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Autore: saitou catcher    03/01/2015    6 recensioni
Con la vittoria alla Cava, i Ribelli hanni inferto un primo, vero colpo decisivo al sistema degli Aldermen. Ma basterà questo a fermare Hostel? Per Deine e i suoi amici si rivela sempre più dura la battaglia contro chi detiene il potere assoluto...
Seguito della storia "La Saga del Cristallo-L'inizio della rivolta"
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Saga del Cristallo'
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-Puntate- fu un ordine secco, quello del comandante. Ma i soldati nemmeno ebbero il tempo di eseguirlo.

Il potere esplose dalle mani di Ariadne con un boato sordo, e l'ufficiale fu il primo ad essere colpito dalla pioggia di raggi che la ragazza scatenò in quel momento.

Vale scattò quasi all'unisono con l'attacco di lei, e la sua spada intercettò uno degli attacchi lanciati da Ariadne. Un singolo tondo, e una parte dei soldati venne completamente travolta, gli uomini che venivano scagliati contro le pareti come foglie secche.

Il comandante, ancora vivo, nonostante la ferita fumante che gli si era aperta sul petto, barcollò in avanti, mentre la sua mano scivolava verso una tasca dei pantaloni. Ne estrasse un piccolo telecomando, e, nel momento in cui premette un pulsante, una serie di lame affilate, identiche a quelle di pochi minuti prima, sbucò dal pavimento lungo tutto il perimetro della stanza, rinchiudendo in quattro ribelli in un anello d'acciaio.

I soldati iniziarono a sparare, e proiettili e raggi di energia azzurrina saettarono da tutte le parti, in un'assurda cacofonia. Deine e Daywine, attenti a non avvicinarsi alle lame di acciaio, scattarono contro i nemici che li chiudevano ai lati, mentre Ariadne e Vale cercavano di farsi strada per raggiungere l'ingresso. Ben presto fu chiaro che i soldati non avevano idea di contro chi combattevano: i loro volti diventavano sempre più pallidi, e la loro coordinazione scemava, mano a mano che la spada di Vale assorbiva i loro colpi, rendendoli inutili.

D'un tratto, uno dei colpi scagliati da Ariadne raggiunse il pannello delle luci elettriche: le lampade al neon si spensero, lasciando la sala immersa nel sole della mattina, ma mentre il pannello esplodeva con una serie di schiocchi e crepitii, alcune delle lame infisse nel pavimento sparirono, e ne rimasero solo alcune sparse lungo la sala.

-Che cos'è successo?- domandò Daywine, mentre sferrava un calcio micidiale alla mascella di un soldato.

-Evidentemente quel pannello conteneva anche il meccanismo che controllava le lame: Ariadne deve averlo fatto saltare- Vale estrasse la spada dal petto di un sorvegliante e indietreggiò di qualche passo, andando a mettersi accanto a Daywine. -Un ostacolo in meno per uscire di qui.

Correte verso la porta. Adesso!

Ripeté l'ordine, gridando, e tutti e quattro scattarono verso la porta, facendosi strada tra i nemici

senza pietà. Ariadne aveva quasi raggiunto l'ingresso, quando un gridò attirò la sua attenzione. Si voltò, e vide Daywine cadere in ginocchio, uno squarcio sulla spalla sinistra che continuava a sputare sangue, mentre il pugnale di uno dei soldati calava inesorabilmente su di lui.

-No!- Ariadne corse verso di lui, sentì Deine seguirla, e si preparò a sferrare il colpo, ma l'altra ragazza fu più veloce: si gettò con tutto il suo peso contro il sorvegliante, mandandolo a sbattere contro la parete, e lo finì con un colpo alla gola.

Ariadne si gettò in ginocchio accanto a Daywine, lo afferrò per un braccio, e sentì le viscere stringersi per l'orrore, mentre gli occhi del fratello ricambiavano il suo sguardo, fissi e vitrei nel viso immobile. Lo chiamò, gridando, ma Daywine non sembrò sentirla, non reagì nemmeno mentre lei lo scuoteva sempre più forte.

-Smettila!- Deine la spinse via con violenza, si chinò cercando di tirare su il ragazzo. -Aiutami. È troppo pesante, non ce la faccio- ansimò.

Ma Ariadne non l'ascoltava. Era in piedi di fronte alle file dei nemici, e il suo petto si alzava e si abbassava sempre più violentemente, mentre una rabbia cieca e sorda cresceva dentro di lei. Avevano colpito suo fratello. Forse lo avevano ucciso. Non gli avrebbe mai più permesso di fare una cosa del genere.

-Ariadne!- gridò Deine, disperata, barcollando sotto il peso del corpo di Daywine.

Prima che avesse finito di gridare, Vale apparve accanto a lei, e l'aiutò a sollevarlo, passandosi un braccio del giovane attorno alle spalle. Daywine gli si accasciò addosso, semisvenuto.

-Io lo porto fuori. Voi due copriteci le spalle- le disse, prima di muoversi verso la porta.

Deine annuì, e si voltò per dare man forte ad Ariadne.

Non era preparata a quello che successe subito dopo.

 

Di solito, prima di sferrare un colpo, Ariadne aveva bisogno di fermarsi, di raccogliere l'energia del Cristallo che conteneva il suo corpo e di metterla in sintonia con quella del frammento che portava al collo. In quel momento poteva quasi vedere il flusso di potere che scorreva dentro di lei, in modo da calibrarne l'intensità.

Questa volta non ci fu nessun bisogno di fermarsi. Ne' di trattenersi. Il potere fuoriuscì con tutta la sua violenza dal suo corpo, e le esplose intorno, alimentato dalla sua rabbia.

Sentì l'aria vibrare e una cappa di calore la avvolse, mentre l'energia fluiva dalle sue mani con l'impetuosità di uno tsunami e le scorreva lungo le membra con un'irruenza quasi dolorosa, che la bruciava fin dentro la carne. Ariadne barcollò, mentre il potere che non poteva più controllare la investiva completamente, ardeva in ogni singola cellula del suo corpo, e tutto intorno a lei vibrò e tremò. Udì distintamente il fragore delle pareti che collassavano, le grida disperate dei suoi nemici, il boato sordo dell'energia che si scatenava.

D'un tratto, una nota di panico si fece strada nella sua esaltazione: il flusso di magia adesso era sempre più intenso, e la inondava completamente: Ariadne lo sentiva bruciare, pervadere ogni singolo centimetro del suo corpo, farsi strada fin dentro le sue osse con una forza che avrebbe potuto distruggerla. L'energia era troppo, e stava uscendo troppo in fretta; tutto il suo corpo sembrava avvolto da un bozzolo di fiamme, e Ariadne comprese che se non l'avesse fermato in tempo, il suo stesso potere l'avrebbe divorata.

Affannosamente, vagò dentro il suo corpo, alla ricerca di quei canali che potevano aprire e chiudere il flusso di energia. Cercò di spingere le radiazioni del Cristallo di nuovo all'interno di essi, ma dopo essere stata liberata in modo così totale l'energia sembrava quasi rifiutarsi di sottostare di nuovo al suo controllo. Continuava ad uscire, a fluire dal suo corpo in ondate sempre più impetuose, ed Ariadne percepì il panico serrarle le gola.

Si fece forza, e con ogni singola parte del suo essere agì sul suo essere, cercando di riportare all'interno del suo corpo la forza che aveva scatenato, ma era come cercare di arginare un fiume in piena: continuava a sfuggirle tra le mani.

Ariadne spinse, spinse con tutte le sue forze, e un dolore terribile la incendiò: gridò, mentre il potere rifluiva di nuovo tutto all'interno del suo corpo, mentre una colata di energia bollente come lava la investiva in pieno, inondando ogni singolo centimetro del suo corpo. Con una specie di risucchio, l'energia si esaurì, ed Ariadne cadde in ginocchio, piegata in due, entrambi le mani premute sullo stomaco, scossa da un tremito fortissimo.

Rimase in quella posizioni per quelle che parvero ore, cercando di inghiottire le lacrime: non aveva mai provato un terrore così devastante, non le era mai capitato di non riuscire a gestire l'immensità del suo potere.

Si rimise in piedi, a fatica, le ginocchia che sembravano diventate di gelatina, e si guardò intorno, sentendo il respiro che le si mozzava in gola.

La parete di fronte a lei era completamente crollata; il suolo stesso era crivellato di bichi, e lunghi fili di fumo si levavano, serpeggiando, dalle crepe che si aprivano lungo tutto il perimetro del locale. E ovunque c'erano i corpi: i corpi di quelli che fino a pochi secondi prim erano stati i suoi nemici adesso giacevano ai suoi piedi, ridotti a semplici ammassi di carne bruciata, i volti distorti ormai irriconoscibili.

Ariadne li fissò, li fissò a lungo, finché quelle immagini non si impressero sui suoi occhi col potenza di marchi infuocati, e in quel momento la nausea la travolse: cadde in ginocchio e vomitò finché non ebbe più fiato, finché le forze non l'abbandonarono di nuovo, e allora giacque lì, raggomitolata come un cucciolo ferito, l'odore del sangue e della carne bruciata che le intasava la gola.

Che cosa ho fatto... pensò, schiantata.

 

Daywine aprì gli occhi, batté le palpebre più volte, cercando di rimettere a fuoco il mondo circostante. La spalla sinistra gli faceva un male cane, e aveva la vaga percezione di un braccio che lo sosteneva, dei suoi piedi che strusciavano contro il terreno. Qualcuno lo stava trascinando, intuì. Ma che diavolo era successo?

Il mondo attorno a lui smise di ruotare, e Daywine si rese conto di trovarsi al di fuori dal laboratorio. Alle sue spalle sentiva ancora i rumori della battaglia, e il terreno sotto i suoi piedi vibrava, mentre Vale continuava a trascinarlo lontano dallo scontro.

-Dove sono Deine e Ariadne?- riuscì a biascicare.

-Ci coprono la ritirata- Vale rispose sbrigativamente. E in quel momento, il Laboratorio esplose.

L'onda d'urto li raggiunse alle spalle e li gettò a terra. Daywine cadde, la spalla che protestava violentemente all'impatto con il terreno, e un boato tremendo gli scoppiò nelle orecchie, mentre tutt'intorno a lui l'aria si faceva ardente.

Si girò su un fianco e alzò appena la testa, cercando di distinguere qualcosa attraverso il velo di fumo che gli si allargava davanti agli occhi. Riusciva vagamente ad intravedere la forma del laboratorio distrutto.

-Daywine- la mano di Vale che gli stringeva il braccio lo riportò alla realtà. Daywine si puntellò con le mani sul terreno, alzandosi a fatica.

-Che cosa è stato?- mormorò.

-Ariadne- rispose Vale- Non avevo idea che ne fosse capace. Forse non è riuscita a controllarsi.

Il fumo si diradò, ed entrambi sussultarono: un intera sezione del laboratorio era ridotta ad una rovina fumante, tanto che potevano intravdere la sala in cui avevano combattuto.

-Sono ancora lì dentro... forse sono in pericolo!- Daywine si mosse verso il laboratorio.

Vale gli strinse la spalla ferita, strappandogli un gemito. -Vado io. Tu sei ferito.

-Non se ne parla nemmeno!

-Smettila di dire sciocchezze. Sei ferito, e non sei in grado di...

-Stammi a sentire- sbottò Daywine, voltandosi di scatto verso di lui- non me frega un accidente di tutte le tue infinite regole su come si gestiscono le missioni. Lì dentro c'è mia sorella, e se tu pensi che io la lascerò lì dentro da sola, allora hai decisamente sbagliato persona!

Vale lo guardò, e in quel momento Daywine si sentì scrutato come non era mai stato finora. Sostenne lo sguardo, furioso, e per la prima volta la superficie immobile degli occhi dell'altro sembrò tremare, mentre lo sguardo di Vale si faceva sempre più intenso, come se l'uomo stesse cercando di raggiungergli l'anima. E poi, quasi troppo velocemente perché il ragazzo potesse esserne sicuro, negli occhi dell'altro passò un lampo di dolore, e, cosa più incredibile, di comprensione.

Poi la mano di Vale gli scivolò dalla spalla. -Vai- disse semplicemente.

Daywine lo fissò, incredulo. -Sul serio?

-Muoviti, prima che cambi idea- ribatté l'uomo, ritornato gelido come sempre, mentre estraeva la spada.

Daywine gli lanciò solo un'ultima occhiata, prima di seguirlo verso il laboratorio.

Lì dove c'era la porta adesso c'era solo una voragine fumante, e nel momento in cui la oltrepassarono, l'odore di carne bruciata gli riempì la gola. Il fumo riempiva il locale, ma anche senza vederle non era difficile intuire le large crepe che si allargavano sui muri, ne' gli ammassi fumanti di corpi bruciati.

-Maledizione- tossì Daywine, scavalcando un corpo- Come diavolo ha fatto...?

-Daywine?- qualcosa si mosse davanti a lui, ed Ariadne emerse dal fumo, i capelli scompigliati e il viso sporco di sangue e lacrime. Nel momento in cui lo vide, la ragazza lanciò un gridò e gli si gettò al collo, stringendolo convulsamente.

-Credevo fossi morto! Credevo... credevo...- i singhiozzi la travolsero.

-Va tutto bene, adesso- Daywine la allontanò, e vide Ariadne barcollare, il viso pallidissimo. -Che diavolo hai combinato, Ariadne?

-Io... non lo so- la ragazza continuava a tremare.

Una morsa di ghiaccio serrò le viscere di Daywine. -Dov'è Deine?- quasi gridò, guardandosi intorno.

-Sono qui- attraverso la cortina di fumo che si andava diradando, il ragazzo distinse la figura dell'amica: era seduta immobile, con la schiena contro la parete, le gambe piegate all'altezza del petto.

-Muoviamoci- li redarguì Vale, intento a controllare che nessun nemico fosse ancora vivo- Prima ci allontaniamo di qui, meglio è.

Daywine annuì, muovendosi intanto verso Deine.- Forza, andiamocene.

-Datemi... un attimo- la voce della ragazza era bassa e roca.

Lentamente, puntellandosi sulle gambe, Deine si tirò su, sempre tenendo la schiena appoggiata al muro, quindi si voltò verso di loro: teneva entrambe le mani premute sullo stomaco, e solo in quel momento Daywine e Ariadne si accorsero della chiazza di sangue che le si allargava sotto la dita.

Daywine la fissò, sconvolto. -Com'è successo?

-Quando Ariadne ha lanciato sull'attacco, sono stata scagliata sul pavimento- lo sguardo di Deine si faceva sempre più vitreo- e sono caduta su una delle lame.

Le ginocchia le cedettero, ma Daywine la afferrò in tempo. La ragazza gli si abbandonò contro, gli occhi chiusi e il viso bianchissimo e Daywine la prese in braccio, stringendosela contro il petto come se volesse cullarla.

-Andiamo, forza- disse, sistemandola in modo da reggerla meglio.

-Forse è meglio se la porto io- intervenne Vale- Tu hai una ferita alla spalla.

-Sto bene- rispose Daywine, a denti stretti. Non era vero, e si vedeva, ma Vale si limitò ad annuire, superando poi quella che poco prima era la soglia del laboratorio.

Uscirono dall'edificio in fila indiana, dirigendosi a passo spedito verso il bosco poco distante. Ariadne chiudeva la fila, ma se un nemico li avesse attaccati in quel preciso momento, lei non sarebbe stata in grado di difendersi. L'orrore per quello che aveva appena fatto era ancora troppo vivo, troppo cristalizzato nella sua mente. Non era stata in grado di contenere il suo potere, e aveva lanciato un attacco che aveva causato una vera e propria strage... una strage in cui avevano rischiato la vita anche i suoi amici. Deine si era ferita, per colpa sua, e il pensiero di ciò che quel fatto avrebbe potuto comportare le gelò il sangue. Forse la sua migliore amica sarebbe morta per colpa sua.

Forse, pensò, Ariadne, schiantata, il motivo per cui per tanto tempo i ribelli avevano insistito per tenerla chiusa all'interno della Base non era la sua sicurezza. Forse, in quel modo, i Ribelli cercavano di proteggere gli altri da lei.

 

Il silenzio all'interno della Batteria si stava facendo decisamente pesante, ma Derrick non aveva nessuna intenzione di romperlo per primo, iniziando a parlare da solo. Era fermamente deciso a vendicarsi sul capo, che l'aveva lasciato lì come ruota di scorta, rovesciandogli addosso, non appena l'avesse rivisto, tutto il torrente di parole che in quel momento stava trattenendo.

Certo, in quel momento un paio di imprecazioni ci sarebbero state decisamente bene, considerata l'estrema ed irritante cocciutaggine del catorcio che aveva di fronte.

Derrick non aveva mai incontrato un computer che lui non fosse in grado di violare, ma quello della Batteria sembrava deciso ad ottenere il primato. Per ogni difesa che l'uomo superava, immediatamente dopo se ne presentava un'altra, in un complesso gioco di rimandi da cui Derrick non aveva idea di come uscire. Continuava a lavorare, la fronte aggrottata e le dita che si muovevano freneticamente sulla tastiera, ma le lettere fluorescenti sullo schermo, che gli annunciavano che l'accesso gli era negato, non accennavano a cambiare.

Eppure ci dev'essere un elemento comune, qualcosa che mi permetta di passare attraverso tutte queste barriere, rimuginava, sempre più irritato.

Le ore trascorsero, sempre più lente e silenziose, e fu quasi per caso che Derrick azzeccò il codice giusto: il computer trillò, e l'uomo, quasi sfinito, vide le cifre sullo schermo muoversi e cambiare, per formare la frase a cui anelava da ormai sei lunghissimi giorni:

PASSWORD INSERITA. ACCESSO AUTORIZZATO.

-Sìì!- Derrick schizzò, in piedi, le braccia levate al cielo- Ti ho fregato, maledetto bastardo!

Si gettò sulla sedia e cominciò a premere freneticamente sulla tastiera, mentre davanti a lui scorrevano tutti i dati e i progetti della Cava: velocemente, Derrick iniziò ad inviarli al computer della Base.

Poi, nuove lettere apparvero sulla superficie dello schermo:

PROCESSO DI AUTODISTRUZIONE ATTIVATO. INIZIO DEL CONTO ALLA ROVESCIA.

Derrick alzò la testa, distrattamente, l'abbassò per continuare a scrivere... e poi la rialzò di scatto, mentre il suo cuore mancava un colpo.

Si alzò di scatto, corse verso la porta. Dietro di lui, una voce metallica risuonò nell'assordante silenzio della Batteria.

-Inizio del conto alla rovescia. Meno dieci secondi...

Freneticamente, impacciato dalla corsa, accese la ricetrasmittente, si portò l'auricolare all'orecchio.

-Derrick?

-Capo!- urlò, spalancando la porta- Non tornate alla Cava! Mi ricevete? Non tornate alla Cava!

-Derrick, che diavolo...

Poi, dietro di lui, la Cava esplose.

 

Un boato assordante risuonò nel suo orecchio, e Vale mosse la testa di scatto, portandosi una mano all'auricolare. Tutto quello che sentiva ero uno strano fruscio.

-Derrick?- chiamò- Derrick! Rispondimi!

-Cosa succede?- Ariadne apparve al suo fianco, il viso stravolto dal terrore- Cosa succede? Cos'ha Derrick?- quasi gridò, mentre gi stringeva disperatamente il braccio.

-Zitta! Non riesco a sentire- sibilò Vale, allontanandosi da lei. -Derrick?

Per qualche istante, tutto quello che udì fu un assordante silenzio. Poi, nell'orecchio di Vale esplose un solenne:- Vaffanculo!

-È vivo- commentò Vale con un sospiro di sollievo. Ma subito ritornò serio:-Cos'è successo?

In poche, concise parole intervallate da una notevole gamma di imprecazioni, Derrick gli raccontò gli ultimi avvenimenti, compreso il fatto che dei dati contenuti nel computer non era riuscito ad inviare che una minima parte. Quando ebbe finito di raccontare, Vale gli ordinò di raggiungerli immediatamente, spiegandogli come accedere al cunicolo della miniera e come ritrovarli. Quindi chiuse la comunicazione e si voltò verso Daywine e Ariadne.

-Che cosa è successo?- gli chiese subito Daywine.

-La Cava è stata distrutta- rispose l'altro.

-Cosa?- Ariadne si portò una mano alla bocca, pallidissima. -Derrick...?

-È vivo. Ci raggiungerà tra poco. Ma questo significa che non possiamo più usare l'aeronave che era alla Cava per il ritorno. Dovremo farcelo a piedi.

-Io e Deine siamo feriti- ribatté Daywine. -Di sicuro gli Aldermen non si aspettano che noi ritorniamo alla Cava. L'aeronave potrebbe essersi salvata. Vale almeno la pena di tentare.

Vale rimase in silenzio per un po', poi disse:-Vedremo. Intanto, cerchiamo un luogo dove nasconderci e che Derrick possa raggiungere.

Derrick li raggiunse circa mezz'ora dopo, facendo improvvisamente capolino da una fitta macchia di alberi. Era sporco, sudato, con l'uniforme lacera e le treccine in disordine, il volto reso ancora più scuro da uno strato di fuliggine. Ariadne gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo, ma l'uomo ricambiò a stento l'abbraccio, le gambe che quasi non lo reggevano.

Vale gli si avvicinò immediatamente. -Spiegami che cos'è successo.

Derrick scrollò le spalle. -Niente di più di quello che ti ho già detto, capo. Evidentemente, Hostel aveva previsto le nostre mosse. Era tutto una trappola, proprio come avevi previsto

sempre stata una trappola- replicò Vale, scuro in volto. Si voltò ad osservare il cielo. -Sbrighiamoci a cercare un nascondiglio prima che cali il sole. Sicuramente, i soldati del Laboratorio ci staranno ancora cercando.

 

Il fuoco ardeva in silenzio, proiettando un ampio cerchio di luce che si allargava ad illuminare la piccola radura in cui i ribelli si erano rifugiati. Di tanto in tanto, uno sciame di scintille si distaccava dal bozzolo pulsante di fiamme e si levava in alto, verso il cielo stellato, a malapena visibile tra le chiome degli alberi.

Il silenzio era così profondo che il respiro pesante di Deine, addormentata da diversi minuti, era chiaramente udibile. Accanto a lei, Derrick dormiva altrettanto profondamente, dopo essersi buttato a terra dichiarando che erano tutti molto gentili a non assegnargli il primo turno di guardia, visto che erano almeno cinque giorni che passava le notti in bianco.

Seduti in cerchio attorno al fuoco, Daywine, Vale e Ariadne non parlavano. Tutti e tre fissavano le fiamme, gli sguardi distanti e concentrati, completamente assorti nei loro pensieri. Di tanto in tanto, un rumore infrangeva il silenzio immobile della foresta, e allora sussultavano, alzando gli occhi per sondare le profondità del bosco, ma tutto intorno a loro era tranquillo.

Ad un certo punto, Ariadne sbadigliò. -Sono stanchissima- biascicò. Si accostò al fratello. -Daywine, fammi posto.

Daywine distese le gambe, ed Ariadne vi ci sdraiò in mezzo, appoggiando la testa sulla coscia sinistra del fratello. Fece una smorfia. -Daywine, le tue gambe sono scomode!- piagnucolò.

-Oh, ma taci- il ragazzo le mollò un buffetto sul capo, costringendola a distendersi di nuovo. -Se non ti piacciono, perché ti ci metti?

Ariadne aprì la bocca per ribattere, ma il fratellò le diede un altro scappellotto. La ragazza sorrise, poi chiuse gli occhi, e, in pochi minuti, il suo respiro si fece più profondo e regolare.

Passarono altri minuti, prima che improvvisamente Vale rompesse il silenzio.

-Sai- disse- questa è sempre stata una delle poche cose che ammiro di te.

Daywine alzò lo sguardo, sorpreso. Vale sedeva di fronte a lui, le ginocchia piegate all'altezza del petto, e le braccia incrociate appoggiate su di esse, ma non lo guardava. Fissava il fuoco, gli occhi blu incredibilmente persi e lontani.

-Ti ringrazio per il complimento- rispose- ma, nello specifico, a cosa ti riferisci?

Col mento, Vale indicò Ariadne. -Al modo in cui tratti tua sorella. A come tu sia sempre, costantemente impegnato a proteggerla. È una cosa che ti fa onore.

Daywine lo fissò, basito, e nella sua mente rivide quell'istante alle porte del Laboratorio, quando Vale lo aveva fissato, e in quel momento il ragazzo aveva provato la sensazione, inattesa e fortissima, che l'altro uomo sapesse cosa lui intendeva dire, che in qualche modo capisse ciò che lui provava.

-È un argomento che ti tocca, vero?- disse alla fine- Fratelli e sorelle, intendo.

Vale alzò la testa. -Perché mi fai questa domanda?

Daywine scrollò le spalle. -Perché, per quanto io ti detesti, non nego che a volte mi piacerebbe saperne di più su di te. Non si riesce mai a capire cosa pensi, che cosa provi. A volte, mi chiedo cosa sei stato, in passato.

Vale lo fissò, e sembrò passare molto tempo prima che rispondesse. -Sai, Daywine, per certi versi tu mi ricordi com'ero quando avevo più o meno la tua età.

Daywine inarcò un sopracciglio. -Faccio molta fatica a crederlo.

-Naturalmente non mi riferivo ne' all'arroganza, ne' tanto meno all'impulsività- rispose l'altro, mentre si piegava per aggiungere legna al fuoco. -Quanto piuttosto al fatto di avere una missione, e di crederci. Di essere sempre sicuri che quella da cui si sta combattendo sia la parte giusta. È una cosa che io ho perso molto tempo fa. Forse non l'ho mai avuta.

-Credevo che fosse una cosa naturale- ribatté Daywine, stupito da quell'inatteso momento di confidenza, ma deciso ad approffittarne- Come fai a combattere bene, se dubiti di essere dalla parte giusta?

Vale distolse lo sguardo- -Distinguere il nero dal bianco è molto difficile, Daywine. Non sempre ci si riesce. È per questo che esistono delle regole- tornò a fissare il fuoco- Regole che non dipendono dal luogo in cui sei nato, o da ciò che conosci, ma regole fissate sin dall'inizio dell'esistenza, e che fanno di noi esseri umani qualcosa di diverso da bestie che obbediscono ai propri istinti. Noi dobbiamo obbedire a queste regole. Il compito di un uomo, nel corso della sua esistenza, non è fare ciò che vuole, ne' ciò che ritiene sia la cosa migliore, ma fare ciò che è giusto. E in questo, a volte, i sentimenti sono un intralcio.

-Però tu stai con mio padre- replicò Daywine, inarcando un sopracciglio- I sentimenti non c'entrano, in questo?

Gli occhi di Vale sembrarono sprofondare nel fuoco, l'iride blu resa ancora più distante dal bagliore delle fiamme. -Tuo padre ha... un modo diverso di vedere le cose. A volte mi piacerebbe condiverlo. Ma, per quanto mi sforzi, semplicemente non riesco a credere che per ogni errore ci sia il perdono, e che a ognuno sia concessa una seconda possibilità. Ci sono cose che semplicemente non si possono perdonare.

-Forse è vero- ribatté Daywine- Ma che il mondo sia governato da un insieme di regole universali... non lo so, non riesco a crederlo. In questo modo, sembra che non ci sia nessuna libertà.

-Chiunque ha la libertà di deviare dal proprio cammino, Daywine. Fare ciò che si deve è una forma di libertà migliore di tante altre.

-Chi decide cosa è giusto?- sbottò il ragazzo. -Insomma, non nego che ci siano delle azioni che sono sbagliate a prescindere dal motivo per cui uno le compie, ma nessuno nella vita può fare solo ciò che deve. A volte bisogna deciderlo da soli, cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Le labbra di Vale si strinsero, ma lui non commentò.

-E comunque, tu non hai risposto alla mia domanda- riprese Daywine- Tu stai con mio padre: i sentimenti non c'entrano, in questo?

Vale alzò la testa, e lo osservò, e di nuovo il ragazzo si sentì sondato da quegli occhi impassibili. -Perchè mi fai questa domanda?

Daywine scrollò le spalle, quasi imbarazzato. -Voi due siete... diversi, ecco. E sinceramente, non riesco a capire cosa lui ci trovi in te. Non avete praticamente nulla in comune.

Passarono degli altri istanti di silenzio.

-Tu credi davvero che io e tuo padre non abbiamo mai affrontato questo argomento?- domandò infine Vale.

-Non lo so. Immagino di sì.

-Esattamente. E puoi dedurre dallo stato presente delle cose quali conclusioni ne abbiamo tratto. E il resto non è cosa che ti riguardi.

Prima che potesse rispondere,Vale si alzò in piedi. -Vai pure a dormire. Mi occupo io del primo turno di guardia.

Daywine annuì, e con delicatezza si tolse Ariadne dalle ginocchia, per adargiarla sul terreno. -Ne devo dedurre che il momento di confidenza è finito, quindi?

-Sì. E non ce ne saranno altri- Vale estrasse la spada e si portò al limite del cerchio di luce proiettato dal fuoco, dritto ed immobile, rivolto all'oscurità che si stendeva fitta davanti a loro.

-Immaginavo- Daywine si stese su un fianco, accennando una smorfia di fastidio per l'asprezza del terreno. -Buonanotte, Vale- disse, alzando la testa.

Trascorsero alcuni istanti di silenzio.

-In genere sarebbe carino rispondere- esclamò il ragazzo.

-Dormi, Daywine- gli rispose la voce di Vale.

Daywine chiuse gli occhi, e Vale rimase immobile nell'oscurità, gli occhi che si perdevano fra le ombre, a fare la guardia. E a ricordare.

 

Ed eccomi di nuovo qui, a pubblicare un nuovo capitolo dopo... ehm, tutto sommato questo particolare non c'interessa, vero? :)

Scherzi a parte, mi scuso mille volte per l'ignominioso ritardo, e spero tanto che il frutto delle mie fatiche valga l'attesa. In questo capitolo si susseguono molti avvenimenti, il primo dei quali è il dialogo tra Daywine e Vale: l'ho voluto inserire per tratteggiare meglio le psicologie dei due personaggi, e sopratutto per porre le basi di alcune rivelazioni che saranno molto importanti in futuro (SPOILER ALERT!).

Giuro che il prossimo capitolo sarà postato più rapidamente (ma qualcuno di voi ancora ci crede quando dico queste cose?). Intanto godetevi questo e non risparmiatevi con le recensioni!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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