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Autore: ToInfinityAndBeyond_    04/01/2015    8 recensioni
Gli fu dato il mondo, ma avevano bisogno di qualcuno per mostrare quello che loro sarebbero potuti essere.
E cercarono di sopravvivere, ma avevano bisogno di credere.
Un tocco e ci hanno creduto subito con ogni bacio diventava tutto più dolce.
Avevano paura di tutto, gli furono dati dei ruoli e cercarono di sopravvivere.
Vivere una vita da sole.
Loro gli hanno dato la forza per trovare la speranza.
Gli hanno mostrato quello che loro non riuscivano a trovare.
Quando due mondi diversi si scontrano.
La gente dice che non dovrebbero stare insieme, che sono troppo giovani per sapere cosa vuol dire "per sempre".
Ma gli altri non sanno nulla dei loro “ti amo”, non sanno nulla dello stare svegli tutta la notte, non sanno nulla di loro.
TRAILER:
https://www.youtube.com/watch?v=j70Orat4VGU
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 2.

EFFY'S POV:
 
 
La mattina seguente mi svegliai intorno alle otto del mattino ed iniziai a battere le palpebre alzandomi lentamente dal letto. Mi girai verso Faith, ma vidi il letto vuoto e completamente rifatto. Mi alzai e mentre stavo andando in bagno per darmi una rinfrescata la vidi mettersi le scarpe.
 
“Che ci fai ancora in pigiama? Alle otto e mezza dobbiamo essere alla villa!” esclamò scrutandomi con i suoi grandi occhi marroni.
 
“Faccio il prima possibile” le risposi mortificata correndo subito in bagno.
 
Aprii il rubinetto e mi lavai il viso con l’acqua fredda per darmi una svegliata. Poi andai subito in camera ed indossai la divisa che ci aveva dato Oscar il giorno prima. Mi diressi in bagno un’ ultima volta e misi un po’ di mascara ed uscii. Trovai Faith davanti a me continuando a battere l’indice sul suo orologio da polso.
 
“Sono pronta!” esclamai alzando le mani.
 
Lei sogghignò e scosse la testa avvicinandosi a me. Prese la mia cravatta tra le mani e delicatamente me la sistemò, dopodiché aggiustò anche le maniche della mia camicia dandogli la stessa lunghezza.
 
“Hai intenzione di andare scalza?” ironizzò dopo indicando i miei piedi.
 
Scossi la testa ed andai a mettermi delle Vans nere.
 
Subito dopo scendemmo al piano di sotto e zio Simon ci propose di fare colazione, ma a causa del mio ritardo non potevamo permetterci di perdere altro tempo. Lui insistette e ci diede dei sandwich da mangiare lungo il tragitto, così li accettammo ed uscimmo subito di casa.
 
Mentre camminavamo guardai Faith mangiare il panino. Era strano vederla indossare quella divisa. Solitamente indossava giacche di pelle e jeans e vederla in quegli abiti così formali, aveva un’aria più matura. Dopodiché iniziai a mangiare il mio panino e per tutto il tempo non feci altro che guardare il cielo. Era così perfetto quella mattina; le nuvole bianche che si spostavano a rallentatore facendosi spazio l’una con l’altra, il leggero rosa pallido delle luci di prima mattina e quella costante aria marina che mi invadeva le narici.
 
Dopo alcuni minuti arrivammo davanti ai cancelli della casa e Sputnik ci venne ad aprire.
 
“Buon giorno Faith” disse guardando mia sorella la quale ricambiò.
 
Poi si girò verso di me “Buon giorno anche a te Eff”.
 
“Buon giorno Sputnik” gli risposi sorridendo.
 
Entrammo nell’ingresso dove ieri Oscar ci aveva spiegato le nostre mansioni.
 
“Buon giorno signorine Reynolds!” esclamò una voce scendendo dalle scale.
 
Alzammo i nostri nasi all’insù e vidimo Oscar con in mano un piumino che stava spolverando accuratamente il corrimano delle scale.
 
Quando scese venne verso di noi e ci disse sospirando
 
“Ci tengo a darvi la lieta notizia io stesso: domani verso mezzogiorno, i Signori Grier arriveranno qua, perciò entro oggi la casa dovrà essere impeccabile”.
 
Io diressi il mio sguardo a Faith la quale annuì continuando a tenere gli occhi fissi sul custode.
 
“Per cui tutti al lavoro ora!” concluse l’uomo di fronte a noi battendo le mani facendoci sobbalzare.
 
Oscar se ne andò verso le altre stanze del piano inferiore, mentre io e Faith restammo immobili per alcuni secondi.
 
“Vado a sistemare di sopra, tu riordina i mobili in salotto e se hai bisogno di una mano chiamami che scenderò subito” mi disse poi mia sorella mentre saliva le scale per recarsi nelle stanze superiori.
 
Io mi diressi verso il salotto e nonostante l’immensità d’oggetti posti su ogni tavolo, mobile e ripiano della stanza, i miei occhi restarono fissi su quel stupendo pianoforte in nero laccato. Non potetti fare a meno che avvicinarmi e toccai delicatamente la sua superficie con le dita. Non avevo mai visto un piano così grande; era a coda ed i tasti erano perfettamente spolverati uno per uno.
 
Sentii una mano posarsi sulla mia spalla destra e sobbalzai. Era Sputnik che sorridendo mi chiese
 
“Sa suonarlo?”.
 
Io annuii timidamente, ma poi mi ricordai che ero lì per sistemare la casa e non per tenere un concerto, così gli chiesi di aiutarmi a spostare alcuni mobili nel soggiorno. Lui annuì e dopo andammo a sistemare alcuni arredi.
 


FAITH'S POV: 
 
Ero al piano sopra a sistemare tutte le tovaglie del immenso bagno della camera da letto; sì perché ogni camera aveva il bagno privato. La vasca da bagno circolare era posta sotto la finestra ma messa in modo che le persone dall’ esterno non riuscissero a vedere nulla dell’interno.
 
Non avevo mai adorato una vasca tanto quanto quella. I rivestimenti erano di marmo rosato e dove la struttura poggiava sul muro c’erano dei porta bagnoschiumi.  Rimasi a fissarla per un po’, ma poi risvegliatami dalla mia momentanea estraneazione, continuai quello che stavo facendo.
 
Finito passai in cucina a dare una mano a Betty che era in ansia perché non sapeva che menù proporre ai nuovi arrivati; mi sedetti sulla sgabello alto allentandomi un po’ la presa della cravatta.
 
“Allora cosa preparerai di buono?”chiesi cercando di fare conversazione.
 
“Non ne ho la minima idea! Tieni, assaggia questa” mi chiese quasi lanciandomi la forchetta.
 
Assaggiai la strana poltiglia bianca. Un gusto di pesce mi pervase i sensi e non riuscii a non fare una faccia meravigliata; la donna accanto a me sorrise raggiante continuando a cucinare.
 
“Cos’è?” chiesi io appoggiando i gomiti sul tavolo stiracchiandomi; avevo la schiena a pezzi.
 
“Aragosta” rispose lei continuando a cucinare.
 
“Cazzo!” esclamai subito pentendomi della mia mancata eleganza.
 
Betty mi guardò sogghignando e mi diede un buffetto sulla guancia, facendomi arrossire.
 
“Non sono parole adatte ad una signorina, ma non c’è bisogno che qualcuno lo sappia e poi lo so, lo so, la mia aragosta è la migliore” si vantò la cuoca. Io risi sentendomi più tranquilla.
 
 In quel momento la porta della cucina si aprì e mia sorella si presentò davanti a me con una faccia sconvolta.
 
“Stanca?” le chiesi io ironicamente.
 
Lei mi lanciò un’occhiataccia e si sedette accanto a me.
 
“Oggi siete state davvero brave, tenete”disse Beth porgendoci un biscotto a testa e una bevanda giallastra. Annusai il liquido e riuscii a distinguere l’odore di ananas, ma ero troppo stanca per protestare e quindi lo ingurgitai.
 
“Che cos’è?” chiese Effy analizzando con lo sguardo il succo dal bicchiere.
 
“Ananas e frutto della passione, lo offrirò domani ai proprietari” concluse lei soddisfatta.
 
“Quando arriveranno?” domandai io mentre finivo di mangiare il mio biscotto.
 
“Intorno al le 11.00, l’aereo da Santo Domingo dovrebbe arrivare per quell’ora se sarà  in orario”.
 
Io annuii finendo di bere, ma Effy come avevo supposto era troppo curiosa per non fare altre domande.
 
“Wow!  Ho sempre voluto andarci, ma perché si sono trasferiti qui?”
 
“Il Signor Grier lavora in banca e gli hanno dato il trasferimento qui, così lui ha deciso di sposarsi e poi di venire qui con tutta la famiglia”.
 
La discussione però non andò oltre perché in quel momento Oscar entrò in cucina seguito da Sputnik il quale ci guardò male, ma prima che iniziasse a sgridarci, Betty parlò in nostra difesa.
 
“Non azzardarti a dire niente Oscar. Sono stanche morte, non le hai viste? E poi mi stanno dando una mano con il menù”.
 
Lui non protestò. Forse era troppo stanco anche solo per parlare, così si sedette con noi e Sputnik lo seguì. Passammo ancora una mezzoretta a parlare della giornata successiva, delle mansioni e di quello che avremmo dovuto fare. Saremmo dovute essere pronte a lavorare per le 9.00 visto che il grosso lo avevamo già svolto in questi due giorni; quindi ci alzammo tornando a casa.
 
Non mancarono le battutine di Betty come mettere qualcosa di scollato per i nuovi arrivati, alle quali Oscar rispose che dovevamo essere dannatamente impeccabili e formali.
 
Bussai alla porta di casa, visto che la macchina dello zio era nel vialetto, doveva essere già tornato dal lavoro. Subito dopo ci venne ad aprire sorridente. Lo salutammo ed entrammo in casa. Io salii al piano di sopra a lavarmi, mentre Eff rimase giù.
 
 Entrai dritta in bagno. La nostra casa sembrava un buco rispetto alla villa dei Grier, ma era l’unica che potevamo permetterci e ormai c’ero affezionata.
 
Tolsi la coda lasciando che i capelli mi scivolassero sul collo, a quel punto slacciai la cravatta e la camicia lanciandole in un angolo. Mi misi sotto la doccia lasciando che il vapore dell’acqua calda mi inebriasse i sensi e sciogliesse i miei muscoli doloranti. Avevo sempre detto di non essere adatta a fare la donna di casa. Infine mi lavai.
 
Indossa il pigiama e scesi a dare una mano a cucinare, in cucina c’era solo lo zio e io lo abbracciai da dietro.
 
“Che si mangia?” chiesi incuriosita.
 
“Pollo e patatine” rispose lui sorridente.
 
“Mmm mi piace !”
 
“Vi sono arrivati gli orari delle lezioni” disse lui poi.
 
In quel preciso momento, Eff entrò dalla porta lanciandosi direttamente sul pacco posto sul tavolo.
Io mi chiesi il perché si debba andare a scuola. Subito dopo andai lentamente vicino a lei. Era il suo primo anno alla L.A.H.S quindi non la biasimavo, ma non c’era bisogno di tutto quell’entusiasmo. Era solo una scuola privata per ricchi snob che si credevano migliori degli altri. Se non fosse stato per lo zio che ci teneva tanto, sarei andata alla scuola pubblica senza problemi.
 
La maggior parte dello stipendio serviva per pagare quella fottuta scuola. Certo, sia io che Effy eravamo riuscite ad avere una borsa di studio, ma non copriva comunque gli interi costi e dovevamo mantenere costantemente una media superiore a B+, altrimenti anche quel poco di retta pagata dalla scuola avremmo dovuto pagarla noi.
 
Diedi una rapida occhiata al contenuto della scatola e mi buttai sul divano a guardare la televisione. Mangiammo velocemente la cena e poi io mi lanciai al piano di sopra a
dormire, mi infilai sotto le coperte e chiusi gli occhi.
 
“Buona fortuna per domani piccoli angeli” senti sussurrare alla porta dallo zio prima di addormentarmi definitivamente.
 
***

Eravamo sulla macchina dello zio che aveva tanto insistito per accompagnarci di persona alla villa, ero seduta nel sedile davanti e accesi la radio facendo partire una canzone stupenda, il titolo mi era sconosciuto, ma aveva un bel sound classic rock.
 
Arrivammo davanti alla cancellata in ferro battuto e salutato lo zio scendemmo velocemente, sembrava che ci stesse accompagnando al nostro primo giorno di scuola e non faceva altro che ripetere quanto fosse fiero di noi e blablabla.
 
Ci guardammo un attimo e suonammo il citofono, subito dopo il portone si aprii ed entrammo.
 
L’atmosfera era particolare c’era Betty aveva i capelli perfettamente ordinati dentro la retina mentre di solito erano sempre più fuori che dentro, Oscar sembrava avesse un palo nel culo da come camminava ritto. Non riuscii a non ridere per i miei pensieri provocando uno sguardo stranito da Effy; l’unico che non era cambiato di una virgola era Sputnik che aveva sempre la stessa giacca e gli occhietti furbi.
 
“Allora tutti al lavoro dai che arriveranno a momenti e devono avere un benvenuto perfetto”
 
“Se non ti calmi ti infilo nel forno con l’arrosto” ridemmo, ma poi tornammo a lavorare per non fargli venire una crisi isterica.
 
Io uscii in giardino a dare una mano a Sput, il soprannome che gli avevo affibbiato, a dare l’acqua hai fiori e sistemare il gazebo.
 
Mentre stavo sistemando una sedia sdraio a bordo piscina sentii il mio telefono vibrare, visto che Oscar non era nei paraggi mi permisi di sbirciare il nome Luke, avrei risposto dopo. Stavo riprendendo fiato quando sentii il rumore di una macchina accostarsi davanti al cancello, diedi uno sguardo e vidi un’ immensa macchina Mercedes bianca entrare nel vialetto di ingresso, la facciata era a dir poco incredibile e non solo per le luci viola evidentemente truccate, ma per la forma allungata che la faceva diventare quasi paurosa.
 
Mi precipitai in casa e vidi Oscar in preda al panico che parlava con gli altri gesticolando in maniera in controllata.
 
“Allora, allora, allora dobbiamo essere naturali il volo arrivato in anticipo, ma fa’ niente.. Betty col rinfresco come sei? “
 
”Bene solo che… sono un po’ indietro”
 
 “Allora ragazze dopo aver salutato i signori andrete in cucina a darle una mano” io annui convinta cercando di dargli un minimo di sicurezza in più visto che sembrava stessa per vomitare.
 
A quel punto suonarono alla porta.
 
Respirai a fondo nei polmoni cercando di mantenere almeno io un minimo di calma, Effy si stava mangiando le unghie dal troppo nervosismo e io le sorrisi rassicurandola.
 
Ci posizionammo tutti dietro Oscar come dei soldati avevamo le mani dietro la schiena aspettando impazienti.
 
Il primo ad avvicinarsi fu’ un uomo vestito elegante con dei pantaloni perfettamente stirati, era in forma per la sua età pur avendo comunque un accenno di pancia. Continuai a scrutarlo arrivando al viso: i capelli grigiastri erano tirati in dietro con una dose di gel abbondante, e aveva dei bellissimi occhi azzurri.
 
Ci sorrise lasciando entrare una bellissima donna, aveva più o meno la stessa età del marito, indossava un vestito lungo fino ai piedi di un bianco candido che contrasta un sacco la pelle abbronzata. Ai piedi aveva della scarpe basse di colore oro che stavano perfettamente con i bracciali dello stesso colore, un cascata di capelli castani e mossi cadevano sulle spalle magre.
 
A quel punto entrò un ragazzo ed io non riuscii a non guardare mia sorella che lo fissava con una strana luce negli occhi.
 
Era alto e slanciato, aveva le gambe magre strette in dei pantaloni neri sopra portava una camicia a quadri blu che non aveva una grinza, tutto questo abbinato a delle Vans nere identiche a quella di Effy e una felpa. Aveva un colorito chiaro rispetto al resto della famiglia, ciò portava a far risaltare i suoi occhi azzurri, ed enormi, così grandi che rimasi realmente sorpresa era un ragazzo carino poi notai che aveva delle labbra carnose identiche a quelle di quello che supposi essere il padre. I capelli erano alzati in un ciuffo perfetto e aveva un ciuffo biondo tinto che mi fece arricciare il naso, ma cercai di non scompormi troppo.
 
La porta si aprii per quella che presupposi fosse l’ultima volta; entro un ragazzo un po’ più alto del precedente e di sicuro più grande, aveva della gambe lunghe e magrissime strette in dei pantaloni fosse più stressi dei miei. Aveva una camicia grigiastra sbottonata e leggermente spiegazzata rispetto agli altri; dalla parte scoperta di pelle sul petto notai dei tatuaggi, ma non riuscii a carpirne il significato preciso. Le spalle erano larghe e la pelle abbronzata, il suo viso era… non credo ci siamo parole per descrivere i miei pensieri in quel momento,le labbra sottili come quelle della donna erano rosee e appena si mossero fecero scorgere delle fossette nelle guance. Gli occhi erano a mandorla di un verde brillante, le ciglia lunghe resero il suo sguardo così penetrante che mi trovai ad indietreggiare di un passo.
 
“Salve Signori Grier, io sono il capo del personale” disse Oscar avvicinandosi e tendendo la mano all’uomo, poi iniziò a presentarci uno a uno.
 
“Sputnik, il tutto fare ”
 
“Io sono Betty la cuoca” esclamò lei stingendogli la mano vigorosamente.
 
“E loro sono il nostro nuovo acquisto: Elizabeth e Faith”.
 
Sentii lo sguardo di tutti bruciarmi addosso, e vidi Effy arrossire.
 
L’uomo allora sorrise benevolo presentando la famiglia
 
“Lei è la mia bellissima moglie Anne” le mise  un braccio sul fianco avvicinandola a se.
 
“Hamilton Nash” continuò indicando il ciuffo tinto ed infine disse “Harold Edward”.
 
 Non riuscii a non ridere ma riuscii a mascherarlo a tutti con un colpo di tosse, ma vi prego chi chiama il proprio figlio Harold, quasi tutti perché vidi lo sguardo proprio dell’ ultimo fissarmi stranito dalla mia reazione e passandosi una mano nervosa nei capelli ricci che gli davano un aria ribelle.
 
Alzai lo sguardo per non attirare troppi sguardi addosso a me e continuai con quel sorriso cordiale che mi stava facendo bloccare la mascella. A quel punto andammo in cucina ad aiutare Betty a preparare il pranzo. Stando ad ascoltare tutti i suoi pensieri suoi nuovi arrivati.
 
Io ero completamente estraniata continuando a pensare al ragazzo con i capelli ricci, quanto sembrava diverso dalla famiglia come sembrava ribelle e quanto era attraente.
 
Senti un bruciore al dito e guardai vedendo che mi ero taglia allora buttai il coltello nel lavello e misi velocemente un cerotto.
 
Alla fine riuscimmo a mandare a tavola un pranzo decente servendolo come meglio ci riusciva visto che ne io ne Effy avevamo esperienza.
 
Verso le quattro del pomeriggio uscii in giardino trovando Oscar che disse guardandoci comprensivo
 
“Per oggi andate ragazze”
 
“Finisco sopra e arrivo ” disse mia sorella correndo al piano di sopra io invece sospirai e salutai Oscar avviandomi al cancello.
 
Guardai alla finestra del piano di sopra e Harold guardandomi facendomi un cenno col capo sorridendo al quale risposi con una risatina ed un cenno a mia volta.



EFFY'S POV: 
 
Quando salii di sopra per sistemare le ultime cose, non feci altro che pensare a quel ragazzo dagli occhi color ghiaccio che ora si trovava al piano di sotto a parlare con la sua famiglia. Non avevo mai visto niente del genere e quell’aria inglese che aveva, gli donava ancora più fascino.
 
***

Ormai avevo finito di sistemare l’intero piano superiore, così iniziai a scendere le scale. Mentre posai la mano destra sul corrimano, vidi i due ragazzi salire le scale. Il ragazzo dagli occhi azzurri mi lanciò un’occhiata, ma non mi degnò nemmeno di un saluto. Dietro di lui c’era il suo fratellastro che inaspettatamente mi fece un sorriso mostrandomi le fossette. Io arrossii timidamente e poi finii di percorrere le scale.
 
Quando uscii dalla porta trovai Faith che mi stava aspettando impaziente. Le andai incontro e dopo tornammo a casa. Lungo il tragitto non potetti fare a meno che pensare a quella famiglia.
 
“Faith, cosa pensi dei Grier?” chiesi dopo a mia sorella.
 
Lei continuò a guardare davanti a se impassibile e mi rispose
 
“Niente, sono i nostri capi. È solo lavoro, nient’altro”.
 
Vidi un po’ di delusione nei suoi occhi. Sapevo che Faith era una ragazza abbastanza professionale quando si trattava di lavoro e che non era una ragazza che si sorprendeva facilmente, ma mi fece strano il fatto che la sua curiosità era sparita riguardo a loro.
 
Quando tornammo a casa zio Simon ci aprì la porta e mentre mangiammo ci domandò curioso
 
“Allora, come sono i proprietari?”.
 
Stavo per iniziare a raccontargli quando Faith rispose prima di me
 
“Niente di speciale. Sono i soliti ricchi snob con la puzza sotto il naso. Come c’era d’aspettarsi del resto”.
 
Io alzai il sopracciglio e la guardai. Zio Simon si alzò per sparecchiare e lei scosse la testa verso la mia direzione. Quando finimmo, andammo in camera entrambe ed iniziammo a metterci il pigiama. Vidi l’espressione sul volto di Faith essere uguale a quando eravamo uscite dalla villa.
 
Io mi sedetti sul suo letto accanto a lei e le domandai a bassa voce
 
“Perché hai quell’espressione dipinta sul volto? Sembra che ti abbiano ucciso il gatto”.
 
Lei si voltò verso di me e con riluttanza rispose
 
“Sono solo stanca..”.
 
Capii benissimo che c’era altro, così insistetti.
 
“Andiamo, se vede che hai qualcosa”
 
“Non ho nulla Effy. Ricordati solo che noi siamo in quella casa per lavorare e non per tenere compagnia ai figli dei proprietari. Non siamo dame da compagnia” ringhiò lei infine.
 
Io abbassai lo sguardo ed annuii. Sapevo cosa intendeva e sapevo anche che quelle parole erano la verità. Avrei dovuto concentrarmi sul lavoro, ma non riuscivo a togliermi dalla mente quei due zaffiri.
 
Subito dopo mi alzai dal letto di Faith per andare nel mio.
 
“Buona notte, ti voglio bene” le dissi prima di spegnere la luce.
 
“Buona notte anche a te. Ti voglio bene anche io Eff” rispose lei dopo alcuni secondi.


 
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SPAZIO AUTRICI :) 

Hei dolcezze :D
Iniziamo ad entrare un po' nella storia ora e vedere meglio entrambi i personaggi: Faith ed Effy.
Ci farebbe molto piacere se ci lasciaste una piccola recensione per sapere cosa potremmo migliorare e cosa ne pensate!

 
Un  bacione, 
-Gre & Fede
   
 
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