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Autore: Tomi Dark angel    29/12/2014    3 recensioni
Tratto dalla storia:
Sequel di: "How To Train Your Sherlock"
Tratto dalla storia: "Questa è Londra, il segreto meglio custodito di questa parte di… be’… nulla. Sì, forse non sarà il massimo della bellezza, ma questo mucchio di rocce e palazzi riserva un bel po’ di sorprese. La maggior parte della gente di solito ha passatempi come leggere o sferruzzare caldi maglioni invernali. Noi invece, preferiamo fare una cosa che ci piace chiamare… CORSE DI DRAGHI!!!"
Johnlock, con accenni di Mystrade. Dedicato a chi impara, cresce e vive leggendo, figlio di innumerevoli mondi e personaggi che, ad ogni parola accarezzata dagli occhi di chi legge, sbocciano tangibili intorno all'anima del lettore per trascinarlo in avventure mozzafiato che egli saprà custodire in eterno nella purezza del proprio cuore.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rivangare il passato non è facile. I ricordi graffiano, fanno male, abbagliano gli occhi di una luce che ferisce e lacera le retine, accecando di un dolore animale chi non può più vedere un barlume di felicità.
John si sente così mentre parla con Mary, mentre ricorda Sherlock attraverso parole troppo insulse che non lo rispecchiano davvero. È come descrivere il sole. Parli dei raggi, della luce, del calore che emana, ma non è mai abbastanza. Come si descrive la lucentezza abbagliante di quelle squame? Come si descrive il colore innaturale di quegli occhi cristallini che non possono più vedere? Semplicemente, non si può. È impossibile, e John se ne rende conto adesso, mentre il cielo sopra le loro teste si schiarisce dei bagliori di un’alba tinta d’oro e vermiglio.
-Lui… era la mia vita. E io l’ho perso.- mormora John alla fine. Si copre il volto con vergogna, respira a fondo mentre lacrime d’amarezza gli accarezzano la pelle. –Non sono stato abbastanza accorto, non ho fatto abbastanza per salvarlo. Lui se n’è andato guardandomi negli occhi, e io non ho fatto niente. Ho ucciso la cosa più bella che il mondo abbia mai avuto modo d’ospitare. C’è un perdono per un peccato tanto grande, Mary? Esiste da qualche parte un paradiso per quelli come me?-
Mary non lo guarda, non commenta. Semplicemente, gli stringe una mano e sorride.
-Credo proprio di sì, John. E sai perché? Perché il paradiso ce lo procurano loro.- Accenna verso Sherrinford che vola in lontananza, libero e leggero come il suo gemello era stato un tempo in vita. –Ci perdonano, ci insegnano a vivere e a volare. E sì, sono certa che Sherlock ti aspetta, da qualche parte lassù. I draghi sono creature splendide e senza tempo, le cui anime mai abbandonano davvero la loro metà. Sherlock sarà sempre una parte di te, e quella parte un giorno vorrà riunirsi al resto. Quindi… sì, raggiungerai Sherlock lassù, un giorno. Il mondo ti ha già perdonato, e credo adesso che tu debba perdonarti a tua volta.-
John non ci crede. Non vuole pensare che il mondo sia così benigno, non dopo che tutti loro hanno lasciato morire Sherlock.
Scuote il capo.
-Mi dispiace, Mary, ma non ci riesco. Ho perso una parte di me quel giorno, e così sarà fino alla fine. Sono destinato a vivere nell’incompletezza.-
-Sherlock non lo avrebbe voluto.-
-Non so cosa avrebbe voluto Sherlock, perché a causa mia non posso più parlarci. Lui mi ha salvato la vita tante volte, ha fatto in modo che tutto andasse sempre bene… e io l’ho guardato morire.-
John si copre gli occhi, piega la schiena come un vecchio affannato dai troppi anni di vita. Non ce la fa più. Non senza Sherlock.
Vuole cambiare argomento, vuole distrarsi, ma non riesce a pensare ad altro. Mary però, provvede al posto suo.
-Sai come sono sopravvissuta quando ci lasciammo?-
John la guarda, quasi sorride. –No, ma mi piacerebbe ascoltare la tua storia.-
-Durante l’attacco di tanti anni fa… eravamo bambini, ricordi?-
-Fin troppo bene.-
E John ricorda davvero. Ricorda la paura, l’odio, la rabbia per aver perso la sua più cara amica.
-Durante l’attacco, corsi tra le macerie alla ricerca di un riparo. Gli ordini dei militari erano stati chiari, quindi era meglio non restare in strada mentre i draghi le inondavano di fiamme. Mi diressi verso una casa aperta, diroccata per metà, ma ancora abbandonata. Entrai, salii le scale alla ricerca di un letto sotto cui nascondermi… ma ciò che trovai non me lo sarei mai aspettata davvero.-
Mary fissa Sherrinford, lo guarda librarsi nel cielo con leggerezza antica e senza tempo, morbida, viva come un tempo erano stati i movimenti di suo fratello. John lo guarda a sua volta, e lo trova così simile al suo Sherlock, così simile al pezzo mancante della sua anima, che i pezzi già devastati del suo petto cominciano a fremere e a sbriciolarsi, lentamente, uno dopo l’altro.
-Lui.- mormora Mary. –C’era lui, John. Così bello, così lontano. Seduto ai piedi di una culla. E con un bambino umano in braccio.-
Mary sorride quando Sherrinford si tuffa in basso, lucente alle prime luci dell’alba come il più splendido dei tesori. Brilla come suo fratello, brilla come un Holmes.
-Forse è stato allora che ho iniziato a capire. Non sono così diversi da noi, John. Quella creatura aveva i miei occhi, le mie movenze, la dolcezza di un padre che fa giocare suo figlio ancora in fasce. Ricordo che Sherrinford proteggeva entrambi con le ali, schermandoli dalla caduta delle macerie. Ed era una delle cose più belle che avessi mai visto. Poi… tutto andò in pezzi. Lui mi vide, posò il bimbo nella culla e si trasformò, mandando quasi in pezzi la casa… e tu entrasti nella stanza.-
John ricorda quei momenti. Ebbe paura, una paura terribile. Aveva visto quella bestia ancora troppo piccola per essere adulta col muso a un passo da Mary, pronto a vomitarle addosso un fiume infernale. La fissava, schioccava le fauci. E John aveva perso la testa. Si era lanciato sul drago nell’esatto momento in cui la bestia afferrava Mary e si levava in volo, trascinandola via mente John gridava il suo nome, piangeva, pregava. All’inizio, pensò che le sue preghiere fossero state semplicemente ignorate. Adesso, sa che qualcosa è accaduto.
Mary è lì.
Mary vive tra i draghi.
Mary è felice.
-Questo… tutto questo l’hai costruito tu?-
-No.- Mary scuote la testa, poi indica qualcosa in basso, verso l’acqua che ribollisce sotto di loro. Si alza in piedi. –Devo farti vedere una cosa, John.-
Mary gli tende la mano, lentamente lo aiuta ad alzarsi.
Camminano lungo la sporgenza rocciosa, muovendosi tra i cristalli e i fiori, tra rivoli di rugiada e geoidi lucenti che come punti luce emergono dalla roccia, ammiccando brillanti verso di loro.
Sherrinford si avvicina, sbatte appena le ali per calare di quota e poggiare un piede animale sulla roccia, proprio accanto a John. Mantiene l’equilibrio così, i muscoli tesi, nudo e crudo così come la natura l’ha creato. È selvaggio, non è Sherlock. Eppure, quando John lo conobbe, Sherlock era esattamente così.
-Gli somiglio, vero?- Sherrinford atterra al suo fianco, lentamente richiude le ali. Sorride sbieco, una punta di tristezza a velargli lo sguardo, gli occhi lontani verso un ricordo che cerca disperato di mettere a fuoco.
-Sì.- ammette John. –Sei identico a lui.-
Sherrinford lo guarda di sottecchi, e improvvisamente appare nervoso, impacciato. Abbassa gli occhi, stringe le labbra. –Io… com’era?-
-Eh?-
-Parlami di lui.-
-Non… non lo ricordi?-
Sherrinford appare triste, stanco. –No. A volte provo a ricordarlo, ma non ci riesco. Mi guardo allo specchio e mi chiedo… lui è cresciuto così? Mi somiglia, o io somiglio a lui? Cosa abbiamo di diverso, cosa abbiamo in comune?-
John sorride, intenerito dal leggero rossore che tinge le guance di Sherrinford. È così umano, così diverso da suo fratello. Sotto questo aspetto, non si somigliano per niente, perché Sherlock non sarebbe mai arrossito in quel modo senza vergogna.
-Be’, lui era… Sherlock. Soltanto Sherlock.-
John sorride, guarda verso il cielo. Ripensa al suo Sherlock, ai momenti trascorsi insieme. Allora sembrava tutto così giusto, così vivo. Il mondo funzionava bene, traboccava di luce. Ma è stato solo quando Sherlock è morto, che John ha capito che in verità, la luce era lui. Niente di più, niente di meno.
-Visivamente, vi somigliavate molto.-
Sherrinford sorride imbarazzato, improvvisamente così umano, così apparentemente fragile da sembrare quasi puerile. I suoi occhi luccicano, il viso pare illuminato di morbida luce personale. È bello. E John capisce solo adesso di essere stato uno stupido.
Lui ha perso un compagno.
Sherrinford ha perso un fratello.
Entrambi hanno perso qualcosa, ma John non ha mai realmente considerato la faccenda sotto questo punto di vista. Per lui Sherrinford è stata la banale imitazione del suo Sherlock. Non ha mai considerato i suoi sentimenti, le sue debolezze, la sua umanità. E di umanità, gli Holmes ne hanno tanta, anche se non la dimostrano mai. Sherrinford non è diverso.
Come da molto lontano, a John pare di udire un sussurro. Sente Sherlock parlare, consigliargli, affiancarlo silenziosamente. E alla fine, John sorride. Tende una mano, stringe quella di Sherrinford, che lo guarda allucinato, gli occhi sbarrati in un’espressione di pura sorpresa.
-Non chiederti chi di voi due sarebbe migliore. So che lo stai facendo.-
-Co… come lo sai?-
Una punta di tristezza attraversa gli occhi di John. –Gli somigli, te l’ho detto.-
Finalmente, Sherrinford ricambia il sorriso. Ha i denti più affilati e meno umani, ma guardarlo è come rivedere Sherlock durante quei rari momenti di relax che solo in presenza di John si permetteva di concedersi. Quando sorrideva, il volto gli si illuminava di una luce personale e bellissima, come bagliore tenue di stella mattutina.
John ci ripensa, e sente il petto stringersi in una morsa dolorosa. Sherrinford gli stringe la mano in risposta, richiamandolo alla realtà. Sorride.
-Più ti guardo, piccolo umano, più capisco cosa abbia visto mio fratello in te.-
John arrossisce. –Non ho mai capito se Sherlock abbia visto realmente qualcosa di buono in me. A volte penso che abbia immaginato tutto.-
-Mio fratello non era uno stupido. Nessuno degli Holmes lo è. Credevo lo sapessi.-
-Sì, ma…-
-Allora non dubitare di lui.-
Sherrinford gli lascia andare la mano e si volta, facendogli cenno di proseguire. Non si guarda più indietro, non lo fissa più. Perciò, John si limita a seguirlo tra le rocce, in alto, verso la cascata. Avanzano, scavalcano gemme preziose, s’inerpicano sempre più in alto, verso il cielo, in una scalata di rocce ed edera, diamanti e cristalli.
Alla fine, giungono in cima allo spuntone.
-Vai avanti, John.- lo esorta Mary. Lei e Sherrinford indietreggiano, John avanza.
E improvvisamente, dalle acque emerge qualcosa. Una massa enorme, che riempie l’ambiente con la sola grandezza della testa. Nessuna creatura è tanto grossa. Sherlock era gigantesco, Moriarty era immenso. Ma questo… questo è diverso. Questa bestia pare grande quanto il sole, massiccia come un iceberg, indistruttibile nella sua massa di muscoli e scaglie. John non riesce a vederne il corpo perché probabilmente questo sprofonda nell’entroterra.
Quella bestia è forse la più antica che il pianeta ricordi. Quella bestia è tempo, giorni, ore, minuti. Ha guardato la nascita del mondo, l’ha visto sbocciare e fiorire. E, nella sua immensità, non ha osato intaccarne il regolare corso di sviluppo. John arriva a pensare che le enormi zampe abbiano contribuito forse a modellarne i monti e i vulcani come un bambino che gioca con la plastilina.
La bestia stiracchia il collo da rettile, le scaglie di un bianco madreperlaceo grosse come navi da crociera, le punte di zaffiro sottili ed eleganti che come un prezioso ornamento di luce corrono lungo la colonna cervicale.
Il drago ha un muso lungo e affusolato e la mandibola contornata da spuntoni sottili ma non discreti. Sulla sommità del naso sbuca una fila di membrane azzurrine, lunghe quanto tutto il muso. Le corna sono ondulate, di zaffiro, dello stesso colore degli occhi.
Gli occhi.
Così antichi, così giudiziosi. John si sente così piccolo al loro cospetto, così fragile, così puerile. Quante ere hanno osservato quelle iridi da rettile? Quante nascite, quante morti? Quella bestia non è come Sherlock. È più antica, più grossa, più… selvatica. Non parla, non ha niente di umano. John non riesce a immaginarsi l’immensità sconfinata di quella mole pressata in un corpo da uomo. Sarebbe sbagliato, innaturale. Perché quella bestia è un drago. Un drago vero, antico, selvaggio, così come era la sua razza agli albori delle ere. Forse, è l’ultimo rimasto.
John abbassa lo sguardo intimorito. Gli tremano le gambe e deve combattere l’istinto di fuggire. Nessun coraggio da soldato può aiutarlo al cospetto di quella splendida creatura.
-Io… io…-
Il drago sbuffa appena dalle narici, ed è come se un gelido tornado investisse John. Il vento lo spinge all’indietro, lo fa cadere e rotolare tra le rocce. Lui non si azzarda a rialzarsi. Sente che da un momento all’altro, il drago lo inghiottirà come un moscerino insignificante e di lui non resterà che un ricordo.
-Gli piaci.-
Mary lo raggiunge, si inginocchia per aiutarlo a sedersi.
John si arrischia a fissare nuovamente il drago, che stavolta non pare intenzionato ad atterrarlo di nuovo. Lo fissa ancora per qualche istante, trapassandogli l’anima e il corpo con due limpidi occhi di creatura ultracentenaria. Poi, s’immerge nuovamente e sparisce tra le profondità dell’acqua e della terra, silenzioso come si è innalzato, maestoso come nessuna creatura esistente.
Finalmente, John si ricorda di respirare.
-Cosa… cosa ho appena visto?-
Mary ride. –Un alpha, John. L’alpha. Forse l’ultima grande bestia rimasta su questa Terra. Lui ha creato questo rifugio e lui protegge tutti noi.-
-Credevo che… credevo che Sherlock forse un alpha.-
-Lo era.- Sherrinford si accovaccia al suo fianco, gli occhi fissi sull’acqua sottostante. –Ma non era così antico. Anche uno come mio fratello sarebbe stato costretto a piegarsi al cospetto di quella creatura.-
John ne dubita, perché Sherlock si era inchinato solo dinanzi alla morte. È rimasto in piedi, saldo e austero fino alla fine. No, non si sarebbe inchinato a un essere vivente.
-Sherrinford…-
-Mh?-
-Sherlock… lui ha saputo di te più tardi, durante uno dei nostri ultimi viaggi. Perché? Dove sei stato per tutto questo tempo?-
Domanda sbagliata.
Il volto di Sherrinford si adombra, i suoi occhi si scuriscono di rabbia e tristezza repressi. Stringe i pugni, contrae la coda e le ali, come se stesse per esplodere. Per qualche istante, John teme che accada davvero.
Poi però, Sherrinford si rilassa. Le dita si distendono, il respiro si calma, la coda non si agita più. Guarda John, sorride con tristezza profonda, antica, che ricorda troppi dolori subiti e tanta solitudine accumulata.
-Vieni.-
Sherrinford gli tende una mano artigliata.
-Voglio farti vedere delle cose.-
John esita, fissa incantato quella mano così simile a quella di Sherlock. Vuole fidarsi, ma sente che così in qualche modo tradirebbe Sherlock stesso. Affidarsi a un altro drago, per quanto simile a lui, è una buona idea? John spera di sì. Vuole crederci, vuole capire perché Sherlock lo ha mandato proprio lì.
Si fida di Sherlock. E Sherlock si fidava di Sherrinford.
-D’accordo. Mostrami.-
John afferra la mano di Sherrinford, e finalmente, almeno per qualche istante, si sente meno solo.
 
Angolo dell’autrice:
Feste maledette. Non ho mai il tempo per continuare la storia! Abbiate pietà di me…
Sher: no. Fatela fuori.
Ce l’hai ancora con me?
Sher: mi hai ammazzato. E per vendicarmi ho usato le tue scarpe come bersagli durante i momenti di noia. E i momenti di noia saranno molti, visto che QUALCUNO mi ha radiato dalla storia.
Brutto…! Ok, sono calma… non tentarmi, o potrei diventare più bastarda di qualsiasi scrittore mai esistito! E ora fai gli auguri di Natale e futuro felice anno nuovo, o il mio di bersaglio sarà il TUO violino.
Sher: io non… quello era Moriarty. Vestito da… renna?
Ehm… no? Sto ancora aspettando gli auguri…
Sher: auguri… credo… quello non può essere Moriarty. JOHN, TOGLITI QUEL COSTUME DA ELFO!!!
AUGURI A TUTTI QUANTI!!! E grazie di cuore ai santi recensori che non si stancano mai di leggere i miei deliri e di scrivere poi un bellissimo commento! Un bacio speciale a voi e un ringraziamento dal profondo del cuore! Grazie! E buone feste! A presto!

Tomi Dark Angel
 
  
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