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Autore: Evee    04/01/2015    2 recensioni
~ sequel di “The White Lady who lost her soul”
Kisara è finalmente libera, ed ora che ha ritrovato i suoi ricordi sente di essere anche pronta ad aprire il suo cuore e buttarsi alle spalle il suo triste passato.
Ma presto scoprirà che il passato non ha ancora finito con lei... Anzi, con loro. Perché Seto ha voluto salvare la sua anima, ma purtroppo ogni scelta comporta sempre una conseguenza. E lui ne ha fatto una che rischia di pagare molto, troppo caro. Lei, però, non ha la minima intenzione di permettere che accada.
E poi gliel'aveva promesso, che lo avrebbe protetto per sempre.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisara, Seto Kaiba
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dark Blue Saga'
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IV - Broken crown

 

{Crawl on my belly til the sun goes down
I'll never wear your broken crown

I can take the rope and I can fuck it all the way
But in this twilight, our choises seal our fate}

 

Riconobbe subito lo scalpiccio di quei passi severi lungo il corridoio, ed il tintinnio delle chiavi ruotate nella serratura.

-E' già ora?-

La domanda risuonò alle sue orecchie priva dell'irritazione che intendeva farvi trasudare, e fin troppo flebile. Ma la verità era che quegli undici giorni di prigionia l'avevano estenuato, ed iniziava a non confidare più che i suoi nervi, per quanto saldi, sarebbero riusciti a resistere ad altrettante ore di interrogatorio.

-Può andarsene, signor Kaiba.- udì dire dalla voce del detective Mori.

Seto sgranò gli occhi, incredulo a quell'annuncio tanto improvviso quanto inaspettato.

-Sul serio?- chiese conferma, quasi temendo si trattasse di una qualche machiavellica trappola ordita a sue spese da quel demonio della Nishiguchi.

-Sul serio.- lo rassicurò l'uomo con inusuale fare bonario -Il pubblico ministero ha autorizzato il suo rilascio su cauzione. Sotto libertà vigilata, è evidente.-

“Chissenefrega della libertà vigilata.”

Senza ulteriori indugi scattò in piedi, dedicò all'ispettore un breve cenno di commiato ed accelerò il passo, desideroso di porre tra sé e quel luogo la maggiore distanza possibile. E quando vide chi c'era all'ingresso, pronto ad accoglierlo, il peso che lo aveva schiacciato così a lungo scomparve del tutto.

-Seto!-

In un attimo Mokuba lo raggiunse e gli saltò al collo, con tale slancio che per poco non gli fece perdere l'equilibrio. Lo salutò con altrettanto entusiasmo, e lo strinse a sé con forza ancora maggiore. Era così sollevato di poterlo finalmente rivedere.

Lui, e quella ragazza dagli occhi blu che, più in disparte, l'aveva salutato con il suo lieve ma luminoso sorriso sulle labbra.

 

*

 

Tuttavia la sua felicità non sarebbe durata a lungo, se lo sentiva.

Era inutile mentire a se stessi, entro 12 giorni il pubblico ministero avrebbe dovuto decidere se disporre l'archiviazione del caso o formulare contro di lui un'imputazione. E la Nishiguchi gli aveva già prospettato quale sarebbe stata: omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dall'uso di un'arma detenuta illegalmente. Ma d'altronde il quadro indiziario a suo carico era talmente grave che nessun pubblico ministero si sarebbe sognato di disporre un non luogo a procedere, per quanto potesse vantare ampia discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale.

Doveva prepararsi ad un processo, il suo legale gliel'aveva annunciato forte e chiaro.

L'unico dubbio era quando si sarebbe svolto, ma in ogni caso era vitale approfittare del tempo a disposizione non solo per predisporre la propria difesa, ma anche e soprattutto per tutelare la sua azienda e suo fratello da ogni possibile ripercussione. Già solo l'annuncio del suo arresto aveva fatto crollare a picco il valore delle azioni della Kaiba Corporation, e se non fosse corso con prontezza ai ripari il panico degli investitori avrebbe fatto scomparire il suo nome dall'indice Nikkei. Ma quello era un problema che aveva saputo arginare con un paio di conferenze stampa e delegando Isono a rappresentarlo dentro e fuori dal consiglio di amministrazione, nell'eventualità che non si trovasse in grado di presenziarvi o di firmare documenti urgenti.

No, ciò che più lo angustiava era come fare a tenere al sicuro Mokuba. Perché se fosse stato condannato, non solo non avrebbe più potuto rivestire alcun incarico nella sua società, ma gli avrebbero di certo revocato all'istante la tutela su suo fratello. E Mokuba era ancora troppo piccolo perché, come lui, potesse beneficiare di un provvedimento di emancipazione prima della maggiore età. Il tribunale l'avrebbe affidato ad un'altra famiglia o, peggio, ad un altro orfanotrofio...

Ma lui non poteva permettere che gli accadesse nulla di simile. Gliel'aveva promesso, che nessuno li avrebbe mai divisi. L'aveva giurato a se stesso, che avrebbe impedito a chiunque di portarglielo via.

Tuttavia, per quanti consulti legali potesse chiedere, nessun avvocato era stato in grado di offrirgli una soluzione. Non poteva nominare un tutore che facesse le sue veci se non con il consenso di un giudice, e non c'era magistrato in tutto il Giappone che avrebbe autorizzato l'affido di un minore ad una persona priva di alcun rapporto di parentela. Tutto ciò che poteva fare era cercare di uscirne assolto, o quantomeno di prolungare il proprio giudizio finché Mokuba non avesse raggiunto i 16 anni e, con essi, la possibilità di ottenere piena autonomia e capacità giuridica. Sulla prima opzione non si sentiva di voler scommettere, almeno non sulla pelle di suo fratello, ma aveva soldi a sufficienza per potersi permettere di pagare la parcella di Endo perché lo difendesse fino alla Corte Suprema. E davanti all'Imperatore stesso, se necessario.

Poi, però, arrivò quella telefonata che avrebbe demolito ogni sua speranza.

Era da parte di un numero non salvato in rubrica, che dal prefisso risultava effettuata da un telefono fisso cittadino. Solo uno sguardo al suo Blackberry gli permise quindi di capire che doveva rispondere a quella chiamata, perché era praticamente impossibile che uno sconosciuto avesse il suo numero, ed ancor più che un conoscente osasse disturbarlo al di fuori dell'orario di lavoro per qualcosa che non fosse della massima impellenza. Questo, oltre quel brivido gelido che gli scivolò lungo la spina dorsale chiamato pessimo presentimento, lo spinsero ad alzarsi e ad uscire all'istante dalla sala dove stava cenando.

-Pronto?- rispose, una volta al riparo dalle orecchie troppo curiose di Mokuba e dallo sguardo preoccupato di Kisara.

-Signor Kaiba?- sentì dire da una voce familiare -Sono il detective Mori.-

Le dita gli si strinsero nervose attorno al cellulare.

-Mi dica.- ingiunse, saltando inutili convenevoli.

Ci fu una pausa di incertezza.

-Il procuratore Nishiguchi ha disposto il rinvio a giudizio.-

I suoi occhi si ridussero a due fessure, contrariato. Credeva di disporre di più tempo, erano trascorsi appena quattro giorni dal suo rilascio... Ma, proprio perché l'aveva autorizzato, avrebbe dovuto intuirlo che quella donna si era già decisa sulla sua sorte.

-La data della prima udienza?- chiese allora, confidando che prima di quella trascorressero almeno un paio di mesi, come lo aveva rassicurato Endo.

-Il 25 di marzo.-

Avrebbe voluto chiedere al detective di ripetere, dirgli che o aveva capito male, o lui doveva aver sbagliato mese, ma purtroppo aveva sentito benissimo. Il 25 marzo. Tra neanche due settimane.

-Così presto?- protestò -Com'è possibile?!?-

Ci fu un'altra pausa, questa volta più lunga della prima.

-Signor Kaiba, quello che sto per dirle è strettamente confidenziale.- fece Mori con circospezione -Non sarei autorizzato a dirglielo ma, non avendo potuto garantirle l'immunità come mi ero impegnato, mi sentivo quantomeno in obbligo di preavvertirla per tempo, affinché abbia modo di prepararsi.-

-Prepararsi per cosa?-

Il detective emise un sospiro desolato.

-Sarà meglio che si sieda, prima che glielo dica.-

Non si sedette, chiaramente. Tuttavia nell'ascoltarlo lo sconforto lo assalì al punto da scoprirsi ad un tratto appoggiato con la schiena al muro. E così rimase anche quando, una volta terminata la telefonata, si ritrovò a fissare con sguardo perso il display vuoto del suo cellulare. Per tutto il resto della conversazione era rimasto in silenzio, astenendosi da commenti sarcastici che non gli sarebbero stati d'aiuto e per i quali aveva sentito un'improvvisa mancanza di ispirazione. D'altronde, non c'era molto da dire a Mori, eccetto ringraziarlo per il gesto. Anche perché il suo scopo non era stato quello di consentirgli di parlare con lui, ma con loro...

E non sarebbe stato affatto facile trovare le parole giuste per farlo, né il coraggio di affrontarli.

 

***

 

Quando la porta della sala si riaprì e scorse la sua espressione, ebbe la temuta conferma che c'era qualcosa che non andava.

La voce di Mokuba le stava parlando ignara, ma aveva smesso di prestargli attenzione sin da quando aveva udito la suoneria del suo cellulare. Quando anche lui si accorse che il fratello non era tornato a sedersi a tavola, si interruppe squadrandolo con aria interrogativa. Kaiba però eluse il suo sguardo e si rivolse interamente a lei.

-Puoi venire un attimo?-

A quella richiesta avrebbe tanto voluto rispondere che no, non voleva. Voleva rimanere lì seduta a tavola, e che lui tornasse a cenare con loro come se non avesse mai ricevuto quella telefonata. Tuttavia, rassegnarsi a cose che non voleva ma doveva fare ormai era diventata per lei un'abitudine.

Scostò meccanicamente la sedia ed ubbidì, seguendolo oltre l'atrio fin dentro al suo studio. Quando ne richiuse la porta alle spalle, Kisara non riuscì più a reggere quell'attesa e ruppe il silenzio.

-Che sta succedendo?-

Lui la guardò fisso, troppo fisso. I suoi occhi erano vacui, come se non la stesse guardando realmente ma avesse la mente altrove.

-Di chi era quella telefonata?- insistette ancora, percorsa da un fremito.

-Era da parte dell'ispettore Mori.- le rispose finalmente, con voce atona -Voleva avvertirmi che a breve manderà una pattuglia per prelevarmi. Devo tornare in carcere.-

Il respiro le si bloccò in gola.

No.

No.

Non ancora...

-Perché?- chiese con voce flebile.

Nascosta nella sua mente c'era già la risposta a quella domanda, ma la stava ricacciando indietro, rifiutandosi di ascoltarla. Rifiutandosi di crederci. Almeno fino a quando non l'avesse sentita dalle sue stesse labbra.

-Mi hanno revocato la libertà vigilata.- le spiegò -Non posso più beneficiarne, perché il pubblico ministero ha chiesto che venga condannato alla pena di morte e processato per direttissima.-

Non c'era un buon modo per dare una simile notizia, né Seto Kaiba era persona incline ad inutili giri di parole, ma le parve che fosse riuscito a scegliere proprio quello più spietato e brutale. Comunque, non poteva accettarla. Anzi, quella storia era andata già troppo oltre.

-Basta.- proruppe perentoria -Devi smetterla di proteggermi e dire la verità.-

-Assolutamente no, non voglio mettere anche te nei guai...-

-Allora lo farò io stessa.-

Lui serrò la mascella, fissandola duramente.

-Ragiona, per favore.- le intimò -Tutte le prove sono contro di me, nessuno mi crederebbe e tantomeno darebbe credito alle parole di una mia dipendente. Anzi, c'è il rischio che se ti esponi troppo qualcuno decida di indagare anche sul tuo passato, e così finiremmo sotto processo entrambi... E comunque dei due sono io quello che ha più possibilità di uscirne assolto.-

Abbassò il capo, mordendosi con frustrazione le labbra. Non rispose, né lui aggiunse altro al riguardo. D'altronde, cos'altro avrebbe potuto dirgli? Lo sapeva che aveva ragione. Ci aveva già riflettuto così tanto, in quei giorni, inutilmente.

Lei era inutile, maledizione...

-Kisara...- le mormorò poi, infrangendo un silenzio assordante -Ho bisogno che tu mi prometta una cosa.-

La ragazza si limitò ad alzare lo sguardo con riluttanza. Aveva paura di quanto avrebbe potuto esigerle, e di assumersi impegni che non poteva mantenere. Ma lui glielo chiese lo stesso, senza attendere il suo permesso.

-Devi prenderti cura di Mokuba.-

-No.- gemette -Non puoi chiedermi una cosa simile...-

-Promettimelo.- le ingiunse con fermezza -Non voglio che anche la sua vita venga stravolta per colpa di questa storia. Promettimi che gli starai sempre accanto, e che lo terrai al riparo dai media. E promettimi che lo proteggerai, qualunque cosa mi succeda.-

Kisara lo guardò supplichevole, senza però riuscire a smuoverlo, o anche solo a farlo tentennare. Perché era così ostinato da non capire che non poteva? Non poteva assumersi quella responsabilità, lei che riusciva a malapena a badare a se stessa. Né poteva prendere un posto così insostituibile: Mokuba aveva bisogno di suo fratello, non di lei. Ma anche se glielo avesse gridato in faccia, non sarebbe servito a fargli ritrattare quella richiesta, né avrebbe cambiato il fatto che lui non ci sarebbe stato, e che qualcuno avrebbe dovuto pensare al suo fratellino... e non certo in termini economici, ma come sostegno emotivo. Non si sentiva affatto adatta allo scopo, ma dopotutto quella era la sola cosa che le chiedeva in cambio e, per quanto le costasse, non era nulla rispetto al prezzo che lui avrebbe potuto pagare, pur di coprirla. E, soprattutto, era la sola in cui poteva essergli di un qualche aiuto...

Annuì piano, e vide l'espressione sul suo volto rilassarsi un poco.

-Ti ringrazio.-

Detto questo, si avvicinò alla porta e mise una mano sulla maniglia. Ma, prima che potesse piegarla, gli fece quella domanda che non riusciva più a trattenere.

-Perché proprio io?-

Lui si fermò sulla soglia, voltandosi a guardarla in un modo che si sarebbe potuto definire dolce, se non fosse stato anche così malinconico.

-Mi fido di te.-

-Non dovresti.- mormorò amareggiata -Non dovresti neanche essere in questa situazione... Sono io che ho premuto quel grilletto, non tu. E l'ho fatto così tante volte che neanche me lo ricordo, quante sono le persone che ho ucciso...-

-Ma sono io che ti ho spinto a farlo. E comunque, nemmeno io sono quella che si può definire una brava persona.- sospirò, scuotendo la testa -Anzi, qualcuno potrebbe dire che me lo merito.-

Quello era un altro discorso che davvero non voleva sentire. Non le importava nulla del suo passato, qualunque esso fosse. Lei aveva fatto ben di peggio. Inoltre, aveva potuto vederlo di persona che non era chi credeva la gente, e nemmeno quello che credeva lui. Se solo avesse potuto guardarsi sotto la stessa luce in cui lo vedeva lei, l'avrebbe capito.

-Non è vero.- protestò debolmente -Sono io che non merito tutto questo...-

Lui le rivolse uno sguardo fugace, e poi si voltò di nuovo verso la porta.

-Sì, invece.- si sentì dire -Te lo meriti, Kisara. Ti meriti di poter essere felice.-

Abbassò il capo, non sapendo come replicare ad un'affermazione simile. E non solo perché, prima di conoscerlo, nessuno si era mai preoccupato per lei. Ma perché sentiva che non avrebbe mai potuto riuscirci, ad essere felice. Non senza di lui. Anzi, il solo vederlo uscire da quella stanza e allontanarsi verso una separazione così indefinita, forse definitiva, le faceva sanguinare il cuore.

-Seto...!-

Come udì la sua voce chiamarlo, urgente di confessargli quel bisogno fino ad allora segreto perfino a se stessa, si spaventò ed ogni altra parola le morì in gola. Lui si fermò un attimo, volgendosi appena a guardarla.

Dedicandole un ultimo, triste sorriso.

 

***

 

Era stato terribile parlare con lei, ma con lui fu anche peggio.

Mokuba si rifugiò in un silenzio impenetrabile, irragionevole. Questo gli fece più male di qualunque grido o pianto. Forse se fosse stato una persona più sensibile avrebbe saputo come prenderlo per il verso giusto. Forse se avesse avuto più tempo sarebbe riuscito a farglielo accettare, quello che lo attendeva. Ma i minuti scivolavano via ineluttabili, facendogli perdere il controllo della propria vita.

E fu troppo presto che vennero a bussare alla sua porta.

 

***

 

Si avvicinò piano al ragazzino, rimasto a fissare perso una strada ormai vuota.

-Mokuba...- lo chiamò cauta, stringendosi nel suo cappotto.

Lui si voltò a guardarla con gli occhi arrossati.

-So che sei preoccupato, ma vedrai che si risolverà tutto.- gli disse dolcemente, cercando di suonare rassicurante -Lo sai che tuo fratello non è un tipo che si arrende facilmente. Però, non devi aggiungere alle sue preoccupazioni anche le tue, capisci? Mostrati forte per lui, solo così puoi essergli davvero d'aiuto.-

Mokuba parve capire, strinse le labbra ed annuì un poco.

-Sì, credo tu abbia ragione...-

Rimase con lui tutta sera, fino a quando non venne ora che andasse a dormire. Allora poté finalmente chiudere la porta della sua stanza, rifugiandosi dietro di essa. Sfuggendo allo sguardo del piccolo, e all'insostenibile sforzo di mostrarsi incoraggiante e fiduciosa, quando invece era ben conscia della gravità della situazione. Perché, per quanto Seto fosse innocente e il suo avvocato potesse essere abile, qualunque strategia difensiva era destinata al fallimento. Ed il suo non era semplice pessimismo, ma onesto realismo: le statistiche dimostravano che, una volta chiesto il rinvio a giudizio, ben il 99,88% degli imputati finisce per ricevere una condanna. Specialmente nei casi di omicidio. Praticamente sempre, quando viene chiesta la pena di morte.

Era da illusi sperare in un'assoluzione.

Si portò le mani al petto all'improvviso ansimante, cercando di fermarne lo spasimo. Tentando di placare il dolore fisico che quasi le stava dilaniando l'anima.

Inutilmente.

Conficcò le unghie nella carne, ma neanche quello servì a distoglierla da simile sofferenza. E ad indugiarvi ottenne solo l'effetto opposto, che crescesse fino a trasformarsi in una vera e propria agonia. Persino il respiro le era divenuto faticoso, bloccato da quel groppo impellente che le ardeva in gola. Si morse convulsamente le labbra, tentando di trattenerlo. Ma più vi opponeva resistenza, più si faceva insopportabile. E lei voleva solo che sparisse... subito.

Si accasciò tremante sul letto, ed affondò il viso nel cuscino. Soffocandovi il grido disperato che le uscì dalle labbra, bagnandolo con le tante, troppe lacrime trattenute.

Era tutta colpa sua.

 

[striscia sul mio ventre finché il sole non tramonta
non indosserò mai la tua corona spezzata

posso ricevere la forca e posso mandarla del tutto a puttane
ma in questo crepuscolo, le nostre scelte segnano il nostro destino]

 

Evee's corner

 

H^o^la!

Alors, stavolta preparatevi ad un fiume di precisazioni, perché ci tengo a fare le cose per bene:

1. in Giappone è il pubblico ministero che decide se sottoporre o meno a processo un indagato in piena autonomia, che io sappia non esiste equivalente alla nostra udienza preliminare, dove un giudice decide se rinviare o meno a giudizio l'imputato;

2. sulle aggravanti dell'accusa di Seto, tenete conto che la legge giapponese considera la detenzione d'armi da parte dei privati illegale, non c'è come da noi la possibilità che se ne autorizzi il porto;

3. l'indice Nikkei è dato dai valori di quotazione dei titoli di maggior valore nella borsa giapponese, e mi è parso scontato che tra essi vi fossero anche le azioni della Kaiba Corp.;

4. la pena di morte esiste ancora, sebbene non venga applicata di frequente e comunque previa approvazione del Ministro della Giustizia, per i casi di omicidio plurimo o aggravato. Per la precisione, per impiccagione;

5. da quello che ho letto i processi in Giappone sono lunghi come in Italia ma, dato che alla fine di 'sto processo immagino vogliamo arrivare tutti in tempi brevi, mi sono concessa la licenza poetica del processo per direttissima. Che poi, troppo implausibile non è: in Italia si utilizza questo rito in caso di flagranza o confessione, ma so che in altri Stati si tende ad accorciare i tempi quando il reato è grave e ci sono prove schiaccianti contro l'imputato;

6. non so se anche in Giappone ci sia un equivalente della nostra emancipazione, confesso che la parte sulla problematica della tutela di Mokuba me la sono un po' inventata prendendo spunto dal diritto italiano... Che vi devo dire, avevo bisogno di altro dramma.

Bene, mi pare sia tutto. Spero di non avervi stordito con il mio legalese, se avete dubbi o perplessità alzate la mano!!!

Grazie infinite della sopportazione, aggiornerò mercoledì “Little Brother” per rincarare la dose di angst, mentre qua ci si rivede domenica as always.

XOXO

- Evee

   
 
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