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Autore: xwilliamseyes    04/01/2015    1 recensioni
"Io credo negli inizi che non trovano una fine.
Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi.
Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza.
Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità di ricordi e di futuri.
Credo nei sorrisi, nelle lacrime, nelle urla, nei silenzi condivisi perché in due tutto è diverso, tutto è più colorato.
E c'è il verde, il rosso, l'arancione.
E l'azzurro dei tuoi occhi.
Dei tuoi e di nessun altro, Louis.
Che risplendano da sempre nei miei e da sempre si rispecchieranno nei miei.
Siamo noi quell'inizio che non trova fine.
Siamo noi quell'amore perpetuo che dà forma ai nostri sorrisi.
Ai tuoi e ai miei.
Unici, inseparabili, infiniti."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nothing It Can
 
Piansi.
Piansi per davvero, per Louis, per la prima volta.
Era tutto così assurdo mentre continuavo a guardarlo fisso con il fiato sospeso e sempre più difficile per via di tutta la tensione e la rabbia che si stava accumulando dentro di me. Lui indietreggiò di qualche passo e tirò un respiro profondo, forse era turbato quanto me o forse no, ma io non riuscivo più a reggere quella situazione. Singhiozzante corsi via, trascinando con me quelle sue orribili parole, ancora rimbombanti nella mia testa. Accelerai il passo più che potevo per quelle strade movimentate dove le luci dei lampioni creavano scene a dir poco spettrali. Non sapevo cosa stessi facendo o dove stessi andando eppure un'unica certezza riecheggiava nei miei pensieri: Louis è un vigliacco, un opportunista, un essere spregevole. Ad ogni mio passo questi aggettivi si susseguivano, fornendo una descrizione più che pessima a quell'essere capace di rendermi più fragile del più indifeso animale. Tuttavia una parte della colpa la davo a me, incapace di una difesa adeguata al suo cospetto, incapace di rimanere forte nonostante le sue affermazioni di sfida. Più volte mi ero interrogata su come fosse possibile e mai, come allora, la risposta a questo mio dubbio mi sembrò necessaria. 
Ad un tratto mi fermai. Con le spalle appoggiate ad un muro, strinsi le braccia intorno al petto e provai a riflettere su chi potesse aiutarmi, con chi potessi confidarmi. Alzai il volto e quasi come se fosse il volere del destino, spuntò davanti i miei occhi l'immagine di una mia carissima ma vecchissima amica, un'amica che non vedevo da tanto tanto tempo. Mi resi conto che gli anni di lontananza che ci separavano erano ormai troppi ma, nonostante tutto, mi andava di fare un tentativo. Per mia fortuna casa sua distava pochi isolati e, con quanto più coraggio avessi, mi diressi verso di essa. 

La ricordavo esattamente così.
Il tempo l'aveva sfiorata solamente al suo esterno. I muri, infatti, erano corrosi per via dell'alternarsi continuo delle stagioni e il ferro dei balconi arrugginito dalle abbondanti piogge ma la sua struttura era rimasta quella di un tempo. Cinque enormi finestre sulla facciata frontale, due su quella laterale, il tutto completato da un' imponente porta d'ingresso. Meraviglioso era, poi, il giardino. Ricco di innumerevoli fiori e piante. Con estrema calma mi addentrai nel cancello e picchiettai sulla porta. Dopo pochi attimi, Alexandra era realmente dinanzi a me. Mi osservò per un paio di secondi, per poi: "Gabrielle, sei davvero tu?", con gli occhi tremanti, sul punto di scoppiare a piangere per la seconda volta in quel giorno, risposi: "in carne ed ossa". Si portò le mani sulle labbra e in un attimo le sue braccia mi avvolsero in un caloroso abbraccio, stentavo a respirare. 
"Non posso crederci, ma quanto tempo è passato?"
"Troppo"
"Già..dai, entra!"
Mi invitò all'interno, esattamente al suo fianco. Ci ritrovammo nel salotto, una stanza in cui avevo passato i migliori pomeriggi della mia infanzia e della mia adolescenza. Ricordavo ancora il profumo dei dolcetti al limone che gentilmente sua madre ci preparava e quello delle rose che avvolgeva la camera, quest'ultimo era rimasto intatto. Se n'era aggiunto, però, anche un altro, uno che io conoscevo piuttosto bene: quello del fumo. 
"Siediti pure"
Mi fece accomodare sul divano, con lei di fronte.
"Allora, cosa ti porta qui?"
Quella posizione e la luce che ci circondava mi permetteva di guardarla perfettamente in viso. Alexandra era sempre stata bella e gli anni l'avevano migliorata: due enormi occhi blu pesantemente truccati, due piccole labbra rosse con un paio di piacevoli fossette e dei lunghi capelli neri. Eppure c'era qualcosa in lei di diverso. La pelle era secca e capii il perché quando, tra una parola e un'altra, si accese una sigaretta portandola con una notevole spensieratezza alle labbra. La ragazza che ricordavo io era rigida sul fumo e mi domandavo cosa l'avesse portata a sconvolgere tutti i suoi principi. Tant'è che non mi preoccupai di interromperla ed essere sfacciata con la domanda: "Da quant'è che fumi?" Lei si fermò, cacciò la nube di fumo che aveva aspirato l'attimo prima e mi guardò, per poi sgretolare la sigaretta nel portacenere. 
"Un paio di anni. Mi andava di provare una cosa nuova"
Sentivo una strana tristezza in quelle parole e resomi conto che non potevo intromettermi nella sua vita dopo tutti quegli anni di assenza non proferii più alcuna domanda e decisi di passare immediatamente al nocciolo della situazione.
"Alexandra ho bisogno del tuo aiuto"
"Dimmi, Gabrielle"
"Ricordi Louis, vero?"
"Certo che si! Vi siete sposati, immagino"
Rimasi scioccata in un attimo a quella sua affermazione e azzardai una leggera risata.
"Certo che no"
"Davvero? Ne ero sicura"
Curiosa, però, proseguii con una nuova domanda.
"Cosa ti ha fatto pensare questo, scusami?"
"Tutto quello che hai fatto per lui, dai! Io non l'avrei fatto per nessun uomo, buon cielo. Mi auguro per te, a questo punto, che non sia successo niente di grave fra te e lui"
Si arrestò per qualche secondo, si aggiustò i capelli dietro le spalle prima di sentenziare uno speranzoso: "Vero?"
Osservai il pavimento e riportai alla mente tutto ciò che era successo quel pomeriggio, risvegliando quella ferita ancora fresca nel mio petto.
"Spero di no"
Si avvicinò a me di soprassalto e mi prese le mani e il viso fra le sue.
"Gabrielle?"
Di mia risposta, alzai lo sguardo verso di lei e affermai: "Non lo sopporto più, Alexandra!"
Si allontanò, si rimise a sedere sul divano e nuovamente si portò una mano alle labbra, questa volta, però, cercando di soffocare una risata.
"Non ci crederò mai e scommetto che non ci credi neanche tu"
Non sapevo cosa risponderle, aveva una visione di noi due fin troppo romantica.
"Ma, almeno, siete fidanzati?"
"Alexandra, cosa dici?"
Stavolta si alzò, incrociò le braccia al petto e si portò verso la finestra, osservando il suo giardino. Non capivo cosa stesse facendo esattamente ma soprattutto cosa stesse pensando e avevo una terribile paura delle sue eventuali riflessioni. Si rigirò finalmente verso di me con un inconsueto sorriso sulle labbra. 
"Gabrielle, hai paura?"
"Di cosa?"
"Di lui"
"No, ovvio. Mi conosci tu, mi spaventano i vermi non le persone"
"Certo, eppure lui fa un' enorme eccezione"
"Finiscila"
Lo sentivo, lo sentivo nelle mie ossa che quelle sue parole sarebbero state più amare del veleno, più dure del ferro. Alexandra era sempre stata il riflesso della sincerità e per tutto il tempo del nostro legame questa sua caratteristica mi aveva spaventato in modo indescrivibile.
"Devi dirglielo o questa cosa ti sfuggirà di mano"
"Cosa?"
"Che lo ami"
Mi alzai istintivamente: non avrei più sopportato un'altra sua sciocchezza. Quel verbo sembrò letteralmente bruciare le mie terminazioni uditive e tutti gli apparati ad esse collegate. Il dolore era eccessivo, la paura indomabile.
"Ora è meglio che vada, basta."
"Come vuoi, Gabrielle"
Mi aspettavo una sua resistenza ma non la ottenni. Con il garbo che mi aveva accolto mi accompagnò all'uscita, regalandomi un nuovo abbraccio seguito dalla promessa di un nostro nuovo incontro.

Mi ritrovai, così, di nuovo da sola. La conversazione con Alexandra non era andata come speravo, era stata solamente una distruzione per i miei sensi e i miei pensieri continuavo ad insistere su Louis, ma soprattutto su Vanessa: la mia più grande preoccupazione, l'ultima goccia che avrebbe frantumato il vaso di equilibro tra me e lui. Forse avevo paura di perderlo, di rimanere da sola o forse ancora, non volevo in alcun modo sentirmi dire dai miei genitori: "te lo meriti".


-SPAZIO AUTRICE
Salve gente! Eccomi con un nuovo capitolo. Per Gabrielle è eccessivamente difficile accettare la realtà, vuole evitarla a tutti i costi. Alexandra è stata chiara: o lei o la tua vita. Chissà se la nostra ragazza se ne farà una ragione e sarà in grado di affrontare tutto ma, soprattutto, Louis cosa ne penserà? Tante tante domande insomma, ma sono sicura che nei prossimi capitoli cercherò di rispondere a tutte. Poi, non pensate che quel "te lo meriti" sia messo li a caso eh eh. Ora mi dileguo.
Un bacio e grazie a tutti i miei lettori! Il primo capitolo ha già raggiunto +200 visite!
-Manu 

p.s. Il titolo riprende l'omonima musica di "Helios"

 
- GABRIELLE -

  
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