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Autore: zweihander95    31/12/2014    1 recensioni
Nell'era degli antichi dopo la fine della guerra degli dei , nel continente dei Nove regni, una terra baciata dalla fede e intervallata dalle tenebre del baratro e piegata dalle assidue cadenze di conflitti, perpetrati nel lungo andare sempre più massacranti, dette guerre del diamante rosso, a causa dell'affievolimento del falò primordiale, Anor Londo, la patria degli
dei, vanta i migliori cavalieri dei Nove regni che hanno il compito di difendere la giustizia e la pace e soprattutto la progenita del sole che tiene in equilibrio come una clessidra il mondo ultraterreno
e quello degli esseri mortali.
« non è la spada che stila il destino e il cavaliere che scrive i capitoli del suo
fato»..
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Il villaggio Mcluck, gestito dalla famiglia Mcluck maturava nell'anima di vallate e montagnole che defluivano dall'alto in basso come le gobbe dei cammelli. Il clan Mcluck era una discendenza di imprenditori e commercianti, antica quanto il loro nome, e dimoravano nel regno di Anor Londo da tempi immemori. Infatti, l'origine della geneaologia era ignota, ma la cittadinanza asseriva che il clan era sbocciato quando i draghi volavano nel firmamento o non appena il primo Lord del sole era salito al trono di Anor Londo, o addirittura quando la razza umana si esortó al sud per erigere i primi insiedamenti. Chiacchere senza un riscontro, e i Mcluck non omettevano sfumatore sul loro antecedente misterioso e nemmeno fasi nel presente. Non avendo quasi mai approcci con la famiglia gli abitanti preferivano non prediligere polemiche con gli affilati del clan, per altro pensavano a vegetare esigue cibarie sui tavoli delle loro residenze perchè molte volte il raccolto scarseggiava e molti contadini si indebitavano con i signori delle altre città. La maggioranza della popolazione denigrava la famiglia di eventualità superstiziose per alternative : il rudimentale era che complementavano durante il crepuscolo liturgie eccentriche. Propriamente, dal riparo scaturivano ovazioni sataniche. Il secondo, era che raramente, i membri del clan emergevano di rado a intagliare l'esule spazio campestre di cui ne disponevano, e quindi i compaesani sospettavano sul loro operato. Come erano nate queste modulazioni calunniose erano state sepolte, si trattava perlopiú di pettegolezzi utopistici e infondati. Essere aborrito dai Mcluck era uguale ad abidicare dal villaggio e sfortunatamente abominavano un fanciulllo, con il nome di Gwyndolin. Il perchè i Mcluck, non lo avevano, tuttora bandito dal villaggio era che nutrivano un sommo rispetto per Gort, l'altisonante ex- cavaliere, dell'antiquata compagnia di Gwyn il Lord del Sole. Gwyndolin, il più giovane dei tre fratelli, il meno favorito del padre, stava seduto con le gambe accavallate, il mento appoggiato sulle mani trecciate, aveva lo sguardo rivolto al sole, sopraelevato nel cielo ceruleo. I riverberi del mezzogiorno malmenavano il paesaggio, donando una magia arcana che combaciava perfettamente con lo stato d'animo del ragazzo. I panni erano bagnati dalla sudorazione, ma attualmente non si sarebbe discostato da quel luogo incantevole, e il venticello estivo faceva danzare i riccioli bronzei di Gwyndolin. Per tutti i suoi quattordici anni di vita non si capacitava, come mai lui potesse contemplare la palla incandescente del sole, senza drizzare una mano sugli occhi o senza patire dal suo ardente fuoco vari danneggiamenti alla vista. Di questa constazione imperscrutabile, non l'aveva mai confidata a nessuno, neanche ai suoi fratelli e a suo padre, in quanto l'avrebbero preso per un dissennato se questa bizarra notizia, per quanto fantomatica sarebbe arrivata alle orecchie della popolazione, e avrebbe provato sulla propria pelle il freddo sigillo della superstizione. E Come non comprendere questo tale atteggiamento?. In questi tempi difficili violenza e morte scuotevano chiunque, ma la comparsa di entità misteriose e, demoni tombali e sanguigni, sviluppati dal grugno delle tenebre non era facile a digerirli, per nessuno. Uno di questi, cosidetti " demoni", dalla corporatura poderosa e alto quanto un'albero, le corna nere sulla testa, due occhi fuori dalle orbite rossi, un'anello in oro arrugginto alle narici e aculei che gli spuntavano dalla schiena, munito di un grande martello aveva messo a fuoco il villaggio. L'ex cavaliere Gortan e Thoris, il figlio piú grande dei tre fratelli avevano liquidato il demone con estrema facilità. Si ricordó, in quella notte di settembre, che era andato in soccorso al padre e al fratello, sbalestrando una tiro perfetto dal suo arco di legno, nell'occhio del demone. Peccato che poi il padre gli aveva mollato un ceffone, oltre a metterlo in punizione per una settimana e senza cibo. Per fortuna il demone non aveva fatto vittima: aveva annilichito, soltanto le case dei contadini e rasato i campi di coltivazione. Sporadicamente, Gwyndolin si alzava molto presto per assolvere il lavoro attribuito dal padre, lavorando tutta la giornata senza ricevere un'abbraccio o una mano nei lavori: portava a pascolare le pecore, zappava la terra, e tutti quei lavori piú umili che l'avevano intonato per tutta l'infanzia, e se non eseguiva gli ordini del padre gli faceva molto male. Gwyndolin, ogni volta che incrociava gli occhi del padre buttava fuori, su di lui un' accanimento e una violenza infernale, e il ragazzo ne soffriva notevolmente. Sua madre era morta, nel darlo alla luce e forse per questo il padre non l'aveva mai perdonato. Il padre riservava maggiore affetto ai suoi fratelli: Yori e Norin, il quale vestivano le migliore stoffe, e lavoravano il minimo per allenarsi con la spada, acciocchè un giorno sarebbero diventati cavalieri del Lord del Sole e protettori della patria delle divinitá, il sogno a cui aspirava Gwyndolin. « Gwyndolin, che ci fai in questo colle? nostro padre si infurierà quando saprà che non hai portato al pascole le pecore». La voce di Yori lo fece ballonzolare in piedi. « Volevo ammirare il magnifico paesaggio, creato dalla natura». « o caso mai volevi venire con noi?». Confutó Norin « Mi hai beccato!». Rise, Gwyundolin, smagliante come i raggi del sole. « Non volevo lavorare mentre voi andavate, a cacciarvi chissá in quale magnifica avventura». « ma tu non sai neanche tirare un colpo di spada! Saresti un peso». Disdegnó Norin, sfiorando il fodero di cuoio della spada. « ma un centro perfetto puó uccidere un nemico!». Elogió Gwyndolin, mettendo una mano nella spalla del fratello. « Nostro padre ci ha assegnato un compito, in una caverna un strano orso aggredisce i contadini e con i suoi artigli liquida il raccolto». Disse Norin. « Benissimo! Allora facciamogli vedere a questo orso che con dei guerrieri non si scherza». Esclamó Gwyndolin. « Semmai cavalieri...? un giorno...». Quando il sole, fu a sufficienza animoso, Norin e Yori avanzavano, a rilento e con precauzione, aggregati da Gwyndolin, che stava con scioltezza alla loro andatura con alle spalle un'arco ricurvo di legno nero e una faretra composta in pelle. Il colle di Burroughs, così chiamato, vantava di un declino ripido e scivoloso. Non per questo, per la sollecitudine di Gwyndolin, aveva rischiato più volte di cascare giù dal colle, se non fosse stato per Yori, che gli dava una mano a non precipitare. Il burroghs, rispetto agli altri poggi pennellati di verde che dominavano la vallata era costituito da un litorale rossicio e sosceso. Al nord, Prima che fosse solamente un poggio, era rifugio di cannibali. Si, cannibali che nella notte rapivano bambini e donne, o mettevano a ferro e a fuoco i vicini villaggi, e compievano rituali oscuri all' alba. Con accurati indizi e ricerche Il Lord del Sole aveva polverizzato il villaggio maledetto, assieme ai suoi cavalieri. Ma un tempo, il colle aveva acquisito un punto strategico, sia come barriera per difendersi da una invasione esterna e sia per un' importante via commerciale al fine di confine tra il regno di Anor Londo e il regno di Volgen. Appunto, Anor Londo aveva combattuto la prima guerra in questa montagnola con i cavalieri spettrali, ed erano usciti vittoriosi. Gwyndolin non era in grado di asumere quelle vicende recenti, forse si erano verificati nella circostanza in cui era una fiammella nel ventre di sua madre o pressapoco, in un' epoca remota, eppure quei episodi li vagheggiava nella sua immaginazione: Suo padre che ingaggiava duelli contro i nemici spettrali, mettendo a repentaglio la vita per la donna che amava, Il Lord del Sole che sbaragliava questi ultimi con i suoi grandi poteri per l'avvenire di un futuro di prosperità, e i cavalieri che combattevano e morivano nel nome della patria degli dei, allorchè potessero le loro anime onorevoli riposare nella gloria assieme alle dvinità. Un giorno, in cui nel tempo le divampanti punte dei raggi del sole avrebbero, accarezzato il cosmo sarebbe diventato un cavaliere. Il cavaliere più forte del mondo!. Gwyndolin si accorse di aver interrotto il cammino, soprafatto da quegli eventi e dalla sua ambizione. Il mormorio del venticello argentino gli scompigliava i riccioli d'oro. « Ehi! che hai fratello? perché ti sei fermato?». Chiamó Yori, inquietandosi per il fratello. « Niente Yori, mi ero fermaro solo per prendere un po' d'aria».Disse Gwyndolin con un sorriso. I fratelli, generati da Rosabeth e Gort parevano tre gocce d'acqua: avevano la capigliatura luminosa e dorata come argento liquefatto. Yori, aveva i capelli mossi, Norin, corti come quelli del padre e Gwyndolin, voluminosi ricci. Un boccolo lungo gli scivolava dalla fronte. Sormontati da due occhi di un blue profondo, come la acque cristalline del mare di Giada, il naso piccolo e le labbra sottili. Sebbene il fanciullo non era abituato a queste discese, sembrava goderne dellla magnifica panoramica che gli si parava di fronte: Le giovanili pianure verdi, lo scorrere di un fiume in lontananza e i campi coltivati e il motivo rassenerante degli uccellini gli spargevano una sensazione di pace anteriore. Gwyndolin teneva presente che i suoi fratelli erano già sopraffini e futuri cavalieri, tutta benemeranza dell'audace vigore qualitativo dell' ex cavaliere Gortan. All'alba tutti i giorni il padre conduceva in una spianata paludosa, gravida di erbe sparute e pozzanghere d'acqua, i figli ad esercitarsi con la spada. All'opposto Gwyndolin se ne stava dietro le quinte, seduto su un macigno sgretolato a osservare gli allenamenti attentamente. Piuttosto che niente, il padre non aveva problemi a farlo assistere. Il giovane, da quegli allenamenti aveva assimilato il dinamismo del padre nel maneggiare la spada. Sceso il versante, il gruppo circolo per una stradicciola inclinata e rettilinea, spalmata da un letto di pietre briciolate, che procedeva nella selva, lungo il fiume. I cacciatori di pelli, imbarcavano questo passaggio per l'egregia fauna che albergava in questi luoghi. Dall'altra costa del fiume si intravedevano un modesto branco di cervi, corredati da grandi palchi di strutture ossee, che divoravano le foglie. Gwyndolin, si abbassó, curvando le ginocchia e con una mano tracció percorsi d'acqua. « Muoviti Gwyndolin! non abbiamo tutto il giorno». Norin lo guardó con rimprovero. «Uffa! va bene». Gwyndolin arruffó con ambedue le mani un po' d'acqua, sufficiente per intingere i boccoli biondi. Riunitosi a Yori e a Norin coprirono uno spazio di strada congrua. Interruppero l'avanzata in una crocevia, articolata, da quattro percorsi. Grottescamente, al centro una fontana, strutturata da una vasca orbicolare, era sorretta da una statua di drago, che tratteneva nella fauci affilate uno spadone. I fratelli si accomodarono in un tronco d'albero abbattuto, che fungeva da panchina. Le chiazze del meridione lambivano i rilievi nebbiosi. La natura e il tragitto casualmente avevano messo da parte la fame di Gwyndolin e ora udiva il brontolio della sua pancia. « Davvero bello questo paesaggio, l'ideale per portare una bella fanciulla, peccato per la macabra statua». Yori estraeva dal suo zaino delle pagnotte. « Tieni Gwyndolin, mangia con noi, così recupererai le forze». Yori divise la sua pagnotta e gliela distribuì al fratello. A differenza di Norin, che a malapena era consapevole dell'esistenza di Gwyndolin, e gli rivolgeva la parola con fatica, Yori era affezionato al fratello più piccolo e si tormentava quando vedeva suo fratello subire le pene dell'inferno succube di suo padre, senza poter fare qualcosa. « Avete delle bellissime spade» Specificó Gwyndolin con la bocca piena di grammi della pagnotta.« Spade forgiate dal miglior fabbro del regno in acciaio bradun, il meglio dei Nove regni». Esaltó Norin, esaminando con fierezza la spada. « Con queste fiammante lama saró un cavaliere di Anor Londo». Aggiunse. Gwyndolin alzò gli occhi al sole. « Anch'io lo saró un cavaliere della patria degli dei, un cavaliere acclamato dalla gente e lodato nelle generazioni a venire». Le nuvole bianche, immutabili erano soffici come lo zucchero filato. « Il sole sará la mia guida». « Non dire fesserie! Tu non sarai mai un cavaliere, non hai il talento e ne la forza per essere un protettore di Anor Londo e poi, nostro padre non ti a neanche nominato per arruolarti nelle file di Anor Londo». Ribadì Norin, foderando la spada nel fodero. « Vedi di non farti sbudellare dall'orso». Aggiunse, con un ghigno di divertimento. « Nostro padre sarebbe felice di vedermi morto». Controbattè Gwyndolin, « si lo vorrebbe, per colpa tua è morta nostra madre!». Le parole di Norin furono pesanti come una freccia sferzante di sangue. « Non è colpa mia se sono nato». Disse con voce smorta. « Non dire cazzate Norin! nostra madre non è morta per colpa sua». Sbraitó Yori. « Ha ragione Yori, meglio avanzare...». Si misero nuovamente in cammino verso le grotte.
   
 
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