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Autore: EnryS    05/01/2015    2 recensioni
Wanda si fidava di lui, lui che continuava a promettere e promettere. L’unica ragione per cui Pietro riusciva a trovare la forza di andare avanti, in quel loro terrificante e infinto vagabondare, era che sua sorella ci credeva davvero che lui sarebbe riuscito a mantenerle, tutte quelle promesse.
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Lui può superare la velocità del suono, lei è in grado di alterare la realtà.
Ma prima degli Avengers, prima della Confraternita di Magneto, prima di diventare Quicksilver e Scarlet Witch, Pietro e Wanda Maximoff erano solo due ragazzini rimasti orfani troppo presto, costretti a vivere alla giornata, attraversando i Balcani nella speranza di raggiungere un luogo da poter, finalmente, chiamare casa.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Confraternita, Erick Lensherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza
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Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow.



For Thine is the Kingdom.
 
 
Incapace di contenere lo stupore, Pietro fissò quella freccetta piantarsi nel legno della bancarella.
Era un tranquillante, come quelli che i ranger sparavano agli orsi.
Mi stanno sparando addosso dei tranquillanti?
Ne vide arrivare altri. Li evitò senza problemi, correndo in direzione del soldato che gli stava sparando. Era nascosto dietro un carretto in fondo alla strada e quando Pietro lo raggiunse, in quello che per tutti i presenti era stato meno di un battito di ciglia, gli strappò il fucile dalle mani e gli diede una spinta violenta. Non per sbaglio, non stavolta. Adesso era ben consapevole di quello che comportava toccare le persone a quella velocità e intendeva usarlo a suo vantaggio.
Se era un animale feroce che stavano cercando, allora gliene avrebbe dato uno.
Con lo stesso identico rumore di un ramo che si spezza, il volo dell’uomo si arrestò contro un furgone parcheggiato.
La gente iniziò a gridare.
Pietro gettò l’arma per terra. Per un attimo il suo sguardo incrociò quello della ragazzina bionda. Lei lo stava fissando con gli occhi sbarrati, ancora stringendo tra le mani il cappellino da baseball che gli aveva sfilato dalla testa. Non riuscì a decifrare il suo sguardo, e forse era meglio così. Perché avrebbe dovuto importargli cosa pensava di lui?
Era solo una stupida ragazzina con i suoi stupidi capelli biondi e la sua stupida vita tranquilla.
Si voltò al rimbombo di uno sparo in lontananza. Proveniva da nord, dov’era la casa di Ilia, e lui ebbe come l’impressione che una grossa mano lo avesse spintonato alle spalle, proprio come aveva fatto Django la notte dell’incendio.
Prendi Wanda e portala via!
Iniziò a correre verso la casa, gridando il nome di sua sorella, ma prima di pronunciare la seconda sillaba si fermò, guardandosi intorno sconvolto: era nella neve, decisamente al di là del bosco. Doveva essere andato lontano diversi chilometri.
Si passò una mano fra i capelli, chiudendo gli occhi. Poteva riuscirci, doveva solo concentrarsi.
Doveva riuscirci.
 
***
 
Sostenendo orgogliosamente lo sguardo dell’uomo, Wanda prese la mantella dalla sedia e se la infilò, senza fretta. Sperava di nascondergli quanto fosse spaventata, ma le mani le tremavano.
«Che fai qui?» gli chiese.
Ilia non le rispose. Continuò ad avanzare, guardandola fissa con quei suoi terribili occhi di ghiaccio.
«Dovresti andartene» ritentò, ancora ostinata a negare l’evidenza. Ci poteva essere un’unica ragione per cui Ilia era lì, in quel momento, ma Wanda non poteva accettarlo.
Si strinse nella mantella.
«Ti vergogni?» l’uomo sorrise beffardo. «Cos’è, vorresti farmi credere di essere vergine? Alla tua età? Saresti una rarità: l’unica zingara vergine del paese. Per non parlare del fatto che Dio solo sa cosa fate tu e tuo fratello, di notte.»
Wanda lo sfidò, sollevando il mento, mentre lui rideva come se avesse appena detto la cosa più divertente del mondo.
«E comunque» continuò, «adesso ci sono solo io qui con te. Tuo fratello non verrà a salvarti.»
Arrotolandosi le maniche della camicia, Ilia scalciò uno dei tanti pezzi di legno che Pietro aveva involontariamente disseminato in giro.
«Il tuo cavaliere non ci disturberà più.»
Sentendosi mancare la terra sotto i piedi, Wanda indietreggiò nel tentativo di ritrovare l’equilibrio. Il tavolo arrestò il suo movimento scomposto e il rumore di tutte quelle cianfrusaglie cadute per terra la riportò alla realtà.
«Di che diavolo stai parlando?» riuscì a dire, in un sussurro.
La risposta di lui fu un’altra risata.
«So cos’è» disse infine, a meno di un metro da lei. «È uno di loro. Uno di questi mutanti di cui parlano in televisione. L’ho visto, quella mattina nel bosco. L’ho visto che si trascinava. Scompariva e riappariva decine di metri più avanti. L’ho visto con i miei occhi. Quando ho capito cos’era ho immaginato che più di una persona potesse essere interessata a metterci le mani sopra. Quello che non potevo immaginare era quanti fossero, e quanto bene fossero disposti a pagare. Militari, scienziati, sono tutti lì che sbavano per il tuo bel fratellino.»
«Tu sei pazzo!» la voce era acuita dalla rabbia e dall’ansia. «Non sai quello che stai dicendo…»
«Oh, lo so quello che sto dicendo.» Ilia era così vicino adesso che lei poteva sentire l’odore del suo fiato, il freddo dell’esterno che ancora si portava sui vestiti. «E a quest’ora l’avranno già preso, quel piccolo mostro.»
«Pietro non è un mostro!» gridò, furibonda, spintonandolo e trattenendo disperatamente le lacrime.
Lui sorrise.
«Volevi dire Luka, suppongo.»
Wanda si morse le labbra. Al diavolo, che importanza aveva ormai?
Ilia le afferrò i polsi e lei si sentì sopraffatta dal terrore. L’uomo era alto e in quel momento le sembrava fosse così tanto più grande di lei da occupare tutto lo spazio della stanza.
La spinse contro il muro sulla destra e le aprì la mantella.
Stretta tra l’uomo e il muro, Wanda era spacciata: troppo piccola, troppo debole. Persa, senza Pietro.
Sapeva quello che Ilia voleva farle ma neanche quando sentì che le stava accarezzando il seno riuscì a realizzare quello che le stava accadendo. I suoi pensieri erano totalmente ottenebrati. L’idea che qualcuno avesse preso suo fratello, che lo avessero portato via e che non lo avrebbe più rivisto l’aveva fatta precipitare in un vortice nero in cui non c’era più aria da respirare.
«Ti prego» sussurrò, ma non per se stessa.
Implorava per Pietro. Implorava perché fosse al sicuro.
«Puoi gridare se vuoi. Sono sicuro che lui griderà, quando lo squarteranno per vedere come funziona il suo corpo...»
Ilia le sollevò sottoveste. Wanda spalancò la bocca, paralizzata dall’orrore di quello che stava per accaderle, incapace perfino di gridare aiuto.
D’un tratto, però, con la vista offuscata dalle lacrime, finalmente le sembrò di mettere a fuoco: lo vide, come l’aveva visto prima che uscisse, in fondo alle scale, che le faceva l’occhiolino.
Nessuno ci potrà mai separare, si ripeté la ragazza, sollevando la mano destra. Una scintilla rossa colorò il suo palmo puntato in direzione delle mensole che erano proprio sopra di loro e queste si spaccarono, lasciando precipitare libri e suppellettili addosso al suo aggressore. Non era un grande diversivo, ma le permise di toglierselo di dosso quanto bastava per sgusciare via.
Si lanciò su per le scale, scivolando e rialzandosi così in fretta da avere l’impressione di essersi trasformata in un gatto. Raggiunse l’ingresso con il cuore pieno di speranza ma quando girò la maniglia la porta rimase chiusa.
Wanda si voltò.
Lui era in cima alle scale, ansante, livido di rabbia.
«Non puoi andare da nessuna parte, sporca puttanella. Ti farò desiderare di essere morta, puoi contarci.»
Avrebbe dovuto avere paura, ma lei era proprio lì, fuori dalla finestra: la figura rossa che aveva intravisto riflessa negli occhi di Pietro, quando aveva espresso quel desiderio sul retro del furgoncino.
L’uomo, improvvisamente terrorizzato, indietreggiò di un passo, mentre Wanda continuava a guardare il vetro, totalmente rapita da quell’immagine, quella figura, quell’alone scarlatto che era lì per lei, per proteggere lei, e ogni traccia di angoscia abbandonò il suo cuore.
«Strega!» mormorò Ilia, prendendo la pistola che portava alla caviglia.
Sono io, realizzò lei, quasi risvegliandosi da un sogno. Sono io la strega.
Ilia le puntò contro l’arma.
La figura scarlatta forse era davvero soltanto nei suoi occhi, ma ormai Wanda non aveva più paura. Fissò la bocca nera della pistola sentendosi forte come mai prima: quasi invincibile, immortale.
Non ho paura di te, pensò. Non puoi farmi del male.
Sollevò una mano.
Io sono una tigre, e tu non mi fai paura.
Il vetro andò in frantumi proprio mentre l’uomo premeva il grilletto e il rimbombo dello sparo si mischiò al ruggito furioso dell’animale.
Wanda sorrise.
Quasi, si disse.
 
***
 
Pietro ripartì, stavolta riuscendo a calibrarsi sulla velocità del suo corpo, proprio come a Braşov e come al fiume, anzi, ancora più veloce: il mondo intorno era praticamente immobile. Gli capitò di perdere – per pochissimo, frazioni di secondo qua e là – il controllo della sua velocità, ma ritrovare il giusto ritmo era sempre più immediato, più facile.
Vedendo la finestra in frantumi, il ragazzo si fiondò sulla porta che cadde in pezzi appena venne sfiorata. Wanda era rannicchiata in un angolo. Sul pavimento c’era un cadavere ricoperto di sangue: era Ilia.
Allora era vera la storia del circo, si disse, osservando il grosso leone che se ne stava sdraiato sul pavimento con lo stesso atteggiamento pacifico di un gattone di casa, non fosse stato per il sangue che gli macchiava muso e zampe.
«Pietro!» gridò sua sorella, scoppiando a piangere. «Credevo ti avessero portato via!»
Lui la strinse forte.
«Che è successo qui dentro?»
Wanda si asciugò in fretta le lacrime.
«Credo di essere stata io, Pietro. Lui voleva… lui ha provato a…»
Le mani le tremavano e lui comprese, sentendosi impazzire dalla collera.
«Spero che il leone lo abbia fatto soffrire» disse fra i denti.
Lei scoppiò a ridere. Una risata isterica, disperata.
«Lo sai, Pietro, in realtà… in realtà stavo pensando a una tigre.»
Lui le accarezzò i capelli. «Sta tranquilla, ti porto via da qui. Posso correre veloce come a Braşov. Più veloce ancora. Così veloce che la gente neanche può vedermi.»
Wanda sbiancò, improvvisamente terrorizzata.
«Pietro…» mormorò.
«Davvero, te lo giuro.»
«No, Pietro…»
Lui la prese in braccio, non potevano aspettare ancora.
«Tieniti forte e chiudi gli occhi» le ordinò, prima di schizzare via da quella casa.
Ma qualcosa non andava. Si sentiva strano. Un brivido gli sbatteva nei denti ogni volta che il piede destro toccava terra.
Dovette fermarsi.
«Pietro!» gli urlò di nuovo sua sorella, mentre lui la faceva scendere. «Stai sanguinando!»
Abbassò gli occhi e finalmente comprese perché lei avesse quello sguardo spaventato. Stracciò la stoffa impregnata di sangue e rimase a fissare per qualche lunghissimo secondo la ferita sulla coscia: la sua gamba era praticamente aperta per metà e lui non se n’era accorto. Non aveva assolutamente idea di quando fosse successo.
Si sedette, sotto shock, senza capire perché Wanda si fosse tolta la mantella e la stesse strappando. La guardava avendo l’impressione che si muovesse al rallentatore, che la stesse vedendo in sogno. Gli si era inginocchiata accanto, gli diceva qualcosa, ma lui non era sicuro di sentirla, preso com’era a cercare di ricordare dove poteva essere andato a sbattere per ferirsi in quel modo.
Aveva perso la concentrazione per così poco, eppure quel poco era durato centinaia di metri e lo squarcio sulla sua gamba era la conseguenza della sua avventatezza.
Poco distante, una signora li fissava sbalordita. Le buste della spesa le erano cadute dalle mani e ai suoi piedi erano sparse delle arance, un paio di cavolfiori, un pezzo di formaggio. Una bottiglia di latte andata in pezzi.
«Sono apparsi dal nulla!» gridò un uomo.
«Chiama la polizia!»
Wanda gli accarezzò il viso e Pietro scosse la testa, cercando di ritrovare un barlume di lucidità. 
«Sei pronto?» gli chiese.
«Sì» rispose, senza sapere di cosa stessero parlando.
Lei fissò la stoffa che gli aveva avvolto intorno alla gamba, come per concentrarsi, e con uno strattone l’annodò. Pietro si aggrappò alle sue spalle, credendo di urlare.
Delle sirene in lontananza.
La ferita gli pulsava fino a dentro il cervello. La sentiva nei denti, negli occhi.
«Riesci ad alzarti, Pietro? Ti prego, Pietro, rispondimi. Riesci ad alzarti?»
Era sdraiato per terra, lei lo abbracciava, cercando di tirarlo su.
Annuì, mordendosi le labbra. Non credeva davvero di riuscirci, ma doveva almeno provarci.
Spostò tutto il peso sulla gamba sinistra e si tirò su, aggrappato a lei.
Wanda cercava di sorreggerlo, ma come poteva? Non era forte abbastanza. Avanzavano a piccolissimi passi, tremando per la paura, lo shock e il freddo. Non sarebbero andati lontano, si disse, guardando i piedi nudi di sua sorella che si sollevavano a stento.
Caddero, abbracciati, scusandosi l’uno con l’altra.
Era finita.
C’era arrivato così vicino, pensò, sentendosi impazzire dalla rabbia. Avrebbe potuto portarla via, avrebbe potuto salvarla, avrebbe potuto… Ma non c’era riuscito.
«Puoi scappare, Wanda» tentò. «Io li terrò occupati. Magari non sanno neanche di te. Magari…»
Wanda lo strinse più forte, senza dire nulla, e lui non provò neanche a insistere. A parti invertite non l’avrebbe mai lasciata e non poteva essere così ipocrita da chiederle di fare qualcosa che lui non sarebbe mai stato disposto a fare. Soprattutto, non aveva intenzione di perdere tempo a litigare con lei, non ora che erano così vicini alla fine.
«Mi dispiace così tanto» ripeté, con un nodo in gola.
Lei si tirò indietro per guardarlo negli occhi. Un sorriso sincero, bellissimo, le si disegnò sul volto: «Io non ho paura.»
Pietro ricambiò il sorriso, sconfitto dalla consapevolezza che sua sorella aveva ragione. Quella che provavano non era più paura: era un contorto e grottesco senso di sollievo, di libertà.
Non sarebbero dovuti più scappare.
 
   
 
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