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Autore: myricae_    06/01/2015    1 recensioni
[REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 20 E CAPITOLO 41] [REVISIONE IN CORSO]
Estate.
La stagione delle lunghe notti punteggiate di stelle e delle risate spontanee.
La stagione perfetta per dimenticare una relazione difficile e andare avanti.
La stagione perfetta per incontrare una persona speciale, magari innamorarsi e rimanere segnati per il resto della vita.
O, almeno, così è stato per Marco e Alisea.
Ma cosa possono saperne due giovani cuori dell'amore?
Della distanza?
Della morte?
E di un passato che è deciso a ritornare, forse, separandoli per sempre?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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42
 
Alis era sdraiata di pancia sul letto, con una cuffietta nell’orecchio.
Due settimane
Due settimane da quando aveva visto Marco per l’ultima volta. Non aveva acceso il cellulare per giorni, aveva vietato ai suoi genitori di rispondere al telefono nel caso Marco avesse chiamato e non aveva più acceso il computer per accedere a Skype.
Era finita.
L’indomani sarebbe stato sabato – l'inizio di novembre – e lei non sarebbe andata a Roma. Mai più baci tremanti alla stazione. Mai più Roma. Mai più litigate. Mai più amore.
Alis ingoiò il nodo alla gola, tossendo. La madre entrò nella sua stanza e Alis abbassò il volume.
 «Come va?» sorrise la donna.
 «Bene, grazie. Hai bisogno di qualcosa?».
La madre si sedette sulla sedia girevole, sospirando. «Sai che Marco ha chiamato per sei giorni?».
 «Lo so».
 «Non ho risposto, come hai detto tu».
 «Grazie», la ragazza abbozzò un sorriso.
 «Devi dargli una spiegazione».
 «Forse».
 «Alis, tesoro, devi. Ne ha il diritto».
 Alisea si alzò a sedere sul letto. Come faccio a guardarlo negli occhi e a lasciarlo di nuovo? «Mamma, per favore…» la supplicò.
 «Va bene, va bene. Fa’ come credi. Ah, c’è Andrea fuori dalla porta».
Alis si alzò, andando in bagno per mettersi in ordine.
La madre continuò: «Non sarà che…?».
 «È solo un amico» tagliò corto. Io amo Marco.
 
 «Non ci posso credere».
 «Se n’è andata!».
 «Deve esserci una spiegazione» lo rassicurò il nonno. «Hai provato a chiamare casa sua?»
 «Ho perso il conto». Marco si lasciò cadere sul divano, il cellulare in mano. Il nonno gli lanciò un’occhiata preoccupata, poi disse: «Va’ a riposare».
Marco scosse la testa.
 «Figliolo, ti prego. Si risolverà tutto. Vai a riposare».
Marco si alzò, andò in camera e uscì dopo pochi minuti vestito di una tuta e grosse scarpe da ginnastica. «Vado a correre».
 «Marco?».
 «Sì?».
Il nonno tese il braccio. «Dammi il cellulare».
Marco obbedì e poi uscì.
L’anziano tornò in salotto. Accese la televisione, pure senza prestare molta attenzione al programma che stavano trasmettendo. Era preoccupato per Marco. Sembrava incredibile da credere, ma suo nipote era innamorato di quella ragazza. E pensava che anche Alisea lo corrispondesse. Cosa le era fuggito di quella giovane? L’ultima volta che era stata lì, a Roma, si era comportata normalmente. Il nonno sapeva che lei e Marco litigavano spesso per via della distanza, eppure…  
L’uomo prese il proprio cellulare e, copiando dalla rubrica di Marco il numero di casa di Alisea, chiamò.
 «Pronto?» rispose una voce femminile. Non gli sembrava la voce di Alisea, quella voce aveva un timbro leggermente più grave.
 «Buonasera, signora Galeazzi?».
 «Sì. Con chi parlo?».
 «Giovanni Moretti, il nonno di Marco. La prego, non appenda. Sono molto preoccupato».
 «Mi dica».
 «Posso parlare con Alisea?».
 «Al momento non è in casa».
 «La prego, non menta».
 «È la verità. È uscita un paio d’ore fa. Le dirò che ha chiamato».
 «Sua figlia come sta?».
La donna sospirò e abbassò la voce. «Cerca di andare avanti. E suo nipote?».
 «Lo stesso. Ascolti, sa perché Alisea non si è fatta più sentire?».
 «La distanza era troppo per lei e, ad essere sincera, io non ho mai fatto nulla per incoraggiare questa relazione». Sembrava dispiaciuta.
 «Signora, lei sa che i nostri ragazzi si amano?».
Lei rimase in silenzio per un po’. «Cosa intende fare?».
 
Marco e il nonno arrivarono a Como alle due del sabato pomeriggio. Venti minuti più tardi presero un autobus che portava in periferia e alle tre furono nella via dove abitava Alisea.
L’agente immobiliare li stava aspettando. Era una giovane donna con i capelli castani raccolti in uno chignon ordinato, portava occhiali da vista enormi e vestiva in modo semplice. Strinse loro la mano. «Sono Debora Canesi, avete fatto un lungo viaggio. Sarete stanchi».
Marco non si sentiva affatto stanco; aveva il cuore che batteva forte per quanto era vicino ad Alisea. La casa che avevano intenzione di comprare era proprio di fronte a quella della ragazza, separata soltanto da una stradina deserta. Il ragazzo continuava a lanciare occhiate alla casa di Alis, nella speranza di vederla uscire da un momento all’altro.
 «Speriamo ne sia valsa la pena» rispose il nonno.
 «Allora, procediamo».
La casa era a due piani, senza contare il piccolo garage. La sala dava su una striscia di giardino e un portico minuscolo; la cucina era in un angolo del pian terreno vicino all’unico bagno della casa. Il piano superiore, più piccolo di quello di sotto, era composto solo da due camere da letto. La camera che sarebbe stata di Marco aveva il soffitto in legno. Era perfetta per loro due, e per Alisea qualunque volta avesse voluto rimanere con loro. La cosa che la rendeva davvero perfetta non erano i mobili di legno o il cucinino moderno, ma il fatto che fosse a solo venti passi – Marco li aveva contati – dalla casa di Alisea in linea retta. Trenta passi, se fossero stati quelli del nonno. Mentre visitavano le stanze, il ragazzo si affacciava ad ogni finestra che dava sulla villetta di Alis; sperando di scorgerla in giardino o dietro a una tenda scostata.
Il suo desiderio si avverò quando, un paio d’ore dopo, i tre uscirono dall’abitazione. L’agente stava intrattenendo una discussione sulle spese, ma Marco non l’ascoltava. Non riusciva ad ascoltarla. I suoi sensi erano come impazziti: cercavano qualunque cosa potesse avvertire la presenza di Alis. E fu allora che la vide: avvolta in un maglione di lana decisamente troppo grande per lei, in pantofole e in una tuta scura usciva dal piccolo cancello stringendo un mazzo di chiavi tra le mani. Quando raggiunse la cassetta della posta, Marco le fu subito dietro.
Come se anche la ragazza avesse avvertito la sua presenza, il cuore prese a battere forte, impallidì mentre le guance avvampavano all’improvviso. Con mani tremanti, fece cadere il mazzo di chiavi e le buste che aveva tirato fuori dalla cassetta. Marco l’aiutò a raccogliere tutto, sfiorando le mani screpolate di lei con le sue. Alis, impacciata, si mordeva il labbro mentre i suoi occhi diventavano lucidi.
 «Sei sparita per giorni» disse lui, provando a trattenere rabbia e gioia insieme.
 «Mi dispiace, Marco. Pensavo fosse l’unico modo per farti capire che è finita». Non riusciva a guardarlo negli occhi.
 «Guardami».
 «Devi andare via, devi andartene» tremò lei.
 «Alisea, guardami!».
Lei ubbidì per un breve istante.
Marco le sollevò il viso con le mani. «Dimmelo. Dimmi che è finita! Dimmi che non mi ami! Ma guardami negli occhi», la sua voce vibrava di rabbia, ma la sua presa era delicata.  
 «Ti prego, vai via…».
 «C’è un altro?».
 «No!». Alis si divincolò. Amore mio, come può esserci qualcun altro?!
 «Be’, allora se insisti torno a casa».
Alis si ricompose, mentre il suo cuore cadeva a pezzi. «È la cosa migliore».
Marco si allontanò di un paio di passi, poi la richiamò. Riluttante, Alis si girò.
 «Mi sono dimenticato di dirti una cosa: ora siamo vicini di casa».
Alis non fu certa di aver capito bene. Si avvicinò lentamente a lui e Marco indicò il nonno insieme all’agente immobiliare che li osservavano dall’altra parte della stradina.
Poi Marco aprì le braccia e Alis gli corse incontro, come quel giorno d’estate sulla spiaggia.
 
Dopo aver accompagnato Marco alla stazione e averlo salutato con baci e sorrisi, Alis seguì i binari verso il centro della città. Bussò alla porta dell’appartamento di Andrea e prima che potesse invitarla a entrare, la ragazza disse: «Marco è tornato».
Andrea non rispose.
 «Marco verrà a vivere qui. Per sempre».
 «Capisco. Alis, mi dispiace per ciò che ti ho fatto».
 «Sei… sei un bravo ragazzo. Eravamo giovani, molto giovani».
Andrea annuì.  
Alis gli si avvicinò, accarezzandogli il viso, sentendo la barba punzecchiarle la pelle.
 «Buona fortuna per la tesina» gli disse alla fine, con un sorriso spontaneo.
Andrea la salutò flebilmente, osservandola volare via. Stronza, pensò, pentendosene all’istante e chiedendole scusa con il pensiero. 
   
 
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