di prima lo dimostra! E se glielo chiedessi? COSA?! Perché dovrei farlo?! Datti un contegno, santo cielo, sembri un depravato! Stupida tenda. Le tende non sono stupide. Magari però la prossima volta non mi vedrà...
“NON CI SARA’ NESSUNA PROSSIMA VOLTA, CHIARO?!”
“Cosa?!” sbotta lei, frastornata.
“Che cosa?” sussulto, ritornando bruscamente coi piedi per terra,“No, ehm stavo solo…” la mia voce si affievolisce e decido che è meglio lasciar cadere il discorso. Cavolo.
Mi schiarisco la gola: “T-ti ci vuole ancora molto?”
“No, ho finito. Puoi entrare.”
Con un sospiro di sollievo mi allontano dal muretto e scosto la tenda, entrando nella stanza, deciso a lasciare fuori tutti quei confusi e inopportuni pensieri.
Koizumi mi da le spalle, già dentro il pigiama celeste e i capelli ancora bagnati, con l’orecchio incollato alla porta – per accertarsi che i suoi familiari siano andati a dormire, presumo. Di nuovo, avverto quella fitta di delusione causata dall’inconscia – e del tutto vana – speranza di trovarla ancora avvolta nell’asciugamano (o comunque in intimo... MA COSA?! VUOI PIANTARLA O NO??!).
Poi lei si stacca dalla porta e si volta, rivelando la stampa di un tenero coniglio bianco dal muso rosa sul fronte della maglia del pigiama, e quel senso di delusione scompare all’istante, sostituito da un’ondata di tenerezza che sembra travolgermi, il sorriso che sboccia come per magia sulle mie labbra, il lieve rossore delle guance e un intenso, familiare impulso di andarle incontro e stringerla tra le mie braccia per non lasciarla andare mai.
Quando il mio sguardo sale, incontrando il suo viso, però, il sorriso scivola inesorabilmente via dal mio, insieme all’entusiasmo: è livida di rabbia.
“Sei fortunato, quel tuo urlo sembra non aver disturbato nessuno tranne me,” commenta, con voce carica di stizza.
Incapace di guardarla mi porto una mano dietro la nuca, mortificato: “Mi spiace, per quello...”
Incrocia le braccia al petto e assottiglia lo sguardo: male, malissimo. Sono nella merda fino al collo.
“A quanto pare oltre l’essere un nanerottolo perverso e un maledetto bugiardo, non sei neanche un uomo di parola.”
Sollevo la nuca e la guardo, corrugando la fronte: “Che intendi? Quando mai non sono stato di parola?”
“Proprio adesso. Avevi promesso che non ti saresti più arrampicato fino alla mia stanza e invece lo hai fatto.”
Faccio spallucce, indifferente: “Mi spiace ma sembra la via più semplice per parlarti di persona quando sei arrabbiata, visto che è praticamente impossibile rintracciarti per chiarire con te. Neanche tu perdi le brutte abitudini... mi adeguo e basta.”
“Non sei stato di parola. Avevi promesso.”
“Solo nel caso tu mi avessi aperto la porta e, guarda un po’, ovviamente non lo hai fatto. Quindi siamo pari.”
Koizumi sbuffa innervosita, e io proseguo spedito: “E comunque, se vuoi saperlo, da quel giorno non sembro più avere alcun problema con le altezze. È stato facilissimo arrampicarsi di nuovo,” estraggo dalla tasca della felpa un paio di guanti neri da alpinismo, prima di rimetterli in tasca: “Stavolta ho usato questi, perfetti per le scalate e ottimi per proteggersi dalle spine – e, a proposito, belle le rose, devono essere appena sbocciate, non è vero?”
“Non è questo il punto!” sbotta lei, rossa in viso, “A-avevi promesso e… e non sei stato di parola, e… e… s-saresti potuto c-cadere e romperti l’osso del collo...” la sua voce stridula è un chiaro segno che è prossima alle lacrime, “s- senza contare che per colpa tua il mio modellino in miniatura di Cain ha perso un braccio,” piagnucola, afferrando la statuetta dal pavimento e cercando di mettere insieme le due parti.
Ah. Quindi è più preoccupata per l’incolumità di quel... coso, che della mia.
“Solo il braccio? Peccato,” commento, acido. Okay, so che essere gelosi di un giocattolo o di un videogioco è da stupidi. Però, bè... lo sono.
“Devo ricordarti che sei stata tu a tirarmelo addosso?”
“Avresti potuto fare la stessa fine, se fossi caduto, sai?”
“Quindi non sei più arrabbiata con me, dato che senti questo… uhm, istinto di protezione nei miei confronti.”
Capisco di aver detto la cosa giusta, perché Koizumi distoglie l’attenzione dal suo giocattolino, poggiandolo sulla scrivania, e mi lancia un’occhiata, l’angolo sinistro della sua bocca che trema per non cedere all’impulso di sollevarsi all’insù:
“Non illuderti. Io sono sempre arrabbiata con te.”
“Ah- ah...”
Mi avvicino cautamente a lei di qualche passo e lei se ne accorge, ma questa volta non indietreggia.
“Però, sai... devi ammettere che questa cosa dell’arrampicarsi fino alla tua camera ha un non so che di romantico...”
“Di malato, vorrai dire.”
“… Tipo, che so, Romeo e Giulietta.”
Cavolo, sul serio? Sto flirtando con lei, con Koizumi in pigiama (di presenza e non più al telefono) nella sua camera, i suoi famigliari a pochi passi da noi e, probabilmente, con suo fratello che origlia accucciato dietro la porta.
In realtà non ho molta esperienza, in questo campo. Non ho mai avuto bisogno di provarci con nessuna, di solito sono sempre state le ragazze a provarci con me (sono irresistibile, che posso farci?), e con Kanzaki ero ancora troppo timido e ingenuo per capire le dinamiche di una vera relazione.
Perciò, tutta questa situazione mi sembra nuova e… bè, mi piace. Provarci con Koizumi, mi piace.
La vedo arricciare il naso, inorridita: “Piantala, scemo. Mi sembri Haruka.”
“Ma io sono più bello e più figo. Non trovi?”
“E anche più modesto, certo. Deve esserti entrata troppa aria nel cervello, Otani… mi stai spaventando.”
“O forse sono solo felice di vederti, finalmente. Mi… sei mancata.”
È la verità. E so che anche io le sono mancato. Glielo leggo in quel viso cocciutamente inespressivo – ma che per me, ormai, è come un libro aperto – che vorrebbe saltarmi al collo e abbracciarmi fino a stritolarmi.
Koizumi solleva un sopracciglio al mio commento, lievemente scettica, ma per il resto non si muove di un millimetro dalla sua posizione iniziale, con le braccia conserte. Sono già di fronte a lei e le sfioro la spalla, dopodiché mi sollevo sulle mezze punte per premere le mie labbra contro le sue, ostinatamente serrate e rigide.
Mi distacco con un sospiro: non ha ricambiato.
So che è ancora arrabbiata per la faccenda dello Streep club, perciò al momento mi ritengo già fortunato che non mi abbia respinto. È già un grosso passo avanti, considerando la reazione che ha avuto quella sera. Senza contare la sua testardaggine.
Tuttavia, non riesco a mandarlo giù: è l’ennesimo malinteso che ci fa allontanare, e ne ho piene le tasche. Devo risolvere questa faccenda adesso.
Per cui, scaccio via la delusione e tento un sorriso ammiccante: “Se ti ostini in questo modo, sappi che dovrò tirare fuori l’artiglieria pesante...”
Koizumi arrossisce di botto, diventando cremisi e facendo così sgretolare la sua perfetta maschera di indifferenza: “N-non voglio che tu esca fuori nulla!”
Scoppio a ridere, ma subito lei mi tappa la bocca con la mano: “Ma sei idiota, Ottonano? Vuoi svegliare i miei??”
Ops.
Le lancio un’occhiata di scuse, e lei mi libera dalla presa, sospirando: “Sarà meglio che tu te ne vada. È tardi.”
Scuoto ostinatamente la nuca: “Neanche per sogno. Non prima di aver sistemato le cose tra noi.”
Koizumi solleva gli occhi al cielo e sbuffa, esasperata: “Dio, Otani, quanto sei testardo!”
“Testardo io?”
Le vado dietro, mentre lei si avvicina al proprio letto e vi si siede a gambe incrociate, acciuffando uno dei cuscini, abbracciandolo.
“Si, tu,” replica stizzosamente,“mi sembrava avessimo già chiarito al telefono.”
Sembrava, appunto. Ma non hai ricambiato il mio bacio, però...”
“Questo per farti capire che arrampicarsi sulla facciata di casa mia non porta a niente di romantico.”
“Mi sarei arrampicato dal retro, ma in quel caso raggiungere la tua stanza sarebbe stato un tantino problematico, non trovi?”
“Idiota. Piantala di scherzare, sono seria.”
“Perciò è per questo che sei arrabbiata con me, non più per via di... uhm, quella sera.”
“Diciamo che quello contribuisce in parte al mio malumore.”
Sbuffo, seccato: “Ancora con questa storia? Cavolo, Koizumi, quante volte... no, sai che ti dico? Pensa quello che vuoi, sono stufo di giustificarmi per una cosa che non ho fatto.”
Davvero, il fatto che non abbia ricambiato il mio bacio per questo motivo, mi fa saltare i nervi.
Koizumi assottiglia lo sguardo: “E questo che cavolo vorrebbe dire?”
“Esattamente quello che ho detto. Sono venuto fin qui con le buone intenzioni, e invece tu continui a perorare la tua causa...”
“Guarda che non mi sono inventata nulla, tu c’eri in quel locale, ti ho visto. Cos’altro dovrei pensare?”
Non l’ascolto nemmeno: “Ti chiamo e non rispondi; mi arrampico fino alla tua stanza per cercare di fare pace e mi urli addosso, e quando ti bacio non ricambi... e tutto perché ti ostini a pensare male di me. Se hai intenzione di essere ancora così di malumore per il giorno del mio compleanno dimmelo subito, Koizumi: mi organizzerò di conseguenza.”
A quelle ultime parole, lei mi lancia un’occhiata gelida: “Hai già intenzione di stare con i tuoi amici dell’università quel giorno, non è vero? Fa’ come vuoi, allora.”
“Non è così, stupida. Non intendevo... volevo dire, che invece di sorbirmi te che mi tieni il muso per delle sciocchezze, preferisco passare del tempo con i miei amici.”
Oh, no.
Mezzo secondo dopo aver pronunciato quella frase, realizzo di aver appena detto la cosa più sbagliata che avessi mai potuto dire: gli occhi di Koizumi ormai mandano lampi.
“Ho capito,” dice freddamente, “non vuoi che la mia ingombrante e musona presenza intralci i festeggiamenti. Messaggio ricevuto. Dato che preferisci passare il giorno del tuo compleanno con la tua nuova compagnia, sta pur certo che non mi avrai tra i piedi.”
“No, ti sbagli, io…”
“Adesso è meglio che tu te ne vada... sono davvero stanca e domani devo lavorare,” il suo sguardo è triste ora, mentre sembra tutta presa dall’angolo del suo cuscino.
Cavolo, ma perché sono così stupido? Volevo fare pace con lei, e invece ho lasciato che il fastidio per non aver ricambiato il mio bacio facesse sì che rovinasse tutto. Non voglio andarmene adesso, sento che le cose rispetto a prima sono anche peggiorate.
Ma Koizumi è davvero di umore pessimo stasera, e se rimanessi probabilmente succederà qualcosa di ancora più spiacevole. Per cui non mi resta che arrendermi, per questa sera:
“Va bene, come vuoi. Dormici su.”
Un po’ titubante mi chino per cercare le sue labbra, ma trovo solo la sua guancia.
Con un breve sospiro, mi avvio verso la portafinestra e scosto la tenda. Lancio un’ultima occhiata a Koizumi, che mi da le spalle ormai distesa sul letto, prima di uscire nella notte, che mi sembra più fredda rispetto a prima.
“Non ti importa più nulla che possa cadere e farmi male, Koizumi?” mormoro tristemente alla luna.


 
***

 
POV Risa
 
 
Chiudo la tenda, dopo aver tenuto d’occhio Otani fino a quando non ha svoltato l’angolo, per poi lanciarmi sul letto, afferrando il cellulare dal comodino:


A: Nobu
Il mio piano sta funzionando. RK
 
Da quando hai un piano? NH
 
Da stasera. Ho fatto credere a Otani di essere ancora arrabbiata con lui, così non sospetterà che gli sto organizzando una festa di compleanno e resterà ancora più sorpreso. RK
 
Dici che se l’è bevuta? NH
 
Sì. Ha fatto una faccia, quando non ho ricambiato il suo bacio... e sembrava talmente abbattuto quando se n’è andato, mentre io avevo solo voglia di fermarlo e abbracciarlo fino a stritolarlo. RK
 
Povero.
Ma sicuramente i suoi amici dell’università gli organizzeranno qualcosa... NH
 
Non se li avvertiamo e chiediamo loro di partecipare alla mia idea. Nakao avrà sicuramente il numero dell’amico di Otani. RK
 
Chi, Kyo? NH
 
Proprio lui. Basterà un giro di telefonate, e il gioco è fatto. RK
 
Non pensavo di poterlo mai dire, ma… sei davvero subdola, ragazza!;) NH
 
Lo so. ;) RK
 
Mammina è tanto orgogliosa. NH
 
Ehm, ne sono felice...credo. RK
 
* Nakao è stato aggiunto alla conversazione *
 
Ehi, per caso hai il numero di qualche amico di Otani dell’università? RK
 
Certo, ho il numero del suo amico Kyo. Perché? HN
 
Mi è venuta un’idea per la festa a sorpresa di Otani, e vorrei che partecipassero anche i suoi amici dell’università. Potresti darmi il suo numero, in modo che gli possa spiegare? RK
 
Certo, non c’è problema, ma se vuoi posso fare da tramite e spiegarglielo direttamente io! :) HN
 
Oh, sarebbe fantastico! L’importante è che facciano tutti il passaparola tra di loro. RK
 
Scusate se mi intrometto, ma se Otani non deve sapere l’orario e il luogo della sua festa, come farà a presentarsi? NH
 
Sta tranquilla, ho già pensato io a quello. RK
 
Se lo dici tu... NH
 
Kyo dice che ci sta! :D HN
 
Perfetto! Che l’operazione “The Otani”[3] abbia inizio. RK
 
Aspetta, perché “The Otani”? NH
 
E dai, assecondami...RK
 
Ma è stupido... NH
 
Uff... RK
 
Sei sicura che si lascerà convincere a venire? HN
 
Ma certo che verrà. Lui c’è sempre. RK


 
***
 
 
“Perché cavolo non è ancora arrivato, quel nanetto?” sbuffo spazientita, guardando l’orario sul display del cellulare per la quindicesima volta in cinque minuti.
E il giorno del compleanno di Otani e qui al parco ci siamo tutti: Nakao, Chiharu, Suzuki, Seiko (che ha portato una valanga di pasticcini e bevande varie e mi ha aiutato ad allestire il tutto), alcuni ex compagni di basket di Otani, Mimi, persino Haruka è venuto (anche se ad Otani presumo sia indifferente la sua presenza), e il parco è già gremito di gente (fortuna che siamo arrivati presto, in modo da stabilirci in uno dei posti migliori).
Manca solo Otani.        
“Sono le 19:40 e sarebbe dovuto essere qui già mezzora fa...” sospira Chiharu aggrappandosi al braccio di Suzuki.
“Ehi, tu, brutta strega!” Mimi si avvicina a me, puntandomi un dito, minacciosa:
“Spiegami perché At- chan non è ancora arrivato!”
“Non lo so, io…”
“Tsk, non  è certo colpa di Risa, se quel piccoletto non la merita,” si intromette Haruka, “insomma, guarda cosa ha fatto per lui, e neanche si degna di presentarsi!” sbotta, indicando attorno a sé le numerose lanterne sparse, le luci sugli alberi, lo striscione confezionato dalla sottoscritta, sul quale si legge ‘Tanti Auguri Nano’ (aspetta, Nano? Dev’esserci senz’altro lo zampino di Haruka)  e il tavolo pieno di leccornie varie, tra le quali fa bella mostra di sé una torta rotonda al cioccolato (la preferita di Otani), con su scritto ‘Happy B- day, Otani!’ con la glassa al mirtillo e una candelina a forma di 19 sopra.
“Sei sicuro che Otani abbia ricevuto il messaggio?” mi domanda Nakao.
Scuoto mestamente la nuca: “Non mi ha risposto... forse non lo ha letto.”
Mimi sbuffa: “Scusate, posso sapere di preciso, cosa c’era scritto nel messaggio?”
“Solo che Koizumi aveva bisogno di lui con urgenza,” risponde Nakao per me.
“E questo sarebbe il tuo piano?” sbotta Mimi, incredula,“c’era da aspettarselo da una rimbambita come te. Figurati se At- chan mollerebbe i festeggiamenti per il suo compleanno, perché tu gli ha scritto in un messaggio che hai bisogno di lui. Ridicolo!”
Sospiro, chinando la nuca, infelice: già, forse sono stata una sciocca a pensarlo. Farlo arrabbiare non è stata una grande idea, dopotutto.
Probabilmente lui davvero preferisce passare il suo compleanno con i suoi amici dell’università...
“Mimi- chan, non essere cattiva!” sbotta improvvisamente Seiko, infervorandosi, “Otani-senpai non ci penserebbe un secondo, mollerebbe tutto e correrebbe da Koizumi-senpai, come ha sempre fatto. Dico bene, Koizumi-senpai?”
Abbozzo un sorriso: “Sì.”
La mora sbuffa: “Ma per favore... e allora spiegami perché non è ancora qui.”
Prima che possa aprire bocca, Nakao mi chiama:
“C’è un messaggio, è Motoharu: dice che Otani li ha appena raggiunti al pub, scusandosi perché ha il cellulare scarico.”
“Allora davvero non avrà letto il messaggio...” sospiro per metà sollevata, per metà in ansia.
“Allora che si fa? Se non ha letto il messaggio, come lo convinciamo a venire qui?”
“Motoharu dice che ha un piano. Andrà bene, vedrai,” mi sorride Nakao, rassicurante.
Annuisco, sentendo la mia ansia crescere ogni secondo che passa.
Lui verrà, continuo a ripetermi, come a infondermi speranza.
Verrà. Ne sono sicura.
 
 
***

 
POV Otani
 
 
“Ehi, Chappi, giusto per curiosità, ma alla fine tu e la tua ragazza vi siete mollati?” mi domanda Moto, prima di portarsi il proprio bicchiere alle labbra.
Quasi mi strozzo con i salatini: “No,” rispondo bruscamente,“abbiamo solo litigato...”
“Oh,” commenta, lanciando un’occhiata a Emi, seduta sul divanetto del locale insieme a Shiozaki e Kyo e un altro paio di altri amici, “capisco. E avete fatto pace, o...?”
“Senti,” sospiro, sentendomi più depresso di quanto non lo fossi prima, “non mi va di parlarne...”
“Okay...”
Qualcosa però nel suo sguardo mi fa intendere che ci sia dell’altro, qualcosa che sta volutamente ignorando di dirmi.
“Perché?” domando infine, assottigliando gli occhi, sospettoso.
Lui fa spallucce: “Uhm, no nulla…”
“Moto...”
“Cioè, non ci sarebbe niente di strano se per caso l’avessi vista con un tizio alto e moro, proprio...?”
Nemmeno finisce di parlare che mi sono già alzato dallo sgabello, sotto lo sguardo accigliato degli altri:
“Dove? Quando?”
Anche Moto sembra stupito dalla mia reazione: “Ehm… al parco, poco prima di venire q...”
“L’Hanami, certo!” lo interrompo, “Sapevo che quel tipo aveva messo gli occhi su Koizumi, lo sapevo!” farfuglio agitato tra me e me, per poi rivolgermi nuovamente a Motoharu:
“Ne sei proprio sicuro, Moto? E’ Koizumi, che hai visto?”
“Ehm…” sembra ancora leggermente perplesso, addirittura in soggezione, intanto che io rimango a fissarlo negli occhi con risolutezza.
“… Sì.” afferma infine, con un sogghigno.
Mi sento crollare il mondo addosso.
“Merda... scusate, ragazzi, devo proprio andare.”
“Dove vai, Chappi?” mi domanda Emi, in ansia, “E’ successo qualcosa?”
“Ma è la tua festa...” aggiunge Shiozaki.
“Perdonatemi, davvero...”
Ma non posso lasciare che Koizumi mi sia portata via in questo modo da quel tizio, aggiungo tra me e me.
Con un’ultima occhiata di scuse rivolta ai miei amici, mi precipito fuori dal locale, i pugni già ben chiusi, pronti a rompere il naso di quel bellimbusto!
Non mi accorgo dei miei amici che mi seguono con lo sguardo fino all’uscita, per poi lanciarsi occhiatine d’intesa.

 


***
 

POV Risa
 
 
Mi sento un po’ un’idiota a stare qui in piedi in mezzo al parco, mentre gli altri sono tutti nascosti dietro gli alberi di ciliegio o chissà dove.
Non appena noto Otani in lontananza, il mio sguardo si illumina: è venuto davvero!
Ma il mio sorriso si affievolisce, non appena mi accorgo del suo volto, man mano che mi si avvicina, con passo inferocito: è livido di rabbia.
“Dimmi dov’è quel tizio!” sbraita, puntandomi un dito contro.
Mi acciglio, perplessa: “Eh? Tizio? Quale tizio?”
“Non fare la finta tonta con me!”
“Cosa?! Ma di che stai parlando, nanetto??”
“Lo sai benissimo di cosa-!”
E’ proprio in quel momento che tutti sbucano alle sue spalle, come da cliché, e urlano all’unisono:
“SORPRESAAAA!!”
Otani sussulta, voltandosi. Rimane a bocca aperta e una diversa gamma di emozioni attraversano il suo volto: smarrimento, sorpresa, realizzazione, commozione. E infine gioia.
Boccheggia, per poi voltarsi verso di me: “Tu!”
Ridacchio: “Io.”
“Tu... voi...” balbetta ancora sotto shock, indicando prima me e poi gli altri, che si precipitano ad abbracciarlo e a fargli gli auguri.
Otani è rimasto senza parole!
“Ehi, non dimenticatevi di noi!”
Ci voltiamo, accorgendoci degli amici universitari di Otani avvicinarsi sorridenti.
“Ricordiamoci che è merito del mio piano geniale, se Chappi è venuto qui!” ride il tizio più alto tra loro, dai capelli biondo cenere.
Otani va loro incontro: “Ma... anche voi...?”
“Ringrazia la tua donna... ha fatto le cose per bene, eh?” ridacchia bonaccione in risposta il gigante, osservandosi attorno con ammirazione, per poi inchinarsi teatralmente di fronte a me, afferrandomi la mano:
“Motoharu al suo servizio, graziosa donzella,” si presenta con sguardo ammiccate, baciandomi il dorso.
Sento Otani sbuffare pesantemente al mio fianco, e io ridacchio nervosa, portandomi l’altra mano dietro la nuca, imbarazzata da quel trattamento al quale non sono affatto abituata.
Il resto del tempo passa velocemente, perdendosi in un turbinio di schiamazzi indistinti e risate allegre. Rido dello stupore infantile sul volto di Otani, quando si avvicina al tavolo stracolmo di leccornie (“uao, c’è anche la torta al cioccolato! L’hai fatta tu, Koizumi?”) e quando i suoi ex compagni di squadra gli propongono di fare una partita lì su due piedi, e della sua espressione buffissima non appena gli spiego del mio piano (“‘The Otani’? Davvero Koziumi, che nome idiota”) e che la mia arrabbiatura verso di lui quando eravamo in camera mia faceva parte del piano (“non eri veramente arrabbiata? Anche quando...?”), e del suo imbarazzo, quando gli spiego che “sì, anche quando non ho ricambiato quel bacio, fingevo”.
E quando Kyo si siede sotto uno degli alberi rosati e suona la sua chitarra, e noi tutti lo attorniamo, intenti ad ascoltare rapiti quella dolce melodia, io e Otani, distanti, ci lanciamo un’occhiata: mi sorride teneramente, ed io mimo in risposta con le labbra, facendolo arrossire:
“Buon compleanno.”
 

 
 
***
 
POV Otani
 
 
La osservo da lontano, mentre ridacchia insieme ad Emi. E’ ormai notte inoltrata, e le lanterne luminose creano piacevoli giochi di luce tra le ciocche rossastre dei suoi capelli.
Sono sciolti, stasera, lisci e naturali. Sono anche più lunghi di quanto me li ricordassi... mi piacciono. Capisco che ha cercato di sembrare più carina per l’evento, e ciò mi fa arrossire e battere il cuore fortissimo.
Se ne porta una ciocca dietro l’orecchio, continuando a chiacchierare. Mi sforzo di distogliere lo sguardo da lei, altrimenti si accorgerà che la sto fissando con un’espressione beota.
Con la coda dell’occhio noto Motoharu venirmi incontro. Mi si accosta accanto, dandomi una pacca pesante sulla spalla.
“Sai di essere il più grosso bastardo che abbia mai messo piede su questo pianeta, vero?” mormoro aspramente, senza guardarlo, riferendomi alla sua falsa soffiata al pub.
“Oh, ci puoi scommettere,” sorride lui sfrontatamente, per niente scalfito dal mio malumore, “sai, ho avuto modo di conoscere meglio la tua dama...”
“Cosa hai detto a Koizumi?” affilo immediatamente lo sguardo puntandolo su di lui, avvertendo qualcosa di fastidioso grattare alla bocca dello stomaco, come un brutto presentimento: non c’è da fidarsi di Motoharu, ormai l’ho capito.
“Oh,” ridacchia lui, bonaccione e disinibito, come se mi conoscesse da sempre, “le ho soltanto spiegato che la faccenda dell’altra volta è stata tutta colpa mia. Mi sentivo in colpa e ho cercato di rimediare. Sembrava convinta, alla fine,” si schiarisce la gola, prima di prendersi una lunga sorsata di birra dalla bottiglia.
Alzo la testa per guardarlo in viso, accigliandomi. Non me lo aspettavo di certo... che lo abbia fatto per ripulirsi la coscienza? Bè, se non altro, almeno adesso so che ce l’ha, una coscienza. E se Koizumi tornerà a sorridermi di nuovo, sarà per merito suo. Forse non è così stronzo come credevo, in fondo.
“Oh... bè, grazie,” replico, schiarendomi la gola a mia volta, tornando a guardare davanti a me.
Lo sento soffocare una mezza risata:
“Sai, devo proprio dirtelo...” prosegue lanciandomi una lunga occhiata, a metà tra l’irritazione e la totale ammirazione, “sei un fortunato bastardo, piccoletto. La tua tipa è quel genere di donna che non passa di certo inosservata... e credimi, di donne ne ho conosciute parecchie!”
Sollevo di colpo lo sguardo su di lui, accigliandomi: “Scusami?”
Per tutta risposta, lui si porta le mani dietro la nuca, spensierato:
“Ma sì... sai, la vedi per la prima volta e non te la togli più dalla testa.”
Sento i miei arti irrigidirsi, le mie labbra tendersi in una linea sottile, e le mia mano destra dentro la tasca della giacca stringersi automaticamente a pugno, senza che nemmeno me ne renda conto.
Rettifico: è di certo il più grosso stronzo sulla faccia della Terra.
Sta calmo, Otani, mi ripeto mentalmente. Sai com’è Moto, sta solo cercando di provocarti...
Non posso di certo negare il fatto che Koizumi sia oggettivamente una bella ragazza. Lo è sempre stata, anche se lei continua tuttora a pensare il contrario. E non posso neanche impedire agli altri di notarlo, purtroppo. D’altronde, solo un cieco non se ne accorgerebbe.
E’ anche vero che non lo pensavo all’inizio, quando ci siamo conosciuti (all’epoca era solo una spilungona sgraziata e sciatta, per me), e sì, so di non dirglielo molto spesso (fare complimenti del genere rientra in quei casi per i quali io morirei di imbarazzo, insieme ai baci, le carezze, i ‘ti amo’ ecc...). Resta il fatto che, ammettendolo o meno, anno dopo anno, Koizumi sta diventando sempre più graziosa e, sì, bella, ai miei occhi e a quelli degli altri, centimetri in più compresi (perché l’altezza è ormai è una cosa più che superata, per me: è persino gradita).
Solo lei non sembra accorgersene.
Fatto sta che mi da un certo fastidio sentire parlare così di Koizumi da un altro ragazzo... specialmente se il suddetto ragazzo è quel porco di Motoharu.
“Ah, sì?” domando retorico, fingendomi totalmente indifferente, quando in realtà mi sento ribollire il sangue nel corpo.
Lui annuisce, allegro: “Eh, già... è davvero crudele, non credi? Le donne fidanzate sembrano siano state fatte apposta per lasciare il segno in un altro uomo per tutta la vita...”
“Sì? Bè, ti conviene toglierti la mia ragazza dalla testa, o l’unico segno che ti rimarrà a vita sarà quello del mio pugno sulla tua faccia,” rispondo freddamente, senza accorgermi di stringere in mano il bicchiere di plastica finora ignorato, ormai spiegazzato attorno alla presa salda delle mie dita. Me lo porto alle labbra e sorseggio qualche goccio di birra, fingendo tranquillità quando invece dentro mi sento ruggire.
Moto scoppia a ridere, con un fragoroso latrato che fa girare diverse teste nella nostra direzione:
“Esilarante...” commenta, piegandosi in avanti e asciugandosi una lacrimuccia all’angolo dell’occhio,  guadagnandosi un’occhiata assassina da parte mia: non sopporto chi mi provoca e poi si prende gioco di me.
“Amico, sarò anche un figlio di puttana, ma non le guardo mica quelle già fidanzate... ho una morale anch’io, cosa credi?” ammette, continuando a sghignazzare divertito.
Sbuffo, continuando a fingere indifferenza: “Non sapevo che i parassiti come te avessero una morale.”
“Ehi, ora non insultare. Ho solamente detto quello che penso, e cioè che la tua Koizumi è un gran bel bocconcino, e che se non fosse già impegnata avrei...”
“Forse non sono stato chiaro,” mi volto a guardarlo, assottigliando lo sguardo, “ma quello di prima era un avvertimento,” sussurro, con voce roca e carica di minaccia.
Evidentemente devo sembrare comico invece che incutere timore, perché il biondo scoppia nuovamente a ridere:
“Uao, non avrei mai pensato che un piccoletto della tua taglia potesse essere tanto impudente! La gelosia mette i muscoli anche alle pulci, è proprio vero.”
Quelle parole mi colpiscono, e mi ritrovo ad arrossire involontariamente. Ma cerco di non darlo a vedere, ridacchiando sprezzantemente:
“Non sono geloso.”
“Ah, no? E allora il fatto che volevi spaccarmi la faccia a suon di pugni solo per aver fatto un apprezzamento sul culo niente male della tua ragazza, come lo chiami?”
“Mi da solo fastidio che tu parli di lei pensando di conoscerla... aspetta, prima tu non hai detto nulla sul suo culo!” ringhio, tornando a guardarlo minaccioso.
“Raccontalo a qualcun altro,” mi sorride, ignorando del tutto la mia irritazione, con aria di chi la sa lunga, “non sono mica cieco, sai? Ho visto la luce nei tuoi occhi, quando la guardi.” Sobbalzo, a quelle parole:
Luce? Che luce? Cazzo!
Distolgo immediatamente lo sguardo da lui, arrossendo ancora di più e sperando che la voce non tradisca il mio panico:
“N-non so di cosa stai parlando...”
Lui solleva gli occhi al cielo: “Certo, certo. E comunque, anche quella ragazza, non sembra avere occhi che per te. Provarci sarebbe comunque inutile.”
“Allora perché mi provochi?”
“Perché è divertente!”
Grugnisco, guardandolo male. Questo tipo ha la capacità di farmi incazzare quasi quanto Koizumi. E so anche perché: ha ragione, inutile negarlo.
Sinceramente, dentro di me ho sempre saputo di essere geloso di Koizumi, sin da quando ho cominciato a frequentarla. E non mi riferisco solamente ad Haruka, e successivamente a Maity e Kohori... provavo, provo tuttora disagio anche con chiunque, qualunque cosa le rubi del tempo, che si tratti dell’accademia o degli amici... persino uno stupido videogioco ha la capacità di irritarmi!
Col tempo, questa gelosia si è protratta e si è estesa fino a diventare di questa portata... e non è detto che non continuerà a crescere in futuro.
Il fatto è che, nella mia testa, negli anni, si è fatto strada questo pensiero, ormai ben radicato e in crescita costante, che in un mondo in cui le persone sono destinate a trovare qualcuno a cui appartenere, Koizumi non può che essere di due persone soltanto: di se stessa, e mia. Fine della storia.
Non che Koizumi debba mai saperlo, comunque.
“Ehi, lo sai che sto solo scherzando, vero?” torna a mormorare il biondo dopo qualche istante, distraendomi dalle mie riflessioni; poggia la bottiglia ormai vuota per terra, estraendo il pacco di sigarette dalla tasca dei pantaloni:
“Cioè, tu sei un amico, e io non le guardo nemmeno le donne dei miei amici... per chi mi hai preso?”
“Per un gran bastardo?”
Ridacchia brevemente, mentre si accende la sigaretta e ne aspira la prima boccata:
“Forse. Ma di certo non a questi livelli. Davvero amico, sei fortunato, perché almeno tu hai qualcuno che ti ama…”
Ha lo sguardo ostinatamente rivolto alla punta dei propri piedi, e anche il suo sorriso si è affievolito. Sembra essersi fatto improvvisamente malinconico, proprio come quella sera al locale.
“Perché non ti dichiari ad Emi?” la butto lì, capendo cosa sta passando nella sua mente, “Guarda che l’ho capito che ti piace...”
“Scherzi? Ho una reputazione da difendere e da portare avanti con orgoglio. E poi,” aggiunge, sorridendo amaramente, “lei è così bella e intelligente... mi rifiuterebbe senza pensarci due volte.”
“Può darsi,” ammetto, in tutta franchezza, “ma se davvero tieni a lei non dovresti arrenderti di fronte al primo rifiuto... o al secondo. O al terzo. Ehm, quello che sto cercando di dire...” prendo un grosso respiro, prima di afferrarlo per le spalle e guardarlo risolutamente in viso, sotto il suo sguardo stupefatto:
“Per esperienza personale, un takuan può trasformarsi in granchio... fidati, so di cosa sto parlando.”
Si acciglia, ancora più confuso: “Un... takuan?”
Annuisco, convinto: “Già. E ti dirò di più: non solo potrai diventare un granchio, ma addirittura il re dei granchi, se solo ci crederai davvero...”
“Piccoletto, quanti bicchierini hai svuotato?”
“Sto solo dicendo che i sentimenti non sempre sono chiari e immediati, okay? Ma quando si desidera qualcosa è sempre meglio conquistarsela, e tenersela stretta con tutte le proprie forze. Penso solo questo,” concludo, facendo spallucce.
“Uao...” commenta Moto, sinceramente colpito dalle mie parole, “hai ragione. Non pensavo fossi così saggio.”
“Bè, sai... si vede che non mi conosci abbastanza,” gongolo, con soddisfazione.
“Anzi, no,” si corregge, dopo averci pensato su un istante, aprendosi in un largo sorriso, “non  saggio, ma innamorato... Chappi innamorato! Che dooolce!”
“Idiota!” avverto con orrore le mie guance riscaldarsi, “Non dirlo con quella vocetta da femmina in calore! Mi fa venire i brividi, che schifo!”
“Ma io sono tutta un fuoco per il mio Chappi!” mi salta addosso, aggrappandosi al mio braccio.
“Oh, dio, sento ritornare su quei pasticcini...”
“Questo vuol dire che non mi sposi più?” sporge il labbro inferiore cercando di esibire un broncio adorabile, ma che io trovo solo rivoltante.
“Preferirei giurare amore eterno a una puzzola.”
“Ma Chappi, i nostri figli!”
“Che? Quali figli? Non sono mai stato ubriaco in vita mia,” ribatto acidamente, cercando di scrollarmelo di dosso, nauseato dalla puzza di fumo.
“Scommetto che ti piacerei se fossi una stangona coi capelli rossi e un sedere da urlo,” mi sorride alludendo, neanche troppo velatamente, a Koizumi.
Ringhio, seccato: “Ancora con la storia del sedere...”
“A parte gli scherzi, come stai messo con la tua tipa?” mi domanda, mollando infine la presa e tornando ‘normale’.
Lo guardo senza capire: “Che intendi?”
“Insomma...” Moto mi lancia un’occhiata ammiccante, dandomi leggere gomitate sul braccio, “intendo, sai... se Chappi ha già centrato il canestro, non so se mi spiego...”
Non ho la più pallida idea del perché, ma capisco al volo a cosa si riferisce.
“NON!” ruggisco, il mio viso ormai rosso fosforescente, “… sono affari tuoi,” concludo fingendo compostezza, distogliendo lo sguardo. Dannazione!
Lo sento ridacchiare: “Lo sapevo, ancora nient-”
Lo zittisco, tirandogli un cazzotto sulla nuca: “TI HO DETTO CHE NON SONO AFFARI TUOI, IDIOTA!” sbraito, fuori di me dall’imbarazzo.
Dopodiché giro i tacchi e lo pianto lì, andando a cercarmi un posto tranquillo dove smaltire il mio malumore.


 
***
 
POV Risa
 
 
 
“Uh? Cos’ha Otani?” domando rivolta ad Emi, notando il mio immusonito ragazzo neo diciannovenne, addentrarsi a passo di marcia e col fumo alle orecchie in un sentiero acciottolato, prima di perderlo di vista.
“Non lo so, ho visto che parlava con Motoharu... probabilmente lo avrà provocato come al solito,” fa spallucce lei, “vuoi che vada a parlargli...?”
Le sorrido, scuotendo piano la nuca:
“No, vado io.”
Mi allontano, senza accorgermi che Emi mi segue con lo sguardo, con un lieve sorriso di resa.
Lo trovo seduto sotto a un albero di ciliegio, in riva a un ruscello illuminato dai riflessi cristallini della luna.
“Ehi…”
Al suono della mia voce, Otani si volta immediatamente, sorridendomi. Non sembra per niente arrabbiato, e la cosa mi stupisce.
“Ehi…”
“Come mai ti stai isolando, nanetto?” lo punzecchio, mentre mi siedo al suo fianco, incrociando le gambe.
Lui sbuffa, arrossendo appena: ”Non mi sto isolando... mi godo lo spettacolo.”
“Eh?” faccio, confusa, “Spettacolo? Quale...?”
Mi interrompo nel momento stesso in cui, voltando il capo, mi osservo attorno. Rimango senza fiato:
Una leggera brezza attraversa le nostre teste, accarezzando la criniera dei ciliegi rosati, e in un attimo io ed Otani siamo circondati da un oceano di petali rosa, le lanterne sparse qua e là sopra i rami e sull’erba, riflettendo le luci soffuse color pesca sull’acqua del ruscello e rendendo questo posto intriso di un’atmosfera magica e incantevole, da fiaba.
Sono senza parole, davvero. È...
“… Bellissimo,” sussurro a mezza voce, con gli occhi luminosi, senza riuscire a staccare lo sguardo da quello spettacolo. Non mi accorgo che Otani mi sta osservando di sottecchi, con la medesima espressione sognante.
“Già, davvero... bellissima,” mormora, in un tono dolce e carezzevole che non gli ho mai sentito.
Mi volto infine verso di lui, sorridendogli e godendomi la sua espressione imbarazzata.
“Pensavo che non ti stessi divertendo...”
“Al contrario,” scuote la nuca lui, “mi sto divertendo davvero molto. E anche tutti gli altri, a quanto pare...” si volta verso i nostri amici, i cui schiamazzi e risate si sentono sin da qui – sopra tutte, quella fragorosa di Motoharu, probabilmente già mezzo ubriaco.
“Moto mi ha detto che hai parlato con lui... sai, riguardo a quella faccenda...”
Annuisco, aprendomi in un sorriso sincero: “Già. Mi sembra un tipo molto simpatico... mi fa morire dal ridere!”
Vedo Otani rabbuiarsi all’istante: “Non lasciarti incantare, Koizumi. Fa il cascamorto, e dice certe battute solamente per attirare l’attenzione delle ragazze...”
Lo blocco, senza smettere di sorridere: “Non ci ha provato con me, te lo garantisco. Anzi, mi ha detto che devo fidarmi di te, e che sei un bravo ragazzo. Lui è davvero tuo amico, dopotutto.”
Otani si zittisce, soppesando le mie parole per qualche momento; poi mi prende delicatamente la mano, stringendola timidamente alla propria, senza sollevare il volto. Sorrido mentre intreccio le nostre dita, restituendo la stretta.
È bello avere un momento solo per noi.
“Grazie,” dice lui, continuando a tenere lo sguardo sulle nostre mani.
“Per cosa?”
“Per tutto. Per questa sorpresa, per aver messo una pietra sopra quella storia... per tutto.”
Sbuffo appena, ma senza perdere il sorriso: “E chi ti dice che ci abbia messo una pietra sopra?” chiedo, con tono petulante.
Otani mi guarda con la coda dell’occhio, truce: “Ma non hai appena detto che Moto era riuscito a convincerti?”
“Sì, ma… questo non significa che io non sia più incazzata per quello. Penso che lo sarò da qui fino al prossimo anno, o anche più avanti...”
“Non ti sembra di esagerare?”
“Affatto,” mi imbroncio, indispettita,“solo pensare a te circondato da tutte quelle scostumate, mi fa... argh!” mollo la sua mano e mi afferro i capelli, scompigliandoli in un moto di rabbia e frustrazione, “Certe cose mi fanno davvero incazz...”
Mi blocco immediatamente, non appena Otani con un solo gesto si abbassa sulle mie gambe intrecciate e vi appoggia spensieratamente la nuca, osservandomi per qualche secondo, con quel suo solito sorrisetto da schiaffi:
“Ahi ahi, Koizumi...” commenta, dopo aver represso una risata, “se continui così, non mi lascerai scelta, lo sai? Penserò davvero che tu sia gelosa...”
Arrossisco di botto, non essendo in grado di rispondere a tono: “C- cosa stai f-facendo?”
“Mmh? Mi metto comodo... perché, non posso?” sbatte innocentemente quelle ciglia lunghe e mi guarda con quegli adorabili occhioni da cucciolo. Maledetto.
Mi fingo perfettamente calma e a mio agio – probabilmente fallendo miseramente – e, dopo aver disteso le gambe e voltato stizzosamente il viso di lato, con voce astiosa gli rispondo:
“Mgh... come vuoi. A me non fa né caldo né freddo...”
Si solleva rapidamente e piazza il proprio volto a due centimetri dal mio. Sento il mio cuore fermarsi istantaneamente, così come il mio respiro.
“Davvero?” domanda in un sussurro, guardandomi dentro le pupille, “Non ti suscita proprio niente la mia vicinanza, Koizumi?”
Sto per andare in iperventilazione, me lo sento. Tra un momento all’altro sentirò il mio cuore tentare di sconquassarmi il torace, il mio cervello esplodere, probabilmente salterò al collo di Otani e lo bacerò fino a svenire tra le sue braccia per mancanza d’ossigeno... o mi sveglierò e mi renderò conto che si tratta solamente di un sogno.
“S- sì...” balbetto senza avere la benché minima idea di cosa mi stia uscendo di bocca, consapevole della mia espressione adorante, e pensando che molto probabilmente gli sto sbavando sulla maglietta. Questo pensiero mi fa bruscamente rinsavire dalle mie fantasie:
“… M- mi suscita qualcosa come il non sentirmi più la gamba,” concludo, cambiando la mia espressione da sognante ad arcigna, guardandolo male.
Vedo la confusione attraversare il suo sguardo accigliato: “Eh?”
“La tua mano. Sta schiacciando la mia gamba con tutto il tuo peso – e a proposito, sei pesante.”
Lui si affretta a staccare il palmo della mano – con la quale si era sollevato – dalla mia gamba e la poggia sul prato, distogliendo lo sguardo da me, rosso di vergogna. Sbuffa, imbronciandosi:
“Che gentile…” sembra esserci rimasto un po’ male, dal mio commento.
Improvvisamente mi sento in colpa... dopo tutto l’impegno che ci ho messo per rendere questo giorno speciale, perché cavolo devo farlo sentire giù, adesso?
#“Ricordati che è il suo compleanno. Tieni a freno quella linguaccia e le battute poco simpatiche per te, almeno per una serata, d’accordo? Cerca di essere carina, e anche dolce e romantica.”#
Le raccomandazioni di Nobu mi contorcono le viscere in modo fastidioso. 
Carina, dolce e romantica... come se non mi conoscesse! Sono tre aspetti che non fanno assolutamente parte di me! Osservo il viso di Otani – che nel frattempo è tornato a distendersi, poggiando la testa sulle mie gambe chiudendo gli occhi –, così bello e sereno... non come quando dorme, ma in qualche modo consapevole di cosa gli sta attorno e della mia presenza.
Mi mordicchio nervosamente le labbra, avvertendo il mio cuore accelerare i suoi battiti, la testa vorticare velocemente, sentendomi sempre più attratta verso quel viso...
La mia mano si muove da sola, impaziente di saggiare con i polpastrelli la morbidezza di quella pelle illuminata dalla luce lunare e dalle lanterne soffuse.
Non ho mai desiderato così ardentemente toccare qualcosa. Toccare lui
Otani apre di scatto gli occhi, e mi sento raggelare immediatamente: la mia mano si blocca a mezz’aria, mentre percepisco una quantità considerevole di sangue fluire tutta verso le mie guance, mandandole in fiamme. Rimane a fissarmi con uno sguardo indecifrabile, curioso ma perfettamente calmo.
Cielo... si è accorto che stavo per toccarlo! Merda, merda, merda!
Mi affretto a ricacciare indietro la mano, cercando di nasconderla dietro la schiena, ma lui è più rapido: mi afferra il polso, riportando i nostri volti vicini – talmente vicini che le nostre ciglia quasi si intrecciano le une con le altre.
Mi sento morire.
“Che stai facendo?” mormora, sollevando un sopracciglio e guardandomi negli occhi come non ha mai fatto.
“N- niente...” riesco a sussurrare appena, per poi schiarirmi nervosamente la gola, “non... ti ho ancora dato il tuo regalo.”
Lui corruga la fronte: “Eh?”
“Che vuol dire ‘eh?’, scemo?” rido, porgendogli la piccola busta che mi sono portata dietro, con dentro un regalo incartato dalla forma rettangolare,“pensavi non te ne facessi?”
“Bè...” si gratta la nuca, arrossendo appena e afferrando il dono, “non credevo ci fosse altro... non dovevi, davvero.”
“Invece sì,” ribatto con un gran sorriso, che lui ricambia immediatamente.
“Grazie,” dice, cominciando a scartarlo emozionato:
“Uao...è...” tira fuori dalla scatola la boccetta di acqua di colonia e svita il tappo per annusare, “buono,” commenta infine, e io mi lascio andare ad un sospiro di sollievo:
“Sai, ci ho pensato a lungo e alla fine ho optato per questo,” spiego, mordicchiandomi un’unghia, nervosa, “so che normalmente non si usa fare questo genere di regalo, dato che è una cosa strettamente legata al gusto personale, ma... ecco, ho voluto azzardare.”
“Bè, hai fatto centro,” commenta, versandosi due gocce sul polso, strofinandoselo poi contro l’altro e, successivamente, sul collo.
“Ti piace?”
Annuisce: “Sì, molto. A quanto pare mi conosci meglio di quanto immaginassi, Koizumi... chi l'avrebbe mai detto che avresti indovinato anche i miei gusti olfattivi?”
“In realtà non ci ho pensato molto. E' un odore buonissimo, e ho pensato che difficilmente non ti sarebbe piaciuto. Ho annusato praticamente tutti i profumi maschili che avevano in negozio... alla fine avevo la testa annebbiata da tutti quegli aromi!”
Ride, probabilmente intento ad immaginarmi a passare in rassegna ogni acqua di colonia e storcere il naso, fino ad intossicarmi.
“Ti aspettavi qualcosa di Umibozu, dì la verità.”
Lui scuote subito la nuca: “In realtà non so cosa mi aspettassi... ma sicuramente non questo. Dev’essere stato difficile sceglierne uno...”
“Non così tanto. Ho solo provato ad immaginarmi quale mi sarebbe piaciuto sentirti addosso,” spiego, facendo spallucce.
Rimane a fissarmi con sguardo indecifrabile per qualche momento, perso in chissà quali pensieri.
“Che c'é? domando allora, incuriosita dal suo mutismo.
Lui sorride, distogliendo lo sguardo da me e puntandolo sul regalo: “Niente, sono solo... sorpreso. E...”
“Conquistato?” suggerisco, con tono carico di aspettativa.
“Sì,” conferma dopo un istante, sorridendomi, “decisamente conquistato.”
Il mio volto si illumina, radioso. E’ rimasto di nuovo senza parole, penso, gongolando con soddisfazione.
Flirtare. Bene, facciamolo.
“Posso sentire?” avvicino il mio viso alla sua mandibola, e annuso sul suo collo. Sento Otani trattenere bruscamente il respiro, irrigidendosi istantaneamente.
Aspiro piano quella delicata fragranza di arancia e pompelmo, che sa di pulito e freschezza, e che insieme all’odore naturale della sua pelle lo rende decisamente il profumo più buono che io abbia mai sentito.
“Sai, mi sbagliavo. E' persino più buono, su di te,” mi esce detto, prima che possa impedirmelo.
Le guance di Otani sono davvero, davvero rosse, adesso. Per il mio gesto o per il mio commento, non so dirlo. Penso per entrambi.
“Che c’è?” domando nuovamente, con un sorrisino.
“Niente!” taglia corto lui, in modo brusco; ma le sue guance sono scarlatte: imbarazzato.
Sogghigno tra me e me, mentre lui torna a distendersi sull’erba, poggiando la testa sulle mie gambe, chiudendo gli occhi.
Per un po’ restiamo in silenzio, il placido sospiro rilassato e il lieve sollevarsi ritmico del torace di Otani, mentre intreccio le mie dita tra le sue ciocche morbide; e nonostante gli schiamazzi non troppo distanti non sento nulla se non uno strano senso di pace, come se fossimo dentro una bolla di sapone, lontani anni luce dal resto del mondo.
“Koizumi...” mi chiama cautamente, dopo quelli che sembrano anni.
“Mh?”
“Come sapevi che sarei venuto?”
“Non lo sapevo... ci speravo, però.”
Rimane in silenzio pensieroso per un altro paio di minuti, quando riapre gli occhi e mi guarda, riprendendo a palare:
“Ricordi quella volta in cui eravamo separati, e tu non volevi credere che io ti avessi lasciata davvero?” mi domanda in un sussurro, il suo sguardo ancora incatenato al mio, “Tu mi dicesti, che mi avresti aspettato alla stazione, per andare al festival autunnale insieme [3]...”
Mi sento invadere dalla tristezza, a quel ricordo, uno dei quali ho sempre cercato di rimuovere dalla mia mente, con tutta me stessa. Ripensare a quel periodo, il periodo più lungo in cui siamo stati separati, il peggiore della mia vita, fa ritornare in me l'ombra di quel vuoto che provai allora... quello della stazione è uno di quei ricordi che, di certo, non vorrei mai voler far riemergere.
“Sì...” rispondo infine, distogliendo amaramente lo sguardo dal suo, “anche se mi dicesti che non saresti venuto io ti aspettai lo stesso, nonostante quel tifone...”
“Ti ho mai detto che, invece, io ero lì?”
Mi volto di scatto verso di lui, sbarrando gli occhi: cosa...?
“C- cosa...?” esalo senza fiato in un sussurro strozzato, sentendomi il cuore galoppare nel petto.
Lui annuisce, arrossendo appena: “E' così. All’inizio ero indeciso se andare o meno... avevo una scusa perfetta, dato che c'era brutto tempo e tutto quanto. Ma la verità è che ero indeciso. Se seguire la mia testa, o...” fa una pausa, guardando altrove, “bè, alla fine mi decisi ad andare, ma... arrivai tardi. Te n'eri già andata.”
Rimango zitta e muta, pietrificata dallo stupore, non sapendo davvero cosa dire. Non riesco a crederci. Lui era davvero lì...
"Tu credevi che io non ti avessi lasciata sul serio..." riprende lui, tornando a guardarmi intensamente, “ma la verità, è che io non ti ho mai davvero lasciata, Koizumi.”
Trattengo bruscamente il respiro: ho sentito bene?
“Oh, Otani...” riesco solo a dire, in un sussurro soffocato.
Questa rivelazione, è molto, molto più di quanto avessi mai potuto sperare di ricevere da lui. Il regalo più grande, il gesto più concreto, la conferma che avevo bisogno di sentire, più di qualsiasi altra cosa. E all'improvviso, anche quel ricordo, pieno di rancore e amarezza, che ho sempre cercato di rintanare in un angolino nella mia mente perché troppo doloroso, si trasforma in qualcosa di meraviglioso.
Eccolo: posso vederlo con chiarezza adesso, e voglio che occupi tutti i miei pensieri; è . E mi riempie il cuore di gioia.
Perché finalmente, capisco che Otani non ha mai potuto fare a meno di me. Né in quel momento, né mai.
Come ho potuto pensare, anche solo per un istante, che stasera non venisse?
Otani c’è sempre stato, c’è, e ci sarà sempre.
Sento le lacrime gonfiarmi gli occhi. Dio, sono così felice.
Lo amo. Sempre, sempre di più.
Lui sbuffa, sollevando gli occhi al cielo: “E adesso, perché stai piangend...?”
Non lo lascio finire: senza averlo premeditato, spinta dalla felicità del momento, socchiudo le palpebre, abbasso impercettibilmente il viso e poggio le mie labbra sulle sue.
È inusuale, da parte mia... questi slanci non sono da me. Ma questa volta, è l’istinto che mi ha guidata.
Quando è stata l’ultima volta che l’ho baciato io, per prima? Ah, giusto: prima che ci mettessimo insieme, addirittura prima che lui mi baciasse per sbaglio nella sua stanza.
È successo nella nostra classe: io, presa dalla rabbia e dalla frustrazione, lo avevo baciato. Con forza. E poi gli avevo urlato contro che lo avrei dimenticato. Un bacio amaro, duro, dal sapore aspro e malinconico. E’ stata anche l’unica volta, che ho preso io l’iniziativa.
Questo bacio è molto diverso. Tutto il contrario. Le mie labbra vagano soffici sopra le sue,dal retrogusto di torta al cioccolato, quasi esplorandole. Non intimidite, ma caute.
Da parte sua, Otani sembra stupito dal mio gesto: lo percepisco dalla rigidità delle sue labbra, che dopo qualche istante di incertezza tornando a stendersi, premendo con leggerezza sulle mie.
Sento un soffio d’aria scivolare sulla mia pelle, nell’istante in cui mi bacia, e sorrido: si è lasciato sfuggire un sospiro di resa, quasi impercettibile. Continuo a tracciare il profilo delle sue labbra con la mia bocca, mentre Otani fa lo stesso con la sua, perdendo del tutto il senso del tempo.
La mano di Otani scivola dietro la mia nuca, le dita che si intrecciano ai fili dei miei capelli; mi attira ancora di più a sé, premendo con maggiore forza la sua bocca contro la mia. Rispondo con lo stesso entusiasmo, avvertendo il mio cuore tambureggiare contro la mia cassa toracica, e i miei polmoni svuotarsi del tutto.
Mi chiedo cosa sia questo strano formicolio. Lo sento attraversarmi per tutto il corpo, da parte a parte. Non ci siamo mai baciati così. Non siamo mai stati così presi da quello che stiamo facendo, così partecipi... così consapevoli di starci baciando.
Tranne, forse, al mio diciottesimo compleanno... ma in quel momento pensavo stessi sognando, di stare vivendo un’illusione. Otani aveva finalmente accettato i miei sentimenti, e mi sembrava tutto così irreale... non che non abbia seri dubbi anche adesso, in realtà.
Penso sia il miglior bacio che ci siamo mai dati finora. E il più lungo.
Solo quando mi separo da lui, coprendomi la bocca con la mano, mi convinco di essere completamente sveglia, paonazza da capo a piedi, il respiro che tarda a tornare completamente.
Accidenti. È stato bello. Molto più che bello. È stato come... come...
“Ancora.”
Il suo sussurro roco mi risveglia dal mio stato di trance, e mi costringe – seppure con difficoltà, per via dei miei occhi lucidi – a mettere a fuoco il suo viso: mi sta fissando – fissando, non osservando – con gli occhi ridotti a due fessure, anche lui con le guance rossissime e il fiato corto. È meraviglioso.
“E- eh?!” farfuglio, agitata e ancora non del tutto in me. Raddrizzo la schiena, allontanandomi dal suo volto e rompendo definitivamente l’atmosfera che si era precedentemente creata.
Otani rimane con la nuca appoggiata sulle mie gambe e continua a guardarmi imperterrito, con una strana luce negli occhi; tuttavia, noto il suo rossore espandersi in tutto il suo viso:
“V- voglio dire... d-dato che oggi è il mio compleanno, vorrei... ehm,” balbetta, prima di prendere un grosso respiro, “se non sbaglio mi devi un bacio per non aver ricambiato l’altra volta, quindi, ehm... dammi un... altro bacio. Per favore...?”
Mi correggo: questo deve essere per forza un sogno. Sì, assolutamente.
Boccheggio, non sapendo bene cosa dire. Aspetto un paio di minuti, giusto il tempo che il mio cuore ritorni ad avere un battito quasi normale, e dopo aver ritrovato un po’ di contegno e respiro, rispondo:
“Cal... calma i bollenti spiriti, nanetto,” ridacchio nervosamente; non lo sto guardando, ma posso immaginare la delusione dipinta sul suo viso. Un altro bacio come quello e il mio cuore potrebbe seriamente esplodere.
Otani sospira, arrendendosi: “D’accordo... ma mi devi un bacio, chiaro? Me lo prenderò quando meno te lo aspetti, sappilo,” aggiunge poi, ammiccante.
Arrossisco di botto: “Scemo...”
Lui si lascia andare ad una risata allegra, e io rimango a fissarlo ammaliata, non potendo fare a meno di sorridere a mia volta.
E mentre lo osservo ridere di gusto, l’aria serena e felice che traspare dal suo viso, esattamente come quella sera d’estate di tre anni fa le parole sgorgano da sole dal mio cuore:
“Ti amo, Otani.”
Non sto frignando, non sto ridacchiando come una stupida, non sto morendo d’imbarazzo – né tantomeno sto urlando in mezzo a una strada come una pazza.
Otani smette istantaneamente di ridere, le sue guance che prendono colore: “M- ma... perché mettersi a dire queste cose, adesso?!”
Non ricevendo alcuna replica da parte mia, mi guarda attentamente in volto e si accorge che in realtà non sto affatto cercando di fare la melensa, metterlo in imbarazzo o altro.
Lo sto osservando con due occhi enormi, cercando di esprimere con lo sguardo tutta la sincerità delle mie parole, sentendomi pericolosamente prossima alle lacrime.
Lo sento sospirare impercettibilmente; dopodiché solleva lo sguardo e mi fissa a sua volta, in viso la medesima espressione seria e risoluta:
“Anch’io, Koizumi,” dichiara infine, senza neanche l’ombra di un sorriso o di incertezza.
Ci osserviamo per qualche istante, prima di avvicinarci lentamente l’uno verso l’altra; le nostre labbra si sono appena sfiorate, quando d’un tratto una voce ci fa bloccare:
“Otani- kuuuun!! Dove sei tuuuuu??!”
Qualcuno ride di gusto: “Moto chi saresti adesso, Scooby Doo?”
“Ormai è andato!”
Io e Otani ci separiamo, sospirando impercettibilmente, imbarazzati.
“Sarà meglio andare, adesso...” aggancia una mano dietro il collo, guardando altrove.
Annuisco in silenzio. Ci solleviamo entrambi e insieme raggiungiamo gli altri, unendoci ai festeggiamenti.


 
***

 
La sera dopo
 
 
 
“Allora, raccontami: a Otani è piaciuto il tuo regalo?” mi domanda Nobu.
Annuisco, rivolta allo schermo del pc: “Moltissimo. Sai, gli ho detto che, tra tutti, quello era il profumo che immaginassi stesse meglio su di lui…  o che mi sarebbe piaciuto sentire su di lui, qualcosa del genere,” aggiungo, facendo spallucce, “e lui sembrava convinto.”
Nobu si acciglia: “Gli hai detto così?”
Annuisco nuovamente: “Ah, e poi ho flirtato anche, come mi hai detto... ho osato un po’ di più, mi sono avvicinata e l’ho annusato.”
La bionda sbarra gli occhi: “Aspetta, cosa?!”
“Sì, gli ho annusato il collo... perché? O- oddio, ho sbagliato? Ecco perche Otani sembrava così strano... ahh, non avrei dovuto farlo, vero??” mi afferro i capelli, agitatissima.
“No no. Non è che hai fatto qualcosa di sbagliato, anzi...” mi contraddice Nobu, con un sorrisetto soddisfatto.
Mi blocco con le mani ancora tra i capelli, accigliandomi: “No? E allora qual è il problema?”
“Tesoro,” mi fissa con uno sguardo talmente serio da risultare quasi comico, “quello che hai fatto, non si chiama flirtare... si chiama sedurre.”
“COSA?!”
“Già il fatto di aver ricevuto qualcosa di così sexy da parte tua, lo avrà lasciato senza parole... ma addirittura annusarlo!” esclama con un risolino, “scommetto che in quel momento, Otani pendeva letteralmente dalle tue labbra... povero!”
Boccheggio, stralunata: “Ma, ma...”
“Un gesto del genere lo si fa per sedurre, Risa. Gli uomini sono sensibili al minimo gesto... annusare un uomo? Sul collo? Lo adorano,” spiega, sogghignando maliziosamente, “e io che non te l’ho voluto proporre, pensando che fosse troppo presto... a quanto pare ti viene già naturale!”
Apro e richiudo la bocca, senza emettere un fiato, mentre la mia migliore amica continua a sghignazzare.
Non ci credo. Sono senza parole, davvero. Non era mia intenzione... la possibilità che per un istante, solo per un istante, abbia sedotto Otani, mi da’ stranamente alla testa...
 
* È in arrivo una super telefonata! È in arrivo una super telefonata!*
 
Controllo il cellulare, per poi lanciare un’occhiata eloquente a Nobu, che ridacchia sotto i baffi: “Okay, vi lascio alle vostre ‘chiacchierate notturne’, piccioncini!”
Sollevo gli occhi al cielo: “Ciao, Nobu...”
“Ciao ciao!” mi strizza l’occhio e mi manda un bacio, prima di interrompere la videochiamata.
Rispondo al telefono: “Ehi…”
“Koizumi, sono qui fuori. Potrest- ahio!”
“O... Otani?”
“Sono inciampato e mi sono fatto male a un ginocchio, dannazione!”
Scoppio a ridere, incapace di trattenermi: “Quando capirai che le scalate non fanno per te?”
“Smettila di sghignazzare e vienimi ad aprire, piuttosto!”
Poggio il pc sul cuscino e mi sollevo dal letto, dopodiché apro la tenda, ritrovandomi davanti il viso rosso e infuriato di Otani al di là del vetro della portafinestra.
Col telefono ancora incollato all’orecchio, sorrido melliflua: “Scusami, devo lasciarti adesso, c’è un idiota col ginocchio ammaccato, qui fuori.”
Grugnisce pesantemente, mentre chiudo la telefonata e gli apro, facendomi da parte per lasciarlo passare. Otani zompetta dentro la stanza, imprecando tra sé e sé. Sento subito l’aroma familiare e fragrante del mio regalo giungermi alle narici.
Soffoco una risata con le mani, lasciando la portafinestra semiaperta:
“Pensi ancora che tutto ciò sia romantico?” domando, sarcastica.
Per tutta risposta lui mi lancia un’occhiata di fuoco, prima di lasciarsi cadere sul mio letto con un lamento. Lo osservo incrociando le braccia al petto, ma senza perdere il sorriso:
“Allora, mi dica signor Testone, ha per caso deciso che arrampicarsi fino in camera mia sia il suo nuovo hobby, oppure non riesce a starmi lontano?”
L’angolo della sua bocca si arriccia all’insù, in un ghigno attraente:
“Dovresti essere contenta che ogni tanto passi a farti visita.”
“Di notte? Arrampicandoti con quegli stupidi guanti fino in camera mia, come un maniaco o uno stalker particolarmente ossessivo? Oh, sono lusingata.”
“Posso sentire il sarcasmo. E poi non sono uno stalker, ma il tuo ragazzo.”
Faccio spallucce: “Sono un libro aperto, parole tue. Il mio ragazzo è uno stalker, allora,” sorrido perfidamente. Adoro punzecchiarlo.
“Già, lo sei. Peccato che tu non sia altrettanto istruttivo,” taglia corto sbuffando, per poi lanciare uno sguardo allo schermo del mio pc rimasto aperto sulla finestra dei miei appunti scolastici, prima che Nobu mi chiamasse:
“A proposito, stavi studiando? Anche stavolta sono arrivato in un momento scomodo, allora...”
“Oh. No, non ti preoccupare, stavo solo ripassando un po’ prima di andare a dormire. Ormai è diventata un’abitudine,” commento, sventolando una mano, noncurante.
Lui stacca lo sguardo dal pc e mi guarda, genuinamente sorpreso:
“Aspetta, ti metti a ripassare di notte? Fino a un anno fa neanche il pensiero degli esami ti faceva arrivare a tanto! Considerando che passavi nottate intere a giocare ai videogiochi.”
“Perché te ne stupisci tanto? Sono cresciuta, e sono un po’ più responsabile... come te, d’altronde.”
Mi sorride, con sguardo d’ammirazione:
“Già. Lo sei,” ripete, arrossendo lievemente, prima di distogliere lo sguardo.
Tra di noi cade un silenzio imbarazzato, e in un attimo realizzo che Otani è nella mia stanza, sul mio letto, proprio adesso, e ciò mi rende immensamente nervosa.
Mi schiarisco la gola: “Come... come va’ il ginocchio?”
“Mh?”
Lui si riscuote da chissà quali pensieri e mi guarda con aria interrogativa, mettendo a fuoco il mio viso.
“Il ginocchio,” ripeto, indicandolo, “ti fa ancora male?”
“Ah, il ginocchio, sì...” si gratta la nuca, pensieroso, “no no, è passato.”
“… Che sei venuto a fare, Otani?” domando infine, con voce incerta.
Noto i suoi zigomi chiazzarsi di rosso, mentre mi lancia un’occhiata sfuggente, passandosi le mani sulle gambe. L’ho messo a disagio?
“Uhm, bè... intanto spiegami perché io sono qui seduto e tu ancora lì,” il suo tono sembra quasi di rimprovero, mentre gesticola indicando lo spazio tra di noi.
Solo in quel momento mi rendo conto di essere ancora in piedi accanto alla portafinestra, la schiena rigida e le braccia incrociate al petto.
Senza scompormi, rispondo: “Nel caso in cui le tue intenzioni non siano... uhm, delle più onorevoli, almeno avrò una via di fuga.”
Sto scherzando, ovviamente. So che Otani non mi salterebbe mai addosso o roba del genere, ma lui sbuffa e rotea gli occhi, lievemente seccato:
“Perché cavolo pensi una cosa simile?!”
“Ti sei comprato i guanti apposta...”
“Santo Cielo, Koizumi!” sbotta, spazientito, le guance rosso fiammante, “Siediti e basta!”
“Ti ricordo che questa è la mia stanza,” ribatto, sollevando il mento, “e non puoi obbligarmi a fare qualcosa che non voglio, anche se sei un ‘uomo’,” calco l’ultima parola di un pesante sarcasmo.
Lui sghignazza: “Oh, era da un po’ che non vedevo la ‘Koizumi femminista’. Stasera sei più insopportabile del solito, sai? Per caso ti sono venute le tue cose?”
“Vuoi che ti uccida, qui e ora? No, perché mi seccherebbe molto avere un cadavere nell’armadio, ma se proprio dovrò farlo lo farò.”
Otani soffoca una risata allegra: “Scusa, ma come faccio a prenderti sul serio quando mi dici queste cose, ma sul tuo viso si legge a caratteri cubitali: ‘come faccio a raggiungerlo e abbracciarlo senza perdere la faccia’?”
Arrossisco furiosamente. Libro aperto, certo.
Dannazione!
“Sme- smettila! Non sto pensando affatto a quello, va bene??”
Lui si passa un dito sotto l’occhio, asciugandosi teatralmente una lacrimuccia, divertito.
“Sei troppo buffa, Koizumi... ah, a proposito, carini gli occhiali,” indica il mio viso con un cenno del capo, sfoggiando uno dei suoi stramaledetti sorrisini idioti che tira fuori quando vuole prendermi in giro e che io amo tanto.
A quelle parole sobbalzo, raggelandomi sul posto: oh, dio.
… Ho dimenticato di levarmi gli occhiali!
Come se i miei arti fossero scollegati dal cervello, me li ritrovo magicamente tra le mani in un attimo, e mi affretto a poggiarli sulla scrivania lì accanto, come se scottassero; nella fretta urto con il piede il cestino della carta straccia, facendo finire il contenuto sul pavimento:
“Ehm, già...” farfuglio sconnessamente, chinandomi a sistemate quel piccolo disastro, sperando ardentemente che nel frattempo Otani non abbia notato le mie guance in fiamme.
“Non sapevo li portassi,” osserva lui, tranquillo e sorridente.
“Uhm, sì... no, non li porto. Cioè sì, ma li uso solo in casa... la sera. Qualche volta anche in accademia... quasi mai, in realtà.”
Otani assottiglia lo sguardo: “Sembri agitata. Sei agitata?”
“No no, perché?”
“È per via degli occhiali? No, perché in tal caso...”
“No no. Cioè, so di non risultare carina quanto lo è Chiharu, quando li indosso, non riuscirei a distrarre alcun Mister Muscolo da un placcaggio di judo [4], né tantomeno...”
“Scema.”
La sua voce calda interrompe il mio nervoso farfugliamento e sollevo il viso, incontrando gli occhi sorridenti di Otani, che nel frattempo mi ha raggiunta, tendendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
“Sei sempre la solita,” sbuffa, dopo che lascia la mia mano e afferra gli occhiali dalla scrivania e li apre con cautela, “se devi portarli fallo. Non sarò di certo io a compromettere la tua vista.”
“Ma sembro una nerd...” borbotto, superandolo per andarmi a sedere sul letto e incrociando le gambe, incapace di guardarlo negli occhi per il troppo imbarazzo:
“Non volevo assolutamente che tu mi vedessi...”
Lui mi segue, soffocando una risatina: “Sembri? Koizumi, devo ricordarti che la tua fama di videogiocatrice incallita ti precede?”
“E io devo ricordarti che il motivo per il quale mi hai rifiutato, è perché non riuscivi a vedermi come una donna?”
“No,” mi contraddice, “il motivo era perché non riuscivo a vederti come mia fidanzata... ma non lo hai ancora capito? È completamente diverso! E poi questo che c’entra?”
“C’entra, perché è per questo che voglio sempre apparire carina di fronte a te. Ho sempre il terrore che possa sbagliare qualcosa, come al solito, e tu decida di piantarmi. Non mi sento serena, ecco.”
Sospira piano, sollevando gli occhi al cielo, e si siede accanto a me:
“Davvero, ti fai troppe paranoie, Koizumi. Ecco...” si sporge leggermente in avanti, cercando di inforcarmi gli occhiali.
Mi scosto immediatamente: “Che fai?”
“Ti dimostro che puoi indossare gli occhiali in mia presenza, zuccona che non sei altro. Davvero Koizumi, è una cosa sciocca e infantile.”
“Infantile lo sarà per te, che non hai avuto traumi adolescenziali... bè, non più di quanti ne abbia avuti io, comunque,” puntualizzo, alla sua occhiataccia.
“Senti,” sbuffa esasperato, incorniciandomi il volto tra le mani; mi osserva dentro le pupille con sguardo serio e limpido, facendo aumentare in modo considerevole le mie palpitazioni:
“Stai facendo una tragedia greca per un paio di dannatissimi occhiali... considerando che ti ho già vista! Quindi piantala di fare la bambina e indossali!” 
Distolgo lo sguardo da lui, a disagio: “Eri tutto preso dal tuo ginocchio, quindi non mi avrai prestato molta attenzione...”
“Sai che non è così.”
“… E comunque non capisco perché tu ti stia impuntando tanto per farmeli mettere, Otani. Posso benissimo stare anche senza.”
Sono sincera, non sono indispensabili, ma lui rimane a fissarmi con aria allusiva, come in attesa. In realtà capisco perché lo sta facendo: vuole aiutarmi a superare questo piccolo complesso. E so già che sarebbe del tutto inutile cercare di oppormi, perché non ho mai saputo dire di no a Otani.
Perciò sospiro, arrendendomi all’inevitabile:
“Va bene… ma fai in fretta!”
Lui rotea gli occhi, sbuffando: “Sempre la solita melodrammatica...”
Serro forte gli occhi, sentendo le mani calde di Otani sfiorarmi le guance mentre mi mette gli occhiali con delicatezza. Quando li riapro mi accoglie il suo sorriso, uno di quelli rari, dolci e innamorati, che mi fanno sentire le farfalle allo stomaco ogni volta.
“Visto?” sussurra, le guance rosse e l’emozione palpabile nella voce, “Rapido e indolore.”
Chino lo sguardo sulle mie dita, ma lui mi riacciuffa nuovamente il viso portandolo di fronte al suo, la presa forte e risoluta che mi impedisce di sfuggire in alcun modo dall’incontrare nuovamente quegli occhi.
“O- Otani, io…”
“Sei molto carina,” replica, quasi con rabbia, mista a frustrazione, in contrasto con il suo sguardo languido e tenero e il rossore che chiazza i suoi zigomi.
Rimango spiazzata: Otani non dice spesso queste cose... raramente si lascia andare a complimenti e smancerie simili. Ma non sta mentendo, riesco a leggerlo nei suoi occhi.
Otani non mi mentirebbe mai.
“Da... davvero?” esalo, senza fiato.
Per tutta risposta lui si sporge e mi bacia la guancia, prima di portare le sue labbra vicino al mio orecchio e sussurrare:
Quattrocchi.”
Lo spingo via, fintamente offesa: “Sapevo mi avresti presa in giro!”
Lui ride di gusto: “E dai, sto scherzando!”
Sbuffo, sollevando impercettibilmente con un dito gli occhiali scivolati sul naso:
“Scemo. Sto morendo di imbarazzo, qui…”
“E perché? Guarda che lo penso davvero quello che ho detto prima…”
“Che mi trovi carina quando li indosso?”
Annuisce allegro e io arrossisco, sorridendo per riflesso.
Otani ridacchia: “Ehi, non arrossire troppo però, potresti appannare le lent-  ahia.”
Si zittisce immediatamente al mio pugno in testa: “Piantala di prendermi in giro, tappo!”
“Ma è divertente!”
Tiro fuori il broncio, sorridendo mio malgrado: “No, non lo è… tutto ciò è ancora imbarazzante, per me! E comunque, vorrei precisare che io non gioco più così spesso la notte ai videogiochi... solo qualche volta. Sono un’aspirante stylist adesso, cosa credi? ”
Otani ridacchia, scettico: “Oh, quindi vuoi farmi credere che adesso sei meno casinista e più responsabile?”
“Già proprio così!” annuisco, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento, “Spiacente, ma ora sono una persona diversa, Otani.”
“Nah, non me la bevo,” ribatte lui con un sorriso smagliante e dolce, “è vero che sei più responsabile, ma anche se vuoi nasconderti dietro questa maschera da persona matura e cinica, resti sempre la solita testona emotiva, insicura, infantile e piagnona che resta alzata fino alle cinque del mattino per giocare ai videogiochi e che per ogni minima cosa esaspera il suo ragazzo a cui, per inciso, piaci esattamente così come sei e che di te non cambierebbe neanche un capello, se vuoi saperlo.”
Avvampo per quelle ultime parole, sbattendo un paio di volte le ciglia, sicura di aver sentito male:
“N- non cambieresti nulla? P- proprio nulla nulla?”
Lui si gratta la nuca, tipico segno che è in imbarazzo:
“No,” afferma poi, senza la minima traccia di incertezza, “ascolta, Koizumi. Non importa cosa pensi, non hai motivo di sentirti a disagio, con me. Qualunque sia il motivo. Che sia perché indossi gli occhiali, o perché pensi che io sia un pervertito, o che non mi possa piacere un tuo regalo, o che per qualche assurdo motivo io voglia passare il mio compleanno senza di te… prima di essere fidanzati noi due eravamo amici, ti ricordi?”
Annuisco: “Lo siamo ancora.”
Sorride, annuendo anche lui: “Certo. Sai, la verità è che non c’era un vero motivo per venire qui, stasera. Avevo... solo voglia di vederti,” confessa, con una mezza occhiata di scuse, “perciò non devi sentirti a disagio... ti garantisco che non ne hai motivo. Qualunque cosa fai e dici, mi va bene. Non devi sforzarti troppo per cercare di piacermi, davvero.”
“Uhm. Come organizzare la tua festa di compleanno?”
“Come organizzare la festa di compleanno più bella di sempre.”
Sorrido e abbasso lo sguardo, mordicchiandomi nervosamente le labbra.
Sono un’idiota, penso. Non faccio altro che allontanare Otani con le mie stupide paranoie, e lui puntualmente mi fa capire che non ho motivo di sentirmi così insicura.
La verità è che vorrei tanto saperti leggere dentro come tu sai fare con me, Otani.
Con la stessa strana naturalezza e spontaneità di ieri sera quando eravamo soli sotto l’albero di ciliegio, lo abbraccio di slancio, impaziente di stringerlo a me.
“Grazie...” sussurro, chiudendo gli occhi e poggiando la guancia sulla sua spalla.
Otani si paralizza, stupito dal mio gesto, e quasi mi aspetto che si scosti bruscamente e mi dica qualcosa come ‘ma che fai, stupida? Lasciami!’. Invece, meno di un secondo dopo, lo sento rilassarsi:
“Non c’è di che…” mormora, avvolgendo la mia schiena con le sue mani grandi e straordinariamente calde. Un piacevole brivido mi percorre la spina dorsale, quando percepisco il suo naso freddo a contatto con la pelle del mio zigomo. 
Mi sento mancare il respiro, il cuore mi batte fortissimo, e anch’io mi abbandono a quell’abbraccio, affondando il viso nell’incavo del suo collo, tra la spalla e la mandibola, inalando quel dolcissimo e particolare aroma che può essere solo di Otani e basta e godendo di quel contatto fisico, al quale non ci siamo mai lasciati andare del tutto e del quale non ci siamo mai resi conto, fino a questo momento, di quanto avessimo bisogno.
“Quattrocchi...” mormora sorridente, sicuramente per sdrammatizzare. Sbuffo:
“Stalker,” replico, e la sua leggera risata fa vibrare entrambi.
Un abbraccio. Molto raro abbracciare Otani. Oltretutto, questo abbraccio non assomiglia affatto a quello rassicurante scambiato in ospedale, e nemmeno a quello della riconciliazione, del Natale di un paio di anni fa, delicato ma deciso.
Questo abbraccio non è cauto. E’ forte, ma al contempo tenero e complice, un abbraccio che solo gli innamorati conoscono. Brucia a contatto con la stoffa del mio pigiama, posso sentire il cuore di Otani risuonare come un tamburo impazzito attraverso il suo torace, duro e confortevole.
“Koizumi...” mugugna, questa volta con un tono di voce che non gli ho mai sentito, quasi arrendevole, mentre affonda ancora di più il viso contro i miei capelli come volesse nascondersi, quasi vergognandosi di stare mostrando troppo le proprie emozioni.
Sento il suo respiro caldo sulle mie guance che già scottano, quel profumo intenso e particolare, che sa di buono, di lui, di Otani, penetrare nelle mie narici, prendere pieno possesso del mio corpo e arrivarmi al cervello. Mi sento come se fossi stata risucchiata dalla spirale di un vortice di emozioni, che convergono tutti verso un unico centro, che è anche il centro del mio Universo, e sempre lo sarà.
“Otani…”
E’ la sensazione più bella e allo stesso tempo strana che io abbia mai sentito. Più di tutti i baci che ci siamo scambiati finora, più della sua mano che stringe la mia.
Chissà se in questo momento, dall’esterno sembriamo due piccioncini? Probabilmente sì.
Non me ne potrebbe importare di meno.
E’ questo ciò che intende Nobu? Con ‘dovete mettere da parte le sciocchezze e cominciare a pensare seriamente alla parte intima della vostra relazione’?
E’ questo che stiamo avendo: contatto fisico. Puro e semplice. Non tra due amici, né tra familiari, e neanche tra due persone che si danno conforto a vicenda, ma tra fidanzati, tra persone che si vogliono bene, si rispettano e si amano. Stranamente riesco a riconoscere la differenza, ora. Lo capisco.
Capisco che esprimere amore con il corpo è bello, è giusto. Ma, allo stesso tempo, avverto come una punta di inadeguatezza, come se tutto ciò fosse solo una parte, un decimo di quanto vorrei esprimere. Come uno scrigno semiaperto, o un bicchiere mezzo vuoto.
Come se ciò non fosse abbastanza.
Immagino come sarebbe se sollevassi il viso e appoggiassi le mie labbra su quelle di Otani. Sarebbe un bacio come tutti gli altri? Forse. O forse no, molto probabilmente no.
Il solo pensiero è così bello e terrificante allo stesso tempo, da farmi tremare le ginocchia, insieme alle palpebre chiuse e le dita strette e intrecciate alla sua maglia.
Otani sembra accorgersi del mio improvviso turbamento e mi stringe ancora più forte, come se comprendesse. Che anche lui si senta così, e non solamente io? Il suo metodo funziona, comunque.
Così mi lascio cullare ancora dalla sensazione di stare tra le sue braccia e, dio, è tutto così perfetto, così naturale... vorrei che questo momento non finisse mai.
“E’ meglio che vada adesso...” sussurra Otani, schiarendosi la gola.
Dopo quelli che sembrano mille anni, l’abbraccio infine si scioglie, e all’istante percepisco del freddo sulla mia schiena, laddove Otani aveva prima poggiato le mani.
Mi limito ad annuire senza guardarlo, faticando ancora a trovare lucidità e sentendomi ancora un po’ stordita.
Probabilmente lui riesce comunque a leggere l’espressione sul mio viso, poiché mi afferra dolcemente il mento, costringendomi ad alzare lo sguardo sui suoi languidi, intensi, innamorati occhi nocciola:
“Sono molto orgoglioso di te, sai?”
“Per cosa?”
“Bè, per aver scelto un fidanzato perfetto come me, ovvio,” scherza, sorridendomi sfrontatamente e io ridacchio, sollevando un sopracciglio:
“Ceeerto. Perfetto, come no.”
“Ehi!” ribatte, fintamente offeso, “Avresti preferito quel piccoletto di Kohori o, ancora peggio, quel piagnucolone di Haruka?”
Scuoto vigorosamente la nuca: “Neanche per sogno!”
Alla  mia risposta immediata, il suo sorriso si allarga. Avvicina il suo volto al mio e bacia la punta del mio naso, prima di congiungere le nostre labbra, che si separano troppo in fretta.
“Uhm... questo vale come bacio che ti dovevo?” chiedo con una smorfia, riferendomi alla sua brillante uscita di ieri sera.
Lui sogghigna: “Neanche per sogno. Ci vediamo domani,” riesce a sussurrare con voce roca e emozionata.
Vorrei dirgli che non importa. Che, al di la di tutto, delle mie stupide e insensate paranoie, delle liti infinite, del fatto che stiamo crescendo, quello che provo per lui è reale e insostituibile, e che desidero solo stare con lui un altro po’, qui nella mia stanza, sul mio letto ad abbracciarlo, a godere del suo calore e dei suoi sorrisi; vorrei dirgli che lo amo, da morire ora e sempre, ogni giorno di più, e che farei qualunque cosa per lui, che sia organizzargli una festa o gettarmi tra le fiamme.
Vorrei dirgli tutto questo ma, al momento sono talmente assuefatta dalla sua presenza che riesco a malapena a respirare, e se aprissi bocca risulterei solo patetica e immensamente melensa.
Per cui, mi limito a sorridergli, dicendo: “Attento quando scendi.”
Esita un po’, forse anche lui è restio ad andarsene... forse anche lui vuole dirmi qualcosa, proprio come quella sera sulla pista di pattinaggio. Forse vorrebbe restare.
Ma alla fine, con un sospiro, si solleva e io lo seguo fuori in balcone, osservandolo mentre tira fuori dalla tasca i suoi guanti e li indossa, e il mio groppo in gola si fa sempre più acuto e fastidioso. Ma non voglio palesare la mia ansia ad alta voce.
Quando infine scavalca il muretto, scendendo e incastrando la punta del piede sul traliccio sottostante, non posso fare a meno di sporgermi dalla ringhiera, non volendo perderlo di vista un solo istante.
Otani si arresta e mi osserva, accorgendosi del mio nervosismo: si solleva quel tanto che basta per depositarmi un bacio sulle labbra. Mi lascio andare al bacio, avvertendo le mie guance scottare, poi lui si separa, bloccando la mia domanda sul nascere:
“No, non vale,” mi informa con un gran sorriso alla mia smorfia di disappunto, prima di scendere giù cautamente.
So che ci sono tante cose non dette tra di noi, e che forse resteranno non dette per sempre, ma so anche che non ne abbiamo bisogno. I nostri gesti valgono più di mille parole.
Lo guardo sorridermi dal marciapiede, e ho quasi l’istinto di mandargli un bacio con la mano, ma so che sarebbe troppo.
Così mi accontento di sorridergli di rimando e accennargli un saluto con la mano, prima di vederlo rispondere allo stesso modo e salire sulla sua bici e sparire nella notte.
E mentre lo osservo allontanarsi, sospirando china sul muretto e col mento appoggiato sul dorso delle mie mani intrecciare, non posso fare a meno di pensare che, persino Romeo e Giulietta sarebbero invidiosi di tutto questo.




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Chappy’s corner
(... bè, lo sarebbero, se non fossero tragicamente morti <---  tanto lo so che lo avete pensato X’D come rovinare un finale romantico)
... Popolo, come va?

Prima che mi prendiate a sassate, vi ricordo che siamo nel periodo natalizio e a Natale, si sa, siamo tutti più buoni! :D
Appunto per questo ho deciso di farvi questo piccolo regalo di Natale, un capitolo chilometrico, l’ennesimo. Sarebbe dovuto essere più corto, ma ho deciso di aggiungere anche l’ultima fluffuosissima parte, per farmi perdonare la altrettanto lunga attesa... ci sono riuscita? *occhioni da cucciolo*.
E dopo tutti i  bacetti veloci e sfuggenti... finalmente un bacio diverso dagli altri! Sempre casto, è vero, ma per loro questo vuol dire già tanto... per non parlare di quell’abbraccio! Qualcosa è davvero “sbocciato” qui, e non mi riferisco solamente ai ciliegi! ;3
Solite note:
[1] L’Hanami, per chi non lo sapesse, è la tradizionale festa della fioritura in Giappone – in particolare dei fiori di ciliegio, i sakura; questa tradizione occupa gran parte del periodo primaverile, a partire da fine Marzo/ inizi Aprile, fino a metà Maggio.
[2] Riferimento al telefilm How I Met Your Mother *feels*. Il titolo si rifà appunto ai nomi delle “cospirazioni” battezzate “The Robin” nella 8x12 (The Final Page - Part 2) e “The Barney” nella 8x22 (The Bro Mitzvah)
[3] La scena che spiega Otani (quella del tifone e del festival autunnale) è tratta dal manga, vol.10  – cap. 39.
[4] Riferimento al manga, vol.13 – cap. 48.
So che nel capitolo scorso avevo annunciato una sorpresa per Koizumi, ma arriverà più avanti. u.u
Dulcis in fundo, vi informo che nel prossimo capitolo staccheremo un po’ con la Koizutani (in questo ce n’è stato più che abbastanza, suppongo XD): sarà incentrato su un’adorabile biondina transgender – che è anche più femminile di me, tra l’altro (?).
Appuntamento al prossimo capitolo, dunque, con la nostra kohai preferita: Seiko! :D
Buone feste. 


Chappy



 
 
  
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