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Autore: Shetani Bonaparte    29/12/2014    1 recensioni
Da brava amante delle creepypasta, ho deciso di inventarne alcune con personaggi miei.
Inizio a pubblicarle ora, per augurarvi un buon Natale!
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il personaggio di questa creepy lo dedico al mio gatto Tigro, che è venuto a mancare qualche mese fa.
Spero che vi piaccia, ringrazio chi recensisce e segue ‘sta raccolta.
Se volete leggere di più, nella recensione ditemelo che vi dirò il nome della mia page Facebook ove posterò miei disegni, poesie e altri racconti principalmente horror.
Un bacione,
Shetani
 
 
 
 
 
Mr. Mustaches – The Monster Under The Bed
Personaggio dedicato al mio micione Tigro

Daniel non aveva amici; certo, conosceva molti altri bambini, ma nessuno di loro poteva esser considerato un amico.
In fondo Dan era figlio di una coppia di così detti ‘giostrari’, avevano un calcinculo da scorrazzare qua e là per vivere, non aveva una fissa dimora, la roulotte nella quale viveva con i genitori non aveva mai una fissa ubicazione.
Non v’era dunque motivo di sorprendersi, quando ti creò.
Oh, aveva una fantasia così sfrenata e un intelletto in continua evoluzione, in continua crescita…
Eri un bellissimo gatto antropomorfo, con dei lunghi arti, una lunga e calda coda, una pelliccia rossiccia con fantasiosi ghirigori, delle lunghe vibrisse a riccioli, un sorriso dolce, un muso piatto, privo di naso… e ora cosa rimane, della tua dolce bellezza, nel tuo corpo alto e possente? Nulla.
I tuoi grandi e bianchi occhi guardarono quel bimbo crescere con amore, il tuo cuore era ed è pieno di lui.
Ma Dan non era Peter Pan, quindi crebbe.
Quando ebbe quindici anni i suoi genitori abbandonarono la loro movimentata vita, comprarono una casa a San Francisco, nell’Iowa – “Come il Capitano Kirk”, scherzava sua madre, riferendosi al noto Capitano di Star Trek –, e vi si trasferirono.
Era il primo giorno del duemila.
Oh, Dan era così felice, e anche tu… una nuova, vera casa, nuovi luoghi da vedere, una stabilità ed una sicurezza fino ad ora sconosciute.
Ma se quel nuovo millennio vi aveva donato tanto, elargiva anche un pagamento. Lo pretese, ma non lo ottenne.
I problemi iniziarono dopo appena un anno.
In un primo momento non ci facesti caso perché la maggior parte del tempo la passava in tua compagnia, ma pian piano iniziò a parlare di alcuni ragazzi e specialmente di una certa Rosie.
Poi le vostre conversazioni si diradarono, si estinsero.
Daniel iniziò a passare il tempo con quelli che definiva ‘amici’, fuori casa. E con Rosie. Sempre con Rosie.
Ecco cosa voleva quel giovane millennio: voleva te, voleva la vostra amicizia, voleva portarti via Daniel.
Dopo alcuni mesi in cui t’ignorava, saresti dovuto svanire, come fa ogni Amico Immaginario una volta che il suo bimbo è oramai troppo grande per lui, ma tu no, tu eri debole, magro, affamato d’amore, sfinito, spezzato, ma persistevi.
“Dan”, chiedesti un giorno, con la voce arrochita dal troppo tacere, supplicante, ”andiamo a giocare a nascondino insieme, come una volta?”
Lui ti guardò, come se si fosse scordato di te, e mettendosi lo zaino in spalla ti disse: “Mi spiace, Mr. Mustaches, ma sono troppo grande per ‘sti giochi, e poi devo uscire con i miei amici”
Amici?
Chi? Quei ragazzini che conosceva da appena qualche mese? Quella Rosie?
Chi gli era sempre stato accanto? Chi lo amava come nessun altro? Chi gli faceva compagnia mentre i suoi genitori badavano al calcinculo? Chi, quando era piccolo, controllava che non ci fossero mostri sotto il letto? Chi lo conosceva veramente? Chi aveva sempre supportato i suoi sogni, per quanto stupidi fossero?
Chi?
Quei mocciosi? Rosie?
No.
Tu. Sempre e solo tu, dannazione! Tu, l’unico amico vero quanto Immaginario!
Dan è mio!, pensavi, continuamente, ossessivamente, con la tua mente stanca, a guisa di mantra. Mio, solo mio. Sono io il suo unico amico…
Ma lui si scordava di te e tu rimanevi accucciato accanto alla finestra, abbandonato…
‘Mio…’
…come una bestia. Come un peccatore lasciato da colui che prometteva redenzione alla sua anima…
‘…solo mio…’
…come un lupo oramai umiliato e privato della sua fiera natura scordato dal San Francesco di turno. Un passatempo che ha stufato…
‘…Daniel è mio, di nessun altro…’
…smarrito nel dimenticatoio. Senza più via d’uscita.
‘…mio…mio…solo mio…MIO!’
Rosie.
Era lei il problema. Lei aveva rovinato tutto. Lei aveva spezzato la vostra simbiosi, il vostro equilibrio.
Ma, citando Game of Thrones, il libro favorito di Dan, perché districare il nodo se puoi reciderlo con la spada?
Sì, avresti reciso il nodo. Avresti potato quella tenera, innocente rosellina bianca non ancora sbocciata del tutto.
Fu semplice. Più semplice del previsto.
Con la notte come complice, l’avevi uccisa nel sonno, avevi immerso le tue lunghe ed eleganti dita dagli affilati artigli delle sue calde interiora e avevi trasposto i tuoi pensieri sul muro col suo sangue.
“Daniel è mio. Solo mio. Mio”, avevi scritto.
Avevi divorato quel piccolo cuore ed eri tornato a casa, inebriato dal proibito tocco del sangue, un tocco che ti aveva reso folle, avevi atteso spasmodicamente che Dan spegnesse la Play Station 2 e che venisse a letto.
Dopo qualche attimo avevi sentito il campanello suonare e la vostra vicina, la madre di Rosie, piangente, raccontare il macabro spettacolo di tua fattura. Dan non era rimasto ad ascoltare fino alla fine, no. Era corso in camera senza nemmeno accendere la luce, a piangere per quel suo primo amore spezzato.
Era corso da te.
Scosso dai singhiozzi si era stretto al tuo petto, artigliando le mani a tuo manto sporco, ispido e trascurato come mai prima d’allora, e nel mentre ignoravi il dolore dei denti che cambiavano morfologia aguzzandosi e delle dita delle mani che si storpiavano e spezzavano a causa del sangue di ragazzina che le impregnava – perché nessun Amico Immaginario dovrebbe uccidere, ma tu non eri più tanto immaginario all’epoca, figuriamoci ora.
‘Sei mio, sei solo mio’, pensavi, facendo le fusa, sorridendo sinistramente, quel sorriso malato che non avrebbe più lasciato la tua faccia.
“Cos’è ‘sto odore?” aveva bisbigliato Dan, dopo un po’, proprio al sorgere del sole.
Si era ritratto da te e aveva visto il sangue coagulato attaccato al tuo pelo, e aveva capito tutto. Tutto.
Aveva urlato e tu avevi chiuso a chiave la porta della cameretta, onde evitare interruzioni che dal canto tuo avrebbero potuto risultare spiacevoli. Lo avevi tenuto fermo, ignorando i calci che impattavano sul tuo stomaco, sorridendo.
“Ti ho liberato, Dan. Ora puoi essere mi, Dan. Insieme, staremo sempre insieme. Solo io e te” gli dicevi farneticando ossessivamente. Avevi fatto tutto per il suo bene. Lo avevi fatto per quello. Vivevi per lui. Solo per lui. “Non ti volterò mai le spalle, Dan. Sono il tuo unico vero amico e tu sei il mio, Dan. Vero, Dan?”
Ma lui non capiva, si contorceva e districava dalla tua stretta, urlava e qualcuno, mamma e papà, forse, sbatteva sulla porta, tentando d’aprirla.
“Non mi avrai mai! Non da vivo!!!” aveva urlato il giovane.
Oh.
Fu semplice risolvere anche questo piccolo disguido.
Non ricordi molto di quei momenti di lucida follia…
‘Sei solo mio…’
…solo qualche scena sfocata…
‘…mio…’
…come un incubo…
‘…il mio piccolo, dolce Daniel…’
E lo avevi messo al letto, stringendo il suo corpo contuso e graffiato, dalle ossa spezzate, rimboccandogli le coperte.
‘…solo mio…’
Avevi controllato che sotto il letto non ci fossero mostri, inconsapevole che il mostro eri tu.
Quando spirò, gli avevi baciato la fronte, come facevi quando era piccolo – una silenziosa ammenta, chissà – e te ne eri andato, incurante di tutto e di tutti.
Ora Daniel era tuo, tutto tuo.
Però ora, a distanza di anni, non basta più, vero? No, non basta.
I tuoi bambini non bastano mai. Mai.
‘I miei bambini, i miei bellissimi bambini’, pensi, mentre vagabondi nel mondo, seguendo i bambini, attendendo che dimentichino i loro Amici Immaginari che, una volta spariti, non potranno più controllare sotto il letto.
Allora diventi il mostro che si nasconde lì sotto, lo stesso mostro che Dan temeva.
‘I miei bambini, i miei dolci bambini… solo MIEI’
  
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