Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: mattmary15    27/12/2014    2 recensioni
La generazione dei miracoli si è sciolta e i suoi membri hanno preso direzioni diverse. Le loro strade sono però destinate ad incrociarsi di nuovo e questa volta dovranno confrontarsi con il potere più grande di tutti. Quello dell'amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Daiki Aomine, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
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Incomprensioni
 


Quando la sirena segnò la fine della partita tra Touou e Seirin molte cose finirono in pezzi.
Così come aveva predetto Akashi.
La partita era finita con la vittoria di Aomine. Sul campo. Il ragazzo non sembrava goderne fuori. Aveva osservato tutto il tempo Kuroko e Kagami lottare e non comprendeva il motivo di quella determinazione. Vincere significava vincere. Fine. Tutto l’impegno che Kuroko aveva messo nel voler tentare di fargli capire che il basket era un modo di legare le persone era semplicemente ridicolo. In fondo il basket lo aveva allontanato da tutti e non lo legava più ad un bel niente.
Inoltre era infastidito dal modo in cui era stato affiancato più volte a Kagami. Lo aveva fatto Kuroko e dopo anche Momoi. Se il suo rapporto con Kuroko era stato, in qualche modo speciale e meritava perciò di essere salvato, perché si ostinavano tutti a volerlo paragonare a quello che adesso Tetsuya aveva con quel rosso?
Alla fine non valeva la pena di salvare niente.
Fu nell’istante preciso in cui pensò questa cosa che una figura vestita di grigio si materializzò davanti ai suoi occhi.
“Vai già via, ne Aominecchi?”
Da quanto tempo non vedeva Kise? Sembrava un’eternità e, allo stesso tempo, un giorno solo. Kise era diventato più alto anche se non quanto lui. Le sue spalle si erano fatte più larghe. Portava lo stesso taglio di capelli delle medie e l’orecchino sul lobo sinistro.
Non era poi molto cambiato. Sempre quel suo modo allegro di aggiungere il suffisso ai nomi delle persone che ammirava. Ad ogni modo, dritto in fondo al corridoio con entrambe le mani in tasca, non sembrava lo stesso Kise di sempre.
“Che dovrei rimanere a fare?”
“Non sei stato affatto gentile con Kurokocchi!”
“Era una partita, non una rimpatriata.”
“Quindi ora tocca a noi due.”
“Se passerai il turno.”
“Non sarà un problema.”
“Vedremo.”
“Sarai antipatico con me come lo sei stato con Kurokocchi?”
“Se significa batterti, lo sai che lo sarò. Considerami pure antipatico.”
“Mi domando se ti rendi conto della cattiveria delle cose che dici, Aominecchi.”
“Smettila di chiamarmi così.” Aomine lo superò senza guardarlo negli occhi e raggiunse l’uscita. Le parole di Kise lo raggiunsero alle spalle.
“Questa volta ti batterò!”
Aomine sorrise pensando che Kise non era poi davvero cambiato. Le parole che gli aveva rivolto erano quelle di sempre. Gli avrebbe dimostrato sul campo che era destinato comunque a perdere. Non si voltò per ribattere. Non vide Kise, le sue mani fuori dalle tasche, i suoi pugni stretti.
Durante la strada però, sotto una pioggia battente, non poté trattenersi dal pensare all’ex compagno di scuola. Quando i suoi occhi avevano assunto quel colore così intenso? Quando la linea del collo e delle scapole si era fatta così matura? Quando aveva preso ad atteggiarsi a quel modo, mani in tasca e sorriso sghembo sul viso? Quando il tono della sua voce si era fatto così tagliente?
Ripensò all’ultima volta in cui gli aveva parlato alla Teiko. Gli aveva urlato in faccia di lasciarlo in pace e il ricordo del volto dell’altro, lacrime agli occhi, lo aveva tormentato per mesi. Forse la separazione da Kise era stata più dura per lui della separazione da Kuroko.
La presenza di Tetsu era fatta di piccoli gesti e silenzi. Nell’allontanarlo aveva perso la sua ombra. Con l’ombra aveva perso la sua interezza. Si era sentito spezzato.
La presenza di Ryouta era invece cadenzata da sorrisi chiassosi e urla, di gesti d’affetto eclatanti e simpatici siparietti che riempivano tutta la sua giornata. Allontanato Kise, aveva perso la spensieratezza di quel periodo. Si era sentito svuotato.
Portò lo sguardo alla sacca che portava a tracolla. Sul fondo di quella borsa, sotto calzini sporchi, tuta e divisa numero cinque, sotto qualche rivista e bottiglietta d’acqua, stava un oggetto che aveva abbandonato lì da molto tempo. Aveva svuotato quella borsa mille volte eppure l’aveva lasciato sempre lì dentro. Un portafortuna come quelli di Midorima? Sorrise scuotendo il capo. Era un segno di debolezza. Il segno della sua debolezza. E adesso Kise era riapparso dal nulla a ricordargliela. Quando raggiunse casa era ormai completamente fradicio. Il cellulare lo avvertì della chiamata in arrivo illuminandosi.
“Dai-chan dove sei finito?” La voce di Momoi trillò dall’altro lato.
“Oi Satsuki, sono a casa.”
“Sei andato via da solo?”
“Che domande fai?”
“Credevo avresti aspettato Tetsu-kun!”
“Tsk!”
“Dai-chan!”
Fu più per far smettere di strillare Momoi che per vera intenzione che Aomine parlò.
“Ho visto Kise.”
Il silenzio interlocutorio della ragazza gli diede ragione anche se gli sembrò strano che non gli chiedesse nulla.
“Oi Satsuki, ci sei?”
“Anche io ho visto Kise.”
Stavolta fu Aomine a non trattenere la curiosità.
“Era con Kuroko?”
“Perché me lo chiedi?”
“Mi ha rimproverato di aver esagerato con lui. Forse è passato a consolarlo?”
“In verità l’ho visto insieme a Kagami-kun.”
Alle parole di Momoi, Aomine sentì il suo cervello dichiarare black-out. Che cazzo ci faceva Kise con quell’arrogante mezza sega?
“Daiki, ci sei?”
“Sono stanco Satsuki, ho sonno. Ti lascio.” Disse chiudendo la chiamata e lanciando il cellulare nella cesta dei panni sporchi.

Lo spogliatoio del Seirin si era svuotato. Kuroko restava seduto su una panca con un asciugamano sulla testa.
Kagami, alle sue spalle, rimaneva immobile. Avrebbe voluto allungare una mano sulla testa del compagno e togliergli quell’asciugamano che, sapeva, serviva solo a nascondere le lacrime. Avrebbe voluto tirare Kuroko a se e stringerlo. Dirgli che non era la fine, che ci sarebbe stata un’altra occasione per vincere.
Questo pensiero però gli ricordò che Kuroko gli aveva tenuto nascosto il suo legame con Aomine. Che tutto quello che aveva fatto con lui non era servito per renderlo il miglior giocatore del Giappone, bensì per dare ad Aomine modo di capire cosa si era perduto voltandogli le spalle.
Strinse entrambe le mani sulla tracolla e aprì la porta. A quel rumore Kuroko si scosse e l’asciugamano gli cadde un po’ più indietro lasciando intravedere gli occhi rossi dal pianto.
“Io vado.” La voce di Kagami era fredda. Kuroko non rispose e Kagami si sentì autorizzato ad infierire.
“Forse questo è tutto quello che potevamo fare insieme. Forse abbiamo toccato il nostro limite.”
“Kagami-kun…”
Tetsuya credette di aver detto il suo nome a voce alta ma il silenzio dell’altro glielo fece dubitare.
“Mi dispiace di non essere alla sua altezza.” Disse improvvisamente in tono rassegnato “Aveva ragione la tua amica a dire che è lui la tua luce. Sareste perfetti insieme.”
Kuroko sgranò gli occhi che si riempirono di lacrime. Queste rimasero in bilico sulle sue ciglia sottili fino a che il rumore della porta che si richiudeva le spinse giù lungo le guance arrossate. Tetsuya strinse i pugni e sorrise della sua ingenuità. Come aveva potuto pensare che le cose, in un modo o nell’altro, si sarebbero sistemate? Si ritrovò a soffrire più di quando era stato Aomine ad abbandonarlo e comprese, in quell’esatto momento, che fingere con tutti e con se stesso che Kagami fosse stato un sostituto di Aomine, si era rivelato un errore. Si era innamorato. Questa volta davvero. E aveva perso tutto. Di nuovo alla fine di una partita di basket. Come poteva immaginare in quel momento che anche il viso di Kagami era rigato di calde lacrime? Lacrime per una sconfitta umiliante sul campo e fuori. Per l’americano essere stato battuto in partita era già di per sé motivo di rabbia feroce. Essere stato addirittura scalzato dal cuore di Kuroko per la stessa persona che in partita lo aveva surclassato era impossibile da sopportare.
Provò ad asciugarsi il viso con la manica della tuta e tirò su col naso. Mai e poi mai si sarebbe fatto vedere da Kuroko in quello stato. In realtà non avrebbe voluto farsi vedere da nessuno in quelle condizioni e invece si accorse di lui troppo tardi per rimediare.
Kise se ne stava in piedi dall’altro lato del corridoio con un fazzoletto in una mano tesa verso di lui.
“Non devi fare così Kagamicchi. Non davanti a Kurokocchi.”
“Che ne sai tu? Lasciami perdere.”
“Ne so più di quanto vorrei. Vieni con me.” Kagami accettò il fazzoletto e lo seguì fuori.
La pioggia bagnò subito la giacca grigia di Kise che si fece mano a mano più scura.
“Ero passato per dire qualcosa di carino a Kurokocchi. Non ho ascoltato la vostra conversazione di proposito. Però mi ha fatto capire che avevi più bisogno di lui di una parola gentile.”
“Io non ho bisogno di nulla.”
“E’ fastidioso vero?” chiese Kise alzando lo sguardo al cielo tempestoso. La pioggia gli bagnò gli zigomi e scese lungo il collo insinuandosi sotto il colletto della camicia.
“Cosa?”
“La sensazione che Aominecchi e Kurokocchi siano perfetti insieme.”
Kagami abbassò lo sguardo.
“Io non credo che siano perfetti insieme, se devo essere sincero. Forse però parlo per invidia.” Disse Kise.
Kagami rialzò lo sguardo su di lui. Sentì per la prima volta da che conosceva quello strano tipo una nota triste nella sua voce. Un’amarezza che glielo faceva sentire affine.
“Tu invidioso di quell’Aomine? Mi sembri una persona decisamente migliore di lui!”
Kise lo guardò perplesso e poi scoppiò a ridere.
“Guarda che non avanzo alcuna pretesa su Kurokocchi! Anzi, personalmente, dopo avervi visto insieme, credo che insieme a te, Kurokocchi sarebbe davvero felice.”
Kagami non era il tipo che afferrava al volo le cose e ci mise il tempo necessario al tuono per raggiungere il fulmine per ricordare le parole di Midorima e comprendere ciò che Kise aveva detto.
“Tu invidi Kuroko? Tu e quell’Aomine?” Kise rise di gusto.
“Guarda che è un segreto! Se non ti avessi piangere come un bambino, non sarei mica stato qui a dirti i fatti miei!”
“Allora siamo due imbecilli a correre dietro a quei due.”
“Non credo che Kurokocchi sia innamorato di Aominecchi. Non più almeno. Dovresti avere più fiducia in te stesso. Credo che Kurokocchi desideri solo chiudere un capitolo della sua vita rimasto in sospeso.”
“Onestamente non ne ho idea. Kuroko non parla molto. Men che meno di Aomine. A me non aveva detto neppure della sua esistenza.”
“Non è facile parlare di Aominecchi.”
“E perché mai?”
“Perché Aominecchi è Aominecchi. Lui non è mai troppo gentile, simpatico, intelligente, sensibile, disponibile. Tuttavia è sempre stato il tipo che ti guarda le spalle, che col sarcasmo sottolinea le cose, che con lo sguardo dice più di mille parole, che ti fa uno sgambetto per farti cadere evitando che però ti colpisca qualcosa in testa, che ti costringe ad uscire quando tu vorresti chiuderti in casa a piangere.”
“Non è la persona che ho visto in campo oggi.”
“La solitudine lo ha cambiato.”
“Facile giustificazione.”
“Non credo ci sia stato niente di facile nel vedere gli altri allontanarsi da te. In fondo Kurokocchi ha trovato te. Chi può dire che ne sarebbe stato di lui diversamente?”
“Io avrei salvato Kuroko?” Kise annuì.
“Non lo so. Tu non lo gli sei stato vicino?” Il sorriso di Kise si fece amaro.
“Io ero solo una copia.”
“Di chi?” chiese Kagami.
“Devo davvero dirtelo?” Kagami si lasciò sfuggire uno sbuffo e si strinse nelle spalle.
“Allora siamo due sostituti!” Kise rise e gli passò un braccio intorno al collo.
“Male che vada ci consoleremo a vicenda!”
Kagami si sentì davvero più sollevato. Forse non era pronto ad accettare il comportamento di Kuroko, ora però sapeva che poteva parlarne con qualcuno.
“Kise.”
“Dimmi.”
“Mi faresti un piacere?”
“Fagli il culo anche per conto mio e di Kuroko quando ci giocherai!”
“A condizione che tu sia buono con Kurokocchi. Non merita di soffrire daccapo.”
“Ma tu per chi fai il tifo?”
“Per tutti! Sono miei amici!”
“Tu sei malato!”
“Lo so, Kagamicchi! Andiamo ora, siamo fradici!”
Kagami gli corse dietro sotto la pioggia battente. Avrebbe voluto tornare nello spogliatoio del Seirin e dire a Kuroko che non era solo però era troppo presto. Far passare la notte era la cosa giusta. E lui non voleva più sbagliare. Per il bene di Kuroko e del suo cuore.

La notte non siamo le stesse persone del resto del giorno. Di notte le persone osano essere ciò che sono davvero. Al riparo dalla luce del sole, diventano fragili o sfacciate, prede o cacciatori, angeli custodi o demoni tentatori.
La notte Kuroko era un gran chiacchierone. Ovviamente perché nessuno lo ascoltava. Rideva o piangeva di se stesso lasciando libero sfogo alle sue emozioni. Kise invece di notte tornava ad essere il bambino che non era mai stato e si raggomitolava sotto le coperte per il timore di mostri invisibili. Kagami restava immobile nel suo letto fissando il soffitto, incapace di dare libero sfogo alle sue energie come faceva durante il giorno. Aomine si agitava tra le lenzuola.
Quella notte in particolare nessuno di loro dormì.
Kuroko ripensò alle parole di Kagami. Ogni volta che provava ad immaginare quel ragazzo che diventava un asso del basket e che lo lasciava indietro, sentiva la morsa di una bestia invisibile allacciargli il cuore.
Non fece altro che immaginare un finale diverso al momento in cui Kagami lasciava lo spogliatoio. Riuscì a cambiarlo ben sette volte. Nella prima lui si voltava con gli occhi pieni di lacrime e gli diceva che non era perfetto insieme ad Aomine ma solo insieme a lui. L’imbarazzo di proseguire il finale da un momento simile lo costrinse a riavvolgere il nastro. Kagami apriva allora la porta e lui gli correva dietro e lo stringeva per trattenerlo e posargli la testa sulla schiena. Anche questa immagine fu considerata impensabile e scartata. Immaginò perciò di piazzarsi davanti alla porta ed impedire a Kagami  di uscire. Si figurava di guardarlo negli occhi e dirgli che si sbagliava riguardo a lui ed Aomine. Arrossì nel letto e capì che non ci sarebbe mai riuscito. Immaginò ancora di rimanere seduto e di chiamarlo per nome chiedendogli di non farlo soffrire dicendo cose assurde. Rise di se stesso. Nelle ultime tre versioni della storia Kagami veniva bloccato sulla porta da Nigou, da Riko che lo obbligava a scusarsi con lui e infine, quando decise che era ora di alzarsi, immaginò che una enorme meteora si schiantasse sul palazzetto facendo scomparire entrambi e quell’orribile situazione.
Anche Kagami, immobile nel suo letto, immaginò più e più volte un modo di scusarsi con Tetsuya. Sapeva che parlare con lui sarebbe stato complicatissimo. Immaginò una possibile conversazione.
‘Kuroko devo parlarti.’
‘Kagami-kun.’
‘Volevo parlarti di ieri.’
‘Non devi dire niente Kagami-kun.’
‘Forse ho esagerato.’
Forse? Era stato un totale idiota! A questo punto che avrebbe potuto dire Kuroko?
‘Non fa niente Kagami-kun. In fondo avevi ragione tu. Dovevo capirlo prima che Aomine è migliore di te!’
No! No e poi no! Non avrebbe mai detto una cosa simile.
‘Non fa niente Kagami-kun. Ho sbagliato a comportarmi così. Tu sei più importante di Aomine!’
Anche se gli sarebbe piaciuto, neanche questo sarebbe stato da Kuroko.
Taiga scosse la testa e guardò la sveglia che segnava le tre e cinquantadue.
Non avrebbe chiuso occhio quella notte. Domani avrebbe provato a parlargli. Forse non era ancora abbastanza forte in campo per battere quell’Aomine ma, nella vita, non avrebbe perso Kuroko.
Si alzò e raggiunse il frigo per bere un bicchiere di latte. Avrebbe riso nel sapere che anche Aomine era in giro per la sua casa a piedi nudi, incapace di riposare? Avrebbe riso nel sapere che quell’Aomine stava pensando a lui?
Pensava alle parole di Satsuki e al fatto che la ragazza lo aveva visto con Kise.
Aomine aveva battagliato con le lenzuola tutta la notte e aveva perso. Quelle maledette avevano continuato ad attorcigliarsi al suo corpo sudato tutto il tempo. E per tutto il tempo lui non aveva pensato che a Kise. Perché poi? Perché doveva continuare a sentire tanta ansia per il fatto che alle finali dell’Inter-High lo avrebbe rivisto? Perché? Possibile che dopo, aver preso il suo posto nel cuore di Kuroko, quel maledetto Kagami gli avesse rubato anche l’amicizia di Kise?
Prese il cartone del latte dal frigo e bevve avidamente. Si asciugò le labbra con il dorso della mano. Cercò il cellulare in lungo e in largo per la casa e si ricordò solo dopo un quarto d’ora che l’aveva lanciato nel cesto della biancheria sporca. Lo recuperò e controllò se ci fossero messaggi. Niente. Sorrise amaramente. Una volta chiuso il telefono in faccia a Satsuki, chi avrebbe dovuto cercarlo?
Tornò a letto e si distese senza coprirsi. Al diavolo pure le lenzuola. Al diavolo tutto e tutti. Soprattutto Kise.
Avrebbe giocato e vinto. Di nuovo. Per affermare la sua superiorità e la sua indipendenza.
"L’unico che può battermi, sono io." Sussurrò cercando forza in se stesso. Al buio, però, la magia non gli riuscì.

  
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