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Autore: emychan    06/01/2015    5 recensioni
"In principio il giardino apparteneva all'uomo e alla donna"
Così si apre la storia narrata in Yggdrasil, ma questa è una storia diversa.
Questa è la storia di Lilith, delle sua scelta e della sua caduta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte/i,

questa è la prima di una raccolta di one-shot ambientate nell'universo di “Yggdrasil”, una serie di romanzi alla stesura dei quali mi dedico da qualche anno.

L'idea iniziale per la trama è molto vecchia e -col passare del tempo- prima che riuscissi a metterla su carta, ha perso di originalità, purtroppo.

Inizialmente ho pensato di cambiare registro, mettere Eve, Lilith e tutti gli altri in un cassetto e smettere di pensarci. L'ho anche fatto per un po', dedicandomi ad un'altra storia, ma l'immagine di quei due che si incontrano per la prima volta o il viso arrabbiato di Lilith continuavano a darmi il tormento.

Alla fine non ho potuto farne a meno. Ho scritto di loro.

Perché anche se, forse, sono in parte scontati e un po' commerciali, hanno scelto di venire da me affinché ne narrassi la storia e non posso cacciarli via. Diciamo pure che li amo.

E, per questa ragione, spero di riuscire a comunicarvi attraverso le mie parole quanto adori scrivere di loro e spero che questo basti a farvi dimenticare le loro innumerevoli pecche trascinandovi, invece, nel loro mondo.

Trattandosi del mio primo lavoro di narrativa “originale”, dopo tanti anni trascorsi a scrivere nel fandom, ho deciso di compiere un vero e proprio salto nel buio utilizzando la piattaforma di Amazon per pubblicare la storia.

Adesso, tramite Efp, vorrei farvi conoscere i miei protagonisti e darvi così un assaggio delle atmosfere del libro.

Se vi piaceranno- e vorrete saperne di più- vi prego di non esitare a collegarvi alla pagina facebook di Ella M. Scarlett o agli account Twitter (@ellamscarlett), troverete i link nella mia pagina autore. Oppure potete chiedermi informazioni con una semplice recensione o con un messaggio privato.

Spero di sentirvi in molti,

Buona lettura


-YGGDRASIL-

LILITH

 

Il Signore le aveva dato la vita e, per questo, gli sarebbe stata grata in eterno.
Non passava giorno senza che Lilith si ripetesse quelle parole.
Quelle stesse parole che sentiva dire all'uomo, mentre coglieva i frutti dagli alberi sempre rigogliosi del giardino. Quelle stesse parole, pronunciate dalle strane e magnifiche creature alate, che venivano a trovarli di tanto in tanto. Quelle stesse parole che avevano, ormai, il suono di una condanna.
Oh, Lilith era riconoscente. E come poteva non esserlo?
Lei amava il Creatore, camminava al Suo fianco ogni giorno con gioia e lo adorava in ogni modo concesso ad una creatura umile e fragile come lei.
Lo amava come amava il suo compagno e il giardino nel quale era loro concesso di vivere e prosperare insieme.
Ma-
C'era sempre un terribile ma al termine di ogni suo pensiero, di ogni sua preghiera.
Quel ma, che la faceva sentire come la peggiore fra le creature viventi.
Era l'espressione di quel qualcosa di irrequieto, che viveva in lei, che cresceva nel suo cuore e si agitava nel suo sangue, nella sua carne. Era come un mormorio sempre più rumoroso, imprigionato in un angolo del suo spirito. Come una voce che le rammentava la mancanza di qualcosa, l'imperfezione che nessun altro percepiva.
E come avrebbero potuto farlo, dato che viveva solo nella sua mente? Eppure era lì, ogni attimo più grande e spaventoso, quel senso di inadeguatezza, di insoddisfazione. Perché la sola verità era che lei non aveva scelto nulla di tutto questo.
Che terribile pensiero il suo, quale tradimento di ogni ordine divino.
Eppure era là. Brillante come la luce del Regno.
Lei non aveva scelto di nascere, né tantomeno di essere donna. Non aveva scelto il suo compagno, né la loro casa. Perciò, per quale ragione doveva esserne felice? Perché doveva accontentarsi di quello che le era dato, e non chiedere qualcosa di diverso?
Era pura follia la sua? O semplice stupidità? Ma cosa doveva fare, quando il tocco dell'uomo la lasciava poco più che tiepida? Quando niente sembrava donarle la passione o il calore che, lo sapeva, avrebbe dovuto provare per la vita stessa? E perché l'uomo non si sentiva alla stessa maniera? Non erano stati modellati, forse, nella stessa terra? Allora perché solo lei si svegliava nel cuore della notte piangendo di fronte all'incubo di quell'eterna esistenza piatta e senza passioni?
Oh, lo poteva immaginare il mondo giusto per lei.
Un mondo interamente da scoprire, fatto di eventi inaspettati, di caccia, di avventura, di angosce e passioni, che in quel giardino erano come proibite. E come poteva accontentarsi di qualcosa di meno di quella visione? Come poteva rassegnarsi al pensiero di non trovare mai ciò che cercava? E come abbandonare quell'uomo che, dopotutto, l'amava, povero sciocco che era?
Non era che non gli fosse affezionata, questo no. Non poteva essere altrimenti, i suoi occhi avevano visto lui prima di ogni altra cosa. Il suo corpo aveva conosciuto il suo tocco prima di quello di ogni altra creatura, ma l'amore descritto dalla Luce era ben altro e lei lo sapeva. Lo capiva ad un livello del tutto irrazionale e inspiegabile, ma lo capiva.
«È un legame forte il vostro, come quello che esiste tra me e i miei primi figli. Una forza indissolubile, che vi terrà uniti in eterno» le aveva spiegato un giorno il Creatore, di fronte alle sue domande incessanti e lei aveva sorriso e annuito affermando falsamente di capire.
Ma l'unica cosa, che capiva, era il vuoto incolmabile che esisteva, laddove avrebbe dovuto esistere una forza pura come la luce del Regno e più lo capiva, più la vista dell'uomo le diveniva insopportabile.
Il suo volto felice, il tocco amorevole, servivano solo a farla sentire una schiava, soggiogata dal suo amore e dalla sua purezza.
Sì, amava l'uomo. Lo amava e allo stesso tempo lo disprezzava e odiava, perché- con la sua continua adorazione- non faceva che farla sentire sporca e inadeguata, ricoperta di un sudiciume dal quale non si sarebbe mai potuta liberare.
E c'erano volte, brevi attimi inconsistenti, nei quali credeva di essersi sbagliata e di essere davvero dove doveva essere.
Erano quelle breve occasioni in cui, seduti sulle radici dell'albero della vita, l'uomo guardava l'acqua trasparente del lago e si domandava ad alta voce se esistesse qualcosa di più grande del giardino di cui erano prigionieri, se esistesse uno scopo più grande per loro, una vita diversa.
Ma quei brevi istanti, erano solo questo.
«Dobbiamo ringraziare di ciò che abbiamo. Dobbiamo essere riconoscenti. Non saremmo nulla senza il Padre» era ciò che tornava a ripeterle, poi. Quasi impaurito dall'idea che qualcuno lo avesse sentito.
E aveva ragione, oh se ne aveva.
Ma anche così, che cosa erano esattamente? Terra e fango senza possibilità di scelta? Piccoli animali pavidi, nascosti e tremolanti, sotto un cielo senza fine?
«Perché sei tanto inquieta, umana? Cosa credi che otterresti fuggendo dal giardino o dal tuo compagno?»
Arrivò come erano giunte le altre.
Una creatura celeste uguale ad altre mille, coi suoi lunghi capelli ricciuti e gli occhi del colore del tramonto, con le lunghe ali bianche a coprine la schiena come un mantello.
Eppure, per la prima volta, la donna si ritrovò ad arrossire di fronte ad una di quelle meravigliose presenze e abbassò lo sguardo, quasi in imbarazzo inanzi al suo scrutinio severo.
«Sei silenziosa. Mi avevano raccontato che non disprezzi di manifestare ciò che pensi, o che desideri, ma forse hanno esagerato. Mi sento un po' deluso.»
Il viso di Lilith parve riscaldarsi di rabbia e vergogna. «O forse non ho voglia di parlare con te, creatura. In fondo, cosa puoi avere da dire di diverso dagli altri come te, che vengono e vanno da casa nostra, come fosse la loro?» pentendosi delle proprie parole la donna si morse il labbro temendo di averne attratto l'ira.
Ma la creatura sorrise e si avvicinò a lei. «Adriel» le disse e la donna ne avvertì il profumo di polvere e cenere, simile ad un fuoco appena spento. E tutto il suo corpo parve vibrare e nutrirsi della sua luce, della sua sola presenza.
«Lilith» bisbigliò di rimando, fissando gli occhi in quelli di lui.
«Oh, so bene chi sei, donna. Sono venuto qui per vederti, dopotutto» disse lui in un sussurro che si disperse sulla sua pelle e cantò nel suo sangue riscaldandola come neppure il sole del giardino aveva mai fatto.
E all'improvviso Lilith capì e seppe di aver perso la grazia.
 
end
 

 

 

   
 
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