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Autore: mattmary15    04/01/2015    0 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo II
-La signora di Cattedra-


I canti nella cattedrale si alzavano insieme ai fumi degli incensi.
Asaline stava immobile dietro il drappeggio che nascondeva l’altare alla vista dei pellegrini. Le giovani sacerdotesse officiavano il rito del primo mattino. Lei, in silenzio, osservava.
I pensieri di Asaline galoppavano, insieme ai suoi messaggeri, lungo la piana di Erbaverde. Presto si sarebbero divisi. Tre sarebbero andati a sud e due avrebbero attraversato la piana in direzioni diverse. Uno avrebbe raggiunto Vetta Azzurra e l’altro Varcoghiaccio.
Presto i difensori di Aeria sarebbero partiti alla volta di Cattedra. Avrebbero percorso la via dei pellegrini come umili contadini o alla stregua dei commercianti. Re e regine, cavalieri e dame, signori della guerra e nobildonne, persino l’erede dell’impero sarebbero passati sotto l’arco di cristallo di Cattedra come i più fedeli servi della dea.
Si sarebbero arresi tutti alla sua volontà. Finalmente, dopo anni di attesa, gli eventi ricominciavano a prendere il loro corso. Finalmente avrebbe avuto ciò per cui aveva operato per interi anni.
Quel tempo aveva consumato il rame dei suoi capelli e la magia nelle sue vene, non le aveva tolto però neppure un briciolo della sua antica volontà.
Sfiorò il ciondolo che portava al collo e sentì un antico dolore riaffiorare e bruciarle gli occhi.
Una delle sue ancelle, la più nobile e vicina ad Asaline, si avvicinò e, inchinandosi un momento di fronte a lei, prese un incensiere e lo allontanò convinta che i suoi fumi le stessero pizzicando gli occhi. Asaline la ringraziò con lo sguardo.
Layla, questo il nome dell’ancella, non era bellissima eppure Asaline la trovava affascinante. Doveva essere il sangue Weird nelle sue vene. I Weird erano la razza nata dall’incrocio tra il popolo della foresta, i Drasil, e gli Aerian. Avevano i capelli di un colore indefinito tra il castano e il verde e gli occhi color smeraldo.
Layla non parlava quasi mai. Il silenzio era una delle sue virtù più lodevoli. Per questo Asaline la voleva sempre con sé. Questo non significava che fosse taciturna. La somma sacerdotessa l’avrebbe definita parsimoniosa nell’uso delle parole.
Quando si alzò, l’ancella le sistemò l’abito e la segui.
Appena furono nelle sue stanze, lei fece un cenno per congedarla. La fanciulla s’inginocchio ma non si mosse.
“Dimmi Layla, vuoi chiedermi qualcosa?”
“Sì, mia signora.”
“Dimmi dunque.”
“Presto sarà la festa della Prima Luce e noi novizie saremo tutte molto impegnate con i preparativi della grande celebrazione del risveglio della dea. Vorrei visitare mia madre prima che giunga il tempo dell’organizzazione. Per allora non voglio distrazioni.”
Asaline le dava le spalle ma sorrideva compiaciuta delle parole della sua allieva prediletta.
“Concesso. Non restare via più di cinque giorni. La via da qui a Drasil non è molto lunga. Ti bastano?”
“Cinque giorni saranno più che sufficienti, mia signora. Vi ringrazio per la vostra generosità.” Concluse Layla uscendo e richiudendo la porta dietro di sé.
Asaline rimase sola.
Raggiunse il grande specchio della sua camera e si tolse i monili e il velo. L’unica cosa che non toglieva mai era il ciondolo che portava. I suoi capelli argentati e lunghissimi e la veste lavanda le attribuivano un aspetto elegante e maestoso. Era ancora bella e se ne compiacque.
Andò allo scrittoio e rilesse il testo del messaggio che aveva inviato ai difensori di Aerian. Dopo la morte di Victor Valente non restava nessuno dei vecchi difensori. Forse solo Lion Maras. Sapeva però che quel vecchio gigante non si sarebbe allontanato dalla sua terra ancora in lotta con i Daras. A Cattedra sarebbero arrivati i figli di coloro che avevano combattuto la grande guerra. Cuccioli cresciuti all’ombra di grandi eroi senza avere mai visto una battaglia. Presuntuosi signorotti di palazzi sfarzosi senza una personalità. Certo Loran Valente, che aveva ereditato dal padre il titolo di Viceré, si diceva fosse furbo almeno quanto lui ma Asaline sapeva che era solo la marionetta nelle abili mani di Kyria Valente, sua madre.
Per quanto atteneva a Mars Hornet, l’ultimo superstite della dinastia dei conti della Doreria, aveva abbandonato da tempo Torreterra e ora girovagava, come un brigante, le lande del sud in cerca di una buona occasione per ottenere vendetta sui Valente, colpevoli di avere assassinato la sua famiglia.
Lion Maras, invece, aveva otto figli maschi e cinque femmine, nessuno che non fosse qualcosa di più di uno stupido orso. Infine c’era la storia dell’eredità dei Darine. Non c’erano più Darine su Aeria. Asaline sorrise e lesse la pergamena che era nascosta da tutti gli altri libri sullo scrittoio.
“Alla nascita dell’erede di casa Strifen l’oracolo di Serian ha parlato:  crescerà in potere e bellezza secondo a nessuno. L’ala di nuvola raggiungerà un potere che nessuno ha mai sperimentato. Riuscirà dove il padre ha fallito. Saprà di cosa è fatta la magia di Serian. Poi, al culmine del suo potere, il suo sangue scorrerà per mano di un Darine.”
Quando aveva comunicato a Kalendis Strifen le parole della dea, Kalendis aveva sorriso. Con la morte di Zarian e della sua famiglia, la dinastia dei Darine si era estinta. Aeris era dunque al sicuro.
Già, al sicuro. Chissà com’era cresciuto questo principe secondo a nessuno in bellezza e potere!
Avrebbe dovuto aspettare solo due mesi. Poi si sarebbe celebrata la festa del risveglio di Serian, la festa della Prima Luce, e lei avrebbe finalmente conosciuto il principe dell’impero. Gli avrebbe, con tutte le sue forze, dato una mano a compiere il suo destino.
Sorrise e raggiunse la finestra. Guardò prima ad ovest e poi a sud. In direzione di Drisal, la foresta incantata.
Il suo pensiero volò a Seifer, suo nipote, il comandante supremo della Mano delle Nazioni, l’esercito di Cattedra. Seifer aveva perso suo padre nella grande guerra. Wallace Wiltord era un uomo buono. Un guerriero coraggioso. Aveva sposato sua sorella Elaine e dal loro amore era nato Seifer. Wallace aveva difeso fino alla morte Varcoghiaccio dall’esercito dei Darine. Quando le streghe del fuoco, tra cui c’era anche lei, avevano raggiunto Varcoghiaccio, la Mano delle Nazioni era allo sfinimento. Molti uomini erano in fin di vita. Tra essi c’era anche Wallace.
Al pensiero del suo volto rigato di lacrime e sangue, tutto nei suoi pensieri si tinse di rosso.
Non riusciva più a ricordare la sua voce che gli chiedeva di avere cura al posto suo di sua moglie e del piccolo Seifer. Ricordava solo la sua pelle che perdeva colore, il suo corpo che diventava freddo come la neve su cui era poggiato e il sangue denso che usciva dalla sua ferita al fianco.
Aveva odore il sangue? Aveva corpo? E la morte? Aveva un odore la morte?
Il ricordo di lei che urlava e che stringeva quel corpo esanime la scosse. Lo sostituì con quello della prima volta che aveva insegnato una magia al piccolo Seifer dopo che sua madre, per adempiere al suo compito di sacerdotessa, l’aveva abbandonato.
Lei l’aveva preso come un figlio e l’aveva trasformato in un giovane e forte guerriero. In uno stregone dalle abilità magistrali. Era fiera della determinazione con cui quel ragazzo, ogni giorno della loro vita passata insieme, l’aveva sfidata e superata. Forse ora era anche uno stregone più abile di lei. Di certo valeva mille volte Aeris Strifen.
Avrebbe presto avuto modo di dimostrarlo.
Un fulmine a ciel sereno squarciò l’aria e lei lo prese come un presagio. Aspettare, doveva solo aspettare ancora un po’.
Dalla finestra vide Layla montare a cavallo e lanciarsi al galoppo lungo la via dei pellegrini. Sarebbe tornata fra cinque giorni, nel frattempo lei aveva altro da fare.
Attese l’ora di cena nelle sue stanze e, mentre tutti, salivano alle sale da pranzo, lei scese nei sotterranei.
Raggiunse la sala più intima della torre di ametista, quella in cui era conservata la preghiera di Serian, la pergamena su cui, si narrava, l’uomo amato dalla dea scrisse la canzone del mondo.
Aprì, con un sortilegio, le porte incantate e raggiunse il lato destro della stanza. Adagiata su un cuscino stava una piccola sfera azzurra che sembrava fatta di mare in tempesta. La prese. La sfera parve tremare.
“Non fare resistenza, Bufera di Naga, sei al mio servizio ormai!” disse la sacerdotessa sottovoce.
La ripose in una delle tasche dell’ampio abito e usci dalla camera dei tesori.
Raggiunse la sala da pranzo e consumò un pasto veloce.  Quando tornò nella sua camera aprì il proprio scrittoio ed estrasse una scatola che aveva una fiamma sul coperchio.
“Rimarrai nascosta agli occhi e ai pensieri di tutti. Quietati nello scrigno incantato dalla fiamma. Essa annullerà il tuo potere per il tempo necessario.”
Richiuse la scatola e la infilò in un buco nella parete vicino al suo letto che era coperto da un arazzo.
“ Vieni Aeris Strifen, vieni. Troverai che la vita non è quella che hai fatto finora al riparo delle mura del tuo palazzo abbarbicato sul nido di Bashenian. Renderai a queste mani, tutto ciò che non ti appartiene.”
La notte calò su Cattedra. Le luci della cittadella si spensero. La piana cadde nell’oscurità e nel silenzio. Solo i fuochi della torre di ametista risplendevano nel buio. Fuochi accesi su cui nessuno osava levare lo sguardo. Fuochi che simboleggiavano l’inizio di una nuova era di battaglie. Fiamme pronte ad attrarre, come falene, i comandanti dei regni di Aeria e a bruciarli se non si fossero inchinati ad esse.
Asaline si coricò e si addormentò con le finestre aperte. Venti forti scuotevano le tende. Venti di guerra alle porte di Cattedra.

 

  
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