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Autore: compulsive_thinker    29/12/2014    0 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!

Scusate, davvero, per la mia lunghissima assenza, ma ho avuto un blocco spaventoso. Ero completamente priva di idee su come aggiustare questa storia e come continuarla, ma poi, improvvisamente, sembra che si sia sbloccato tutto! :) Spero che continuerete a leggere e recensire questa fanfiction, per farmi sapere cosa ne pensate..

Vi preannuncio già che la storia avrà una continuazione, in pubblicazione prossimamente!!

Un abbraccio.

C.

Capitolo 19

Interruppero la loro navigazione solo al tramonto, tirando le barche in secco e accampandosi come meglio poterono. Boromir accese un piccolo fuoco e si sedette, immobile, a fissare le fiamme con sguardo vacuo. Nessuno osava fiatare: la paura del Nemico e dei suoi servi era calata di nuovo su di loro come una coltre di nebbia non appena si erano allontanati dall’influenza di Lòrien.

Gli Hobbit sedevano attorno al piccolo fuoco, sfregando le mani per scaldarsi, pur sapendo che il freddo non veniva affatto dalla notte incombente intorno a loro.

Le cime degli alberi persero pian piano gli sprazzi di rosso che ancora le coloravano, per scivolare rapidamente in un blu intenso. Non una nuvola offuscava il cielo e l’aria si era fatta più fredda, al punto che i loro respiri si condensavano in piccole nuvole grige, che subito si dissolvevano nel buio. Edorel si avvicinò agli Hobbit e si sedette dietro di loro, aprendo il mantello in modo da scaldarli almeno un po’.

“Non ce la faremo mai.”

Il bisbiglio uscì dalle labbra di Pipino quasi senza che se ne accorgesse, mentre si stringeva alla giovane per godere del suo calore.

“Gandalf non lo pensava, Pipino, aveva grandi speranze!”

Ribattè Sam, tirando su con il naso, per il freddo e la tristezza. Nessuno rispose. Era troppo doloroso ricordare lo stregone, era troppo doloroso pensare che, forse, le sue speranze erano state vane quanto i suoi tentativi di salvarsi dall’oscurità di Moria.

“Andrà tutto bene, coraggio.”

Edorel accarezzò la testa dei piccoli Hobbit ai suoi piedi, soffermandosi per la prima volta a pensare a come sarebbe stato avere dei bambini. Occuparsi di piccole creature innocenti, tutte sue. Sorrise amaramente: certo, non era proprio il momento di pensare a un simile quadretto. La guerra incombeva, con lo stuolo di morti che portava con sé, l’orrenda visione dello Specchio di Galadriel. Ma proprio quando le speranze sembrano vacillare, ecco che il desiderio prepotente di vita si fa sentire, nel profondo del cuore, come a ricordare che c’è sempre una speranza.

“Anche se di domani ancora nulla si sa, ti prometto che per te una speranza ci sarà.”

La sua voce era dolce e cristallina, come la pioggia in primavera. Aragorn conosceva quella canzone, gliel’avevano insegnata gli Elfi. Edorel doveva averla senz’altro appresa da Umyen. Non aveva mai desiderato tanto di poter credere a quelle parole. La promessa di una speranza.

“Giuro, ti prometto, che io sarò con te, affronteremo il mondo insieme.”

L’uomo si alzò, incapace di ascoltare oltre. Edorel gli aveva mentito, sicuramente lo aveva ingannato sin dal principio: perché, allora, desiderava solo unirsi a lei e cantarle quella promessa?

Un debole russare interruppe la giovane: Frodo e gli altri stavano dormendo. Smise di cantare e si appoggiò al tronco dietro le sue spalle, chiudendo gli occhi e sperando di dormire.

 

*

 

Uno scricchiolio risvegliò bruscamente Edorel, facendole spalancare gli occhi. Si voltò lentamente e scrutò nelle tenebre. Trasse un sospiro di sollievo nel vedere che si trattava di Boromir che avanzava risoluto verso Aragorn, appoggiato a un albero, di guardia. La ragazza finse nuovamente di dormire, ma tese le orecchie per cogliere ogni parola della conversazione poco amichevole che stava avvenendo tra i due.

“Una volta giunti alle Cascate, dovremo prendere una decisione. Dove intendi condurci, Aragorn?”

“Gandalf desiderava che prendessimo subito la via dell’Emyn Muil, intendo rispettare la sua volontà.”

“Non ti ho chiesto cosa voleva lo stregone, ma cosa intendi fare tu. Proprio non vuoi capire? Gondor sola può proteggere gli Uomini dalla minaccia del Signore Oscuro, ma ci serve l’Anello.”

“Non posso prendermi una simile responsabilità!”

“Lo stregone poteva? Gli Elfi possono? I Nani? Nessuno combatte più per la Terra di Mezzo, solo gli Uomini. Perché non dovremmo usare questo mezzo, che ci è stato messo a disposizione da un Fato più grande di tutti noi, persino di Sauron?”

“Sbagli, Boromir, gli Uomini non sono soli in questa guerra. Guardati attorno, ti basta osservare la nostra Compagnia. Non possiamo peccare di superbia ancora una volta, pensando di essere i soli a poter proteggere la nostra terra.”

“Quando avremo bisogno, nessuno verrà. E sarai tu a portare il peso di questa scelta, sappilo!”

Il soldato di Gondor si allontanò sprezzante da quell’uomo che non avrebbe mai considerato il suo re, lasciandolo solo.

La ragazza cercò di rimanere immobile e regolarizzare il suo respiro affannoso: distruggere l’Anello era ciò che Gandalf voleva, era la cosa giusta! Come si poteva desiderare di usarlo? Ne era stata ripugnata, l’unica volta che lo aveva visto, troppa malvagità di nascondeva dietro i bagliori di quell’oro. Aragorn avrebbe fatto la cosa giusta?

Edorel avrebbe voluto alzarsi e raggiungerlo. Rimanere semplicemente accanto a lui, dimostrargli che non era solo a portare quel fardello, che sarebbero stati tutti dalla stessa parte, che avrebbero fatto del loro meglio per salvare ciò in cui credevano. Ma rimase a fissare le stelle, nelle orecchie il rombo del suo cuore agitato, in attesa che il sonno tornasse.

L’indomani mattina, si svegliarono alle prime luci dell’alba e compirono una mezza giornata di navigazione. Quando il rombo delle Cascate arrivava già alle loro orecchie, accostarono le barche a riva e si fermarono per mangiare. Il momento della decisione stava per arrivare, presto si sarebbe dovuta decidere la strada da intraprendere.

Il silenzio opprimente spinse la ragazza ad allontanarsi per un attimo dal gruppo. Fece pochi passi tra gli alberi e tirò un sospiro di sollievo, prima di sedersi su una roccia a mangiare del pan di via.

 “Perdonami, Edorel, posso sedermi?”

Sam aveva osservato la ragazza da quando avevano lasciato Dama Galadriel e ciò che aveva visto lo turbava profondamente.

“Certo, mi fa piacere un po’ di compagnia.”

“Lo so che non dovrei intromettermi in faccende più grandi di me, ma sento di dover dire alcune cose.”

“Sam, hai dimostrato di avere il diritto di parlare di qualsiasi cosa tu voglia.”

“Si tratta, ecco, di una questione delicata. Ho visto come tu e Granpasso vi guardate. E ho visto anche che ora non parlate quasi più. Non sono l’unico a essermene accorto, anche gli altri Hobbit sono in pena per voi.”

Seduto accanto a lei, il piccolo Hobbit aveva un’espressione preoccupata, ma allo stesso tempo rassicurante: desiderava darle tutto il suo aiuto, solo per vederla felice. Fu in quel momento che Edorel realizzò quanto l’orgoglio, completamente estraneo a quelle meravigliose creature, fosse pericoloso e insensato. Lo guardò con un sorriso, che si spense non appena cominciò a raccontare:

“Non si fida di me e sembra che io non possa far nulla per convincerlo di non aver mai mentito.”

“Gli hai salvato la vita, non gli basta?”

“A me non basterebbe.”

“Siete così sciocchi e orgogliosi!”

Sbottò Sam, per poi aggiungere, abbassando lo sguardo:

“Non volevo essere sgarbato, ma…”

“Ma hai ragione. Non possiamo cambiare quello che siamo.”

“Vedo un Elfo e un Nano che viaggiano insieme senza tentare di uccidersi. Quattro Hobbit usciti dalla Contea per imbarcarsi in questo viaggio infernale. Direi che stiamo tutti cambiando quello che siamo!”

Erano così semplici e vere quelle parole, che Edorel non seppe cosa rispondere. Scompigliò ridendo i capelli dello Hobbit, dicendogli:

“Va’ a chiamare Frodo, non voglio che si allontani da solo!”

Li aspettò seduta sulla roccia, godendosi quel momento di tranquillità e lasciandosi invadere dalla speranza che, dopotutto, la situazione poteva ancora mutare prima della fine del loro viaggio.

Un fruscio tra le foglie la fece voltare di scatto, appena in tempo per evitare la freccia, che le ferì soltanto di striscio un braccio. Scosse la testa per scacciare il bruciore che avvertiva, impugnò la spada e si voltò per fronteggiare gli orchi.

Dagli alberi alle sue spalle ne sbucarono quattro, che si diressero di corsa verso di lei. La sua lama di mithril scintillò fulminea nell’aria, prima di cozzare contro quelle dei suoi assalitori. I fendenti si susseguivano, lasciandole appena il tempo di schivarne uno e pararne un altro. Il suo respiro si era fatto corto e pesante, sovrastato dai grugniti degli Orchi. Non erano come quelli che avevano affrontato nelle miniere, sembravano più alti e forti, come se non sentissero fatica. Edorel temette di soccombere, ma riuscì ad assestare un colpo fortunato alla gamba di uno di loro, recidendogli un’arteria. Un fiotto di sangue nero schizzò alto nel cielo, come un piccolo, macabro fuoco d’artificio e il ferito si accasciò a terra con alti strilli, quietandosi man mano che il sangue e la vita abbandonavano il suo corpo. Distratti dalla morte del loro compagno, anche gli altri tre caddero presto sotto i fendenti della ragazza, che si lanciò subito nella foresta, sperando di trovare i due Hobbit prima degli Orchi.

Vagò tra gli alberi, disperata, senza farsi vedere, ma senza successo. Avvertiva i passi pesanti di un’intera squadra di Orchi, non molto distanti da lei, ma improvvisamente un leggero sibilo attirò la sua attenzione. Nascosti dietro una roccia, vide finalmente Sam e Frodo che la guardavano con occhi colmi di terrore. Li raggiunse e disse:

“Non c’è tempo da perdere, raggiungiamo gli altri alle barche:”

Tornarono di corsa all’ormeggio, ma non trovarono nessuno. Dietro di loro, al rumore di passi si era aggiunto un fragore metallico, segno che qualcuno stava combattendo.

“Cosa possiamo fare? Li abbiamo visti, erano tantissimi, non potremo mai batterli! Ci troveranno!”

Sam fissava gli alberi aspettandosi da un momento all’altro di veder irrompere quelle disgustose creature pronte a prenderli.

“No, Sam, non vi troveranno. Salite su una barca.”

Il secco ordine di Edorel suonò come una condanna a morte alle orecchie di Frodo. Attraversato il fiume, il suo fardello si sarebbe fatto ancora più pesante e pericoloso. Non avrebbe avuto più una Compagnia di amici esperti cui appoggiarsi, sarebbe stato solo con Sam. Gli era grato con tutto se stesso per la sua dedizione, ma dove mai sarebbero potuti arrivare due Hobbit mai usciti prima dalla Contea?

“Cosa ne sarà di noi? Non possiamo farcela da soli fino a Mordor.”

Edorel smise per un attimo di accatastare provviste sulla piccola barca e si rivolse a entrambi gli Hobbit:

“Avete dimostrato di essere forti e coraggiosi, se qualcuno può riuscire in quest’impresa siete proprio voi.”

“Ma, Edorel, non sappiamo combattere, come raggiungeremo Mordor senza di voi?”

“La Compagnia non si scioglierà ora, Frodo. Rimarremo uniti con un unico obiettivo finché questa guerra non sarà finita. Non importa dove sarete, noi saremo con voi!”

Le parole della ragazza gli fecero velare gli occhi di lacrime, che si asciugò con il dorso della mano. Sbirciò Sam accanto a sé e lo vide fare lo stesso. Si sentivano piccoli e soli, davanti all’Anduin e alla prospettiva di fuggire da un pericolo soltanto per inseguirne uno ben più mortale.

“Tutto dipende da voi, piccoli Hobbit. Per quanto possa valere, io credo che possiate riuscire in quest’impresa, ma sappiate che, se mai doveste fallire, io ci sarò, fino alla fine. Questo non è un addio, ve lo prometto.”

Edorel li abbracciò teneramente e baciò loro la fronte, prima di farli salire sulla barca. Quando già la corrente li sospingeva verso la riva opposta, un movimento tra le foglie la fece voltare, pronta a difendere la loro fuga a costo della vita.

Aragorn sbucò dagli alberi, la spada e i vestiti imbrattati dal nero sangue degli Orchi. Vide la barca e capì che gli Hobbit erano ormai fuori dalla portata delle loro braccia, gettati loro malgrado verso la continuazione di quella missione. Accantonò per un istante questi pensieri, prendendo la ragazza per un braccio e dicendo:

“Dobbiamo tornare dagli altri, gli Orchi sono troppi.”

Edorel annuì e si concesse solo qualche secondo per osservare i piccoli Hobbit allontanarsi verso l’altra sponda del placido Anduin. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter rimanere con loro, per poterli proteggere dai pericoli ben più grandi che erano sul punto d’incontrare, ma la sola cosa in suo potere era garantire loro un po’ di tempo per allontanarsi inosservati, combattere a costo della vita, per Frodo e Sam.

I due si addentrarono nel bosco verso la battaglia, senza il coraggio di guardarsi, poiché sapevano che negli occhi dell’altro avrebbero letto la stessa, impietosa domanda: due Hobbit avrebbero mai potuto trionfare contro le armate di Mordor?

  
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