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Autore: Raya_Cap_Fee    27/12/2014    3 recensioni
Heike De Vries ritorna a Chicago dopo essersi laureata in giurisprudenza a Yale ed è finalmente pronta a prendere in mano le redini della propria vita. Heike ha sempre desiderato essere una donna forte, indipendente e soprattutto in carriera. Non ha mai permesso a niente e a nessuno di intralciarla o distrarla dai suoi studi e dalla carriera che ha sempre voluto. Questo fin quando non torna a casa. Questo fin quando non incontra Sebastian Jenkins.
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Mi superava di buoni dieci centimetri, piuttosto magro e dalla carnagione chiara. La sua figura era illuminata dalla luce naturale delle vetrate e gli occhi grigi spiccavano sul viso dai lineamenti appuntiti. Prima che potessi studiarlo più approfonditamente il mio sguardo fu attirato da quello che aveva il mano.
-E’ disgustoso- protestai arricciando appena il naso. Una volta avevo visto mio fratello uscire dal bagno con un metro da sarto tra le mani e quando gli avevo chiesto a cosa gli fosse servito lui aveva riso e scrollato le spalle. Avevo undici anni. Lui dodici. Quando ci ero arrivata avevo sempre associato i metri a quell’episodio traumatico.
Il ragazzo inarcò appena un sopracciglio biondo e guardò il metro senza capire –Cos’è disgustoso?-
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 9

 
 
La mia incredulità di fronte a quel regalo era ancora nell’aria quando mia madre, con un sorriso rassicurante, lasciò la parola a William De Vries –Sappiamo che volevi comprarti un appartamento con i tuoi soldi, Heike, perciò questo sarà provvisorio se lo vorrai- accennò un sorriso mentre m’invitava a prendere la chiave dalla sua mano aperta.

-Perché?- domandai ancora sorpresa. Come aveva detto mio padre ero sempre stata dell’opinione che il mio primo appartamento sarebbe stato acquistato con i miei soldi, quando avrei cominciato a lavorare.

-Sei indipendente ora e sei abbastanza grande per avere un posto tutto tuo- aggiunse William. Instintivamente mi voltai verso Jackson pronta a ribattere qualcosa in merito all’affermazione quando lui mi fermò –Calma sorellina. Hanno offerto un appartamento tempo fa anche a me- incrociò le mani dietro la nuca stiracchiandosi appena e sorrise –Ma perché dovrei andarmene da qui? Ci sto bene-

Rimasi in silenzio a fissarlo per un momento poi scossi appena la testa. Indipendenza. Non c’era cosa più bella a mio parere dopo un lavoro soddisfacente. Non riuscivo a credere che Jackson avesse davvero rifiutato.

-Naturalmente, abbiamo provveduto ai primi mesi d’affitto e, se vorrai rimanere lì, il resto toccherà a te. Siamo pur sempre i tuoi genitori- disse mia madre ed io annuii concorde. Guardai la chiave, reggendola tra con l’indice e il pollice davanti al viso e tirai un grosso respiro.

-Grazie davvero. Io…- scossi la testa –E’ il regalo migliore del mondo-

Feci due passi avanti e li strinsi entrambi in un abbraccio non proprio comodo. Un posto tutto mio.

 
 
-Per quando uscirai da lavoro, domani sera, gli ultimi ritocchi saranno pronti e  a quel punto potremmo far portare lì la tua roba- mormorò mia madre più tardi mentre, sole in cucina, caricava la lavastoviglie. Seduta sul mio solito sgabello davanti al bancone la guardai armeggiare –Non vi ripagherò mai abbastanza per tutto che fate per me- le risposi con un mezzo sorriso.

Jenna si voltò  nella mia direzione, gli occhi neri fissi su di me –Sarà bellissimo vedrai. Sebastian ha lavorato l’intera settimana, volevo farti avere l’appartamento al più presto-

-Sebastian?-

Lei sorrise e si sedette al mio fianco, entusiasta –Si è occupato lui dell’arredamento e della tinta alle pareti. Sebastian Jenkins, lo hai incontrato il giorno in cui sei tornat…-

-Sì, ho capito- ribattei alzando appena una mano –Lo conosco-

Era dalla chiaccherata in piscina che non lo vedevo.

-Mamma? Quando hai preso accordi, esattamente, per l’appartamento?- socchiusi appena lo sguardo su di lei, sospettosa. Lei sorrise tranquilla –Da quando ci hai annunciato che avresti lavorato da Cassandra. Io e tuo padre d’altronde non eravamo sicuri che saresti rimasta a Chicago…-

Annuii rassicurata e poi mi alzai –Sarà meglio che vada a dormire- le scoccai un bacio sulla guancia e le sussurrai ancora un grazie all’orecchio prima di tornare nella mia camera.

 
 
Il giorno successivo, al lavoro, avevo avuto modo di conoscere meglio attraverso lo studio delle cartelle il metodo con cui Cassandra era solita affrontare i casi e i processi in tribunale.  Aveva vinto molte cause contro personaggi illustri della città eppure nessuno mai sembrava affiancarla a Lowell in quanto ad audacia ed arroganza. Non appena ero arrivata, con qualche minuto di anticipo rispetto all’orario, Cassandra aveva provveduto a informarmi della sua udienza in tribunale per il giorno successivo, alla quale voleva che le facessi da assistente perciò il mio umore, quando la sera raggiunsi l’indirizzo che mi aveva dato mia madre, era più che ottimo.

Il mio nuovo e primo appartamento era a soli otto minuti a piedi (constatai) dallo studio in cui lavoravo e non poteva essere che un altro punto a favore.  Non che fossi una ritardataria ma almeno avevo modo di alzarmi un quarto d’ora dopo.

Guardai il palazzo dall’aria piuttosto signorile e poco moderna, e accennai un sorriso contenta della scelta dei miei genitori. Avrei apprezzato di meno un modernissimo palazzo nel loop di Chicago, quelli erano posti adatti a Jackson.

Salii in fretta le scale di pietra che precedevano il grosso portone d’entrata.

-Lei è Heike De Vries?-

Mi voltai verso la voce che aveva parlato, non appena varcata la soglia di marmo, e i miei occhi si fissarono su un’anziano dai capelli incredibilmente bianchi e gli occhi chiari. Stava in piedi al lato interno del portone con quella che sembrava una divisa da portiere, un completo elegante interamente grigio e un cappello.

-Sì- risposi. L’anziano sorrise prima che potessi aggiungere altro e mi si avvicinò, porgendomi una mano –E’ un piacere fare la sua conoscenza- disse con un sorriso a cui mancava qualche dente. Dimostrava più di sessant’anni e mi chiesi quanti ne avesse in realtà.

-Oh, per favore, può chiamarmi Heike- ribattei imbarazzata dalla formalità. Lui mi fece un cenno d’assenso con il capo e sorrise ancora –Io sono Tom, per tutti gli inquilini di questo palazzo. Sono il portinaio da un ventennio circa-

Sorrisi –E’ un piacere conoscerla, Tom- alzai una mano prima che potesse dire qualcosa –Mi spiace ma sono abituata a dare del lei alle persone più anziane di me e che lo meritano soprattutto-

Lui sembrò vagamente sorpreso ma non ribattè, sorridendo ancora –Benvenuta, Heike, per qualunque problema rivolgiti pure a questo vechietto-

Annuii e poi cominciai a salire le sei rampe di scale che mi dividevano dal mio appartamento. Essendo un palazzo piuttosto vecchio non era fornito di ascensore, forse l’unico problema che fino a quel momento avevo riscontrato. Arrivai davanti alla porta di legno chiaro con la targhetta di ottone che recava, elegantemente incisa, il mio cognome e sospirai impaziente. Il mio appartamento. Recuperai la chiave dalla borsa e feci scattare la serratura senza suonare prima al companello. Dall’interno udii delle voci concitate.

Aprii un po’ il portone.

-Sta arrivando! Jackson, sta’ attento con la torta. William? William dove sei? Oh, eccoti qui. No, non lì. Ahia!-

Trattenni a stento una risata, nell’udire la voce di mia madre. Aspettai ancora un momento prima di aprire –Benvenuta Heike!- esclamarono i miei genitori a cui si unì uno stronzetta da parte di Jackson. Tutti e tre e Beth, la donna delle pulizie e cuoca di casa De Vries, erano allineati perfettamente davanti a me a pochi passi dall’ingresso piuttosto angusto, a quel punto.

Sorrisi e lasciai che lo sguardo vagasse per l’ingresso –Io credo di non riuscire a trovare le parole, davvero- mormorai. Di fianco a me c’era un tavolinetto di legno scuro e lucido, dove appoggiai le mie borse, e un mobiletto. Jenna De Vries fu la prima e l’unica ad abbracciarmi, mentre mio fratello con la torta in mano mi guardava con aria furba e mio padre e Beth sorridevano felici.

Mia madre mi lasciò il tempo di guardarmi intorno e l’unica cosa che potevo dire è che mi piaceva tanto. Il parquet ricopriva tutto il pavimento fatta eccezione per il bagno, le tonalità neutre delle varie stanze poi, avevano un effetto più che rilassante ai miei occhi. Non ero un’esperta d’arredamento ma il contrasto con i mobili dall’aria piuttosto antica e quelli moderni aveva la capacità di rendere l’ambiente ancora più armonioso.

-Ho sempre desiderato una cosa del genere- mormorai a mia madre, accennando all’angolo del salotto, sotto una delle due grandi finestre, una panchina imbottita e i cuscini bianchi e celeste chiaro.

Jenna sorrise guardando nella mia stessa direzione –L’aveva immaginato- rispose. Non le chiesi chi perché mi aveva già informato chi aveva lavorato all’ambiente che mi circondava. Il salotto, un unico ambiente diviso solo da una penisola di legno chiaro e marmo della cucina, era la stanza più grande con una libreria che occupava un intero lato della stanza e nella quale era incassata perfettamente una tv. Riuscii a intravedere anche una console e a quel punto lanciai un’occhiataccia a Jackson, che sorrise facendomi un occhiolino.

-E quella?-

-Credi forse che non godrai più della preziosa compagnia del tuo amatissimo fratello? Vuoi che mi annoi a morte con i tuoi volumi di legge?-

Lo guardai un momento e poi alzai gli occhi al cielo –Okay, ho capito-.

Il divano aveva tutta l’aria di essere comodissimo così come la poltrona imbottita dietro la scrivania che occupava un angolo dello spazio. Era quello il mio studio. Oltre alla cucina, il bagno, il salotto e una camera da letto non c’erano altre stanze. Mi avvicinai alla cucina e al frigo d’acciaio che mia madre con l’aiuto di Beth aveva provveduto a riempire.

-Per la cena di questa sera abbiamo già provveduto. Basterà riscaldare la pasta nel forno- disse Beth con un grande sorriso.

-Per i prossimi giorni sarà compito tuo non morire di fame, sorella-

Guardai Jackson e inarcai un sopracciglio –Credi forse che…-

Il campanello, un suono piuttosto stridulo, interruppe la mia frase e guardai sorpresa mia madre. Lei in risposta non mi calcolò nemmeno e scomparì all’ingresso,  negandomi probabilmente l’onore di ricevere il mio primo ospite.

-Mamma?- la seguii e il portone era già aperto a metà. Incrociai un paio di occhi grigi, sorpresi –E’ già qui? Sono in ritardo?-

-Tu hai il ritardo nel sangue, Seb!-  gridò Jackson dal salotto e io guardai Sebastian che muoveva un passo dentro, ringraziando e salutando mia madre. Aveva i capelli scompigliati e aveva sbagliato ad abbottonarsi la camicia bianca, che penzolava storta da un lato sui jeans neri. Trattenni un sorriso divertito ma mi ritrovai comunque a sorridergli, quando mi si avvicinò porgendomi quella che sembrava una bottiglia di vino –Scusami, Heike. Non riesco proprio a essere puntuale con tut…-

Una risata e un mezzo insulto di Jackson dal salotto gli fecero alzare gli occhi al soffitto. Accennai una mezza risata e recuperai la bottiglia dalle sue mani –Non preoccuparti, Sebastian. Mio fratello non ha idea di cosa voglia dire essere impegnati- mormorai.

Mi chiesi perché mia madre l’avesse invitato a casa mia senza dirmi niente ma, nel corso della serata, mi resi conto che la cosa non mi dispiaceva. Insomma, il mio primo incontro con Sebastian Jenkins non era stato esattamente normale e ancora non ero sicura di che tipo fosse fatto stava che era in confidenza con la mia famiglia molto più di quanto potessi immaginare. Perfino Beth, nel servire l’arrosto, gli riservò una delle parti migliori.


Intorno alle undici dichiarò di dover andare via e fu solo allora, mentre mi passava accanto sulla soglia dell’appartamento, che mi chiese se mi piacesse quello per cui aveva lavorato per un’intera settimana. Accennai un sorriso, appoggiata alla porta aperta e annuì –E’ perfetto. Io non ne so nulla di queste cose ma hai senz’altro talento-

Lui mi guardò e un angolo delle labbra si sollevò in un sorriso appena accennato –Sarà meglio che vada ora. Ci vediamo, Heike-

Annuii e lui si avviò giù per le scale –Sebastian?- lo chiamai, piano, per non risultare rumorosa agli altri inquilini. Lui si voltò a guardarmi, la luce gialla che illuminava le scale rendeva più biondi i suoi capelli.

Non sapevo perché l’avevo chiamato ma nel guardarlo trovai cosa dire –La camicia-

Sebastian si guardò, forse per la prima volta da quando era uscito da casa sua e sorrise poi, imbarazzato –Andavo di fretta. Credo proprio che con te farò sempre delle figuracce, eh?-

Mi strinsi nelle spalle e poi lo salutai –Grazie anche per quella sera in piscina. Insomma non che sia stato tu a convincermi a rimanere ma…-

Lui rise –Non preoccuparti, Heike. Ci vediamo-

Annuii –Sì, ci vediamo- e lo guardai scendere i primi gradini prima di rientrare nel mio appartamento.



 
Angolo Autrice
Lo dicevo io che vi avevo abituato troppo bene xD Perdonatemi per questo periodo d’assenza ma si sa che Dicembre porta sempre qualche impegno e scrivere non è sempre possibile. Nonostante sia in ritardo vi auguro comunque Buon Natale e un felice anno nuovo, a tutte voi che leggete questa storia <3  Ringrazio piccola_piromane27 e Horan_girl che hanno inserito la storia tra le preferite;  Gnegne1 e SugarKane che l’hanno inserita tra le ricordate; free_to_think, MilkHoney, babizlola93 e picci12 che l’hanno invece inserita tra le seguite. Siete davvero tante e mi farebbe piacere leggere una vostra piccolissima opinione. Non mordo, anzi xD
Con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto vi do appuntamento al prossimo. Un bacione e ancora buone feste.

Raya_Cap_Fee

 
   
 
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