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Autore: Ipossia    03/01/2015    0 recensioni
Le particelle di polvere fluttuano nella stanza, brillando per qualche secondo quando attraversano i raggi di luce che piano piano stanno prendendo possesso delle lenzuola, delle pareti, dell’armadio vecchio stile che piace al più piccolo dei due così tanto. Nessun rumore tra quelle quattro mura.
Capelli chiari troppo lunghi, occhi grigi troppo freddi, una storia troppo complessa per essere raccontata in una notte; questo è Sergej. Capelli color del cielo nei giorni tersi d'estate, occhi acquamarina e un sorriso troppo bello per non nascondere qualcosa; questo è Nyal. E questa è una side story della loro vita insieme. Raccolta di piccole flashfic su ciò che sono stati e saranno l'uno per l'altro.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sorriso

 

“Non mi pento dei momenti 
in cui ho sofferto; porto su di me le cicatrici 
come se fossero medaglie, 
so che la libertà ha un prezzo alto quanto quello della schiavitù. 
L’unica differenza 

che si paga con piacere e con un sorriso…anche se quel sorriso è bagnato dalle lacrime.” 
Paulo Coelho

 

E’ stato labbra sottili su un viso di ghiaccio, la prima volta che lo ha visto. E’ stato una piega leggera in un viso segnato dal rimpianto, l’ultima. Prima che se ne andasse.

Proprio quell’espressione, in quel giorno di sole impietoso, gli ha fatto desiderare di aver detto qualcosa, di essere riuscito a convincerlo a rimanere; nulla è servito. Era troppo tardi. I grilli avevano cantato a lungo quella sera d’estate, come a ricordargli che quel mondo crudele in cui si era ritrovato improvvisamente solo era ancora lì, vivo e pulsante, memoria perenne di ciò che erano stati loro stessi. I grilli avevano cantato. C’erano state lacrime, all’inizio. Tantissime lacrime, da riempire fiumi interi, mari e oceani. Non erano bastate a riempire il vuoto. Non erano bastate per lui. 

Il caldo di quel luglio troppo vivo si era trasformato lentamente nel lento e afoso agosto, e di lacrime ormai non ne erano rimaste più. Un giorno dopo l’altro, e poi un altro ancora, aspettando di vedere un’uscita da quella spirale di tristezza; nessun risultato, dopo più di un mese. Nessun contatto, nemmeno. Il viso preoccupato di suo fratello, è l’unica immagine che ricorda con chiarezza, insieme ai colori e agli odori dell’oceano ormai sbiaditi. L’unica cosa viva in quel momento sono i ricordi. E’ successo tutto così in fretta che persino gli ultimi momenti sono importanti, per lui. Come aggrapparsi ferocemente alla scogliera per evitare di cadere in mare, anche se l’unico risultato sarà lo scorrere del sangue lungo le dita ferite dalle rocce. Una chiamata da quel fratello più grande di cui aveva sentito parlare ogni tanto, ed era esploso tutto. Come una bolla di sapone in una sera d’estate: bellissima, luccicante, leggera, che però scompare in un attimo non appena tocca terra. Non sapeva nemmeno cosa si erano detti, non aveva capito. E lui non aveva spiegato nulla; l’aveva solamente guardato, prima di distogliere lo sguardo da lui verso lo spicchio di cielo visibile dalla finestra. A ripensarci, già quello gli aveva mandato un brivido lungo la schiena. Solo dopo aver trovato le valigie sul letto la mattina dopo era scoppiato il finimondo. C’erano state domande tremanti, speranzose, dubbiose. C’erano state risposte secche, veloci e fredde. E dopo c’erano state anche voci appena trattenute, toni alti nella mattinata apatica di quell’estate che era arrivata troppo presto. Parole di ghiaccio lanciate tra di loro, a formare un muro di certezze infrante e di ferite brucianti. Quella notte aveva non aveva dormito, solo nella sua camera mentre dal piano di sotto giungevano gli ultimi rumori dei preparativi. Non era uno stupido, sapeva bene che non era successo da un giorno all’altro. Tante cose non dette, tante cose non discusse, messe da parte per un’occasione migliore. Vorrebbe non averlo fatto. Vorrebbe essere riuscito a farlo parlare. Era bastata una misera chiamata da parte di quella sua famiglia maledetta. Gli aveva raccontato qualcosa, Sergej, quella prima notte che avevano passato insieme, poco più un mese prima della telefonata. Non era stata una cosa bella. Nessun vittimismo, nessun rimpianto, ma anche nessun esempio di affetto. Ed ora invece eccolo, a prepararsi in fretta e furia per tornare lì, nella fredda morsa della steppa russa, per inseguire un ricordo della sua vita passata. Ho perso troppo tempo, gli aveva detto, non avrei dovuto lasciarmi coinvolgere. Era stata una distrazione, niente di più. E gli aveva creduto, all’inizio. Gli aveva creduto perché non c’era più altro che potesse fare, perché non c’era più nulla per cui valesse la pena discutere. Gli aveva creduto per un totale di una notte, prima di vedere quell’ultimo sorriso. Prima di vedere le emozioni che avevano attraversato il suo volto come una tempesta estiva: passeggera ma potente, terrificante. E si era concesso il lusso di sperare. Malgrado tutte le parole non dette, malgrado tutte le scuse, aveva aspettato. 

E’ stato in un giorno freddo di fine autunno che lo ha visto di nuovo, labbra sottili su un turbine di emozioni. E’ stato mentre il vento faceva turbinare le foglie secche della magnolia di fronte a casa, che gli ha sorriso di rimando; parole trasportate via dal freddo di un inverno che si avvicina, perse in un cielo terso e limpido che promette neve, chiaro come non lo è stato mai.

Bentornato a casa. 






NdA: Come promesso, ecco un nuovo capitolo che va ad aggiungersi a questa raccolta! Spero vi sia piaciuto, alla prossima! 
Kisses, Ipo~

  
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