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Autore: Soul of Paper    09/01/2015    6 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’autrice: come sempre sono in un ritardo mostruoso ma, a mia discolpa, posso dire che il capitolo è mostruosamente lungo xD. Avrebbe anche potuto intitolarsi 48 ore. 48 ore in cui succede davvero di tutto, dai momenti più tranquilli e piacevoli, per poi arrivare, in un tour de force investigativo, fin nella tana dell’assassino. Non vi faccio perdere altro tempo, ci vediamo alle note finali ;)!



 
Capitolo 43: “Blood and water”



 
“I suoi valori sono stabili e, considerato quello che le è successo, direi che si sta riprendendo nel migliore dei modi. Per quanto mi riguarda, possiamo sciogliere la prognosi, anche se la situazione rimane delicata e dovrà stare sotto costante monitoraggio per qualche giorno, muoversi il meno possibile ed evitare ogni possibile fonte di stress, qualsiasi cosa che possa affaticare il cuore, chiaro?”
 
“Insomma, proprio tutto quello che hai fatto fino a poco fa…” commenta Marco, sarcastico, lanciando un’occhiata al fratello che abbassa gli occhi, imbarazzato.
 
“Sì, dottore, la ringrazio,” annuisce Paolo, ignorando la frecciata del fratello.
 
“Non deve ringraziare me, non solo: è stato davvero molto fortunato, sa, signor De Matteis? Innanzitutto perché è stato soccorso immediatamente dalla signora che c’era qui prima, non appena è andato in arresto cardiocircolatorio, ma soprattutto perché, nonostante il suo gruppo sanguigno sia così raro, ha trovato non uno ma ben due donatori universali disposti a donarle sangue…”
 
“Donatori universali? Chi-“
 
“Gaetano e sua sorella Francesca,” chiarisce Marco, con un altro sguardo eloquente, mentre il fratello è sempre più sorpreso, oltre che a disagio.
 
“È stato ad un passo dal non farcela ed è ancora molto debole, quindi non abusi della sua buona sorte, chiaro?”
 
“Sì, dottore, non si preoccupi…”
 
Il dottore annuisce ed esce dalla stanza. Non appena rimangono soli, i loro sguardi si incrociano: imbarazzo, sorpresa, apprensione, un vago sentore di tradimento e troppi perché che aleggiano nell’aria.
 
“Da quanto tempo sei innamorato di Camilla?” chiede Marco, asciutto, andando diritto al punto.
 
“Innamorato? Non esageriamo, Marco… tu sei sempre troppo sentimentale. Diciamo che…” esita, deglutendo il nodo in gola prima di sforzarsi di ammettere, abbassando gli occhi, “diciamo che non mi è indifferente, ecco.”
 
“Ah, guarda, su questo non c’era alcun dubbio: a te indifferente Camilla non è proprio mai stata,” commenta, di nuovo sarcastico, “e dimmi, quante donne non ti sono state indifferenti quanto Camilla negli ultimi anni? E di quante invece ti saresti innamorato?”
 
“Guarda che non sono fatto di legno e non sono cieco: di donne che mi piacciono ne incontro praticamente ogni settimana!”
 
“Che ti piacciono esteticamente, magari, non che non ti sono indifferenti, Paolo,” ribatte con un sospiro, “ma vuoi venire a raccontare palle a me, Paolo? Che ti conosco da quando sei nato? Che condivido la stessa casa con te da anni e quindi so benissimo quante donne non frequenti? Non dovevi essere più sincero e aperto per via dell’anestesia? O vale solo con Camilla? O non sarà che l’anestesia a te fa tutt’altro tipo di effetto?”
 
“Marco!” esclama, esasperato, “cosa vuoi che ti dica, eh? Vuoi sapere cosa penso di Camilla? Camilla è una donna snervante, impicciona, invadente, testarda come un mulo, che vuole sempre avere l’ultima parola su tutto e che ha un talento straordinario di attirare i guai peggio del miele con le mosche. Ma allo stesso tempo ha un talento investigativo fuori dal comune, è brillante, interessante, affascinante e soprattutto ha lo straordinario potere di… di farti desiderare di essere tormentato da lei, di discutere con lei… di farti sentire la sua mancanza quando non ce l’hai tra i piedi. Soddisfatto?“
 
“E tu non saresti innamorato di lei? Non ti ho mai sentito parlare così di qualcuno!” gli fa notare, prima di scuotere il capo e di aggiungere, il tono più tranquillo, guardandolo negli occhi, “da quant’è che ti tieni questa cosa dentro Paolo? Per favore, dimmelo.”
 
“Non… non lo so… in realtà me ne sono reso conto anche io solo ieri quando… quando ho pensato che stessimo per morire insieme. E c’era come… come una voce dentro di me, una parte di me che mi diceva che se questa doveva essere la fine per me, ero… ero sereno all’idea di morire per lei, per salvarle la vita e… di andarmene tra le sue braccia, con lei che per una volta non mi guardava come se fossi una specie di… di scarafaggio fastidioso ma con… con affetto e gratitudine,” ammette, quasi come se stesse parlando con se stesso, prima di guardare di nuovo il fratello e aggiungere, “oddio, sono patetico, non è vero? Ma perché non riesco a stare zitto? Non voglio più fare un’anestesia in tutta la mia vita!”
 
“Paolo, non sei patetico, sei umano, anche se ti sforzi da sempre di nasconderlo, visto che ti sei convinto che le due cose coincidano,” risponde Marco, sedendosi accanto al fratello, “comunque non hai ancora risposto alla mia domanda.”
 
“Perché non ce l’ho una risposta, Marco: non lo so. Credo che sia stata una cosa graduale, mano a mano che si è… si è messa in mezzo ai miei casi e ho potuto conoscerla. Ti ripeto, non me ne sono reso conto nemmeno io, ero convinto di non sopportarla e che questo fosse il motivo per cui… per cui la pensavo sempre più spesso, oltre al fatto che me la ritrovavo sempre più sovente tra i piedi anche a casa, visto che tu e lei uscivate insieme.  Poi mi sono convinto che mi ero ammorbidito con lei per riguardo nei tuoi confronti e perché… perché, per quanto mi costasse ammetterlo, si era in un certo senso conquistata il mio rispetto, per quanto non mi fosse simpatica. E poi quando avete deciso di fare sul serio, mi sono convinto che se ero contrario era per il tuo bene, e che se ero sollevato quando vi siete lasciati era perché non era la donna adatta a te, cosa che era in parte vera. E che se ero risentito con lei quando l’ho rivista era per il modo in cui ti aveva fatto soffrire, cosa che era sempre in parte vera e-“
 
“E che ce l’avevi a morte con Gaetano fino a volerlo spedire a dirigere il traffico su Saturno, ad ammazzare il sacco da boxe e ad attraversare il canale della Manica a nuoto, perché aveva osato intromettersi nelle tue indagini, o forse per solidarietà nei miei confronti, e non perché aveva o ha una relazione con Camilla,” intuisce Marco, cominciando a comprendere molte cose, “insomma, una rimozione da manuale di psicologia.”
 
“Marco, però ti giuro che, se le cose tra te e Camilla non fossero andate come sono andate, se voi aveste proseguito nella vostra relazione, anche se mi fossi mai reso conto di quello che… di quello che provo, non avrei mai e poi mai provato a mettermi in mezzo tra voi due,” gli garantisce, posandogli la mano sana sul braccio e guardandolo negli occhi.
 
“Lo so, Paolo, ti credo: del resto ci sarà pure un motivo dietro a questa rimozione, no? È evidente che hai lottato con tutte le tue forze contro quello che provi e non ti invidio per niente, sai? Anzi, mi dispiace che ti sei dovuto tenere tutto quanto dentro,” lo rassicura con un sorriso, dandogli una lieve pacca sulla spalla sana, per poi aggiungere, ironico, “e da un lato tutto questo mi rassicura che siamo davvero fratelli. Finalmente abbiamo qualcosa in comune io e te, ed evidentemente sei anche tu un po’ Visconti, mio caro: alla tradizione di famiglia non si sfugge! Come il nonno e il prozio con la nonna.”
 
“Marco…” sospira Paolo, non riuscendo però a trattenere un sorriso.
 
“E comunque, alla fine, siamo rimasti sia io che te con un pugno di mosche in mano. Non so nemmeno a chi sia andata peggio dal punto di vista della pubblica umiliazione: se a me o a te. Almeno io ero per strada, sì, ma non mi conosceva praticamente nessuno,” commenta con una mezza risata.
 
“Grazie, Marco, mi sei sempre di grande aiuto e conforto. Non so come farò… tra Berardi che mi vorrà morto e Grassetti che… temo di essermi appena giocato tutta la poca credibilità che avevo. Non so come farò ancora a guardarla in faccia.”
 
“Beh, potresti evitare di farlo e concentrarti invece su altro… è molto carina, se non l’avessi notato!”
 
“Marco, per favore! Ma sei matto? Prima di tutto è una persona, non un oggetto. Inoltre è una mia sottoposta, giovane per giunta, e io non mi approfitterei mai del mio ruolo così, oltre al fatto che rischierei il posto e una bella denuncia per molestie. E poi comunque non sono come te e non credo a chiodo-scaccia-chiodo,” protesta veementemente prima di diventare più serio e domandargli, guardandolo di nuovo negli occhi, “tu ci sei riuscito, Marco?”
 
“A fare che?” gli chiede di rimando, anche se teme di conoscere la risposta.
 
“A dimenticare Camilla…”
 
“Non è una donna semplice da dimenticare. Camilla è… è fuori dal comune, ce ne sono poche come lei, purtroppo o per fortuna,” ammette a fatica, per poi aggiungere, dopo un attimo di riflessione, “diciamo che me ne sono fatto una ragione in questi due anni, anche prima di rincontrarla non è che la pensassi più cosi spesso o ne sentissi così tanto la mancanza ma… ogni tanto ci pensavo e ci penso. Però in questi giorni ho capito che… che non ero l’uomo adatto per lei e forse lei davvero non era la donna per me, come mi hai sempre detto, Paolo. E, se posso essere sincero, Paolo, credo che lo stesso valga per te, e non solo perché Camilla ama Berardi.”
 
“Forse… forse hai ragione, non lo so, non so nemmeno se esista una donna adatta a me. In fondo sono abituato a stare solo e sto bene anche da solo. Magari è questo il mio destino…” mormora, esprimendo infine, anche se a voce bassa, quello che pensava e che pensa da ormai tanti anni, da quando tutti i suoi coetanei avevano iniziato ad accasarsi e lui era invece rimasto solo ma senza particolari rimpianti. Solo un senso di… inevitabilità, visto il suo carattere, la sua poca tolleranza nei confronti della stupidità, della mediocrità di gran parte del prossimo e la sua assoluta incapacità di dissimulare il disinteresse quando qualcosa o qualcuno lo annoiava.

Preferiva stare solo piuttosto che pensare di trascorrere la propria vita accanto ad una persona la cui compagnia fosse per lui un peso, un qualcosa da sopportare, una convenzione da rispettare. E di poche persone aveva davvero stima, pochissime lo coinvolgevano davvero, nel bene o nel male, costringendolo a gettare la maschera di indifferenza che si era costruito. Mai nessuna quanto Camilla.
 
Ma c’era di più, molto di più e l’aveva capito solo in queste ultime ore. Non era il resto del mondo a non essere alla sua altezza, come lui aveva cercato sempre di raccontarsi, il problema non era la mediocrità del prossimo, non solo, la verità è che lui aveva e ha paura. Paura di essere lui quello non all’altezza degli altri, di non essere degno di essere amato, paura di… di essere vulnerabile, di perdere il controllo, di aprirsi e di essere rifiutato e ferito.
 
Ed è proprio quello che è successo, anche se non è colpa di Camilla, sa di essersela cercata, sapendo già in cuor suo quanto Camilla amasse Berardi. Ma un istinto irrefrenabile lo aveva spinto a fare quello che non aveva mai avuto il coraggio di fare, a sbatterci la testa e rischiare, piuttosto che rimpiangere in silenzio le sue omissioni, come sempre.
 
La verità è che non sa come si sente, sarà per l’anestesia ma è tutto così… surreale da sembrare un sogno, quasi come se non fosse successo a lui, se non stesse succedendo a lui. Teme solo il momento in cui tornerà del tutto alla realtà.
 
“Paolo, ehi, Paolo stai bene?” lo risveglia la voce di Marco, che lo guarda preoccupato.
 
“Sì… sì… sono solo un po’… un po’ stanco e scombussolato e-“
 
“E melodrammatico! E che cos’è tutto questo fatalismo? Sai che ti dico, Paolino? Che non so come e quando riusciremo del tutto a dimenticare Camilla, ma da adesso possiamo provarci insieme, darci una mano a vicenda, che ne dici?” gli propone con un sorriso, mettendogli una mano sulla spalla.
 
“Se il tuo piano comprende uscite per locali squallidi e scorribande in giro per il mondo con donne che ti fanno venire voglia di perdere l’udito, no grazie,” ribatte Paolo con un’occhiata eloquente, conoscendo il fratello.
 
“Pensavo più a un bel pranzo a base di pesce, una volta che sarai uscito da qui, che ne dici? E poi potremmo fare davvero un viaggio ma in un posto a tua scelta, alle tue condizioni. E sai benissimo che questa è un’offerta irripetibile!” esclama con un sorriso, citando le parole del fratello quando Camilla l’aveva appena lasciato e il mondo gli era crollato addosso.
 
“Quindi stavolta niente giornaliste e niente scocciatrici in generale?” domanda Paolo, non potendo però evitare di ricambiare il sorriso.
 
“No, mi annoierò fino a che lo vorrai,  sia al ristorante sia in vacanza, in uno di quei posti da eremita che piacciono a te. Anzi, magari fingerò pure di divertirmi,” concede Marco, ironico, con un sospiro.
 
“Ah, e per inciso, stavolta offri tu e pretendo almeno porzione doppia di tutto, dato che a me era toccato pagare anche per la tua giornalista!”
 
“Oh, meno male, finalmente riconosco mio fratello: cominciavo a preoccuparmi!”
 
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“Come hai… come hai potuto farlo?”
 
Quella domanda gli affiora dalle labbra senza poterla più arginare, carica di rabbia, di dolore e di incredulità. Perché fino all’ultimo aveva sperato, aveva davvero sperato che la soluzione più ovvia non fosse quella giusta.
 
La trattiene ancora sotto di lui, seduto sulle gambe di lei per bloccarle, una mano a terra, l’altra premuta sulla spalla per impedirle di sollevare il busto e quindi, di fatto, per immobilizzarla completamente: con le mani legate dietro la schiena qualsiasi movimento le è ormai impossibile. È lacerato da due impulsi contrastanti: quello di tenerla più saldamente che può, per accertarsi che non possa fuggire, che non possa farla franca, non un’altra volta, e quello di allontanarsi il più possibile da lei, di tenerla a distanza, di recidere ogni contatto.
 
Perché averla così vicina gli riporta alla mente l’ultima volta che l’aveva tenuta tra le braccia, quello che aveva provato e viene invaso da un profondo senso di nausea e di tradimento.
 
“Io non ho fatto niente, non ho ucciso lo Scortichini, Marchese, mi devi credere,” protesta con voce talmente roca da essere quasi irriconoscibile, non cercando più di divincolarsi dalla sua presa, guardandolo dritto negli occhi.
 
E quegli occhi castani, grandi e apparentemente così innocenti sono l’unica cosa di Ilenia che ancora gli è familiare perché con quel nuovo taglio e quel nuovo colore, nonostante i capelli siano scombinati, spettinati, nonostante le pesanti occhiaie e il colorito pallido, la pelle quasi trasparente, è ancora più bella e ancora più… diversa dall’Ilenia con cui era cresciuto. Non sa perché questo accentui il dolore che gli pulsa nel petto, ma è così.
 
“Lo Scortichini?? Tu pensi che stia parlando dello Scortichini??” esclama, con una risata amara, “la sai una cosa, Ilenia? Lo Scortichini… avrei anche potuto capire perché tu l’abbia ucciso. Non avrei mai potuto condividere quello che avevi fatto, ma avrei potuto comprendere. Ma è… è tutto il resto che non capisco. Mi dici ad esempio che ti aveva fatto di male Marcio, eh? Magari sarà stato fuori di testa, ti avrà creato problemi, non lo so ma… lui si era fidato di te, era amico di tuo fratello e-“
 
“COSA? Mi stai dicendo che Marcio è morto?!” domanda, alzando la voce che sembra fatta di cartavetra.
 
“Ma certo che è morto e lo sai benissimo, Ilenia. Ma pensi davvero che sia così ingenuo, eh? Che abbasserò la guardia e magari riuscirai a farmi fare la stessa fine che hai fatto fare a lui e al Vecchio e-“
 
“Il Vecchio? E chi sarebbe?” lo interrompe Ilenia, guardandolo come se fosse impazzito.
 
“Un povero disgraziato che voleva troppo bene a Marcio e forse anche a te, ecco chi era. A meno che mi vuoi far credere che sia stato proprio Marcio ad ucciderlo ma poco cambia. Perché quello che proprio non riesco… che non riesco nemmeno a concepire è come tu abbia potuto…” si interrompe, la voce che gli si spezza per la rabbia e il male al cuore, per poi sputare fuori in quello che è un urlo, “dio mio, Ilenia! Che male ti possono avere mai fatto Sammy e la prof., eh, me lo spieghi? Perché, perché loro?”
 
Ilenia non parla più, rimane muta gli occhi e la bocca spalancati.
 
“La prof.?? Sammy? Oddio, Marchese, cos’è successo? Sono… sono??” sussurra emettendo un suono strozzato, una specie di rantolo.
 
“No, sono vive, per tua sfortuna e per nostra fortuna sono vive: la tua trappola ha fallito, Ilenia,” rivela, mentre l’espressione di lei muta da un apparente sollievo ad un apparente stupore.
 
“La mia trappola? Ma che cosa stai dicendo?”
 
“Piantala di fare la commedia, Ilenia! Le hai attirate qui, anzi, hai attirato qui la prof. facendo leva sulla sua generosità. Ma per fortuna la prof. ha usato anche la testa, mentre Sammy è corsa qui, perché… perché ti voleva bene e… si sarebbe gettata nel fuoco per te e tu… tu…” le corde vocali lo tradiscono un’altra volta, mentre sente lacrime di rabbia bruciargli negli occhi.
 
“Ma quindi… l’incendio… la sparatoria… oh mio dio…” mormora, spalancando la bocca e chiudendo gli occhi, “Marchese… io… tu non capisci, sono io… sono io che sono finita in trappola e-“
 
“Certo, perché non sei riuscita a fuggire in tempo! E hai ancora la faccia tosta di negare!” grida, senza riuscire più a trattenersi, “incolpi la prof. e il commissario perché lo Scortichini non è stato condannato? È così?! E Sammy cos’era? Un danno collaterale? Perché, maledizione?!”
 
“NO! Ma sei matto??!!! Non farei mai del male a Sammy o alla prof., MAI!” urla di rimando, dimenandosi, prima di emettere un altro rantolo soffocato e scoppiare in un attacco di tosse che sembra toglierle il fiato e scuoterla a tal punto da farla soffocare.
 
Marchese esita un attimo, temendo un altro trucco della ragazza, che sia tutta una strategia per coglierlo di sorpresa e portarlo ad abbassare la guardia. Ma quando la vede boccheggiare, gli occhi iniettati di sangue e pieni di lacrime, si solleva dalle sue gambe, tirandola su a forza fino a farla sedere, dandole dei colpi sulla schiena per aiutarla a respirare.
 
“Ma scotti!” esclama, non riuscendo, nonostante tutto, a non provare un moto istintivo di preoccupazione che si mischia alla rabbia, al dolore, alla nausea e al tradimento, soprattutto quando nota le goccioline vermiglie che cadono come pioggia sul terreno.
 
Come se tutto il sangue versato negli ultimi giorni non fosse ancora abbastanza.
 
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“Ma sei matto?! Ti costerà una fortuna, anzi, ci costerà una fortuna, perché, se insisti con questa follia, voglio assolutamente fare a metà!”
 
Gaetano si arresta per un secondo, un brivido lungo la schiena nel sentire sul collo e sull’orecchio il fiato caldo di lei. Le parole di protesta sussurrate, quasi sibilate all’orecchio e l’espressione esasperata, il sopracciglio alzato, non fanno nulla per alleviare la tensione carica di elettricità statica che li attraversa, impregnando l’aria fin dalla loro “risoluzione di pace”, attesa, agognata e arrivata proprio nel momento più insperato, dopo avere, per la seconda volta in poche ore, temuto per un attimo di averla persa per sempre. Prima alla morte e poi ad una vita diversa, con un altro uomo al suo fianco.
 
Il loro amore di nuovo aveva resistito, superando tutte le difficoltà e le incomprensioni degli ultimi giorni, anzi, ne era uscito rafforzato, diventando più maturo, più consapevole. Ma, allo stesso tempo, la vicinanza di Camilla, il suo profumo, il suo calore, un suo sguardo, un suo sorriso, anche solo il pensiero di lei, avevano e hanno, come sempre, il potere di farlo tornare adolescente, anzi, peggio che adolescente: perché nemmeno gli ormoni in subbuglio dei suoi sedici anni avevano mai avuto su di lui l’effetto devastante che ha Camilla e solo Camilla. Questa capacità di fargli perdere completamente la testa, la ragione, il controllo e di far sì che, inspiegabilmente, questo non  lo spaventi affatto, anzi, di fargli desiderare di perdere il controllo insieme a lei, di perdersi in lei, di lasciare le redini in mano alla sua imprevedibile professoressa, curioso di scoprire dove lo condurrà.
 
Questa volta Camilla aveva tirato le redini, arrestato con un’impennata i “cavalli” ormai pronti a lanciarsi in una corsa imbizzarrita. Era stata, come spesso accadeva, il suo Grillo Parlante, evitando oltretutto ad entrambi conseguenze a dir poco imbarazzanti.
 
Ma, subito dopo, gli aveva ceduto il timone, lasciandosi guidare da lui senza fare domande, con un sorriso ed un’occhiata carichi di promesse. Il breve viaggio in auto era trascorso in silenzio, pochi sguardi, la mano di lei che aveva sfiorato la sua appoggiata sul cambio per qualche istante, giusto il tempo per una nuova scossa elettrica, ancora più forte delle precedenti, occhi negli occhi, l’aria nell’abitacolo satura, spessa, densa, come prima di un temporale estivo. Camilla aveva ritirato la mano, schiacciandosi quasi inconsciamente verso la portiera, la fronte appoggiata al vetro, guardando il panorama che scorreva rapidamente intorno a loro, mentre lui aveva tentato di concentrarsi solo sulla strada, le mani incollate al volante per cercare di evitare di commettere una pazzia prima di arrivare a destinazione.
 
Quando aveva finalmente accostato, erano scesi dall’auto con una velocità degna di un’azione di polizia, guardandosi per un istante prima di scoppiare a ridere come due ragazzini. Lui l’aveva presa per mano e lei si era di nuovo lasciata guidare – sempre di corsa – verso la loro meta. Ma, arrivati di fronte alla porta girevole e alla facciata di uno degli hotel cinque stelle lusso più celebri – e, di conseguenza, più cari – di Roma, Camilla aveva puntato i piedi, letteralmente, bloccandolo sui suoi passi.
 
“Per quanto riguarda il fare a metà, mi conosci, professoressa, e lo sai benissimo che da quell’orecchio non ci sento,” replica con un sorriso, facendole l’occhiolino e vedendola, per tutta risposta, alzare gli occhi al cielo e scuotere il capo, un’espressione esasperata dipinta sul viso, “e, per il resto, sei tu la mia fortuna, Camilla, l’unica che conti per me e meriti solo il meglio e-“
 
“E per me il meglio è stare con te, insieme, io e te,” lo interrompe dolcemente, continuando a guardarlo fisso negli occhi, allungando la mano per accarezzargli il viso, per poi aggiungere, indicando con l’altra mano l’entrata dell’hotel, “non mi serve altro, non serve… questo.”
 
“Lo so, Camilla, lo so. Lo so che preferisci i biscotti o una lasagna mezzi bruciati, ma fatti col cuore, ad un ristorante a tre forchette. E che preferisci una serata sul divano con un bicchiere di vermouth e una notte passata a casa, nel tuo o nel mio letto, nel nostro letto, a far l’amore, a ridere e a parlare piuttosto che un hotel a cinque stelle,” le sussurra, ricambiando il gesto, sentendo i muscoli contrarsi sotto le sue dita, mentre lei si morde il labbro, prima di lasciarsi andare ad un sorriso raggiante, gli occhi che si scuriscono e brillano commossi, “ma siamo lontani da casa e… essere qui con te oggi, sani e salvi e… insieme… è quasi un miracolo e credo che vada festeggiato come si deve. Permettimi di coccolarti un po’, professoressa: abbiamo poche ore libere a disposizione e poi… saranno probabilmente altri giorni di fuoco e non so quando avremo di nuovo un po’ di tempo per noi due.”
 
“Gaetano…” mormora, stampandogli un rapido bacio, prima di trascinarlo in un abbraccio fortissimo, che lui ricambia, praticamente sollevandola da terra, mentre lei gli soffia nell’orecchio, con quel tono affettuosamente esasperato che lo ha sempre fatto impazzire, “come devo fare con te? Me lo spieghi?”
 
“Per cominciare potresti entrare con me in questa hall, professoressa, e poi sono sicuro che, con la tua immaginazione e il tuo intuito, non avrai bisogno di alcuna spiegazione,” replica ironico, guadagnandosi un colpo al costato, per poi sentirsi afferrare per il bavero e ritrovarsi di nuovo quelle labbra morbide sulle sue in un altro bacio, seguito da un lieve morso al labbro inferiore.
 
“Andiamo, Berardi: facciamo questa pazzia, prima che cambi idea,” sussurra, prendendolo per mano e avviandosi verso l’entrata, senza dargli nemmeno il tempo di riprendersi del tutto. Stanno per entrare nella porta girevole, sotto gli occhi incuriositi del portiere, quando lei si arresta bruscamente.
 
“Hai già cambiato idea?” mormora semiserio, guardandola confuso, stupito e divertito.
 
“No… è che… possiamo davvero entrare qui dentro conciati così? Già io non sono esattamente elegante ma tu… sei peggio di Bruce Willis verso la fine di un Die Hard qualsiasi. Sembra che tu abbia fatto la guerra,” gli fa notare, indicando la maglietta e i jeans affumicati, che spiccano chiaramente anche sotto la giacca sportiva recuperata dal bagagliaio dell’auto e quindi pulita. Del resto era troppo presto e i negozi di abbigliamento erano ancora tutti chiusi, anche se avrebbero riaperto da lì a poco.
 
“Non ti preoccupare e lascia fare a me, professoressa,” la rassicura con un sorriso, varcando insieme a lei la soglia e conducendola a passo sicuro, né troppo lento, né troppo rapido, verso il bancone della reception.
 
“Posso aiutarvi?” domanda il concierge, un uomo sulla sessantina, l’aria solenne da maestro di cerimonie, lanciando loro un’occhiata dubbiosa.
 
“Sì, vorremmo una camera,” replica Gaetano con un sorriso gentile ma non esagerato e un tono neutro.
 
“Una doppia standard? Per quanto tempo? Avete bagagli?” chiede l’uomo con un tono che indica che conosce chiaramente la risposta a quelle domande, squadrandoli di nuovo da capo a piedi.
 
“Sì, per una notte, anzi, diciamo più probabilmente per qualche ora. Niente bagagli,” conferma Gaetano, estraendo il portafoglio e aprendolo per prendere i documenti, mostrando indirettamente il distintivo, per poi aggiungere, con nonchalance, “capisco che non sia una richiesta usuale, soprattutto non a quest’ora, ma-“
 
“Si figuri,” replica l’uomo, apparendo immediatamente più disteso, “del resto, credo che il suo lavoro, dottore, proprio come il mio, insegni che le circostanze usuali praticamente non esistono.”
 
Gaetano sta per rispondere quando la giovane receptionist che stava registrando la sua carta d’identità, lo squadra di nuovo prima di domandargli: “lei era nell’incendio al vecchio Luna Park? L’ho vista in televisione.”
 
“Sì, purtroppo sì,” conferma Gaetano, per poi indicare i suoi vestiti, “infatti, le assicuro che di solito non vado in giro con gli abiti anneriti di fumo, ma-”
 
“Ma i negozi qui fuori non sono ancora aperti,” interviene il concierge con un sorriso comprensivo, “se vuole abbiamo un negozio interno molto fornito, sarebbe chiuso ma ovviamente posso fare un’eccezione. Potrei farle portare una camicia e un paio di pantaloni nuovi. Cotone?”
 
“Grazie, va benissimo. La mia taglia è-“
 
“Non si preoccupi, dopo quasi quarant’anni di servizio, ormai potrei intuire la taglia di una persona, uomo o donna, da metri di distanza,” lo interrompe il concierge, scrivendo un paio di appunti a penna su un post-it e porgendolo alla receptionist, “Elena, per favore, consegnalo alle ragazze del negozio e portami qui quello che c’è indicato. Intanto registro la sua signora. Immagino che sarete entrambi stanchi dopo la nottata e… non vorrete essere più disturbati, giusto?”
 
“Perfetto, la ringrazio,” conferma Gaetano, mentre Camilla arrossisce lievemente alle implicazioni della frase dell’uomo, che, con quegli occhi grigi quasi quanto i capelli, sembra in grado di scrutare fin nei più reconditi meandri dell’animo umano.
 
Consegna la carta di identità con una certa apprensione, sa benissimo che c’è quella scritta – stato civile: coniugata – che la mette un po’ a disagio, nonostante tutto. Ma l’uomo o non la nota o fa finta di nulla, terminando di sbrigare le formalità, mentre Elena ritorna con una shopper in mano, porgendola a Gaetano.
 
“Suite numero 5, sesto piano,” proclama poi il concierge, appoggiando una scheda magnetica sul bancone.
 
“No, mi scusi, ma ci deve essere stato un malinteso: vorremmo una camera standard, non la suite,” chiarisce Camilla, dopo aver scambiato uno sguardo preoccupato con Gaetano: va bene la follia, ma non vuole certo che Gaetano debba accendere un mutuo.
 
“Lo so ma… l’upgrade lo offre la casa. In fondo si tratta solo di poche ore,” replica l’uomo con un sorriso gentile.

“Guardi, la ringrazio molto ma non posso assolutamente accettare. La prego, mi dia una stanza normale,” ribatte Gaetano con tono altrettanto gentile ma fermo, spingendo la tessera verso l’altro uomo.
 
“Mi permetto di insistere: non è un problema per noi, molte delle suite sono libere e-“
 
“No, guardi, non ci siamo capiti: o mi dà una stanza normale o mi costringe a pagare per una suite e quindi, di fatto, a cambiare hotel. A lei la scelta. E ovviamente, in ogni caso, mi dica anche quanto vi devo per questi,” reitera Gaetano, una nota più dura nella voce.
 
“Se tutti i nostri pubblici ufficiali fossero come lei, questa sarebbe una città migliore e vivremmo in un paese migliore, dottor Berardi,” replica l’uomo con un sorriso ancora più ampio e tono ammirato, prima di aggiungere, “ma è lei che mi fraintende, mi creda. Il suo distintivo non c’entra nulla con la mia offerta. Diciamo che è una semplice cortesia verso il figlio di quella che è stata una delle nostre migliori clienti, con l’augurio che la vostra famiglia possa tornare a frequentare il nostro hotel anche in futuro.”
 
“Mia madre?” chiede Gaetano, spiazzato, avvertendo il solito dolore sordo nel petto che accompagna quelle due parole.
 
“Sì. Donna Eleonora soggiornava spesso qui da noi, molti anni fa. Non mi stupisce che lei non se ne ricordi, perché l’ultima volta che lei e sua madre siete stati nostri ospiti, lei non arrivava nemmeno all’altezza del bancone,” rivela il concierge, per poi aggiungere, una nota malinconica nella voce, “sua madre era una vera Signora, una delle ultime. Di classe, elegante e soprattutto sempre cortese e… umana con tutti noi dello staff, anche con me che ero un semplice portiere, diciamo pure un facchino, come tanti altri.”
 
“Di mio padre posso immaginare che non abbia invece un ricordo altrettanto positivo,” replica Gaetano con un velo di amarezza, conoscendo benissimo il carattere e i modi di Vittorio Gaetano Berardi, soprattutto quando aveva a che fare con qualcuno che reputava a lui inferiore.
 
“Diciamo che non ho avuto il piacere di frequentarlo per il tempo necessario per poter avere un ricordo di lui,” risponde il concierge in modo diplomatico, per poi aggiungere, in un evidente tentativo di cambiare il discorso che non sfugge affatto a Gaetano, “però, immagino che lei e la sua signora siate stanchi e non voglio trattenervi. La prego di accettare, dottor Berardi, anche perché, pur pagando il prezzo della camera standard, in proporzione, è praticamente come se pagaste il prezzo di una suite, visto che la occuperete per poche ore. E poi le garantisco che non ho mai fatto nulla in vita mia per cui debba avere bisogno di corrompere un funzionario di polizia e, arrivato alla mia veneranda età, dubito di cambiare abitudini.”
 
“D’accordo, d’accordo, accetto, anche perché non voglio certo offenderla,” sospira Gaetano, non riuscendo a trattenere un sorriso, e proseguendo con tono ironico, “però, in quanto al ritornare ad essere clienti abituali, temo di doverle dare una delusione e penso che possa intuirne il motivo: dubito che avrà molti poliziotti tra la sua clientela.”
 
“In effetti no, ma non importa. La signorilità non ha nulla a che vedere con il denaro e chi fa il mio lavoro lo sa bene. Lei ha preso molto da sua madre, dottor Berardi e lei e la sua signora sarete sempre ospiti più che graditi qui, magari in circostanze più tranquille,” proclama il concierge, con un altro sorriso, “ora vogliate scusarmi, ma mi chiamano dal ristorante. Vi auguro un buon soggiorno e, per qualsiasi necessità, non esitate a chiamarmi.”
 
Con un ultimo sguardo all’uomo, Gaetano e Camilla si avviano verso l’ascensore.
 
“Che uomo… sembra uscito da un film d’altri tempi,” commenta Camilla sottovoce, per rompere il ghiaccio, avendo notato quanto Gaetano si sia fatto silenzioso e pensieroso.
 
“Già…” sospira, entrando con lei in ascensore, “sai… è assurdo ma… non mi ricordo assolutamente di essere stato qui con lei. Però tra tutti gli hotel a cinque stelle che ci sono qui in zona, ho scelto proprio questo…”
 
“Beh, a volte ci sono cose che non ricordiamo consciamente ma che ci lasciano… un’impronta, no?” sussurra Camilla, accarezzandogli il viso, incrociando quegli occhi improvvisamente malinconici con i suoi, indecisa se e quanto chiedere. Ma, oltre alla malinconia, c’è tanta stanchezza in quelle iridi azzurre: sono entrambi esausti fisicamente ed emotivamente ed intuisce che non è il momento adatto per affrontare un argomento così… viscerale e complesso per Gaetano. Del resto, ci deve essere un motivo, se lui non le ha ancora mai parlato dei suoi genitori e della sua infanzia, mentre non aveva esitato a mettersi a nudo con lei su molti altri aspetti e momenti bui e difficili della sua vita.
 
“Il mio vicequestore incorruttibile: hai un’idea di quanto sono orgogliosa di te?” gli domanda invece, non appena le porte dell’ascensore si richiudono, abbracciandoselo più forte che può e ritrovandosi, di nuovo, sollevata in aria.
 
“Tranne che per un’unica eccezione, professoressa: tu sei sempre stata bravissima a corrompermi,” le mormora all’orecchio dopo qualche istante, soffiando sulla pelle delicata appena sotto al lobo e posandovi un paio di baci, facendola ridere e tremare per il solletico e non solo…
 
“Anche tu sei sempre stato bravissimo a corrompermi e a tentarmi, dottor Berardi,” mormora di rimando, prima di ricambiare il favore mordicchiandogli il lobo in un modo che quasi fa perdere ad entrambi l’equilibrio: Gaetano riesce per fortuna ad appoggiare la schiena alla parete dell’ascensore e ad evitare una rovinosa caduta.
 
Si guardano e scoppiano di nuovo a ridere come due adolescenti, dissolvendo del tutto quella cappa malinconica e opprimente. Ed è il turno di Gaetano di accarezzarle dolcemente il viso, commosso e grato alla sua professoressa per il modo in cui sembra sempre leggergli dentro e capire di cosa realmente ha bisogno.
 
“Adoro corromperti e tentarti, professoressa… e adoro quanto alla fine cedi e ti lasci corrompere e tentare,” confessa, sfiorandole con le dita le labbra ancora dischiuse in un sorriso, prima di baciarla delicatamente, sulle palpebre e sulla punta del naso, per poi catturare quelle labbra con le sue.
 
“Adoriamo… esattamente… le stesse cose…” ammette lei tra un bacio e l’altro, accarezzandogli i capelli e il collo, fino a che ogni pensiero razionale svanisce, ritrovandosi compressa contro la parete, avvolta dal peso e dal profumo di lui, appesa alle sue spalle per non scivolare: le ginocchia di gelatina, completamente persa in quel bacio.
 
“Ehm… ehm…”
 
La voce sconosciuta li fa sobbalzare, interrompendo bruscamente quel contatto ormai fin troppo passionale, visto il contesto.
 
“On your honeymoon?” domanda un signore rubizzo sulla sessantina con forte accento americano, probabilmente texano, guardandoli con aria divertita.
 
“Sorry!” esclamano all’unisono, raccogliendo il sacchetto abbandonato a terra e avviandosi verso la porta, i volti paonazzi.
 
“No problem! Have fun, while it lasts!” ribatte l’uomo con una risata, prima di premere il pulsante per richiudere le porte e sparire dalla loro vista.
 
“La mia Jessica…” sussurra Gaetano con una faccia da schiaffi, dopo qualche secondo trascorso a guardarsi imbarazzati, guadagnandosi un pizzicotto nel fianco, passandole un braccio intorno alle spalle e cominciando ad avviarsi con lei verso la suite.
 
“Piantala, Ivano, se non vuoi fare una brutta fine,” lo minaccia scherzosamente Camilla, stringendosi però di più a lui e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, per poi posarvi un paio di baci ben poco casti, facendolo tremare.

“Camilla… Camilla… se continui così… alla suite non ci arriviamo e… finisce che ci arrestano davvero per atti osceni in luogo pubblico,” riesce a mormorare tra un bacio e l’altro, sorpreso ed incantato dall’iniziativa di lei, ma allo stesso tempo temendo la foschia che gli annebbia la vista e i sensi e che si fa sempre più spessa.
 
“Guarda che siamo già arrivati,” gli sussurra all’orecchio prima di scoppiare in una mezza risata, mentre lui, imbarazzato, apre gli occhi e constata che è vero, “riesci ad aprire la porta, dottor Berardi o lo faccio io?”
 
Divertito ed esasperato, con una certa fatica, striscia infine la chiave magnetica e, in qualche modo, riescono ad aprire la porta e a richiudersela dietro alle spalle, per poi perdere il controllo e ritrovarsi nuovamente avvinti in un bacio che non lascia il tempo né di ragionare, né di respirare.
 
Camilla, la schiena incollata alla porta, la testa leggera, con mano tremante riesce infine a trovare a tastoni l’interruttore principale della suite, inondando la stanza di luce.
 
“Gaetano… Gaetano…” sussurra, cercando di sottrarsi per un attimo ai suoi baci, prima di perdere del tutto il senno, sollevandogli il mento con le mani e guardandolo negli occhi per fermarlo, “vuoi davvero rimanere sulla porta, con un’intera suite a nostra disposizione?”

“Hai ragione, professoressa,” ammette, staccandosi lievemente da lei con sommo sforzo, per poi abbracciarla da dietro e iniziare ad avanzare con lei verso il salone principale, sussurrandole maliziosamente all’orecchio, continuando a tormentarle il collo di baci, “abbiamo molte stanze da inaugurare. Da dove iniziamo?”
 
“Bagno,” pronunciano praticamente in contemporanea, dopo essersi guardati per un secondo, avvertendo entrambi la necessità di lavare via il sangue, il fumo e le tragedie delle ultime ore.
 
Incespicando, tra baci, carezze e risa soffocate da altri baci, circumnavigano il mobilio opulento, fino ad arrivare alla meta.
 
“Ma questa è una piscina, non una vasca!” sospira Gaetano, lanciando un’occhiata all’enorme jacuzzi e poi a Camilla.
 
“Non temere, dottor Berardi, ho un paio di idee per ingannare il tempo mentre la vasca si riempie,” proclama con un sorriso felino, sembrando leggergli nel pensiero, dopo aver aperto al massimo i rubinetti.
 
“Ah, sì?” mormora, ricambiando il sorriso, stringendola di nuovo a sé.
 
“Sì,” conferma, togliendogli lentamente la giacca.
 
“Adoro le tue idee, professoressa, te l’ho mai detto?” esala con voce roca, prima di ricambiare il favore, sfilandole languidamente la tunica e iniziando a tracciare scie di baci su ogni centimetro di pelle esposta.
 
Camilla a sua volta riesce a liberarlo dalla maglia nerofumo. Si fermano un secondo, negli occhi, negli sguardi è vivida la drammatica consapevolezza di quanto poteva accadere, fino a che Camilla getta l’indumento a terra e, con esso, ogni pensiero negativo. Riprendono a baciarsi in maniera quasi disperata, decisi a lasciar fuori tutto il resto del mondo.
 
I vestiti spariscono, uno dopo l’altro, mentre l’aria si fa densa, calda, carica di vapore, di respiri e di elettricità. Camilla è appena riuscita a vincere la battaglia contro la chiusura dei jeans di Gaetano, che li calcia via con un mugugno soddisfatto, che riverbera sulle labbra di lei, ancora incollate alle sue, quando un suono metallico e freddo, così estraneo alla melodia di sospiri, gemiti e sussurri, si fa pian piano largo tra le piastrelle e gli specchi appannati del bagno.

“Telefono…” esala Camilla, staccandosi per prendere aria, “il tuo…”
 
“Lascialo squillare…” mormora cercando di baciarla di nuovo, deviando poi sul collo quando lei volta il viso.
 
“No, può essere importante… un’emergenza… lo sai,” riesce a pronunciare, bloccandogli il viso e portandolo a guardarla negli occhi, “Gaetano, devi rispondere, lo sai.”
 
“Sì, hai ragione,” sbuffa, benedicendo e maledicendo insieme il buonsenso di Camilla, per poi aggiungere, facendola ridere, “se mi trovo davanti quel genio che ha inventato i cellulari…”
 
“Pronto!” esclama nel ricevitore, cercando di regolarizzare il respiro, di non far sentire il fiatone e di non lasciare trasparire l’irritazione.
 
“Ah, signor questore, sì, buongiorno. Come? No… si figuri, non mi disturba… stavo… stavo per andare a dormire,” abbozza, lanciando un’occhiata a Camilla che trattiene a fatica una risata, “è successo qualcosa? Come? Lei è da De Matteis e vuole che vi raggiunga? Adesso?”
 
“Vai, vai!” sussurra Camilla, decisa, sapendo che, con tutto quello che c’è in ballo, Gaetano non può certo dire di no al questore.
 
“Ok, d’accordo, sarò lì tra poco… a dopo.”
 
“Il questore vuole che torni all’ospedale per parlare con lui e De Matteis. A quanto pare dopo ha degli impegni improrogabili e non si poteva rimandare… Però mi ha assicurato che sarà una cosa breve e poi avrò tempo di… riposarmi,” spiega, mentre la voce assume un tono ironico e malizioso sull’ultima parola, “puoi perdo-“
 
“Shh, non serve che ti scusi di niente. È il tuo lavoro e lo so come funziona. Vuoi che ti accompagni?” lo rassicura, posandogli un dito sulle labbra.
 
“No, meglio di no. Senti… perché non rimani ad aspettarmi qui? Ti rilassi… magari ti fai un bel bagno, ordini una buona colazione, ti riposi un po’ e… vedrai che sarò subito di ritorno,” assicura con voce ancora arrochita, “e ti prometto che riprendiamo esattamente da qui.”
 
“Mi dispiace, ma io invece non posso promettertelo perché… mentre sarai via, nell’attesa… potrebbero venirmi molte altre idee…”
 
“Ah, sì? E di che tipo?” le chiede, non potendo evitare di sorridere, una fitta al cuore che accompagna quelle dettate dal desiderio, che si ammorbidisce e diventa più lancinante allo stesso tempo.
 
“Torna presto e lo scoprirai…” proclama facendogli l’occhiolino e posandogli un ultimo rapido bacio sulle labbra, prima di raccogliere i suoi vestiti e avviarsi verso la porta, “ti lascio il bagno, così puoi prepararti. Nel frattempo vado al bar dell’hotel a fare colazione, onde evitare tentazioni.”
 
“Sei troppo saggia per me, professoressa, te l’ho mai detto?” sussurra, raggiungendola in due rapide falcate, accarezzandole delicatamente il viso, “non so se amo di più la tua saggezza o i tuoi attimi di follia.”
 
“Potrei dire esattamente lo stesso di te, dottor Berardi.”
 
Un sorriso, un ultimo bacio dolce e languido, un’ultima occhiata e Camilla trova finalmente la forza di uscire dal bagno, richiudendo la porta dietro di sé, affrettandosi a rivestirsi e uscire dalla suite, prima di cambiare idea.
 
Si torna alla realtà.
 
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“Quindi, dopo aver discusso insieme il da farsi, il dottor De Matteis mi ha confermato che, visto che per qualche giorno almeno sarà bloccato qui e non potrà occuparsi direttamente delle indagini, vorrebbe che le supervisionasse lei, Berardi.”
 
Gaetano lancia uno sguardo a De Matteis per accertarsi che questa decisione sia davvero sua e non sia in realtà un’imposizione del questore. De Matteis ricambia, incontrando i suoi occhi per la prima volta da quando era entrato nella stanza.
 
“Sì, mi sembra la soluzione migliore. Io devo stare a riposo, sono limitato nei movimenti e dovrò fare riabilitazione, insomma, non ho le energie fisiche e mentali necessarie per occuparmi di un caso di questa gravità come merita. E lei Berardi, conosce tutti i dettagli del caso Scortichini, oltre a conoscere tutti i dettagli del caso di Mauro Misoglio e la Misoglio stessa. Penso che sia la scelta più logica e naturale e che nessuno più di lei sia in grado di occuparsene e di affiancare Grassetti, Marchese e Lorenzi. Il questore mi ha detto che li ha già supervisionati nelle scorse ore e che lavorate molto bene in squadra.”
 
Gaetano si sorprende nel non sorprendersi del fatto che De Matteis abbia taciuto al questore della sospensione di Marchese, che quindi, di fatto, è come se non fosse mai avvenuta. Non sa quando e come sia avvenuto, ma ha iniziato a fidarsi di De Matteis, nonostante tutto quello che era successo tra loro da un punto di vista professionale, e anche personale, da quando si erano conosciuti. O forse proprio per questo.
 
“In realtà il grosso del lavoro di supervisione l’ha fatto l’agente Grassetti mentre l’agente Marchese e io eravamo qui in ospedale. E se l’è cavata davvero egregiamente,” interviene Gaetano, alternando lo sguardo tra il questore e De Matteis, “come del resto l’agente Marchese. Ha una squadra di ottimi elementi, De Matteis, quindi non è difficile lavorare bene con loro. E sono onorato che abbiate pensato a me e ovviamente, come voi, voglio fare qualsiasi cosa per ritrovare e fermare il colpevole o i colpevoli e chiudere questo caso prima che succedano altre tragedie, ma… le ferie che avevo sono già terminate e sarei dovuto rientrare ieri e… conoscete entrambi il carico di lavoro di una squadra omicidi meglio di me. Devo sentire il questore di Torino e capire se posso restare, insomma, non è certo una procedura usuale.”
 
“No, non lo è, ma non lo è nemmeno la situazione, visto che siamo in un’emergenza. E, prima di farle questa proposta ufficialmente, ho già contattato personalmente il mio collega di Torino per chiedergli se avesse qualche obiezione in proposito, onde evitare incidenti diplomatici e… beh… i telegiornali li ha visti anche lui ed era molto preoccupato. Quindi, ovviamente, si metta d’accordo con lui personalmente ma, da come mi ha parlato, sono sicuro che non abbia obiezioni per questo… per questo prestito. Anche perché mi auguro che lei, dottor De Matteis, si riprenda presto e che si possa arrivare a chiudere questo caso nel più breve tempo possibile. A questo punto, dopo questa escalation di violenza… abbiamo il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica e dobbiamo fermare Ilenia Misoglio ed eventuali complici, prima che si diffonda il panico o che ci siano altre vittime.”
 
“Capisco,” annuisce Gaetano, trattenendo un sospiro: non che non desiderasse occuparsi del caso, anzi, dopo quello che era successo è diventata ancora di più una questione personale, ma è evidente che, come sempre, il consenso suo e di De Matteis erano mere formalità. La macchina politica si era già messa in moto e i piani alti avevano già deliberato.
 
“Ora immagino che avrà bisogno di qualche ora di riposo, Berardi, si vede che è esausto, del resto non si è fermato un attimo da più di 24 ore a questa parte. Ma questa sera voglio indire una conferenza stampa e voglio che ci sia anche lei al mio fianco, insieme al PM, per chiarire che, nonostante l’attacco diretto al corpo di polizia e il ferimento del dottor De Matteis, le indagini proseguono senza indugi. Se le fosse possibile, dottor De Matteis, vorrei anche avere un breve comunicato da parte sua da leggere pubblicamente, per chiarire la sua situazione di salute e che continuerà comunque ad interessarsi al caso insieme al dottor Berardi.”
 
“Certo, signor questore,” rispondono, quasi meccanicamente, dopo essersi lanciati un’occhiata breve quanto significativa.
 
“Perfetto, allora vi lascio, ho diverse riunioni urgenti,” si congeda, dopo aver ottenuto quello che voleva, per poi esitare, una volta giunto sulla porta, “ah, scusate, quasi dimenticavo. Lei De Matteis mi aveva detto che volevate venire a colloquio da me, anche con l’ispettore Mancini e l’agente Marchese. Di che si trattava?”
 
“Niente che non si possa rinviare, signor questore, soprattutto dopo gli eventi delle ultime ore,” ribatte De Matteis, dopo un attimo di esitazione, “diciamo che riguardava in parte l’intervento del dottor Berardi nelle indagini e in parte l’ispettore Mancini e… i suoi rapporti con l’agente Marchese.”
 
“Per via della moglie di Mancini, immagino,” replica il questore, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, guadagnandosi un’occhiata stupita da entrambi gli uomini, “suvvia, De Matteis, i pettegolezzi della questura li conosco alla perfezione e il fatto che Mancini si sia sposato con la ex dell’agente Marchese, e che ne sia molto geloso, è una delle ragioni più frequenti di gossip. Tra l’altro, a proposito di Mancini, so che indubbiamente è un ottimo elemento, dedito al suo lavoro, ma… ho sentito alcune voci contrastanti sul suo conto. Immagino che lei già vigili sul suo operato, dottor De Matteis, poi ora siete entrambi infortunati, però… non vorrei che nel suo… fervore, per così dire, Mancini un giorno andasse troppo oltre e la cosa diventasse di pubblico dominio. Lei sa benissimo che quando un poliziotto sbaglia e commette delle irregolarità, la notizia ha mille volte più risonanza e impatto sull’opinione pubblica di quando un poliziotto invece fa bene il suo lavoro e magari perde pure la vita in servizio. Quindi ci parli e… lo tenga d’occhio.”
 
“Sì… certo, signor questore,” pronuncia a fatica De Matteis, sentendosi improvvisamente come il marito pluricornuto che, scoperta l’infedeltà della moglie, si rende conto che tutti sapevano e se ne erano resi conto tranne lui. Come aveva potuto essere così cieco?
 
“Benissimo. E, sempre a proposito di Mancini, salutatemelo voi, se avrete occasione. Io passerò a trovarlo nei prossimi giorni, oggi purtroppo non ce la faccio. Bene, buona giornata, ci sentiamo più tardi per il comunicato stampa.”
 
E, senza attendere risposta, il questore volta i tacchi e se ne va, richiudendo la porta dietro di sé.
 
“Speriamo che questa visita a Mancini ritardi il più possibile… non so cosa potrebbe riferirgli e… abbiamo cose più urgenti a cui pensare…”
 
“Non credo: anche il questore ha cose più urgenti a cui pensare, che fare visita a Mancini. Politica, pubbliche relazioni e politica… sono queste le sue preoccupazioni principali. Certe cose non cambiano mai,” sospira Gaetano, osservando De Matteis che ha ancora più l’aria di qualcuno appena travolto da un tram in corsa.
 
“Già… ma forse dovrei preoccuparmene un po’ di più anche io, almeno delle pubbliche relazioni. Sia lei che il questore sembrate conoscere i miei uomini molto meglio di quanto li conosca io,” sospira di rimando De Matteis, amaro.
 
“Nemmeno io sopporto la politica e le pubbliche relazioni, De Matteis, ma quelle con i nostri uomini non sono pubbliche relazioni, sono un aspetto fondamentale del nostro lavoro. Noi dobbiamo organizzare le persone e i mezzi necessari per portare a termine con successo le indagini e i compiti a noi richiesti. E per organizzare bene le persone, per gestirle bene, per poter fare in modo che diano il meglio, dobbiamo necessariamente conoscerle.”
 
“E io non conosco i miei uomini e quindi non sono in grado di gestirli, è questo che sta dicendo?” domanda, guardandolo di nuovo negli occhi.
 
“No, non proprio. Sia Grassetti che Marchese sono stati ineccepibili durante tutta questa emergenza, De Matteis: li ha istruiti bene, questo devo riconoscerglielo.”
 
“Ma hanno dato il meglio solo quando c’era lei a dirigerli… il questore mi ha descritto come si è comportata Grassetti, con quale sicurezza e decisione e… con me non è mai stata così,” ammette De Matteis, sempre più disilluso, con un’onestà che quasi spaventa Gaetano.
 
“Perché non le ha mai dato occasione di camminare con le sue gambe. Ma non sono stato io a insegnare a Grassetti come dirigere un’indagine di polizia, o a fare capire a Marchese come ci si comporta in una situazione di emergenza quando ci sono persone da salvare. L’hanno imparato da lei, De Matteis, vedendo come lavora, seguendo il suo esempio: quello che le manca, forse, è solo capire quando è arrivato il momento di delegare e quanto i suoi uomini possano cavarsela anche da soli. Comprendere le loro reali capacità e farle capire anche a loro, senza che si montino la testa, ma senza nemmeno proteggerli troppo. Non è una cosa facile, De Matteis, si impara con gli anni e non sempre ci si riesce, almeno io non sempre ci riesco.”
 
“La sa una cosa, Berardi? Quando il questore ci ha lasciato soli mi aspettavo… non so bene cosa mi aspettavo da lei, dopo quanto è successo prima, considerato quanto mi sembra geloso e protettivo nei confronti di Camilla ma non… non questo… con lei che addirittura mi incoraggia e giustifica i miei errori,” commenta De Matteis con una mezza risata amara, “devo sembrarle proprio messo male, su questo letto di ospedale, ancora mezzo intontito dall’anestesia. Le faccio pena, non è vero?”
 
“No, anche perché mi sembra che l’anestesia più che intontirla, le tolga tutti i freni inibitori, De Matteis,” ribatte Gaetano con un velo di sarcasmo, “ma sinceramente quasi la preferisco così, escludendo la parte in cui ci prova con la donna che amo e i momenti di autocommiserazione. E comunque le sono e le sarò per sempre grato per aver salvato la vita a Camilla e, già solo per questo, non ce l’ho con lei, anche perché sarebbe un po’ ipocrita da parte mia avercela con lei, visto che mi sono trovato nella sua stessa identica situazione. Ci sono passato anche io, De Matteis, e so come si deve sentire in questo momento e ricordo benissimo quanto non sia piacevole.”
 
“Già… ma almeno lei ha avuto e avrà un finale diverso dal mio, Berardi. È un uomo davvero fortunato e spero che se renda conto.”
 
“Lo so,” ammette semplicemente Gaetano, per poi aggiungere, dopo un attimo di riflessione, “non è per questo che ha accettato la proposta del questore, vero? Per senso di colpa nei miei confronti? Perché, se è così, non era necessario.”
 
“No. A parte che non avevo molta scelta ma, comunque, sono convinto davvero che sia la scelta migliore. Lei è un ottimo poliziotto Berardi, oltre che un’ottima persona, mi tocca ammetterlo. E ringrazio lei e sua sorella per la trasfusione, soprattutto considerati… i rapporti pregressi tra noi.”
 
“Si figuri. So che, al mio posto, avrebbe fatto lo stesso, De Matteis,” minimizza Gaetano, sorprendendosi nuovamente nel constatare che non è una frase fatta, ma che ne è realmente convinto.
 
De Matteis sta per rispondere quando, di nuovo, il suono del cellulare di Gaetano rompe il silenzio e la tranquillità dell’ospedale. Lo estrae e guarda il display: Marchese.
 
“Pronto, Marchese, che succede? Dove sei? Cosa? Al pronto soccorso? Ma… cosa??!! Arrivo subito!”
 
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Si sveglia di soprassalto, il cuore in gola, la sensazione di avere avuto un sonno turbolento ma di non ricordare esattamente il perché. Tasta il materasso ma lui non c’è e poi si guarda intorno, spaesata, in quella stanza enorme e lussuosa e finalmente ricorda tutto.
 
“Gaetano!” prova a chiamare, sapendo già che non risponderà nessuno, anche se non può evitare un moto di delusione quando il silenzio della stanza conferma le sue supposizioni.
 
Afferra il cellulare sul comodino che segna le 15 e un paio di chiamate perse. Sua madre, nulla da lui. Nemmeno un messaggio.
 
Si mette a sedere, le lenzuola di seta che le accarezzano la pelle nuda, sentendosi improvvisamente ridicola, una specie di Maja Desnuda di mezza età, in un letto freddo e troppo grande, in una stanza, in un mondo che non le appartiene.
 
Aveva atteso e atteso e atteso, prima di decidersi ad aspettarlo a letto, vestita solo del profumo del bagnoschiuma e dello shampoo – per lei niente Chanel n° 5 – e, ben presto, aveva ceduto al sonno.
 
Prova a comporre il suo numero ma il cellulare è – ma guarda un po’ che sorpresa – staccato.
 
Un senso di oppressione al petto, mentre la sua fantasia, alimentata dagli eventi drammatici delle ultime ore, si popola di immagini ancora più drammatiche.
 
Senza nemmeno pensarci, esce dal letto, afferra il telecomando del maxischermo che occupa una parete della stanza e accende il televisore, aspettandosi scene apocalittiche. Ovviamente incontra invece solo l’ennesima replica di una serie anni ottanta che popola, come ogni estate, il palinsesto delle reti generaliste.
 
Gira su uno dei canali all-news che ultimamente sembrano spuntare come funghi e, dopo qualche secondo di attesa, dopo notizie di politica estera, vede scorrere sul sottopancia scarlatto la scritta: “Incendio al Luna Park: fermata Ilenia Misoglio.”
 
Non sa se sia più forte il sollievo, nel comprendere che non è successo nulla a Gaetano o il senso di nausea e di smarrimento.
 
Non è possibile, non è possibile – continua a ripetersi come un mantra, tornando verso il letto per riprendere in mano il cellulare e cercare qualche notizia su internet. Non è mai stata brava con la tecnologia ma… di necessità virtù.
 
“…E ora per l’incendio al vecchio Luna Park di Roma ci colleghiamo con la nostra inviata al policlinico. Ci sono novità? È confermato quindi il collegamento con il caso Scortichini e l’arresto della Misoglio?”
 
La voce la fa bloccare sui suoi passi, si volta e alza il volume, osservando la giornalista, ferma davanti all’ospedale.
 
“No, qui nessuna novità. Ci è stato solo confermato che Ilenia Misoglio è stata trasportata qui di urgenza questa mattina, sembrerebbe per problemi respiratori. Ricordiamo che qui al policlinico sono anche ricoverati il dottor De Matteis, l’ispettore Mancini e la dottoressa Lo Bue, feriti durante gli eventi al Luna Park. Il questore ha annunciato una conferenza stampa per stasera alle 20. Nel frattempo abbiamo provato ad intercettare il dottor Berardi, che però non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Il vicequestore Berardi è a capo della omicidi di Torino e, vi ricorderete, si era occupato del caso dell’omicidio del punkabbestia del Pincio, il fratello della Misoglio, caso in cui lo Scortichini era il principale indiziato, poi prosciolto in appello per mancanza di prove. È evidente il collegamento tra i due casi e si pensa che la Misoglio abbia ucciso lo Scortichini per vendicare il fratello. La presenza del dottor Berardi al Luna Park e qui in ospedale fa presupporre quindi una collaborazione con il dottor De Matteis e, da voci di corridoio, sembrerebbe che l’indagine sia ora affidata a lui, visto che la prognosi del dottor De Matteis non è stata ancora sciolta e che il tutto verrà confermato durante conferenza stampa di stasera. Ma, a questo punto, il caso potrebbe già essere risolto.”
 
Camilla osserva le immagini che scorrono: un paio di riprese di Gaetano che entra in ospedale, circondato dai giornalisti, riprese del Luna Park, foto di Ilenia, dello Scortichini e immagini di repertorio del caso di Black.
 
Spegne: ha sentito e visto abbastanza.
 
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“È sicura di non volersi fermare anche stanotte? Può fare checkout domattina…”
 
“La ringrazio ma ho degli impegni familiari da rispettare e… il mio compagno ha molti impegni sul lavoro, improrogabili…”
 
“Sì, ho visto i telegiornali, ma il dottor Berardi prima o poi dovrà pur riposarsi e rilassarsi e anche lei. Tenga la chiave, se non tornate nel frattempo, le faccio il checkout domattina. I dati della carta di credito del dottor Berardi li ho già e non paghereste comunque un euro in più.”
 
“No, davvero, la ringrazio molto ma conosco Gaetano e… conosco anche me stessa e avremo altro per la testa, non riusciremmo comunque a rilassarci, senza nulla togliere al vostro hotel che è bellissimo. Mi dica quanto le devo, così saldo il conto.”
 
“Il conto è già a carico della carta del dottor Berardi e, anche se non posso dire di conoscerlo quanto lo conosce lei, per quel poco che ho visto, credo che verrebbe a protestare personalmente, se sapesse che le ho permesso di pagare al posto suo,” commenta il concierge con un sorriso.
 
“Touché…” ammette, sorridendogli di rimando, mentre l’uomo compie le operazioni necessarie per il checkout, consegnandole le ricevute. Compila poi a mano un cartoncino, lo firma e glielo consegna.
 
“Ma questo è-“
 
 “Visto che non avete potuto usufruire dei nostri servizi e che vogliamo che i nostri ospiti abbiano sempre un buon ricordo della permanenza qui da noi, vi invitiamo a tornare a trovarci,” spiega, indicando il buono che dà diritto ad una notte gratis in hotel per due persone.
 
“Non posso accettare… Gaetano non lo vorrebbe,” rifiuta gentilmente ma con fermezza, posando di nuovo il buono sul bancone.
 
“Suvvia, professoressa Baudino, non mi dica che crede anche lei che voglia corromperla? Magari per corrompere indirettamente il dottor Berardi?” le domanda, incrociando quegli occhi così grigi e calmi con i suoi, senza scomporsi minimamente.
 
“No… non lo penso affatto. Penso che la madre di Gaetano debba essere stata una cliente indimenticabile ed eccezionale, una donna indimenticabile ed eccezionale, per spingerla ad avere tanta premura e forse anche a rimetterci dei soldi per due perfetti sconosciuti,” ribatte, ricambiando lo sguardo con altrettanta tranquillità.
 
“Lo era... e lei è una donna molto intelligente, professoressa Baudino,” risponde semplicemente, posandole di nuovo il cartoncino in mano.
 
“Signor Defranceschi,” la interrompe una voce maschile prima che possa ribattere, uno degli altri portieri,  che si avvicina loro quasi di corsa, “mi scusi se la disturbo ma c’è un problema con i clienti della suite presidenziale e richiedono urgentemente la sua presenza.”
 
“Devo andare… mi auguro di leggere buone notizie in cronaca e di avervi presto di nuovo come nostri ospiti, con permesso.”
 
Camilla lo osserva allontanarsi, indecisa per un attimo sul da farsi, poi, quasi d’istinto, afferra quel cartoncino, lo mette in borsa ed esce alla ricerca di un taxi.
 
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“Come sta, dottore?”
 
“Dalle lastre è evidente che si tratta di un episodio di polmonite, non è TBC e non dovrebbe essere contagiosa. Probabilmente sono le conseguenze di un forte colpo di freddo trascurato, leggo che è già stata ricoverata di recente per una congestione. La paziente deve rimanere in osservazione, fare un’adeguata terapia per evitare ulteriori complicazioni, che potrebbero essere anche mortali. Non trattandosi di broncopolmonite e data l’età e lo stato fisico generale della paziente, se rimarrà sotto controllo la probabilità di guarigione completa e senza conseguenze a lungo termine è molto alta.”
 
“È possibile interrogare la paziente? Lei conosce la gravità della situazione…”
 
“Sì, dottor Berardi, però le chiedo di procedere con cautela e di essere breve: la paziente non deve agitarsi o stancarsi troppo, altrimenti le chiederò di sospendere immediatamente. Chiaro?”
 
“Sì, dottore. La ringrazio,” annuisce Gaetano, rivolgendosi poi verso Grassetti, lì accanto insieme a Marchese, “ha la telecamera pronta? Voglio che sia tutto registrato e che sia chiaro che tutto è avvenuto secondo le regole.”
 
“Sì, dottore,” conferma Grassetti sapendo che, memore di quanto successo con lo Scortichini, il vicequestore non vuole rischiare.
 
Un cenno del capo ed entrano nella stanza, Ilenia è distesa a letto, bianca come un cencio, il pallore ancora più sottolineato dal nero corvino dei capelli.
 
“Ilenia Misoglio, lei è formalmente indagata per l’omicidio di Scortichini Fernando, di De Montis Marco, detto Marcio, il tentato omicidio di Baudino Camilla, De Matteis Paolo e Lo Bue Samantha, più il ferimento di Mancini Pietro. Ha il diritto di rimanere in silenzio, tutto quello che dirà potrà essere usato contro di lei. Ha diritto ad un avvocato e se non può permetterselo, gliene verrà assegnato uno d’ufficio. Le è chiaro?”
 
“Sì…” sussurra semplicemente Ilenia, sollevando gli occhi per guardarlo per la prima volta da quando è entrato nella stanza.
 
“Richiede la presenza di un avvocato? Il quadro indiziario a suo carico è a dir poco schiacciante e a questo punto se collabora può almeno sperare in una riduzione della pena.”
 
“Non posso permettermi un avvocato che non sia d’ufficio e… ridurre la pena? Con la sfilza di reati che mi ha appena contestato, a che servirebbe?” commenta Ilenia, sarcastica, la voce come cartavetra, “ma voglio collaborare perché non sono stata io e questo significa che c’è un assassino spietato a piede libero, mentre voi concentrate tutta l’attenzione su di me. La prof. e Sammy sono al sicuro? Non potete lasciarle da sole, potrebbero essere ancora in pericolo!”
 
“Le domande qui le faccio io, signorina Misoglio e lei ha davvero un’incredibile faccia tosta a nominare la professoressa Baudino e la dottoressa Lo Bue e fingere ancora preoccupazione per loro,” ribatte Gaetano, gelido, provando una rabbia, un odio quasi viscerale per quella ragazza che si era insinuata nelle loro vite, che si era approfittata della bontà di Camilla, del suo grande cuore per poi pugnalarla alle spalle, come raramente l’aveva mai provato per qualcuno in vita sua, “quindi le consiglio di piantarla con la commedia. L’agente Marchese l’ha colta in flagrante sulla scena del crimine, scena del crimine in cui proprio lei aveva attirato in trappola la Baudino e, per uno sfortunato errore, la Lo Bue. Ha ancora il coraggio di negare? O vuol forse dirmi che passava lì per caso e che si sia trattata di una miracolosa coincidenza?”
 
“No, certo che no, perché non sono stata io ad attirarle in trappola, io non avrei mai e poi mai fatto del male né a Sammy, né alla prof.! Sono io stessa ad essere stata attirata in trappola e-“
 
“Per favore, Misoglio, non facciamo la commedia, o collabora o-“
 
“Come faccio a collaborare se lei non mi fa spiegare? Se non mi lascia nemmeno darle la mia versione dei fatti?” protesta Ilenia, con un colpo di tosse, mentre Gaetano sente un profondo mal di testa assalirlo, “lo capisco che voi ora mi odiate, al posto vostro lo farei anche io, e che non riusciate a credermi ma ascoltatemi, vi chiedo solo questo.”
 
“Lei non è in posizione di chiederci nulla, Misoglio, ma d’accordo, la ascolto, come si sarebbero svolti i fatti? Magari perché non ci spiega dall’inizio cosa ha fatto durante la sua latitanza?” le domanda, non riuscendo di nuovo a trattenere il sarcasmo e la durezza nella voce, decidendo però di lasciarla parlare, sperando di coglierla in qualche contraddizione.
 
“D’accordo... Giovedì sera, dopo essere sfuggita all’arresto, sono andata da una parrucchiera per rendermi il più irriconoscibile possibile. Poi sono andata in una discoteca e ho fatto conoscenza con alcuni ragazzi, studenti universitari, stavano festeggiando la fine degli esami. Abbiamo fatto l’alba e, facendo conversazione su come passassero le vacanze, ho chiesto ad alcune ragazze se conoscessero qualcuno che magari tornava a casa per l’estate e che aveva un appartamento libero da subaffittare, o che avesse bisogno di ripetizioni, che andavo in università a Milano e volevo farmi una lunga vacanza romana low-cost. Una di loro mi ha detto che lei sarebbe ripartita il giorno dopo per tornare in Calabria, mentre le sue coinquiline erano già in vacanza. Mi ha portata nel suo appartamento, era poco più di un buco. Una volta che l’ho pagata in anticipo, non so se per i soldi o perché mi avesse preso in simpatia, praticamente non ha fatto domande, non mi ha nemmeno chiesto i documenti, mi ha lasciato le chiavi ed è partita per le vacanze.”
 
“Nome della ragazza e indirizzo dell’appartamento?” domanda Gaetano, dovendo ammettere che Ilenia come latitante aveva avuto una certa prontezza di spirito ed intraprendenza, dimostrando ancora una volta quanto fosse intelligente e quindi pericolosa.
 
“No, senta, io posso raccontarle tutto quello che riguarda me, ma non voglio mettere nei guai anche questa ragazza per una leggerezza. Lo so che è un affitto in nero, ma sicuramente anche quella ragazza è senza contratto e-“
 
“E quindi al massimo il problema ricadrà sul padrone o la padrona di casa, mentre insegneremo alla ragazza in questione ad essere più prudente. Nome e indirizzo.”
 
“D’accordo… d’accordo. Katia Carnevali, l’appartamento è in zona Torre Maura, l’indirizzo esatto è segnato nell’agenda che avevo con me in borsa, sotto il nome K.C.”
 
“D’accordo, verificheremo, e poi?”
 
“E poi, una volta avuto l’appartamento, ho continuato a cercare di contattare Marcio, sapendo che era l’unico modo per scagionarmi. Ho provato a chiamarlo diverse volte da telefoni pubblici, ma il telefono era sempre spento. Allora ho deciso di provare a contattarlo tramite il profilo facebook con cui mi aveva cercata. Sono andata in università, a Tor Vergata e sono riuscita a collegarmi da uno dei computer pubblici, visto che uno degli studenti non aveva fatto il logout. Il profilo di Marcio è Mark Rotten-“
 
“Originale,” commenta Gaetano con un sospiro, sentendo il mal di testa aumentargli.
 
“Sì, io mi sono fatta un profilo a nome Lena Black, lo so, altrettanto originale, e gli ho mandato un messaggio pregandolo di ricontattarmi al più presto possibile, che lo cercavo da quando non si era presentato all’appuntamento e avevo bisogno di parlargli.”
 
“E poi?”
 
“E poi ho messo annunci per dare ripetizioni e ho cercato di fare lavoretti in nero: sabato mattina sono andata a scaricare casse al mercato e anche domenica. Mi sono procurata per vie traverse da un compagno di lavoro un tablet usato e un po’ scassato ma con cui potevo connettermi a internet, sfruttando il wi-fi nelle zone pubbliche e così domenica, mentre pranzavo in un McDonalds, ho visto che Marcio sabato sera aveva pubblicato un nuovo messaggio in bacheca. Me lo sono segnato sull’agenda oltre che sul tablet. Era una specie di messaggio in codice con uno scioglilingua.”
 
“Sì, dottore in effetti abbiamo trovato un messaggio simile nell’agenda, eccolo,” conferma Marchese, porgendo uno dei fogli degli appunti per l’interrogatorio a Gaetano.
 
A chi mi cerca dico… chi cerca trova, sempre… al solito posto… sotto la panca la capra campa, sopra la panca la capra crepa,” legge Gaetano, incredulo, per poi aggiungere, “e che dovrebbe significare?”
 
“Non ne ero sicura nemmeno io, ma poi ho pensato alla panchina del Pincio dove ci eravamo incontrati e dove mi aveva già dato appuntamento e buca una volta. Lo scioglilingua è sbagliato, di solito è sopra la panca la capra campa,” spiega Ilenia, anche se parlare sembra costarle sempre più fatica, “avevo un po’ paura a presentarmi all’appuntamento, ma in fondo non avevo nulla da perdere arrivati a questo punto. Sono andata e ho aspettato e aspettato ma non arrivava nessuno. Allora mi è venuta un’idea e ho guardato sotto la panchina e c’era un pacchetto ben nascosto, con dentro un telefono. Era uno smartphone di quelli economici, lo stesso che avevo con me quando Marchese mi ha fermato. Quando l’ho acceso ho trovato una nota in evidenza che mi dava appuntamento per le 11 di lunedì, quindi del giorno dopo, al castello medievale del vecchio Luna Park.”
 
“E quindi lei si sarebbe presentata a questo appuntamento…”
 
“Sì, mi sono presentata a questo appuntamento, col senno di poi è stata una follia ma era l’ultima possibilità che avevo per provare la mia innocenza. Ho percorso tutto il castello fino a che sono arrivata nell’ultima grande sala, che è una specie di labirinto, e mi sono accorta che l’uscita era sbarrata. Ho provato allora a tornare indietro ma la porta da cui ero entrata non si apriva più, era completamente bloccata. Ero in trappola, quella sala non ha nemmeno finestre, ero al buio, avevo solo la luce del cellulare e di una torcia elettrica.”
 
“E quindi lei sarebbe rimasta intrappolata nel castello da dopo le 11 fino a quando l’ha ritrovata l’agente Marchese? Ma a quanto mi ha riferito Marchese lei è uscita da quel castello sulle sue gambe, Misoglio. O si è miracolosamente liberata?” domanda Gaetano con il tono di chi evidentemente non crede ad una sola parola.
 
“Sì, sono rimasta intrappolata, ero in panico, non sono claustrofobica ma mi mancava l’aria, ero al buio e faceva freddo, già non stavo bene… Ho provato in ogni modo a sfondare la porta, avrete visto che ho lividi sulle spalle e sulle braccia. Ho urlato e urlato e urlato ma nessuno mi sentiva. Allora dopo un’ora mi sono rassegnata e ho deciso di chiamare i soccorsi, meglio farsi arrestare che morire così, ma il telefono non funzionava più, non riuscivo nemmeno più ad accenderlo. Ho ancora urlato fino a perdere la voce e poi mi sono arresa, pensavo davvero che sarei morta lì. Poi ho cominciato a sentire rumori, urla, spari e odore di fumo. Mi sono spaventata e ho provato di nuovo ad urlare ma non avevo più voce, ho tentato ancora di sfondare la porta e questa volta, non so come, ma era aperta.”
 
“Così, come per magia?”
 
“Lo so che sembra incredibile, dottore, ma è così. Mi sono affacciata e ho visto le ambulanze, le volanti e l’incendio e, anche se non avevo idea di cosa fosse successo, ho capito che se mi aveste presa, avreste subito pensato che ero io la colpevole di tutto, come poi è successo. Ho aspettato fino a quando non ho sentito più rumori, non c’era più fumo evidente, mi sembrava che tutti se ne fossero andati e ho provato a scappare e… il resto lo sapete.”
 
Gaetano si guarda con Marchese e poi si limita a sollevare le mani e a fare un applauso lento, due tre battiti di mani, l’amarezza evidente sul volto.
 
“Complimenti per la fantasia, devo dire che avrebbe potuto fare la scrittrice o la sceneggiatrice, ma peccato che la sua storia, oltre ad essere incredibile, faccia acqua da tutte le parti. Vogliamo parlare del fucile di precisione usato nella sparatoria, rinvenuto proprio nel castello medievale e in cui lei era rimasta intrappolata? O di come la porta si sia miracolosamente sbloccata da sola? Per non parlare del fatto che questo famoso telefono che lei avrebbe ritrovato sotto la panchina, peggio che in un film di spionaggio, sia proprio quello da cui sono partiti i due messaggi verso il cellulare fatto recapitare alla professoressa Baudino e che doveva servire ad attirarla in trappola, dandole appuntamento al Biondo Tevere. E quando sono stati inviati questi messaggi? Ma guarda un po’, proprio nell’orario in cui lei sostiene che il telefono abbia smesso di funzionare e in cui lei, teoricamente, era intrappolata nel castello. Cellulare peraltro perfettamente funzionante, ancora carico e su cui non abbiamo rinvenuto alcuna traccia di note riguardanti appuntamenti al Luna Park. Come me le spiega queste incongruenze, Misoglio?”
 
“Non lo so, io le giuro che quel cellulare non funzionava, sembrava rotto. E non so niente né di questo altro cellulare, né di questo Biondo Tevere. Cos’è?”
 
“Lo sa benissimo cos’è il Biondo Tevere, visto che è il ristorante di fronte a cui ci fu la famosa manifestazione dei punkabbestia contro lo Scortichini!”
 
“Ah, era quel ristorante? Ma sono passati otto anni, non me ne ricordo il nome! E comunque le ripeto che non ho fatto male a nessuno, a nessuno. Né allo Scortichini, né a maggior ragione alla prof. o a Sammy! Lo so che non mi credete, ma le cose sono andate esattamente come vi ho detto poco fa e come vi ho scritto in quella lettera che vi avevo mandato, lo giuro!” esclama, tossendo vistosamente, mentre il medico fuori dà un cenno di impazienza, ma Gaetano lo blocca con un cenno della mano.
 
“Ah, sì? Quindi lei nega ancora di essersi recata e avvicinata al capanno dello Scortichini?”
 
“Certo, non sapevo neppure dove abitasse adesso!”
 
“E allora come spiega il ritrovamento di un brandello della tasca dei pantaloni di cotone bianchi da lei indossati il giorno dell’omicidio dello Scortichini proprio sulla ringhiera dello Scortichini?”
 
Ilenia ammutolisce e lo guarda come se fosse impazzito.
 
“Cosa?? Ma io… io non ne so niente, non mi sono mai avvicinata a quel posto, mai!”
 
“E allora quel frammento come ci è arrivato lì, volando?”
 
“No! Qualcuno deve averlo messo lì, qualcuno che ha voluto incastrarmi!”
 
“Sempre con questa storia. Chi poteva volerla incastrare Misoglio? Visto che oltretutto i suoi complici sono tutti morti! Compreso Marcio che, quando l’avrebbe attirata in trappola, scrivendole lo scioglilingua su facebook, era già morto da giorni!”
 
“Lo so, me l’ha detto Marchese, ma deve essere stato qualcun altro. Forse il proprietario di quel cascinale dove mi ha portato Marcio e che era evidentemente suo complice!”
 
“Peccato che anche il proprietario del cascinale sia morto da chissà quanto tempo, Misoglio e lo sa benissimo. Motivo per cui lei è l’unica che può avere ucciso lo Scortichini, Marcio e aver organizzato la trappola del Luna Park. A meno che ora non spuntino nuovi complici di cui non ci ha parlato.”
 
“No, io… io non ne so niente, niente! Ho detto tutto quello che so!”
 
“Marchese, fai entrare la dottoressa Lo Bue?” domanda Gaetano, mentre Marchese fa quanto viene chiesto.
 
“Sammy!” esclama Ilenia, vedendo entrare la ragazza, con un’espressione rabbiosa sul volto, gli occhi pieni di lacrime.
 
“Come hai potuto? Come hai potuto farlo?! Che cosa ti avevamo fatto di male io e la prof., eh? Cosa?!” grida, furiosa, asciugandosi le lacrime.
 
“Sammy, ma cosa dici? Io non ti ho fatto niente, niente!”
 
“Ah, no? Piantala di raccontare palle! Ho riconosciuto la giacca di jeans: era la tua Ilenia, me la ricordo benissimo, era una delle tue preferite quando andavamo a scuola! C’erano pure dentro le tue iniziali cucite da tua madre!” esclama Sammy, scuotendo il capo, la voce che le trema, “perché? Perché? Maledizione, perché?”
 
“Giacca di jeans? Quale giacca di jeans? Io non lo so, non lo so, non ti ho fatto niente, non ho fatto niente! Morirei piuttosto che fare del male a te o alla prof., io-“ grida disperata, portandosi bruscamente la mano al collo e iniziando a tossire violentemente, mentre il lenzuolo si macchia di sangue.
 
“Ilenia!” esclamano quasi in contemporanea, Gaetano si avvicina al letto, ma il medico irrompe nella sala e raggiunge Ilenia, più rapido di lui.
 
“Uscite! Fuori tutti! Mi dispiace ma questo interrogatorio si chiude qui!” intima il medico, premendo il pulsante per chiamare gli infermieri.
 
Con un cenno del capo, Gaetano fa cenno a tutti di uscire, notando l’apprensione nei visi di Sammy e Marchese e non riuscendo, nonostante tutto, a non provare una fitta di preoccupazione che si mischia all’odio e alla rabbia. Perché deve essere tutto così complicato?
 
Ha appena fatto un paio di passi fuori dalla stanza quando quasi si scontra con un’altra persona.

“Mi scus-“ pronuncia prima di alzare gli occhi, “Camilla?! Che ci fai qui?”
 
“Non tornavi, avevi il telefono staccato ed ero preoccupata, così ho visto i tg… ed eccomi qui,” spiega con un sospiro, incrociando lo sguardo con il suo, “dio mio, Gaetano, hai una cera terribile, e anche voi. Sammy, perché piangi? Ma che succede? Mi hanno detto che Ilenia è qui ma-“
 
“Sì, Ilenia è qui, Camilla. Non ti ho avvertito perché non volevo disturbarti mentre riposavi e poi siamo stati impegnatissimi, abbiamo appena finito di interrogarla e-“
 
“E io piango perché è stata Ilenia, prof.! Non ci sono dubbi, purtroppo… scusate…” esclama Sammy tra le lacrime, prima di allontanarsi a passo rapido in direzione del bagno.
 
“Come? Posso vederla, Gaetano? Voglio guardarla negli occhi e parlarle e-“
 
“No, non è possibile, primo perché si è sentita male, ha la polmonite. E poi perché non posso autorizzarti a vederla e lo sai, questo caso non sarebbe neanche mio. E comunque è inutile, perché le prove sono schiaccianti, Camilla e-“
 
“Cosa? Polmonite? E quella è una telecamera? Avete fatto una registrazione?” chiede Camilla, vedendo Grassetti con la videocamera in mano.
 
“Sì, Camilla, ma-“
 
“Gaetano, allora permettimi perlomeno di vedere quella registrazione. Ti prego, almeno questo me lo devi,” lo implora guardandolo negli occhi, con quello sguardo a cui lui non ha mai saputo resistere, “non per quello che c’è tra noi ma perché… per tutto quello che ho passato con Ilenia, per il bene che le ho voluto e che le voglio.”
 
“D’accordo, Camilla, ma non qui,” le risponde con tono malinconico, accarezzandole una guancia, prima di prenderla per mano e di fare un cenno ai ragazzi, “forza, si torna in questura.”
 
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“Sei convinta adesso?" le chiede, prima di intuire con uno sguardo la risposta, “non dirmi che le credi, Camilla.”
 
“Cosa ti devo dire, Gaetano? A me è sembrata sincera, nonostante tutto…”
 
“Nonostante tutte le contraddizioni in cui è caduta?”
 
“Appunto, Gaetano, se fosse stata lei davvero, sarebbe stata la prima a conoscere tutti quei dettagli incriminanti: il fucile, il telefono, i pantaloni strappati, la giacca di jeans… Non pensi che avrebbe potuto inventarsi una storia un po’ più credibile e meno convoluta ed evitare di cadere in tutte queste contraddizioni?”
 
“Evidentemente no, anche perché le prove erano talmente schiaccianti che nemmeno un Nobel per la letteratura sarebbe riuscito a costruirci intorno una storia credibile, Camilla!”
 
“Appunto, le prove sono troppo schiaccianti e sono… troppe. È tutto troppo, troppo.”
 
“Che vuoi dire?”
 
“Il fatto che si sia tenuta e portata dietro al Luna Park il telefono con cui aveva contattato me e Sammy, ad esempio, ma senza poi mandare altri messaggi, se pensiamo che quello che ci ha raccontato fosse una palla e che quindi si sia recata in quel Luna Park per l’appuntamento con me al pomeriggio e non la mattina come da lei detto. E che anche dopo non abbia almeno tentato di gettarlo da qualche parte, di distruggerlo, di nasconderlo. Il fatto che abbia lasciato lì il fucile di precisione, proprio nell’attrazione in cui si era, secondo te, nascosta e che soprattutto non abbia nemmeno provato a scappare subito, pur avendo tutto il tempo per farlo mentre eravamo tutti quanti impegnati con l’incendio e i soccorsi. Ti sembra logico rimanere lì ed aspettare, nello stesso posto in cui aveva nascosto il fucile, con il cellulare addosso e il rischio altissimo di essere scoperta?”
 
“Forse pensava di avere più tempo, pensava che saresti venuta sola, non che ci sarebbe stata la polizia, Camilla, ed è rimasta in trappola.”
 
“No, se fossi stata sola, sarei morta in quell’incendio, nessuno poteva scampare da quella trappola da solo, salvo un miracolo, e chiunque ha progettato il tutto lo sapeva. Il fucile era un piano di backup, o forse una scelta consapevole… Magari chi ha organizzato la trappola ha tenuto conto del fatto che non sarei stata sola, Gaetano, che sarei venuta con te o che ci sarebbe stata la polizia. E comunque, una volta visto De Matteis, Mancini, te e Marchese, doveva sapere che i rinforzi sarebbero arrivati di lì a poco e che doveva fuggire subito. Ma poi… il fucile di precisione? Mi spieghi come Ilenia potrebbe essere in grado di usare un’arma del genere?”
 
“Magari ha avuto un buon maestro. Grassetti?” domanda, facendo un cenno alla ragazza che, insieme a Marchese, ha seguito quello scambio di battute senza fiatare.
 
“Sì, dottore. Vede, professoressa, sono arrivati i riscontri che attendevamo da giorni sulla vita di Marco de Montis, detto Marcio. Sul suo passato. È stato una recluta volontaria nell’esercito e ha frequentato il corso per diventare tiratore scelto…”
 
“Che cosa? Un antimilitarista convinto come Marcio nell’esercito?” domanda Camilla, incredula.
 
“Sì, ma poi ha deciso per il congedo, a quanto pare di sua volontà, prima di completare il corso e prima di diventare effettivo. Non si conoscono bene i motivi ma, da quello che c’è agli atti, emerge che, poco tempo prima di chiedere il congedo, abbia testimoniato di fronte al tribunale militare in un caso di presunto nonnismo finito male, ma da cui poi gli imputati erano stati tutti prosciolti. Non so se i due fatti siano correlati ma ha comunque deciso, più o meno spontaneamente, di lasciare l’esercito.”
 
“Ed è diventato un antimilitarista convinto… capisco…” sospira Camilla, chiedendosi se fosse semplicemente rimasto deluso in un suo ideale o se sia stato invece spinto a lasciare, “ma Ilenia quante volte può mai averlo visto Marcio, abitando a Torino? Non basteranno poche ore per imparare ad usare un fucile di precisione, no?”
 
“No, ma Marcio potrebbe averla raggiunta a Torino più volte, Camilla, per quanto ne sappiamo. Anche i suoi amici ci hanno riferito che spariva spesso, no? E comunque chi ha sparato, secondo i rapporti balistici, non era certo un vero esperto, diciamo che era in grado di reggere e sparare col fucile ma con una precisione di molto al di sotto degli standard di un vero tiratore scelto.”
 
“Ma poi siamo sicuri che Ilenia riesca anche solo a maneggiarlo un fucile del genere? Non è esile, è vero, ma è piccola di statura. Il fucile è praticamente più alto di lei!”
 
“Arriva a malapena al metro e sessanta, questo sì, Camilla, e certo è un po’ complicato, ma nelle guerre purtroppo ci sono anche bambini soldato che fanno i cecchini. Con un po’ di allenamento è possibile e il fucile in questione è uno dei modelli più leggeri e maneggevoli in circolazione e più comodi da ricaricare, proprio per questo tra i più adatti a un principiante, anche se non è tra i modelli più precisi ma… è possibile. E poi Ilenia è piena di lividi alle spalle e alle braccia, che lei sostiene essersi procurata nel tentativo di fuga, ma che in realtà potrebbero essere stati causati dal rinculo del fucile.”
 
“Va bene, anche ipotizzando che Ilenia possa potenzialmente usare un fucile di precisione… insomma, Gaetano, ammeterai che tutta questa storia ha avuto un’evoluzione strana, no?” gli domanda, guardandolo negli occhi, mentre lui sembra di nuovo confuso.
 
“Che vuoi dire professoressa?”
 
“Che lo Scortichini è stato ucciso in un modo indiretto, senza che l’assassino dovesse sporcarsi le mani e soprattutto in modo che sembrasse un incidente. Poi siamo passati a Marcio, freddato da un solo colpo di pistola: già una morte più violenta ma comunque istantanea, il corpo nascosto in modo che difficilmente sarebbe stato ritrovato, se Ginger non fosse stata in quel cascinale dove non sarebbe mai dovuta andare. E poi adesso l’incendio, la sparatoria, insomma, scene degne di un film d’azione di Hollywood e che richiedono non solo un grande stomaco ma una grandissima violenza, per di più il tutto pianificato nel minimo dettaglio o quasi. Almeno fino al momento di far scattare la trappola, perché dopo l’assassino, in questo caso Ilenia, inanella una serie di errori clamorosi, sembra perdere completamente la testa e si fa arrestare. Ti sembra normale?”
 
“Molti assassini hanno un’escalation di violenza, mano a mano che uccidono e la fanno franca si sentono più sicuri e-“
 
“Ma di solito sono serial killer nel senso tradizionale del termine, no? Che hanno un loro modus operandi che si evolve nel tempo, non che passa da un piano machiavellico ma indiretto a… a Rambo. E poi i crimini sono più violenti, più… forti… quando l’assassino ha molto risentimento nei confronti della vittima, giusto?”
 
“Sì, ma…”
 
“E quindi da qui cosa deduciamo? Che Ilenia doveva odiare più me che lo Scortichini? Perché ero io l’obiettivo primario di questo attacco, o no?”
 
“Sì, tu e magari anche io,” ammette, la voce che gli si spezza in un paio di punti mentre un brivido gli corre di nuovo lungo la schiena al pensiero di quello che sarebbe potuto succedere, “Camilla, io ci ho pensato e magari… magari Ilenia in realtà ha covato un profondo risentimento nei nostri confronti per non essere riusciti a prendere lo Scortichini, per i miei errori e magari voleva colpirci entrambi, magari pensava che sarei venuto anche io con te e-“
 
“Ma non ha senso che sia più risentita con noi che con lo Scortichini o con suo padre! E poi nelle fiamme ci è rimasta intrappolata Sammy… Invece di aspettare e non fare scattare la trappola, l’assassino l’ha fatta scattare lo stesso, perché? Perché Ilenia avrebbe mai dovuto odiare Sammy?”
 
“Non lo so, magari non aveva alternative a quel punto se non voleva essere scoperta. Sammy aveva trovato la vecchia giacca di jeans che serviva a farti, a farvi credere che fosse davvero Ilenia che vi contattava, ma che sarebbe poi probabilmente dovuta rimanere distrutta tra le fiamme. Resasi conto che era Sammy, l’ha intrappolata, ha appiccato il fuoco ed è corsa a sorvegliare la scena pensando magari che io e te saremmo arrivati dopo.”
 
“Ma perché non scappare subito? Perché prendersi questo rischio? No, mi correggo, perché mettere in piedi tutto un piano del genere? Gaetano, i delitti precedenti saranno stati machiavellici, ma erano… efficienti e soprattutto in luoghi isolati, dove nessuno avrebbe potuto intercettare il colpevole. Se Ilenia mi voleva morta a tal punto, avrebbe potuto organizzarmi un agguato in qualunque altro momento, con il famoso fucile di precisione, che ne so, quando uscivo da casa di mia madre! Anche al Luna Park, avrebbe potuto direttamente spararmi, invece che organizzare una cosa complicata come l’incendio, rischiando oltretutto di rimanerci intrappolata. Non c’era alcuna motivazione razionale per farlo, nemmeno che ne so… un depistaggio, dato che nessuno avrebbe comunque potuto credere che si trattasse di un incidente. Quindi perché prima l’incendio e poi la sparatoria, peggio che in un film di Tarantino? Non sono mica Rasputin e non ho nove vite come i gatti, perché una cosa così complicata e plateale?”
 
“Camilla…” sospira lui anche se deve ammettere che non ha tutti i torti.
 
“Se avesse voluto, anche dopo l’incendio fallito, l’agguato con il fucile di precisione avrebbe ancora potuto organizzarmelo in un altro momento, non rimanere a fare il cecchino in un posto del genere in cui era evidente che stavano per arrivare i rinforzi. Gaetano, lo sai benissimo anche tu che non avevamo nulla in mano su Ilenia, nulla, su dove si trovasse. Certo, avevamo gravi indizi di colpevolezza che la riguardavano ma… avrebbe potuto continuare la sua latitanza tranquillamente se non fosse stato per tutto questo. È come se lei avesse voluto organizzare un enorme show per urlare al mondo ‘sì, sono stata io, sono colpevole!’ e farsi arrestare. Mi spieghi che senso ha?”
 
“Non ha senso comunque, nemmeno se veramente non fosse stata Ilenia, Camilla, chiunque fosse l’assassino, l’evoluzione nel modus operandi è stata… folle, concordo con te,” interviene, prendendola dolcemente per le spalle, portandola a guardarlo negli occhi, “Camilla, è evidente che Ilenia ha avuto un tracollo psicologico, che ha generato questa escalation e le ha tolto la lucidità necessaria per fare questi ragionamenti, giustissimi, che ora stai facendo tu.”
 
“E invece può avere senso eccome, Gaetano, può avere senso se a qualcuno la latitanza di Ilenia non fosse stata bene, se qualcuno avesse voluto incastrarla, come lei ci va ripetendo da sempre. Se qualcuno avesse voluto che Ilenia fosse catturata e che fosse certo a tutti, oltre ogni ragionevole dubbio, che Ilenia fosse colpevole.”
 
“Ah, sì? E quel frammento dei pantaloni di Ilenia sulla ringhiera dello Scortichini come me la spieghi? A meno che tu non voglia ipotizzare adesso che lo Scortichini lo abbia ucciso lei con un suo complice e che poi questi agguati siano stati fatti invece da qualcun altro, magari proprio il suo complice, per addossare tutta la colpa su Ilenia. Peccato però che tutte le persone coinvolte in questa storia, cioè Marcio e il Vecchio, non siano più tra noi. Io capisco il tuo affetto per Ilenia e che non vuoi credere che possa aver tentato di ucciderti, Camilla, ma spesso la strada più semplice e più ovvia è quella giusta, senza andare ad immaginare trame degne di un film di James Bond.”
 
“Tranne nel caso in cui qualcuno cerchi di incastrarti, Gaetano, in quel caso la soluzione più semplice e ovvia è sbagliata!” ribatte, decisa, quel fuoco negli occhi e quell’espressione che lui adora e che gli fa venire da sempre voglia di soffocarla di baci.
 
“Ma non ti arrendi mai, tu?” le chiede, non potendo però trattenere un sorriso.
 
“Da quanti anni mi conosci, Gaetano?” gli domanda, sorridendogli di rimando, per poi aggiungere, più seria, “Gaetano, ascoltami… c’è qualcosa che non mi torna proprio in questa storia e… io Ilenia l’ho vista sincera. Sarò stupida ma l’ho vista sincera.”
 
“Camilla, lo sai che mi fido di te e del tuo intuito, anche più che del mio, ma ho paura che questa volta tu sia troppo coinvolta,” le sussurra, altrettanto serio, accarezzandole di nuovo una guancia.
 
“Lo so… ti chiedo… ti chiedo solo di rivedere insieme tutte le prove, anche quelle raccolte negli ultimi giorni e… e se non troveremo niente di concreto che possa scagionare Ilenia o corroborare almeno un minimo la sua versione dei fatti, ti prometto che accetterò qualsiasi decisione prenderai.”
 
“Ehm, ehm..”
 
Il colpo di tosse li ridesta dal mondo a due in cui erano avvolti, vedendo di nuovo Grassetti e Marchese che li guardano tra il divertito, l’ammirato e il lievemente imbarazzato.
 
“Se posso permettermi, dottore, lo so che forse penserà che lo dico perché conosco Ilenia da una vita, ma devo ammettere che anche a me è sembrata sincera. Ero furioso con lei quando l’ho presa, mi sono sentito crollare la terra sotto ai piedi, mi sono sentito tradito ma… c’è qualcosa nel modo in cui mi parlava, mi guardava, quando le ho detto che la professoressa e Sammy erano rimaste coinvolte nell’incendio e nella sparatoria… non lo so… sembrava davvero disperata all’idea che potessero essere morte,” ammette Marchese con una certa fatica, “e anche prima all’ospedale… non lo so…”
 
“D’accordo, ascoltatemi, analizziamo insieme di nuovo tutte le prove, senza pregiudizi, in un senso o nell’altro. Però vi avverto che abbiamo poco tempo: il questore ha fissato la conferenza stampa per stasera e di sicuro vorrà annunciare al mondo che la colpevole è stata catturata, per placare l’opinione pubblica e… ormai lo sapete tutti come funziona, no?” chiede, non facendo nulla per nascondere l’insofferenza che gli provocano queste questioni politiche e di immagine.
 
“E allora che stiamo aspettando?” gli domanda Camilla con un sorriso.
 
“Le prove del caso Scortichini, De Montis eccetera eccetera sono tutte in quella cartella sulla scrivania del dottor De Matteis,” chiarisce Grassetti, incrociando gli occhi di Gaetano e poi quelli di Camilla.
 
La verità è che dopo la tranvata sui denti di poche ore prima, aveva solo cercato di buttarsi sul lavoro e non pensare a nulla. Non era più tornata a trovare De Matteis, non ce l’avrebbe fatta, non ora. Ma non può fare a meno di guardare la professoressa con occhi nuovi: questa donna completamente diversa da lei, praticamente il suo estremo opposto, che era riuscita dove lei aveva fallito, senza nemmeno volerlo. Non riesce a provare risentimento o rivalità verso di lei perché non era e non è una rivale. E non solo perché è evidente che la professoressa non è affatto interessata a De Matteis: non sa se ha mai incontrato una coppia più unita di lei e Berardi. È incredibile la stima, l’affetto, l’ammirazione, l’amore che traspaiono in ogni gesto tra loro, in ogni parola, anche quando discutono e dibattono come fino a pochi secondi prima. C’è un affiatamento tra loro, un’intesa, una fiducia che invidia profondamente e che spera un giorno di poter avere anche lei con qualcuno.
 
Ma la professoressa non è una sua rivale per un altro motivo: la professoressa è una donna, decisa, sicura di sé, che sa farsi valere, rispettare, è una donna, semplicemente. Mentre Grassetti sente di essere ancora una ragazza, di avere bisogno di crescere ancora un po’ e non solo anagraficamente. Di avere il coraggio di volare da sola, di capire chi è e cosa vuole davvero dalla vita. Sa di non poter essere al suo livello, non ancora e si chiede se potrà mai diventarlo qui, accanto a De Matteis.
 
Senza parole, Gaetano si siede dietro la scrivania di quello che una volta era stato il suo ufficio, anche se l’arredamento è profondamente cambiato, riflettendo in pieno il puntiglio ossessivo di De Matteis. Fa cenno ai ragazzi di avvicinare le sedie e, con Camilla alla sua destra, Marchese accanto a lei e Grassetti alla sua sinistra, inizia a scartabellare tra le carte.
 
“Questi sono i risultati dell’autopsia dell’uomo che si presume essere Giuliani?” chiede, mentre consulta rapidamente il testo, “quindi l’assassino era più basso della vittima… il che purtroppo ci riporta di nuovo a Ilenia che non è certo un gigante. E queste foto?”

“Sì, dottore, esatto,” conferma Grassetti, “e le foto provengono dalla vecchia carta d’identità del signor Giuliani, risalente a vent’anni fa. Ieri il dottor De Matteis mi aveva ordinato di contattare l’ex medico di base di Giuliani per chiedere conferma se avesse subito fratture alle costole, compatibili con quelle del cadavere ritrovato, o se, al contrario, avesse subito altri traumi non risultanti dall’autopsia, per poter confermare o escludere il riconoscimento. Ne ho però avuto il tempo solo poche ore fa e il medico, il dottor Righetti, mi ha confermato di avere mantenuto un archivio con cartelle cliniche di vecchi pazienti deceduti o che non visitava da anni e che  proprio per questo non ha passato al suo successore. Mi ha assicurato che verificherà se ha qualcosa sul signor Giuliani e mi ricontatterà.”
 
“Bene, ma avendo una foto forse non è necessario. Sisma e Ginger, i due punkabbestia amici di Marcio, hanno incontrato di persona il Vecchio in più occasioni. Bisogna rintracciarli e mostrare loro la foto.”
 
“Posso farlo io, dottore, ormai mi conoscono e dovrebbero fidarsi di me, sempre se riesco a reperirli,” propone Marchese, temendo già un lungo giro dell’oca in zona Porta Pia.
 
“Grazie mille, Marchese, mi sembra la soluzione migliore,” conferma Gaetano con un sorriso, prima di affidargli le foto, “però poi voglio che tu vada a riposarti, ok? Non hai dormito niente e sei in piedi da quasi 48 ore. Fatti accompagnare da Lorenzi, non voglio che guidi.”
 
“Sì, dottore,” annuisce il ragazzo con un sorriso, guardandosi bene dal far notare al vicequestore che anche lui è nella stessa situazione.
 
“E questo che cos’è?” domanda Camilla, indicando un dvd, dopo che Marchese era uscito.
 
“È… l’interrogatorio al signor Fausto Misoglio… il dottor De Matteis ha voluto che lo registrassi,” spiega Grassetti, mentre Camilla e Gaetano si scambiano uno sguardo, sapendo benissimo perché De Matteis le aveva dato quell’ordine.
 
“Che facciamo, lo guardiamo?” domanda Gaetano a Camilla, “non so arrivati a questo punto quanto possa esserci utile e il tempo stringe.”
 
“Se volete potete guardare solo gli ultimi quindici minuti… lì avviene qualcosa di… va beh, giudicherete voi. Il resto del tempo è solo Misoglio che continua a negare di sapere dove sia sua figlia e ad insultare lei, la moglie e il figlio morto e Mancini,” spiega Grassetti, con un tono ed uno sguardo che sembrano nauseati.
 
Incuriositi, inseriscono il dvd nel lettore e lo accendono sul maxischermo. Un silenzio tombale cala sull’ufficio e, quando il video infine termina, si guardano, ripugnati da quanto hanno appena visto.
 
“Non so se mi disgusti di più il padre di Ilenia o Mancini… e non pensavo sarebbe mai potuto succedere,” ammette Camilla con un sospiro, esprimendo ad alta voce i pensieri di tutti.
 
Gaetano sta per replicare quando squilla il cellulare di Grassetti, lui le fa cenno di rispondere.
 
“Sì, sì, sono l’agente Grassetti. Come? L’ha trovata? Fantastico! E c’erano le lastre? Sì, sì, perfetto, mando uno dei ragazzi da lei a prenderle. Perfetto, grazie ancora, ci è stato utilissimo.”
 
“Che succede?”
 
“Era il dottor Righetti. Ha ritrovato la cartella clinica di Giuliani e le lastre, che confermano che, ormai dieci anni fa, il signor Giuliani si è fratturato due costole, proprio quelle indicate nell’autopsia del cadavere non identificato, durante un incidente mentre tagliava legna nel bosco. Mando uno dei ragazzi a ritirare la copia delle lastre per il confronto, ma a questo punto direi che al 99% il cadavere appartiene al signor Giuliani.”
 
“Concordo con lei, Grassetti,” annuisce Gaetano, prima di rivolgersi a Camilla con uno sguardo che lei riconosce benissimo, quello delle cattive notizie.
 
“Camilla, mi dispiace ma… arrivati a questo punto direi che non ci sono più dubbi. Ci manca la conferma definitiva dei punkabbestia, non appena Marchese li rintraccia, ma è chiaro che il cadavere è del Vecchio e che l’ultimo possibile indiziato e complice di Marcio e Ilenia riposava sottoterra da ormai più di sei mesi,” proclama, leggendo direttamente dall’autopsia.
 
Un attimo di silenzio, poi il suo sguardo si solleva bruscamente dal foglio. Occhi azzurri incontrano occhi nocciola, la medesima espressione, mentre le labbra di entrambi si dischiudono, nello stesso identico stupore, nella stessa identica consapevolezza.
 
Oh merda…
 
“Sei mesi sono…”
 
“…troppi,” finisce la frase per lui Camilla, mentre Grassetti li guarda chiedendosi se non siano impazziti o se si sia persa qualche passaggio.
 
“Hai ancora una copia del video fatto da Mancini?” chiede Camilla, mentre Gaetano annuisce ed estrae il cellulare. Per fortuna, con tutto quello che era successo, non avevano ancora deciso se disfarsi o meno delle copie residue, che avevano usato per analizzare il video.
 
“Ti ricordi cosa avevano detto i punkabbestia? Non l’avevano visto un mese fa?”
 
“Sì, Camilla, anche io ricordo così,” conferma, facendo andare in avanti il video per cercare il punto  preciso.
 
“Il video… quello con cui Mancini voleva incastrarvi? Per cui De Matteis voleva denunciarvi?” domanda Grassetti, stupita, connettendo finalmente i pezzi. Non l’aveva mai visto quel video, certo sapeva a grandi linee di cosa si trattava ma non l’aveva mai visto di persona.
 
Gaetano annuisce un’altra volta, facendo finalmente partire il filmato al punto esatto.
 
“Nel frattempo… ci servirebbero altre notizie sul Vecchio, qualsiasi cosa che ci possa aiutare ad identificarlo. Qualche particolare fisico o di comportamento che saltava all’occhio… quando l’hai visto per l’ultima volta, se sai chi potessero essere amici o conoscenti… qualsiasi cosa.”
 
“Mah, professoressa… io il Vecchio come vi ho detto l’ho conosciuto poco. Non sapevo nemmeno il suo nome, né il cognome. Un giorno Marcio si è presentato con lui e ci ha detto che il Vecchio era un suo amico, lo chiamava così e abbiamo iniziato anche noi a chiamarlo così. Il Vecchio l’avrò visto un quattro, cinque volte al massimo, quando ci portava il cibo per i cani. Ricordo che aveva un furgoncino, un Fiorino vecchissimo e che sembrava tenuto insieme per miracolo. Cose particolari… era molto stempiato, calvo dietro, occhi azzurri… e… forse… forse sì, aveva un neo sopra il sopracciglio destro. Robusto, forte per la sua età, ma abbastanza basso, più basso di voi… alto, sì… alto più o meno come lei,” proclama, indicando Sammy, “l’ho visto l’ultima volta… sarà stato un mese fa, non so nulla di amici o conoscenti, penso fosse una specie di eremita. Quello che posso dire è che… anche se era gentile con noi e molto amico di Marcio… non so perché ma non mi ha mai convinto del tutto, ma probabilmente era solo una sensazione.”
 
“Un mese fa… è assolutamente impossibile confondersi tra un mese fa e sei mesi fa,” fa notare Camilla, e Gaetano e Grassetti non possono che concordare, per poi alzare ancora di più la voce, presa dalla frenesia della scoperta, “e non è tutto, ci sono altre incongruenze. Ad esempio l’altezza. Qui sull’autopsia si dice che Giuliani era alto 1.75, giusto? E dalla carta d’identità emerge che era 1.80, quindi 1.75 già incurvato dall’età. Ma Sisma nella registrazione conferma che il Vecchio era più basso di me e io sono proprio 1.75. Che è alto come Sammy, che coi tacchi non arriva al metro e settanta.”
 
“Non solo, ma il signor Giuliani non aveva affatto un neo sopra al sopracciglio destro. Almeno, dalla foto tessera non si vede,” indica Gaetano, lo stesso identico tono di voce di Camilla.
 
“E il vecchio Fiorino? L’unico documento di Giuliani era una carta d’identità di vent’anni fa. Non aveva la patente, forse guidava mezzi agricoli ma non possedeva alcun veicolo,” interviene Grassetti, guadagnandosi un’occhiata di approvazione da Gaetano.
 
“Quindi il cadavere non identificato appartiene al signor Giuliani ma il signor Giuliani non è il Vecchio,” sintetizza Camilla, sentendosi con lo stomaco in subbuglio e la testa a mille, “e quindi chi era o chi è il Vecchio? E dove si trova? E chi ha ucciso il signor Giuliani e perché?”
 
“Non lo so, Camilla, ma a questo punto non ci resta che aspettare che Marchese trovi i punkabbestia e dovremo interrogarli e farci dire di più da loro…”
 
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“Marchese, sei riuscito a trovarli?”
 
“No, purtroppo, ancora no. Ho girato tutte le zone in cui stavano di solito, ci sono altri punkabbestia ma non loro. E ovviamente sono stati molto reticenti, anche se sono in borghese. Non si fidano e non vorrei scatenare una rissa…”
 
Gaetano e Camilla si guardano e, per l’ennesima volta quel giorno, sanno di stare pensando la stessa cosa e purtroppo non è un pensiero piacevole.
 
“Marchese, ascoltami, Sisma e Ginger sono ormai due testimoni chiave, sono gli unici forse che hanno visto questo Vecchio e che saprebbero identificarlo. Se davvero quest’uomo è vivo e se c’entra qualcosa con gli omicidi… Sisma e Ginger potrebbero essere in grave pericolo. Dobbiamo assolutamente trovarli! Inventati qualcosa, devi cercare di far capire ai punkabbestia che conosci Ginger e Sisma, che sei un amico e che devi trovarli per aiutarli, per proteggerli e per avvertirli. Chiaro?”
 
“Sì, dottore, è chiarissimo. Farò tutto quello che è possibile, la richiamerò appena ho notizie.”
 
Fa appena in tempo a mettere giù il cellulare, quando squilla il telefono fisso dell’ufficio di De Matteis.
 
“Pronto? Chi parla? Il direttore dell’ospedale veterinario? Un attimo che la metto in vivavoce, così anche i miei uomini possono sentirla, siamo in riunione proprio sul caso Scortichini,” spiega Gaetano, pigiando il pulsante del vivavoce mentre Camilla gli lancia un’occhiata ironica, divertita dal fatto di essere considerata uno dei suoi uomini. Anche perché nell’ufficio ci sono solo lei e Grassetti.
 
“Avresti preferito che dicessi le mie donne, professoressa?” le sussurra all’orecchio in modo da non farsi sentire da Grassetti e dal medico, guadagnandosi un calcio lieve ma ben assestato negli stinchi.
 
“Dunque, dottor Berardi, mi sente? Sì, le dicevo, mi hanno detto che si sta occupando lei del caso Scortichini e volevo aggiornarla. Presso la nostra struttura sono ricoverati in osservazione i cani da combattimento prelevati dal capanno di Scortichini Fernando e anche quelli rinvenuti nel cascinale del signor Giuliani Cesare, per tutti i dovuti accertamenti legali e medici, prima di iniziare un percorso di riabilitazione e reinserimento. Oggi però uno dei cani del signor Scortichini è deceduto e l’autopsia ha confermato che si tratta di Rabbia. Era da un paio di giorni che manifestava dei sintomi che lo facevano sospettare, ma la Rabbia è così rara in Italia che abbiamo voluto esserne sicuri prima di avvisarvi.”
 
“Rabbia? Ma com’è possibile? I cani non vengono vaccinati?”
 
“Non è detto, dottore, qui in Italia il vaccino non è obbligatorio. Certo, forse per un cane che combatte, con tutti i cani che vengono importati dall’Est dove la Rabbia è diffusa, sarebbe consigliabile ma… questi cani sono letteralmente carne da macello, morto uno ne arriva un altro. Chiaramente può essere pericoloso per chi li detiene, ma sono già delle bombe ad orologeria,” spiega il medico con un sospiro, per poi aggiungere, “il cane in questione aveva ferite di un combattimento recente. Probabilmente ha contratto il virus in quell’occasione, dai morsi di un altro cane infetto, questa è l’ipotesi per me più probabile.”
 
“Però questo ha ripercussioni sulle indagini? Il cane che ha aggredito lo Scortichini non aveva la Rabbia, giusto?”
 
“No, dottore, non era contagiato. Il cane che è deceduto per Rabbia è stato ritrovato ancora chiuso in gabbia, nella gabbia proprio di fianco a quella del cane che ha aggredito lo Scortichini.”
 
“Cosa?” domanda di nuovo Gaetano, cogliendo appieno l’ironia della situazione, “quindi l’assassino forse si è preso tutto questo disturbo per niente. Gli sarebbe bastato attendere e magari il cane rabbioso avrebbe aggredito e ucciso lo Scortichini spontaneamente. O, se avesse scelto il cane rabbioso per l’attacco, probabilmente, trovandolo positivo alla Rabbia, non sarebbero nemmeno state avviate le indagini.”
 
“Sì, dottore… non solo, ma non sarebbe nemmeno servita un’aggressione completa. Per contrarre la Rabbia basta un morso e, se non viene curata immediatamente, e gli uomini come lo Scortichini non sono assidui frequentatori degli ospedali, è letale. È una delle morti più orribili che si possano fare, non la augurerei nemmeno ad un cane, se mi permette la battuta.”
 
“Ma un occhio esperto, quello di un veterinario, ad esempio –  lei lo sa che la principale sospettata, la dottoressa Misoglio, è una veterinaria – si sarebbe potuto accorgere che il cane aveva la Rabbia? Insomma, se l’assassino fosse stato un veterinario, doveva accorgersene?”
 
“Non è detto. La Rabbia ha diverse manifestazioni, può emergere come forte aggressività o come docilità, a cui poi spesso segue la paresi progressiva. Il cane in questione sembrava molto docile e intontito, ma non ci abbiamo  più di tanto fatto caso perché, come tutti gli altri cani dello Scortichini, era stato imbottito di fluoxetina, che può avere quell’effetto. E sbalzi d’umore, aggressività, sono tipici di un cane da combattimento, quindi difficilmente anche un occhio esperto, vedendolo solo per pochi istanti, se ne sarebbe accorto. Noi stessi non ce ne siamo accorti fino a quando ha iniziato a manifestare la paralisi.”
 
“Capisco dottore. E gli altri cani?”
 
“Beh, gli altri cani sono in osservazione ma, fino a che non emergono sintomi evidenti, non possiamo accertarci se siano stati infettati o meno, perché l’unico esame sicuro al cento per cento viene effettuato analizzando il cervello dell’animale e deve quindi avvenire, ovviamente, post mortem.”
 
“Capisco. Quindi comunque questo episodio non dovrebbe avere ricadute sul caso da un punto di vista investigativo?”
 
“Immagino di no, dottor Berardi, ma questo lo saprà meglio lei di me. Ho però ritenuto opportuno avvertirla.”
 
“Certo, ha fatto benissimo, molte grazie dottore, arrivederci.”
 
Guarda Camilla e sta per aprire bocca quando di nuovo il telefono squilla, questa volta è il cellulare.
 
“Questo posto è peggio di un centralino! E tu sei più richiesto di un VIP o di un top manager: tra un po’ dovrò prendere un appuntamento per parlarti,” commenta Camilla ironica, facendo sorridere Grassetti.
 
“Pronto? Marchese? Ci sono novità? Aspetta che ti metto in viva voce, ci sono qui anche Camilla e Grassetti.”
 
“Pronto, sì, allora ho di nuovo parlato con tutti i punkabbestia che stavano a Porta Pia. Per fare capire loro che conoscevo Ginger, Sisma e Marcio, gli ho raccontato tutto ciò che sapevo su di loro, su come si erano conosciuti Ginger e Marcio e poi di Marcio e di Black. Ma non riuscivo a convincerli. Alla fine per fortuna è arrivato uno dei ragazzi che ci aveva visto parlare con Sisma sabato e che mi ha riconosciuto, gli ho spiegato la situazione e che potevano essere in pericolo, sapeva anche lui della morte di Marcio e sono riuscito a convincerlo a parlare.”
 
“Bravo Marchese! E quindi li hai trovati?”
 
“No, dottore, anzi, il punkabbestia, Zanna, mi ha detto che oggi non si sono visti in giro. A quanto pare li ha visti l’ultima volta ieri sera, sono andati via insieme dopo essersi fermati con loro per un paio d’ore. Zanna mi ha detto che Ginger è da un po’ di giorni che… insomma… dava di matto, era fuori di sé e Sisma se ne stava occupando. Non sanno dirmi dove siano andati: a quanto dice lui, Sisma, Ginger e Marcio facevano gruppo tra loro, raramente condividevano i rifugi per la notte con gli altri, avevano i loro posti quando volevano starsene per conto loro e lui sostiene di non avere idea di quali siano.”
 
“Questa cosa non mi piace per niente, che siano spariti da un giorno intero… dobbiamo trovarli assolutamente. Ho un brutto presentimento,” interviene Camilla, lanciando un’occhiata a Gaetano e intuendo, senza bisogno di parole, che anche lui è dello stesso avviso.
 
“Marchese, tu non avevi lasciato un recapito a Sisma? Non-“
 
“Giusto! Che stupido, come ho fatto a non pensarci prima?!” esclama Marchese, la voce talmente alta che si distorce negli altoparlanti del telefono, “sì, dottore, gli avevo lasciato un recapito e Sisma mi ha chiamato domenica sera, cioè di notte, in realtà. Diceva che Ginger voleva parlare, collaborare, ma ero già sospeso e non potevo fare nulla, nemmeno richiamarlo perché era un numero anonimo. Poi con tutto quello che è successo tra ieri e oggi me ne sono scordato ma ora… potete vedere qual è il numero e rintracciarlo, no? Vi autorizzo a controllare le chiamate in arrivo sul mio cellulare.”
 
“Bravo Marchese e non ti preoccupare, lo so che sei stanco, lo siamo tutti. A questo punto puoi andare a casa a riposarti e-.”
 
“No, dottore, sto bene e voglio aspettare prima il risultato su quel numero. La prego, c’è Lorenzi con me e… possiamo andare a mangiarci qualcosa e berci un caffè forte,” lo implora Marchese, sentendosi terribilmente in colpa verso i due punkabbestia per essersi… per essersi dimenticato di loro, preso da tutti i suoi problemi.
 
“D’accordo Marchese, d’accordo, ma se non troviamo niente di concreto voglio che vai a casa a riposare immediatamente, chiaro? Abbiamo altri agenti che possono occuparsi delle ricerche e non sei utile a nessuno se ti senti male.”
 
“Grazie, dottore. Lo so, non si preoccupi, non farò follie,” risponde Marchese, prima di mettere giù.
 
“Grassetti, mi serve-“
 
“La verifica su quel numero? Corro,” risponde Grassetti, sollevandosi rapidamente dalla sedia e avviandosi verso la porta, facendolo sorridere, compiaciuto da tanta efficienza.
 
“Ormai non serve nemmeno che io parli. Lei e Marchese potrebbero fare quasi tutto da soli,” commenta Gaetano, una volta che Grassetti è uscita dall’ufficio, massaggiandosi le tempie per cercare di alleviare il mal di testa.
 
“Già… non l’ho mai vista così solerte ed efficiente e piena di iniziativa nemmeno con De Matteis. Tra un po’ ti legge nel pensiero… potrei quasi iniziare ad essere gelosa dei tuoi uomini e delle tue donne,” commenta ironica, con quel tono e quello sguardo che Gaetano ormai riconosce benissimo e che Camilla indossa quando finge di essere arrabbiata ma sta solo giocando.
 
“Guarda che se c’è un vicequestore per cui Grassetti spasima non sono certo io…” le fa notare Gaetano con un mezzo sorriso.
 
“Ma magari dopo la scena di stamattina potrebbe aver deciso di cambiare obiettivo,” ribatte Camilla, sorprendendosi di come riesca a scherzare sull’episodio del bacio, senza temere più la reazione di Gaetano.
 
“Beh, allora avrebbe un problema molto serio, professoressa…” replica in un sussurro, sporgendosi oltre il bracciolo della sedia e avvicinandosi di più a lei.
 
“E quale sarebbe?”
 
“Che vorrebbe dire che si innamora sempre di uomini che sono già perdutamente innamorati di te, Camilla,” mormora, prima di azzerare la distanza in un bacio dolce e delicato, per poi appoggiare la fronte alla sua.
 
“A parte gli scherzi, Gaetano, sei davvero bravissimo con i tuoi uomini lo sai?” gli domanda, allontanandosi lievemente da lui per guardarlo negli occhi, “ti sei conquistato la fiducia di Grassetti e di Marchese in pochissimo tempo e soprattutto… non so, anche con Grassetti, si vede che si sente sicura con te, a suo agio. Riesci a farle vincere la sua timidezza, le sue paure, a tirare fuori il meglio di lei, tutto il suo potenziale e lo stesso fai con Marchese.”
 
“Camilla…” sussurra, commosso, sorridendole.
 
“Beh, e in effetti lo stesso fai anche con me, Gaetano. Tu hai sempre tirato fuori il meglio di me… quindi forse sono davvero anche io uno dei tuoi uomini,” ironizza, ricambiando il sorriso e ritrovandosi stretta in un forte abbraccio.
 
“Anche tu hai sempre tirato fuori il meglio di me, da quando ti conosco, professoressa, quindi sono anche io uno dei tuoi uomini?” le domanda con lo stesso medesimo tono, accarezzandole i capelli.
 
“No, tu sei il mio unico uomo. Non ho bisogno di nessun altro,” gli sussurra sulle labbra, prima di baciarlo dolcemente un’altra volta.
 
“La sai una cosa, Camilla?” mormora non appena si staccano, “non so come ma il mal di testa mi è passato.”
 
“E se no a cosa serve la tua donna, Berardi?” gli domanda ironica, ma lo sguardo di Gaetano al sentire quelle due parole, la tua donna, si fa talmente intenso e cupo che i loro volti si avvicinano di nuovo, senza nemmeno rendersene conto.
 
Il suono di passi e una porta che si apre, li portano ad allontanarsi bruscamente e a voltarsi verso la soglia.
 
“Signor questore? Buonasera!” saluta Gaetano, alzandosi rapidamente in piedi mentre Camilla fa lo stesso, “mi scusi, le avrei riservato un’accoglienza diversa ma non l’hanno annunciata.”
 
“Non si preoccupi Berardi, so che siete tutti impegnati con il caso Scortichini,” replica il questore, prima di rivolgere uno sguardo eloquente a Camilla.
 
“Signor questore, le presento la professoressa Camilla Baudino, la mia compagna, nonché la ex professoressa della Misoglio che, come le ho spiegato, è rimasta coinvolta nella sparatoria con il dottor De Matteis,” spiega Gaetano, facendo le presentazioni.
 
“Sì, ho sentito molto parlare di lei, professoressa Baudino, finalmente la conosco. È quasi una leggenda da queste parti,” ribatte il questore con nonchalance, porgendo una mano a Camilla.
 
“Una leggenda?” chiede Camilla, confusa, stringendo la mano del questore.
 
“Sì. La Sherlock Holmes, o forse sarebbe meglio dire la Jessica Fletcher romana. Diciamo che le voci corrono, professoressa Baudino, e anche se non ero questore qui a Roma all’epoca della sua collaborazione con il dottor Berardi, ho sentito parlare della sua collaborazione con il dottor De Matteis,” spiega il questore lanciando un’altra occhiata eloquente prima a Camilla e Gaetano e poi ai fogli sparsi sulla scrivania, “immagino che steste facendo una riunione investigativa?”
 
Camilla e Gaetano si scambiano uno sguardo: ma allora il loro era proprio il segreto di pulcinella.
 
“Signor questore, lo so che la presenza di Camilla non è esattamente da protocollo, ma non solo mi fido ciecamente di lei, sia come persona, sia per quanto riguarda le sue doti investigative e la sua riservatezza, ma… sono emersi alcuni elementi che ci portano a supporre che il cosiddetto Vecchio, quello che viveva in quel cascinale dove è stato ritrovato il cadavere di Marcio, in realtà non sia affatto il signor Giuliani. E, considerato che Camilla era il principale obiettivo dell’agguato al Luna Park, preferisco che stia qui in questura con me, piuttosto che saperla in giro per Roma da sola,” spiega Gaetano, mentre Camilla lo guarda stupita.
 
“Come? Un complice ancora in libertà? Mi spieghi tutto, Berardi, abbiamo ancora mezzora prima della conferenza stampa,” chiede il questore, accomodandosi su una delle sedie, “e per quanto riguarda la professoressa, conto sul fatto che questa collaborazione sia discreta quanto le precedenti. Altrimenti io ovviamente me ne laverò le mani, Berardi.”
 
“Ovviamente, signor questore,” annuisce Gaetano, pensando con un sospiro interiore che tutto il mondo è paese.
 
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“E quindi l’agente Marchese e l’agente Grassetti stanno cercando i due punkabbestia, che a questo punto sono i due testimoni chiave per quanto riguarda l’identificazione di questo Vecchio?”
 
“Esatto signor questore,” conferma Gaetano, dopo aver terminato la lunga spiegazione, “e proprio per questo le chiederei di attendere nel procedere all’arresto formale della Misoglio e per la richiesta di rinvio a giudizio, almeno fino a che avremo chiarito questo punto.”
 
“Beh, sicuramente sono risvolti interessanti e mi complimento con lei per l’accuratezza, Berardi. Ma le prove contro la Misoglio sono schiaccianti e al limite questo Vecchio potrebbe quindi essere solo un complice ancora in libertà. Non ha senso attendere oltre per quanto riguarda la posizione della Misoglio. Avremo poi tempo dopo di catturare eventuali complici,” replica il questore con tono fermo e deciso.
 
“Signor questore, io capisco perfettamente la sua posizione, ma ora la cosa prioritaria è ritrovare i due punkabbestia, prima che ci siano altre vittime. Annunciare stasera in conferenza stampa che il caso è chiuso sarebbe prematuro, se emergessero poi ulteriori elementi. E anche lasciare aperta l’ipotesi di altri complici, proclamando quindi pubblicamente che stiamo indagando anche in altre direzioni, potrebbe da un lato innervosire questi eventuali altri complici e portarli ad uscire allo scoperto, ma, data la situazione e l’evolversi degli eventi nelle ultime ore, rischieremmo di causare altre morti.”
 
“E quindi lei cosa suggerirebbe, Berardi?” domanda il questore con un sopracciglio alzato.
 
“Di attendere, signor questore. Di annunciare la cattura della Misoglio in conferenza stampa, i forti sospetti a suo carico, che è piantonata eccetera eccetera, ma che stiamo ancora approfondendo e facendo tutti gli accertamenti e i rilievi. Insomma, di tenersi sul generico e, come ho già detto, di mantenerla in stato di fermo, senza convertirlo ancora in arresto. La prego, si fidi di me,” lo esorta, guardandolo dritto negli occhi, senza indugi.
 
“Di lei o della sua compagna?” domanda il questore, lanciando un’altra occhiata a Camilla che aveva assistito a tutta la conversazione in disparte e in perfetto silenzio.
 
“Di entrambi,” replica Gaetano, senza scomporsi, “anche perché, come abbiamo già chiarito, mi assumo io la piena responsabilità per Camilla e per il suo operato.”
 
“Signor questore, le garantisco che non è mia intenzione creare problemi. E che, per quanto sia legata a Ilenia, sono rimasta anche io quasi uccisa in quell’agguato e quindi l’unico interesse che ho è quello di arrivare alla verità, qualunque essa sia,” interviene Camilla, con altrettanta tranquillità e decisione.
 
“D’accordo Berardi,” sospira il questore, dopo un attimo di silenzio, “ma le concedo, vi concedo 48 ore, anzi, meno di 48 ore, il tempo che resta prima di dover convertire il fermo in arresto. E comunque la voglio con me alla conferenza stampa, quindi è meglio che ora ci avviamo.”
 
“Sì, signor questore. La ringrazio, vedrà che non se ne pentirà.”
 
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“Sai che sei proprio telegenico? Avresti dovuto fare l’attore!”
 
“Piantala di scherzare, professoressa, sai che odio queste cose… soprattutto quando ci sono problemi molto più urgenti da risolvere,” sospira Gaetano, di ritorno dalla lunga, noiosa e, a suo avviso, inutile, conferenza stampa, accettando e ricambiando però, più che di buon grado, il bacio del bentornato.
 
“Lo so e ti capisco, ma sei stato bravissimo. Tanto che le domande alla fine le hanno fatte quasi tutte a te, soprattutto un paio di giornaliste in prima fila non ti davano tregua,” gli fa notare con un mezzo sorriso e quel tono fintamente geloso che lo fa impazzire, “hai rubato tutta la scena al povero questore, tuo e suo malgrado.”
 
“Beh, meglio, vorrà dire che non mi coinvolgerà in altre conferenze stampa,” ribatte, ricambiando il sorriso, “anche perché ti garantisco che, anche se non fossi già più che impegnato con una certa professoressa, con le giornaliste, anzi, con una giornalista, ho già dato e non ho un buon ricordo della categoria.”
 
“Non ti sembra di essere un po’ ingiusto nei confronti della categoria adesso? Roberta era… fuori dal comune,” gli fa notare con un sopracciglio alzato, “e comunque, nonostante il suo caratteraccio, sinceramente non aveva tutti i torti ad avercela con te e con me, non ci siamo proprio comportati benissimo con lei.”
 
Gaetano sta per rispondere quando si sente bussare alla porta ed entra trafelata Grassetti.
 
“Scusate se vi disturbo, ma ci sono novità…”
 
“Ha trovato il telefono da cui il punkabbestia ha chiamato Marchese?”
 
“Sì, un cellulare, intestato ad un cingalese… insomma un paravento, come al solito,” sospira Grassetti, prima di porgere a Gaetano un foglietto con il numero.
 
“E avete provato a rintracciarlo?”
 
“Non ancora, sono venuta da lei appena ho trovato il numero. Non so… se voleva provare magari a chiamarlo intanto che procedo con le verifiche sulle celle telefoniche, visto che conosce il punkabbestia di persona.”
 
“D’accordo, Grassetti, grazie mille. Lo so che sarà esausta anche lei,” proclama, notando con preoccupazione le pesanti occhiaie della ragazza e il colorito cinereo.
 
“Non si preoccupi, dottore, posso reggere ancora per un po’,” risponde la ragazza con un sorriso grato, prima di congedarsi rapidamente e tornare al lavoro.
 
Con uno sguardo a Camilla, Gaetano afferra il cellulare e prova a comporre il numero del punkabbestia: meglio chiamarlo direttamente e non da un numero riservato come quelli della questura.
 
Riprova un paio di volte, ma ovviamente è sempre staccato.
 
Oggi sembra che nulla giri per il verso giusto.
 
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“I panini del bar accanto alla questura sono ancora peggio di quanto ricordassi,” sospira Gaetano, appallottolando il tovagliolino e lanciandolo con un tiro da maestro dentro il cestino della carta, sotto la scrivania, “scusami professoressa, ma-“
 
“Ehi, non importa, lo so che non puoi allontanarti da qui con tutto quello che c’è in ballo,” lo rassicura Camilla, per poi aggiungere, con un mezzo sorriso, “dì la verità che ti mancano Torre e i suoi spuntini in servizio.”
 
“Ah, beh, di sicuro la cucina di Torre, anche fatta su un fornelletto da campo, è meglio di questa roba di plastica,” ammette, prima di guardarsi intorno con aria malinconica, “sai mi sembra surreale essere qui, dietro questa scrivania che non è più mia, in questo ufficio che è stato il mio per tanti anni, senza Torre, Piccolo, Ferrari… è cambiato tutto.”
 
“Beh, direi che l’hai già fatto un po’ tuo però…” commenta con ironia, lanciando un’occhiata in giro, “se De Matteis vedesse come hai stravolto l’ordine perfetto della sua scrivania, rischierebbe un infarto.”
 
Gaetano apre la bocca per replicare quando l’inconfondibile suoneria del suo cellulare infrange per l’ennesima volta il silenzio dell’ufficio.
 
“È il numero di Sisma!” proclama Gaetano, incredulo, affrettandosi a rispondere, “pronto, Sisma?”
 
“No, non sono Sisma. Chi parla?” risponde una voce femminile, che gli suona familiare.

“Ginger, sei tu?”
 
“No, non sono nemmeno Ginger, sono una loro amica… ho visto una chiamata da questo numero e… chi li cerca?” ribatte la voce dopo un attimo di esitazione, mentre Gaetano sente un tuffo al cuore e alla bocca dello stomaco, quando finalmente fa il collegamento.
 
“Claudia? Claudia Milani?” domanda, incredulo, mentre scambia un’occhiata eloquente con Camilla.
 
“Berardi? Ecco perché il numero mi sembrava familiare!”
 
Merda…
 
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“Claudia!”
 
“Gaetano, grazie per essere venuto subito! Ti ho visto in televisione e so che sei parecchio impegnato con tutto quello che è successo col caso Scortichini,” lo saluta con un sorriso e una pacca sulla spalla, prima di notare una persona dietro di lui, “Camilla? È un piacere rivederla, anche se le circostanze continuano a non essere delle migliori.”
 
“Anche per me,” ammette Camilla, stringendo la mano all’altra donna. Se Claudia si chieda che cosa Camilla ci faccia lì e perché abbia accompagnato Gaetano all’ospedale in quella che è, a tutti gli effetti, una visita di lavoro, non lo dà assolutamente a vedere.
 
“Dove sono?”
 
“Qui, Gaetano,” indica Claudia, facendo un cenno ad un’infermiera, che solleva le veneziane che normalmente oscurano una grande finestra che dà sulla sala di rianimazione, in particolare quella dell’ossigenoterapia iperbarica.
 
“Sono loro,” conferma Gaetano, riconoscendo perfettamente Sisma e Ginger, nonostante la mascherina, il colorito rosso ciliegia e l’assenza di tutti i piercing che di solito decorano i  loro visi, “come li avete trovati?”
 
“Erano nella portineria di uno stabile abbandonato nella zona industriale che sta vicino al Grande Raccordo Anulare, sul tratto Appio Tuscolano Ciampino. Una guardia giurata che sorveglia alcuni stabili lì in zona ha sentito un cane abbaiare disperatamente verso l’una della scorsa notte. È andato a verificare e li ha trovati intossicati da monossido di carbonio, proveniente da un fornelletto a gas, aperto al massimo senza fiamma. La porta era spalancata, si pensa che il cane l’abbia aperta e abbia cercato di portare fuori i padroni e, non riuscendoci, abbia cercato aiuto…”
 
“Capisco… e in che condizioni sono?”

“I dottori dicono che sono molto gravi, sono in coma e non sanno se si risveglieranno e se ci saranno danni neurologici permanenti. Soprattutto la ragazza, essendo più minuta e un’incallita fumatrice, è rimasta intossicata ancora più gravemente e in maniera più rapida. Comunque la prognosi di entrambi è molto critica, Gaetano… Se vuoi ti chiamo il medico di turno che di sicuro ti potrà spiegare tutto meglio di me.”
 
“No, non fa nulla, Claudia… prima di tutto perché ne capisco quanto te di medicina e poi perché mi interessa di più la parte investigativa al momento. In questi casi di solito prima si valuta l’ipotesi del suicidio, immagino, o dell’incidente, anche se visto l’orario e il fatto che il gas fosse completamente aperto, la seconda ipotesi mi sembra improbabile.”
 
“Sì, infatti, l’ipotesi primaria è stata fin da subito quella del suicidio. Ma c’è un particolare strano, per cui il caso è stato portato alla mia attenzione. A parte il cane che ha, di fatto, salvato la vita ai suoi padroni, ce n’era un altro che invece dormiva profondamente. Sono state ritrovate delle polpette rigurgitate, probabilmente dal cane che era ancora sveglio, e che, fatte analizzare, erano evidentemente imbottite di benzodiazepine. Insomma, un potente sonnifero e tranquillante. Ora, potrebbero essere stati i punkabbestia a voler narcotizzare i cani per evitare che impedissero, come è avvenuto, il tentativo di suicidio o che si agitassero ma… non lo so mi sembra strano. Oltretutto nella portineria e sui ragazzi non sono stati ritrovati medicinali, sonniferi, nemmeno droghe.”
 
“E quindi la cosa ti ha insospettito…”
 
“Sì, anche perché manca un messaggio d’addio… e poi i punkabbestia di solito se decidono di suicidarsi, usano altri metodi. Quindi ho chiesto ai ragazzi di tenere d’occhio il numero di telefono e di avvertirmi se qualcuno lo chiamava, visto che la rubrica era piena soltanto di nomi in codice e… diciamo che abbiamo casi più urgenti al momento e non potevamo certo contattarli tutti a breve. E stasera, quando sono tornata da un’altra scena del crimine, mi hanno avvertita che c’erano state delle telefonate… il resto lo sai.”
 
“Sisma e Ginger potrebbero essere due testimoni chiave nel caso Scortichini, Claudia. E sinceramente credo proprio che si tratti di un tentativo di omicidio. Ginger aveva appena perso il suo compagno, è vero, e non era molto stabile, ma Sisma invece non mi sembra assolutamente il tipo di persona da fare gesti inconsulti…”
 
“E poi domenica sera Sisma aveva contattato Marchese dicendo che Ginger voleva collaborare e aiutare a dare giustizia a Marcio e la sera dopo decidono di suicidarsi? Non ha senso!” interviene Camilla, senza riuscire a trattenersi, guadagnandosi un’occhiata stupita da parte di Claudia, “scusate.”
 
“Non si preoccupi professoressa, Gaetano mi ha parlato a lungo di lei e del suo incredibile talento investigativo,” commenta Claudia con un mezzo sorriso e uno sguardo eloquente che imbarazzano sia Gaetano, sia Camilla.
 
“Senti, Claudia… io penso che i due casi potrebbero essere collegati e, se per te va bene, proporrò al questore di unirli,” suggerisce Gaetano, tentando di cambiare discorso.
 
“Sì, certo, non c’è problema, anzi, ho fin troppi casi per le mani, e poi collaborare con te è sempre un piacere…”
 
“Scusate se mi intrometto ancora ma… Claudia, lei quando ha detto che sono stati ritrovati i due punkabbestia? La notte scorsa all’una?”
 
“Sì, esatto, professoressa. Perché me lo chiede?”
 
“Lo so cosa stai pensando Camilla: a quell’ora Ilenia era sicuramente bloccata nel castello medievale, visto che c’erano stuoli di poliziotti e pompieri che giravano per il Luna Park. Quindi, se non è stato un suicidio ma un tentativo di omicidio, di sicuro non può essere stata Ilenia a commetterlo e quindi…”
 
“E quindi si ritorna sempre al Vecchio…”
 
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“Esatto, signor questore, sì, la terrò aggiornata, buonanotte!”
 
“È ora anche per te della buonanotte, dottor Berardi: i tuoi uomini sono già a letto da un pezzo e dovresti seguire il loro esempio,” intima Camilla, con l’aria di chi non ammette un no come risposta.
 
Marchese, Grassetti e Lorenzi erano già stati spediti a farsi una bella dormita, dopo che la telefonata di Claudia aveva chiarito che non c’era molto altro da fare, se non andare in ospedale.
 
“D’accordo, professoressa, agli ordini!” ribatte con un sorriso stanco, massaggiandosi gli occhi.
 
“Come facciamo? Torno da mia madre e tu torni da Francesca? Forse è la soluzione meno complicata per stanotte,” propone, anche se non avrebbe voglia di separarsi da lui, ma sa benissimo che ripresentarsi insieme a casa di sua madre comporterebbe come minimo un interrogatorio della generalessa Baudino. E Gaetano è già abbastanza stremato così.
 
“No, Camilla, non se ne parla. Guarda che quello che ho detto al questore lo penso sul serio, non era solo una scusa per giustificare la tua presenza qui. Ora che abbiamo quasi la certezza che ci sia o un complice di Ilenia o l’assassino ancora in libertà non posso permetterti di rischiare e-“
 
“E se non torno a casa nemmeno stanotte mia madre mi uccide, ci uccide,” gli ricorda Camilla con uno sguardo eloquente.
 
“Camilla, è anche per la sicurezza di tua madre e di Livietta che sono preoccupato, pensaci,” la implora, guardandola in quel modo che le ricorda Tommy e che la fa sempre sciogliere.
 
“E allora dove proponi di dormire? Immagino che anche per Francesca valga lo stesso discorso… in hotel?”
 
“No, qui in questura. C’è una stanza riservata a chi fa il turno di notte. Non è un hotel a cinque stelle, lo so e il letto non è grandissimo ma ci possiamo stare in due e-“
 
“Gaetano, ascoltami, a me non interessa nulla dell’hotel a cinque stelle, a me basta che stiamo insieme e lo sai. Ma non posso rimanere per sempre chiusa in questura, come non posso nemmeno rimanere per sempre sorvegliata a vista, per quanto l’idea di passare ogni minuto al tuo fianco non mi dispiaccia affatto,” cerca di farlo ragionare con un sorriso, accarezzandogli il viso.
 
“Camilla, lo so, lo so che sei una donna indipendente e non voglio certo privarti della tua autonomia… in circostanze normali non te lo chiederei mai. Voglio dire, da quanto ci conosciamo io e te? Non ti ho quasi mai fatta sorvegliare, anche quando ti cacciavi in guai tremendi ma… qui abbiamo a che fare forse con l’assassino peggiore su cui abbiamo mai indagato insieme. Ha già fatto troppe vittime, è sempre più violento, sempre più fuori controllo…”
 
“Quindi non pensi più che sia stata Ilenia, altrimenti non ti agiteresti così,” deduce Camilla, provando una fitta al cuore nel sentire il suo tono così preoccupato, quasi disperato.
 
“No…” ammette, rendendosene conto consciamente lui stesso mentre pronuncia quella parola, “o meglio, penso ancora che forse abbia avuto qualcosa a che fare con l’omicidio dello Scortichini, ma non con quello di Marcio e nemmeno con tutta la vicenda del Luna Park. Sarò pazzo ma ho più di seri dubbi in proposito. E poi lo sai che mi fido del tuo sesto senso sulle persone.”
 
“Però se l’attacco al Luna Park, così plateale, fosse stato solo un modo per far catturare Ilenia e dimostrare a tutto il mondo che è colpevole, forse non sono in pericolo, non più, dato che l’assassino ha raggiunto il suo scopo,” gli fa notare, continuando a sfiorargli una guancia, mentre lui ricambia il gesto, “anche perché, Gaetano, capisco i punkabbestia, che sono testimoni oculari, ma io cosa posso sapere di questo Vecchio? Non l’ho mai visto. Perché dovrebbe volermi morta?”
 
“Non lo so… ma se conosceva tutti i particolari necessari per scrivere quella lettera a nome di Ilenia, sapeva di noi due e del tuo rapporto con Ilenia e del tuo… intervento nel caso di Black. Forse lo è venuto a sapere da Marcio o forse ci teneva d’occhio, come teneva d’occhio Ilenia, e si è accorto che stavamo indagando anche su questo caso, anche su di lui? Magari abbiamo scoperto qualcosa di importante, o che lui ritiene importante e non ce ne siamo ancora resi conto.”
 
“Forse… o forse semplicemente mi ha scelta perché ero la persona più vicina ad Ilenia e a te, alla polizia… e  poteva quindi immaginare che avrei cercato di aiutare Ilenia, come già fatto in passato, e che, attaccando me, la cavalleria sarebbe accorsa subito alla sua messinscena, no?”
 
“Non lo so, Camilla, e adesso ho la testa che mi scoppia e non riesco più a ragionare. Ma quello che so per certo è che non posso permettermi di sbagliare e di prendere la situazione sottogamba, Camilla, non con te. Non posso rischiare di perderti, Camilla,” sussurra, la voce roca, gli occhi di entrambi che si fanno umidi, prima di trovarsi stretti in un abbraccio fortissimo.
 
“D’accordo, dottor Berardi, si fa come dici tu, almeno per stasera,” acconsente, scompigliandogli i capelli e stampandogli un altro rapido bacio sulle labbra, prima di alzarsi e afferrare il cellulare, pronta ad affrontare le rimostranze di sua madre.
 
Ma non potrebbe mai lasciarlo solo, non stanotte.
 
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È sveglia ormai da un po’, del resto lei il giorno prima aveva dormito fin troppo, ma rimane lì immobile ad osservarlo, addormentato placidamente tra le sue braccia, come un bambino. Anche la sera prima, Gaetano si era assopito praticamente subito una volta che aveva toccato il cuscino e il materasso, poco dopo averla abbracciata e averle dato il bacio della buonanotte, vinto dalla troppa stanchezza accumulata. Lei era rimasta così a contemplarlo, per un’ora, forse due, a sentire il battito del suo cuore, il suo respiro, e a convincersi che era tutto vero, che lui era lì con lei, che stavano bene entrambi, che erano di nuovo insieme.
 
Piano piano lo sente muoversi e poi quegli occhi azzurri, assonati e confusi incontrano i suoi.
 
“Amore…” sussurra sorridendole, prima di catturare le sue labbra in un bacio del buongiorno da togliere il fiato.
 
“Buongiorno anche a te, dormiglione,” ribatte con il fiato corto, non appena ha di nuovo dell’ossigeno nei polmoni e nel cervello, cercando di mettersi a sedere, ma lui la blocca.
 
“Dove pensi di andare, professoressa?”
 
“È tardi, dottor Berardi, ed è ora di rimettersi al lavoro,” proclama con tono giocosamente marziale, tentando nuovamente di svincolarsi dalla sua presa, ma lui per tutta risposta, inizia a baciarle il collo.
 
“Gaetano, per favore, non qui! Ti rendi conto di dove siamo?” gli domanda, trattenendo a stento una risata quando lui le soffia in un orecchio, “eddai!”
 
“E se ti dicessi che tanti anni fa ho fatto parecchi sogni, parecchie fantasie, su noi due in questa stanza, in questo letto?” le sussurra, continuando a tormentarle il collo di baci, sentendola rabbrividire.
 
“C’è un posto su cui non hai fatto fantasie su noi due?” gli domanda ironica, bloccandogli il viso e sollevandoglielo perché la guardi negli occhi, cercando disperatamente di non lasciarsi trascinare nell’oblio, anche se lui glielo rende così dannatamente difficile.
 
“E tu allora? Celle, manette… eccetera eccetera…” le ricorda con un’espressione da schiaffi.
 
“Touché. Ma quelle erano fantasie, e questa è la realtà. E la realtà è che siamo circondati da investigatori dall’udito fine e che soprattutto non tarderebbero a fare due più due se lasciassimo in giro… prove compromettenti. Vuoi che Marchese o Grassetti o Lorenzi conoscano nei dettagli le nostre abitudini sessuali?” gli fa notare con un sopracciglio alzato e il tono da prof..
 
“Perché hai sempre la stramaledettissima abitudine di avere ragione?” sospira, posandole un bacio decisamente più casto sulla fronte, prima di arrendersi e lasciarla andare.
 
Camilla ne approfitta e si alza, prima che cambi idea, facendo un paio di passi e voltandosi quando sente un suono che pare un rantolo strozzato.
 
“Ma allora lo fai apposta! Come faccio a resisterti se mi sfili davanti così?” si lamenta Gaetano, lanciandole un’occhiata frustrata che è pura lava.
 
“Ah, beh, certo, non c’è nulla di più sexy delle magliette della polizia,” commenta Camilla, sarcastica, indicando la t-shirt oversize che Gaetano le aveva procurato per la notte.
 
“Se la indossi in questo modo…” mormora con un sopracciglio alzato, non smettendole di guardarle le gambe.
 
Camilla abbassa lo sguardo e finalmente si accorge che nel letto la maglietta si è spostata lasciandole scoperta una spalla ed è salita a tal punto che a malapena le copre l’inguine. Si affretta a coprirsi e, proprio in quel momento, sentono bussare alla porta.
 
“Chi è?” domanda Gaetano, sorpreso.
 
“Sono Marchese, vi ho portato la colazione. Posso entrare?”
 
“Sì, Marchese, vieni pure, ci stavamo alzando,” risponde Camilla tranquillamente, lanciando un’occhiata eloquente a Gaetano della serie – vedi che avevo ragione?
 
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“Ci sono novità?”
 
“Sì, dottore. Il medico legale ha visionato le lastre prelevate dal dottor Righetti e la struttura ossea del torace e i segni delle fratture coincidono perfettamente. Il cadavere ritrovato al cascinale appartiene senza ombra di dubbio al signor Giuliani,” spiega Grassetti, porgendogli la cartellina con il referto, prima di sedersi accanto a Marchese e Camilla.
 
“Marchese?”
 
“No, nient’altro, dottore.”
 
“D’accordo. Allora, dobbiamo concentrarci sul Vecchio, sul signor Giuliani e su Marcio, sulle loro vite, sul loro passato, tutto. Grassetti, voglio che torni a Spinaceto e chieda informazioni su Giuliani. Parta dai bar, i negozi, le farmacie e i negozi che vendono attrezzi, sementi, eccetera per la campagna, i negozi che vendono cibo per animali. Voglio capire quando l’hanno visto l’ultima volta, chi frequentasse, lo sappiamo che era un eremita, ma se magari avesse qualche conoscente, un amico. Qualsiasi cosa.”
 
“Perfetto, dottore, mi muovo subito.”
 
“Marchese, voglio che tu ti coordini con la scientifica per quanto riguarda la scena del  Luna Park. Ormai avranno avuto il tempo di ispezionare la casa stregata e il castello in maniera più accurata. E  poi voglio che tu vada di nuovo dai punkabbestia che conoscevano Ginger e Sisma, magari questo Zanna o… Lupo. Cerca di capire se qualcuno di loro avesse conosciuto questo Vecchio e se Ginger e Sisma avessero raccontato loro qualcosa di particolare negli ultimi giorni… Non dire però loro cosa è successo a Ginger e Sisma: meno persone sanno che sono ancora vivi e dove si trovano e meglio è, considerato quello che è successo. È un bene che, con l’incendio e la sparatoria, la notizia di due punkabbestia intossicati da monossido di carbonio non sia nemmeno uscita sui media.”
 
“Sì, dottore.”
 
“Mentre, Camilla, io e te andiamo da Ilenia,” annuncia, guadagnandosi occhiate stupite da tutti i presenti, “a questo punto voglio capire se ricorda qualcosa di più di Marcio, di quello che si sono detti, della casa del Vecchio e di tutte le incongruenze che ancora ci sono. E, visto come sono andate le cose ieri, se ci sei tu magari si tranquillizzerà e si aprirà di più.”
 
“Grazie…” sussurra lei con un sorriso commosso, sapendo bene cosa questo significhi e quanto Gaetano stia rischiando per permetterle questo incontro Ilenia.
 
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“Prof.?!”
 
“Ciao, Ilenia,” la saluta semplicemente, guardandola negli occhi, quegli occhi così espressivi e malinconici e che ora sembrano brillare di una luce febbrile, circondati da occhiaie violacee.
 
“Prof., le giuro che non sono stata io e mi dispiace… mi dispiace così tanto che per colpa mia lei-” esclama, prima di scoppiare in altro attacco di tosse.

“Ehi, ehi, tranquilla, non ti devi agitare,” la rassicura Camilla, avvicinandosi a lei e dandogli un paio di colpi sulle spalle per aiutarla a respirare.
 
Ilenia solleva lo sguardo, sorpresa, e di nuovo incontra i suoi occhi.
 
“Lei mi crede…” sussurra, il tono roco ma sollevato, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime, “lei mi crede, nonostante tutto…”
 
Camilla si limita a sorriderle: a lei e a Ilenia era sempre bastato uno sguardo per capirsi. In un secondo se la ritrova stretta tra le braccia, che piange sul suo petto come una bambina. Non può non pensare che l’ultima volta che l’aveva fatto era stato quando le aveva dovuto dire che suo fratello era morto.
 
Mentre le accarezza i capelli e le spalle, lancia un’occhiata a Gaetano, che le osserva in disparte e in religioso silenzio.
 
Anche a loro non è mai servito altro per capirsi.
 
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“E quindi non ricordi altro?”
 
“No, prof., mi dispiace, tutto quello che sapevo e che ricordavo ve l’ho scritto in quella lettera. Con Marcio abbiamo parlato sempre di mio fratello e di come incontrarci, non mi aveva mai parlato di questo Vecchio prima di portarmi in quel cascinale. E di quel posto ricordo solo i due cani e… e quella stanza. Ero troppo sconvolta, prof..”
 
“Tre cani… il Vecchio aveva tre cani,” fa notare Gaetano, stupito da quell’ennesima contraddizione, apparentemente inutile: che motivo poteva avere Ilenia di mentire sul numero dei cani del Vecchio?
 
“No, i cani erano solo due. Ne sono sicura, o meglio, io ne ho visti due,” ribadisce Ilenia, sembrando altrettanto sorpresa.
 
“Già, l’avevi anche scritto sulla lettera che ci hai inviato,” ricorda improvvisamente Camilla, chiedendosi come avesse fatto a non accorgersi prima.
 
“Beh… è strano però non credo abbia grande rilevanza. Magari uno dei cani era tenuto momentaneamente da un’altra parte, magari era molto aggressivo o troppo intontito di farmaci per fartelo vedere,” ragiona Gaetano con un sospiro, massaggiandosi le tempie, “piuttosto, ci sono due elementi inspiegabili, Ilenia e che sono quelli che aggravano al momento più di tutti la tua posizione, insieme al fucile di precisione e al fatto che ti trovassi in quel Luna Park. Come la spieghi la giacca di jeans?”
 
“Non lo so… ci ho pensato a lungo da ieri e… a volte ho passato di nascosto a mio fratello alcuni dei miei vestiti, quando non li usavo più o non mi andavano più bene. Ero più bassa di lui ma ero molto… robusta e vestivo sempre oversize e in modo abbastanza maschile, quindi alcune cose mie gli andavano bene, tipo le maglie o le giacche. Mia mamma forse se ne accorgeva ma non diceva niente. Però sinceramente non ricordo se gli avevo regalato quella giacca di jeans, è passato troppo tempo…”
 
“Boh… forse… certo è un po’ strano, dopo dieci anni, soprattutto che poi possa essere passata di mano e finita al Vecchio,” commenta Gaetano, ricordando oltretutto che la giacca di jeans sembrava ben conservata, con cura.
 
“Magari Marcio l’ha tenuta per ricordo… forse era uno dei… feticci di quella specie di stanza dell’orrore con l’altare a Black, no?” suggerisce Camilla, per poi aggiungere, dopo un attimo di riflessione, “Ilenia, tu mi giuri che davvero non ti sei avvicinata al capanno dello Scortichini?”
 
“No, prof. glielo giuro, non ho mai tentato di rintracciarlo, non avrei saputo nemmeno come arrivarci,” conferma Ilenia, guardandola di nuovo negli occhi.
 
“E allora come può un pezzo dei tuoi pantaloni essere finito su quella ringhiera? A questo punto qualcuno deve avertelo strappato dai pantaloni di proposito e averlo portato lì,” deduce Camilla, a corto di idee.
 
“Non può essere stato Marcio? Non lo so… credo che me ne sarei accorta però… magari ero così sconvolta…”
 
“No, Ilenia, non può essere stato lui. Se crediamo alla tua versione dei fatti secondo cui tu e lui eravate insieme quando è stato ucciso lo Scortichini, nessuno si è recato in quel capanno dopo l’assassino e prima che arrivassero i soccorsi e la polizia,” sospira Gaetano, per poi aggiungere, con il tono più schietto che possiede, “Ilenia, se sai qualcosa sull’omicidio dello Scortichini oltre quello che ci hai detto è nel tuo interesse dircelo, se magari ti fossi fatta trascinare e… se avessi collaborato o se avessi taciuto od omesso. È meglio essere accusati di concorso o favoreggiamento in un omicidio che di omicidio plurimo con una sfilza di aggravanti.”
 
“Lo capisco, ma io non ne so davvero niente. Lo so che è difficile da credere ma la prima volta in cui io e Marcio abbiamo parlato di qualcosa che riguardasse la veterinaria, è stato quando ho visitato i cani del Vecchio.”
 
“Va bene… allora deve per forza essere successo quando eri da sola, prima di incontrare Marcio. Hai acquistato dei vestiti, no? Quando ti sei cambiata hai notato se erano già strappati?”
 
“No, dottore, non ci ho fatto caso… se lo erano non l’ho notato. Me ne sono accorta solo alla tenuta di Allegra, quando li ho piegati per riporli nell’armadio. E allora li ho buttati via… non so, forse era un tentativo di liberarmi dei ricordi della giornata…”
 
“Magari hai lasciato i vestiti incustoditi nei camerini?”
 
“No, prof.. Avevo tutti i miei averi di un certo valore nella tracolla, quindi non mi sono mai allontanata dai camerini, sono stata molto attenta. E poi erano tutti negozi di moda femminile, credo che se un uomo si fosse aggirato per i camerini l’avrei notato subito e l’avrebbero notato anche le commesse.”
 
“D’accordo… però… strappare una tasca a dei pantaloni richiede una certa forza, certo il cotone non è resistente come il jeans, ma ne è proprio venuto via un pezzo. E lo strappo provoca anche un rumore… Se li avevi indosso è quasi impossibile che non ti sia accorta di niente, no? Dovrai ricordarti di qualcosa,” ipotizza Camilla, cercando di visualizzare la scena.
 
“Beh, in realtà non è detto, Camilla. Ti garantisco che ci sono degli esperti di scippi e borseggi che riescono a tagliare le tasche senza farsi accorgere, come se niente fosse, specialmente nei luoghi affollati…”
 
“Ma certo!” esclama Ilenia, prima di iniziare di nuovo a tossire.
 
“Ti sei ricordata qualcosa?” le domanda Camilla, dopo che la ragazza si è calmata con qualche sorso d’acqua.
 
“Sì… quando ero sul tram, mentre stavo andando al cimitero per fare visita a mio fratello, ad una fermata sono stata spinta violentemente, per poco non cadevo contro i signori seduti davanti a me. Mi sono subito preoccupata della borsa, ma per fortuna c’era tutto e non ho nemmeno pensato alle tasche, perché non metto mai niente nelle tasche posteriori dei pantaloni, proprio per evitare problemi ma…”
 
“Quando è successo e dove? Ti ricordi la fermata precisa?”
 
“Sì, mi sembra che fosse la seconda fermata… ero salita a quella vicino a casa della signora Andreina… i nomi precisi non li ricordo ma la linea era diretta per il cimitero. E saranno state le undici e un quarto… undici e mezza.”
 
“Grazie Ilenia, a questo punto, credo che possiamo lasciarti riposare. Camilla?”
 
“Cerca di stare tranquilla e pensa solo a guarire, ok? Noi faremo tutto il possibile per scoprire la verità,” la rassicura Camilla, congedandosi da lei con un ultimo abbraccio.
 
“Grazie, prof., e grazie anche a lei dottore, per avermi dato una possibilità,” li saluta con un sorriso, che ricorda ad entrambi la vecchia Ilenia, quella che avevano conosciuto da ragazzina.
 
“Sto solo cercando la verità, Ilenia, che poi è il mio lavoro,” minimizza Gaetano, prima di avviarsi all’uscita e tornare in corridoio.
 
“Camilla…” esordisce dopo un attimo di silenzio, esitante, “credo che dovrei andare ad aggiornare De Matteis sugli ultimi sviluppi… penso di doverglielo. Tu cosa vuoi fare?”
 
“Penso che sia meglio che io non ti accompagni… sarebbe imbarazzante stare tutti e tre nella stessa stanza e… e De Matteis deve stare tranquillo,” ammette Camilla, che, in cuor suo, non si sente pronta a rivedere De Matteis, anche se sa che prima o poi dovrà capitare e dovrà affrontare quello che è successo il giorno prima, “io intanto posso andare a trovare Sammy, credo che sia ancora qui con Mancini. Mi avvisi quando hai finito?”
 
“Agli ordini professoressa,” annuisce, facendole il saluto militare e dandole un lieve bacio sulle labbra, per poi allontanarsi da lei, sotto l’occhiata divertita del piantone.
 
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“Claudia, dimmi, ci sono novità?”
 
“Sì, Gaetano, e… beh… non so se siano buone o cattive notizie,” risponde la voce della donna, con un tono lievemente metallico dato dagli altoparlanti dell’impianto vivavoce dell’auto.
 
“Spara…”
 
“Sono arrivati i risultati delle analisi sanguigne più approfondite che i medici hanno deciso di eseguire, una volta che si è iniziato a sospettare che avrebbe potuto non trattarsi di un suicidio, e degli esami tossicologici, per vedere se avessero assunto droghe o farmaci. Hanno scoperto che, oltre al monossido di carbonio, avevano anche inalato un gas narcotizzante di quelli più usati nelle rapine, che ha oltretutto peggiorato il loro quadro clinico. Ne sono rimaste evidenti tracce nel sangue, anche perché il loro metabolismo, come potrai immaginare, è completamente alterato. Il monossido di carbonio intontisce già rapidamente, inalare narcotici prima non è affatto usuale in casi di suicidio. E non è il genere di sostanza che si possa usare per scopi… ricreativi… insomma, per sballarsi.”
 
“A questo  punto non ci sono dubbi: è un tentato omicidio, mascherato da suicidio,” sospira Gaetano, sfregandosi gli occhi.
 
“Sì, direi che mi sembra l’ipotesi più probabile. Qualcuno ha narcotizzato prima i cani e poi i padroni, in modo da poter agire indisturbato. Se uno dei due cani non avesse avuto una reazione avversa ai narcotici… probabilmente nessuno se ne sarebbe mai accorto,” ammette Claudia, ricambiando il sospiro, “e tu, ci sono novità?”
 
“No, nessuna novità concreta, purtroppo, se non la certezza matematica che questo Vecchio manca all’appello e non si trova. Il questore ti ha contattata per unire i due casi?”
 
“Sì, ti volevo parlare anche di questo… il questore mi ha fatto una lunga telefonata e mi ha fatto capire che, se non ci saranno sviluppi immediati, vorrebbe lasciar trapelare la notizia che Ginger e Sisma sono vivi e stanno bene, per cercare di fare compiere un atto inconsulto a questo Vecchio o chiunque altro sia il complice della Misoglio ancora a piede libero. Voleva tastare il terreno… insomma, se sarei disposta a coordinare l’operazione. Ho cercato di prendere tempo e-“
 
“E hai fatto bene: ci ho pensato anche io, ma per me deve rimanere solo un’ultima spiaggia. Viste le condizioni di Ginger e Sisma, e vista la pericolosità della persona con cui abbiamo a che fare e che non si tratta di un Luna Park abbandonato, ma di un ospedale pieno di civili innocenti e malati… vorrei evitare una situazione a rischio sequestro o una strage…”
 
“Lo so, ma ti avverto, mi sembrava parecchio deciso e… il questore è una brava persona, Gaetano, di solito è ragionevole, ma temo abbia il fiato sul collo da più di una persona in alto per chiudere in fretta questo caso, prima che possa scatenarsi una psicosi e che si possa… rovinare l’immagine della città, anche per il turismo…. Insomma, sai meglio di me come funziona, no?”
 
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“Maledizione!”
 
“Intuisco dal tuo tono di voce e dal modo in cui hai quasi infranto la cornetta contro alla scrivania che la telefonata con il questore non sia andata bene…” deduce Camilla, che è appena rientrata nell’ufficio di De Matteis dopo una lunga e concitata telefonata con sua madre.
 
“No, Camilla… è troppo impaziente e… e poi gli ho dovuto riferire della nostra visita ad Ilenia, ho cercato di fargli capire che la tua presenza serviva per farla aprire, per farla parlare ma… diciamo che teme che io mi stia facendo condizionare dai nostri rapporti pregressi con Ilenia e da te. Per lui Ilenia è la colpevole e… da un lato lo capisco visto che le prove sono tutte contro di lei… e se non troviamo altre prove più che schiaccianti del contrario non sarà facile fargli cambiare idea. E temo che possa togliermi la fiducia e il caso quanto prima, o meglio, che possa chiudere il caso e finirla lì.”
 
“Mi dispiace, Gaetano, ti creo sempre problemi,” ammette, sedendosi all’angolo della scrivania e posandogli una mano sulla spalla.
 
“Ehi, non è colpa tua, professoressa,” la rassicura, afferrandole l’altra mano e portandola a sedersi sulle sue ginocchia, “anzi, mi hai evitato anche questa volta di prendere una cantonata pazzesca, per quanto riguarda il povero signor Giuliani e a questo punto credo anche per quanto riguarda Ilenia.”
 
“Beh, ho solo ricambiato il favore, visto che, se non mi avessi fatta ragionare, sarei probabilmente morta come una stupida in quella casa in fiamme…” ammette Camilla, anche se a fatica, guardandolo negli occhi, “e poi sono sicura che, riguardando le prove, ti saresti accorto anche da solo che qualcosa non quadrava, anzi, te ne sei accorto da solo.”
 
“Come io sono sicuro che, anche se non ti avessi fatta ragionare, alla fine non saresti andata a quell’appuntamento da sola, Camilla. Del resto sei stata tu per prima ad essere in apprensione, quando hai scoperto che ci era andata Sammy, no?”
 
“Gaetano…” sussurra, toccata da questa ennesima ammissione e prova di fiducia, di stima e di amore, non resistendo e posandogli un bacio sulle labbra che vorrebbe essere rapido, ma il cuore e le bocche di entrambi sono di diversa opinione.
 
Il rumore di una porta che si apre li interrompe.
 
“Scusate… avrei dovuto bussare…” proclama Marchese, un’espressione imbarazzata e divertita sul volto, mentre Camilla si precipita ad alzarsi in piedi, “ma… diciamo che con il dottor De Matteis almeno questo problema non l’ho mai avuto.”
 
Gli occhi di Camilla e quelli di Gaetano si incrociano e stanno pensando entrambi la stessa cosa: ah, se Marchese sapesse!
 
Ma, del resto, lui era rimasto al Luna Park ed era quindi stato praticamente l’unico a perdersi la scena del bacio e tutto il maremoto che ne era conseguito.
 
“Avevi notizie da darmi, Marchese?” taglia poi corto Gaetano, schiarendosi la gola e recuperando un tono professionale.
 
“Sì, dottore, per quanto riguarda il Luna Park, le ricerche si sono concluse con un quasi nulla di fatto. I pompieri confermano che il fuoco è doloso, sono state trovate tracce di un accelerante, comune benzina, su svariati tessuti e su alcune tavole di legno. Ma… come immaginerete, dato che è tutto crollato,  è difficile capire da dove siano partite le fiamme, anche se, vista la rapidità di propagazione, ipotizzano che ci fossero più punti di innesco, forse su più piani. A loro avviso però è praticamente impossibile distinguere eventuali congegni di innesco dai meccanismi già presenti nell’attrazione. Ci stanno ancora lavorando, ma servirebbe davvero un colpo di fortuna.”
 
“Capisco. I pompieri hanno per caso rinvenuto quello che resta dell’estintore che avevamo trovato vicino all’uscita posteriore? Sembrava nuovo… c’erano materiali da costruzione in giro, magari potrebbero essere stati gli operai ma, in caso contrario, si aprono ben altri scenari e, se si riuscisse a ritrovarlo e se il numero di matricola fosse ancora leggibile… ”
 
“I pompieri non mi hanno riferito nulla in proposito, ma mi informerò sicuramente, dottore.”
 
“E per quanto riguarda i punkabbestia?”
 
“No, nessuno conosce o ammette di conoscere il Vecchio. Mi hanno promesso che faranno correre la voce e mi faranno sapere ma, sinceramente, temo che non ne caveremo un ragno dal buco.”
 
Il telefono dell’ufficio inizia a squillare.
 
“Cavolo… ormai cominciavo a sentire la mancanza di questo suono melodioso,” ironizza Camilla, mentre Gaetano afferra la cornetta.
 
“Sì, il direttore dell’ospedale veterinario? Sì, me lo passi,” annuisce Gaetano, premendo di nuovo il tasto del vivavoce, “pronto, dottore, buongiorno sono Berardi. Ammetto che la sua chiamata mi sorprende: ci sono altre novità?”
 
“Sì, dottor Berardi, purtroppo sì. Stamani uno dei cani prelevati dal cascinale del signor Giuliani Cesare, ha iniziato a manifestare evidenti sintomi di Rabbia… si sta avviando all’ultimo stadio della malattia. Ovviamente dovremo attendere il decesso e l’autopsia per averne la certezza assoluta, ma penso si possa affermare che, al 99% delle probabilità, si tratta di Rabbia.”
 
“Che cosa? Uno dei cani del Vecchio… cioè… uno dei cani trovati al cascinale? Non dello Scortichini?”
 
“Esatto. Anche in questo caso non l’avevamo notato subito perché, come i cani dello Scortichini, anche quelli del Signor Giuliani presentavano evidenza di un uso farmaci.  Per essere precisi, due cani erano sotto effetto di fluoxetina, mentre questo cane in particolare aveva ancora tracce nel sangue di un forte dosaggio di benzodiazepine, un tranquillante che dà prima torpore e poi forti fenomeni di astinenza, che potevano motivare quindi il comportamento docile e poi via via più aggressivo dell’animale.”
 
“Benzodiazepine? E potrebbero avere anche un effetto soporifero?” chiede Gaetano, facendo il collegamento con quanto successo ai cani di Sisma e Ginger.
 
“Sì, anche se questo tipo di benzodiazepina è più usata come tranquillante che come sonnifero, ma a quei dosaggi la linea di demarcazione non è di certo netta.”
 
“Per quanto riguarda invece la Rabbia… ma com’è possibile? Non è che i cani sono stati a contatto tra loro?”
 
“No, dottor Berardi, assolutamente no. I cani sono rimasti tutti in isolamento e non hanno avuto contatti tra loro, come da protocollo. E poi sono stati portati qui da noi venerdì sera, siamo a mercoledì e la Rabbia non si manifesta in un tempo così breve, non all’ultimo stadio, quindi il cane non può essere stato contagiato qui.”
 
“Dottore, le garantisco che non era mia intenzione mettere in dubbio la sua professionalità ma… mi chiedo come sia possibile…”
 
“Non lo so… l’ipotesi peggiore e più plausibile è quella di un’epidemia che si sta diffondendo tramite le lotte clandestine, magari partendo da un singolo cane ammalato, e quindi per ora contenuta in un ambito preciso. Però, a parte le implicazioni sanitarie pesantissime che spero di non dover contemplare, ci sono alcuni elementi che mi portano a dubitarne. Il cane in questione, al contrario dell’altro, non aveva lesioni recenti da lotta, solo un morso su una zampa ed un ematoma nella zona della nuca, come se fosse stato colpito con oggetto smussato, che non ha lasciato ferite evidenti. E la Rabbia si manifesta sicuramente in un tempo inferiore a quello che ci impiega un cane a guarire da delle ferite di combattimento. L’altra ipotesi è che possa averlo contratto da un animale selvatico ma qui in Lazio la Rabbia non è endemica e non dovrebbe essere affatto diffusa in natura, anzi, non dovrebbe proprio essere presente.”
 
“Capisco dottore, la ringrazio molto e mi tenga assolutamente informato se ci fossero altri aggiornamenti.”
 
“Ci mancava solo la possibile emergenza sanitaria…” commenta Marchese con un sospiro.
 
“No, scusate ma… prima di pensare ad un’epidemia… ci deve essere un collegamento e non può essere una coincidenza…” interviene Camilla, cercando un nesso che le sfugge.
 
“E forse so di cosa si tratta. Marchese, hai qui i risultati della scientifica sulla Panda bianca in cui è stato ritrovato Marcio? Quella usata dall’assassino per andare dallo Scortichini?”
 
“Certo, dottore, dovrebbero essere in quel fascicolo… eccoli,” proclama il ragazzo, estraendo una cartellina.
 
“Per caso c’erano dei peli di cane nel bagagliaio?” domanda, trattenendo il fiato.
 
“Sì, sì, peli neri, non umani ma identificati come di razza canina. Ma come faceva a saperlo?” gli domanda stupito, mentre Gaetano sorride.
 
“Perché oggi Ilenia ci ha confermato che quando lei e Marcio sono andati al cascinale, mentre il Vecchio, a quanto supponiamo ora, doveva ancora tornare dalla sua… visita allo Scortichini, i cani erano solo due e non tre.”
 
“Anche questo cane non era del Vecchio, ma dello Scortichini!” intuisce Camilla con un sorriso ancora più ampio e uno sguardo orgoglioso.
 
“Quindi il Vecchio prima di uccidere lo Scortichini, insomma, mentre metteva in moto il suo piano, ha preso uno dei cani dello Scortichini e se l’è portato al cascinale. Ma perché? Oltretutto rischiando di fare insospettire lo Scortichini, se avesse notato che un cane mancava?” domanda Marchese, ancora confuso.
 
“Ma lo Scortichini non avrebbe potuto  notare la mancanza di un cane, o meglio, avrebbe potuto, se avesse prestato attenzione, ma dubito che conoscesse così a fondo tutti i suoi cani per accorgersene.”
 
“Che vuol dire, dottore? Ammetto che mi sono perso…”
 
“Quello che Gaetano sta cercando di dire, Marchese, è che i cani del Vecchio erano tre, ma il Vecchio dopo aver preso l’auto, probabilmente consegnatagli da Marcio, prima di andare dallo Scortichini è tornato al suo cascinale – che del resto non dista tantissimo dal capanno dello Scortichini ed era di strada, quindi come tempi ci stiamo – ha preso uno dei suoi cani, l’ha caricato sulla Panda bianca e se l’è portato dallo Scortichini. E l’ha sostituito con uno dei cani dello Scortichini, quello che stava di fianco all’altro cane rabbioso che è morto ieri, e che quindi probabilmente era stato da lui contagiato. Magari aveva sporto la zampa oltre la sbarra e l’altro cane l’aveva morso…”
 
“Ma perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere?” domanda Marchese, prima di intuire da solo la risposta, “così il cane del Vecchio, non conoscendo lo Scortichini ed essendo dopato, l’avrebbe aggredito con ancora maggiore probabilità?”
 
“Esattamente Marchese. Non mi stupirei se poi avesse anche lasciato la gabbia socchiusa, per accertarsi che proprio quel cane si sarebbe liberato.”
 
“Ma era rischiosissimo, prof.… cioè… tirare fuori dalla gabbia uno dei cani dello Scortichini, era un rischio enorme anche per il Vecchio.”
 
“Non se il cane era sedato, Marchese. E questo spiegherebbe perché questo secondo cane misteriosamente contagiato da Rabbia, sia l’unico a non essere stato imbottito di fluoxetina ma solo di benzodiazepine, quindi con le famose polpette al sonnifero di cui a quanto pare il Vecchio è un vero esperto. A differenza degli altri due cani del Vecchio, che erano delle vere e proprie cavie e degli altri cani dello Scortichini, imbottiti tutti di fluoxetina in modo che almeno uno avrebbe aggredito a morte lo Scortichini, anche se fosse sfuggito al cane sostituito. Mentre questo cane non era né una cavia, né parte della trappola, doveva solo essere intontito e basta, in modo da poterlo trasportare senza pericoli,” chiarisce Gaetano, mentre il mal di testa pulsante si fa ancora più forte.
 
“Sì, il ragionamento fila ma… tutto questo che ripercussione ha sulle indagini?” domanda Marchese, riportando tutti alla realtà.
 
“Nessuna temo, a parte confermare ancora di più che il tutto non è stato affatto un incidente, e che qualcuno si è davvero introdotto dallo Scortichini. Ma il problema è che l’unica persona che può essere collocata sulla scena del crimine è proprio Ilenia, per via di quei pantaloni,” ammette Gaetano con un sospiro, “quindi non è nulla che ci serva per capire chi sia il Vecchio o per incriminarlo e abbiamo sempre meno tempo per scoprirlo.”
 
“Maledizione!” sibila Marchese a denti stretti, “che possiamo fare?”
 
“Per intanto, Marchese, ho due nuovi compiti per te: primo, far sì che la scientifica si metta in contatto con l’ospedale veterinario, per un confronto tra il DNA dei peli ritrovati sulla panda e il DNA del cane che ha aggredito lo Scortichini e del cane che al momento è infettato di Rabbia, per confermare che sia avvenuta la sostituzione. E poi, cosa molto più importante, voglio che verifichi le telecamere di queste due fermate del tram, dalle 11 alle 12 di sabato dell’altra settimana, insomma, il giorno in cui lo Scortichini è stato ucciso,” spiega, indicandole sulla mappa, “un uomo dovrebbe essere salito dopo Ilenia in questa fermata, quella vicino a casa della signora Andreina e poi sceso dopo due fermate. Verifica se riesci ad individuare qualcuno che ha fatto solo quelle due fermate e se ci sono volti familiari.”
 
“Sì, dottore, subito,” annuisce, segnandosi i dati e congedandosi rapidamente.
 
“Che ne dici? Hai fame, professoressa? Io ho la testa che mi scoppia e-“ inizia, prima che l’ennesimo squillo del cellulare lo interrompa.
 
“Sì, Grassetti?” risponde, poggiando il capo sulla fronte e mettendo di nuovo il vivavoce.
 
“Dottore, sono a Spinaceto. Per ora ho girato le due farmacie e due i bar principali, quelli con più avventori anziani. In un bar un paio di signori sull’ottantina si ricordavano di Giuliani ma dicono di averlo visto per l’ultima volta almeno un paio di anni fa. Tutti confermano che era un eremita ormai da moltissimi anni, che non aveva amici e che le uniche persone con cui aveva contatti erano quei pochi a cui vendeva la legna e prodotto agricoli in surplus e i suoi pochi fornitori di materiale per l’agricoltura, che praticamente mangiava e beveva solo cibo autoprodotto e rarissime volte veniva in paese a fare qualche provvista, soprattutto di vestiti e medicine, ma in farmacia non lo vedono da secoli. Ho poi controllato presso i negozi di articoli per l’agricoltura e cibo per animali, ma anche lì zero assoluto: nessuno l’ha più visto da un sacco di tempo… posso controllare ancora se vuole, ma-“
 
“No, Grassetti, non serve: in quel cascinale non c’erano abbastanza animali, né un orto che potessero consentire a qualcuno di vivere di solo cibo autoprodotto. È evidente che il signor Giuliani è morto da un pezzo, probabilmente anche da due anni… e a questo punto o il Vecchio ha trovato il cascinale abbandonato e se l’è preso o-“
 
“O potrebbe averlo ucciso lui per impadronirsene?” deduce Grassetti, un tremore nella voce.
 
“Sì, e in quel caso deve averlo conosciuto in qualche modo, magari averlo osservato per un po’ e aver capito che nessuno si sarebbe mai accorto della scomparsa del signor Giuliani, non per molto, moltissimo tempo…” sospira, rendendosi conto che risalire a chi avesse frequentato Giuliani prima di morire, ad anni di distanza, è peggio di cercare un ago in un pagliaio e richiede risorse e tempo che al momento non hanno, “senta, Grassetti, rientri pure, a questo punto è necessario coordinarci e ho un lavoro più urgente da farle sbrigare insieme a Marchese.”
 
“Ok, dottore, tre quarti d’ora, un’ora al massimo sarò lì,” conferma, prima di mettere chiudere la comunicazione.
 
“Eppure a me sembra che ci sia qualcosa che mi sfugge, Gaetano… non so… e se-“
 
“Scusa, Camilla, ma ho davvero la testa che mi scoppia, non ce la faccio più. Pausa pranzo? Ordiniamo qui?” la implora, guardandola con un’espressione sofferente che la intenerisce.
 
“Vada per la pausa pranzo, ma non qui dentro: hai bisogno d’aria, dottor Berardi. Perché non andiamo al parco qui vicino e ci prendiamo un panino per strada?”
 
“Camilla… non sono sicuro che sia una buona idea… e se-“
 
“Gaetano, siamo già usciti per andare all’ospedale e non è successo niente e va bene che questo Vecchio sarà folle, ma mettersi a fare una sparatoria accanto alla questura… e poi sono con te e quindi sono sicura che non mi succederà niente,” lo rassicura, accarezzandogli il viso con il suo migliore sorriso.
 
“D’accordo, adulatrice, diciamo che fingo di crederci, ma solo perché ho troppo mal di testa per discutere con te, professoressa.”
 
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“Che c’è? Sono sporca in faccia?”
 
“No, la tua faccia sta, come sempre, benissimo,” replica, prima di sorridere insieme a lei, ricordando uno dei primi momenti in cui Gaetano si era avvicinato un po’ troppo a lei, in tutti i sensi, rispetto a quanto avrebbe dovuto fare un semplice amico.
 
“E allora perché mi guardi così?” gli domanda, addentando di nuovo con gusto il panino che hanno appena comprato dallo zozzone lì vicino.
 
“Perché adoro come mangi: sei l’unica donna post-adolescente che conosco, a parte mia sorella, che si avventa in questo modo sul cibo spazzatura, con così tanto piacere, come se fossi una bambina,” ammette con un altro sorriso, accarezzandole la guancia.
 
“Vedi dottor Berardi, devo farti due scioccanti rivelazioni: la prima è che le donne che tu frequentavi di solito erano quasi tutte o ex modelle o comunque delle bellezze da copertina che, per mantenersi tali, quasi certamente si ammazzavano di dieta e palestra. E, in secondo luogo, magari anche loro una volta ogni tanto si saranno concesse e si concederanno qualche trasgressione, come noi comuni mortali ma, sempre come la maggior parte di noi comuni mortali, probabilmente preferivano non strafogarsi proprio di fronte a te, cioè all’uomo a cui erano interessate, ma o con le amiche o nella privacy di casa loro, magari dopo che le avevi appena mollate scaduto il periodo di prova, con tanto di film strappalacrime di sottofondo. Francesca, essendo tua sorella, non conta, ovviamente.”
 
“Scaduto il periodo di prova?” domanda con un sopracciglio alzato, anche se la vocina della sua coscienza gli ricorda che Camilla non ha tutti i torti, per poi aggiungere, ironico, “e allora da questo dovrei dedurre che tu non sei interessata a me?”
 
“No, dovresti dedurre che so che ormai mi conosci più che bene e mi hai vista al mio peggio… se non sei scappato fino adesso, dubito che lo farai per un hotdog pieno di salsa,” ribatte, mentre, nemmeno a farlo apposta, uno sbaffo di ketchup le macchia l’angolo della bocca.
 
“Scappare? Semmai il contrario,” sussurra, pulendole le labbra con un bacio, per poi riprendere a mangiare in un piacevole silenzio, accoccolati l’uno all’altra.
 
“Sai che è stata proprio una buona idea quella del parco?” proclama Gaetano dopo aver terminato entrambi l’ultimo morso del panino, “mi sento molto più rilassa-“
 
BANG! BANG!
 
È un attimo: il suono di due scoppi e Gaetano si getta su di lei, schiacciandola contro la panchina per metterla al riparo e farle da scudo, la mano che vola alla fondina nascosta sotto alla giacca leggera, gli occhi che scannerizzano rapidamente lo spazio intorno a loro. Dopo pochi secondi si sgonfia visibilmente, esalando un sospiro di sollievo e si rialza, tirandola su con sé.
 
“Ma che ti prende?!” domanda, spaventata e scombussolata, guardandosi intorno, portandosi una mano alla bocca e trattenendo a stento una risata quando vede che cosa ha provocato quei botti, “petardi?! E meno male che eri rilassato!”
 
“Oddio che figura…” mormora Gaetano, volendo sprofondare, mentre tre ragazzetti lì vicino li guardano come se fossero due pazzi. Non si capacita di come abbia potuto pensare che fossero degli spari: era addestrato a distinguere perfettamente il rumore di uno sparo, spesso riusciva anche ad intuire il tipo di arma usata e la direzione da cui provenivano i proiettili solo dal suono.
 
“Gaetano, ascoltami, io capisco che tu sia preoccupato, ma non puoi rimanere con i nervi a fior di pelle tutto il tempo…” sussurra, accarezzandogli una guancia e sollevandogli il viso per costringerlo a guardarla negli occhi, altrettanto preoccupata ma per lui, vedendolo così in tensione.
 
“Lo so… hai ragione… ci manca solo che mi metto ad arrestare quei bimbi laggiù per detenzione di pistole ad acqua,” sospira autoironico, tranquillizzandosi e tranquillizzandola un po’, per poi aggiungere, cercando di alleggerire l’atmosfera e di cambiare argomento, “tra l’altro lo sai che Tommy sono mesi che me ne chiede una? Prima ho temporeggiato perché faceva freddo… ora che è estate vorrei regalargliene una per quando torna da Los Angeles ma…”
 
“Ma?”
 
“Diciamo che, conoscendo Tommy, ho paura di trovarmi casa allagata ogni due per tre e… ti immagini la reazione di Eva se Tommy dovesse allagare il suo appartamento con qualcosa che io gli ho regalato?”
 
“Sì… non fatico a immaginarla, ma potresti sempre regalargliela quando dovrà rimanere con te per qualche giorno. Così avrai tempo per spiegargli e insegnargli come e dove usarla e inonderà al limite casa tua e non quella di Eva…”
 
“Messa così, è proprio una prospettiva allettante…”
 
“Gaetano, guarda che Tommy ti ascolta moltissimo, più di quanto immagini, apprende tutto quello che gli insegni come una spugna e sono più che sicura che sarà così anche in questo caso,” lo rassicura accarezzandogli la schiena.
 
“Anzi, ti dirò, capisco che gli allagamenti non siano piacevoli da asciugare, ma la passione di Tommy per l’acqua ti garantisco che è una vera benedizione: almeno quando devi lavarlo non hai alcun problema, mentre invece di solito con i bambini di quell’età è un’impresa. E anche con molti adolescenti a dire la verità: sapessi quanti studenti ho avuto negli anni che sembravano avere il terrore, anzi il rigetto per l’acqua e il sapone e rischiavano di fare morire intossicati me e i loro compagni!” commenta sarcastica, facendolo ridere, “a proposito di acqua, ce n’è ancora un po’? Quel panino mi ha fatto venire una sete…”
 
“Sì, certo, ne ho presa una bottiglietta in più,” conferma lui, aprendola e porgendogliela con fare apparentemente cavalleresco, prima di premerla di proposito un po’ più forte del dovuto, schizzandole leggermente viso e maglietta.
 
“Scemo! Ecco da chi ha preso Tommy!” esclama lei, asciugandosi gli occhi con aria fintamente risentita, per poi afferrare la bottiglietta e portarsela alle labbra, trattenendo un sorriso.
 
“Non avrai paura anche tu di un po’ d’acqua, professoressa?” le domanda ironico, vedendo le labbra di lei tendersi tra un sorso e l’altro, fino a che, improvvisamente, gli occhi le si spalancano e la sua espressione divertita muta bruscamente.
 
Cough! Cough! Cough!
 
“Ehi, ehi, respira, respira,” esclama Gaetano, dandole un paio di pacche sulle spalle, mentre lei continua a tossire e soffocare, l’acqua che le è andata completamente di traverso, per poi aggiungere, quando lei sembra calmarsi lievemente, “va bene che una risata ci seppellirà, ma non vorrei averti sulla coscienza.”
 
“No, Gaetano, non capisci…” rantola, dando ancora un paio di colpi di tosse cercando di prendere il fiato, “come ho fatto a non pensarci prima?!”
 
“Eh? Temo di essermi perso, Camilla…” risponde, confuso.
 
“Vieni, vieni con me… dobbiamo tornare in questura… subito…” ansima, afferrandolo per una mano e cercando di trascinarlo in piedi.
 
“Ma perché? Che è successo?”
 
“Vieni!” intima con un tono e un’espressione che gli fanno capire che è meglio non contraddirla, gettando rapidamente i rifiuti nel cestino lì vicino e poi lanciandosi in una corsa forsennata verso la questura.
 
Con uno scatto degno di due velocisti sono al portone di ingresso, lasciandosi alle spalle i due agenti alla porta che li guardano sbigottiti. Scartando altri agenti, arrivano all’ufficio di De Matteis, Camilla spalanca la porta a vetri con una tale violenza che per poco non si infrange e si precipita verso la scrivania, aprendo le cartelline e iniziando a rovistare freneticamente.
 
“Dottore, prof. è successo qualcosa?!” li raggiungono le voci preoccupate di Marchese e di Grassetti, che piombano nell’ufficio, temendo un’emergenza.
 
“Non lo so, è Camilla che-“
 
“Marchese, tu che sei rapido su queste cose, mi cerchi quali sono i sintomi della Rabbia?” lo interrompe Camilla, continuando a frugare tra le carte.
 
“I sintomi della Rabbia? Forse conviene chiamare il direttore dell’ospedale veterinario e chiederlo a lui…” propone Gaetano, con il tono di chi non ci sta capendo nulla.
 
“No, non sui cani, ma sull’uomo. Ci sarà qualcosa su internet no?” chiede Camilla, scartando le prime due cartelline e avventandosi sulla terza.
 
“Sì, certo, ci sono molti risultati. Le leggo il primo… la patologia si sviluppa in tre fasi. Fase prodromica: dopo il morso si possono rilevare sintomi aspecifici, quali febbre, cefalea, mialgia. L'unico sintomo specifico, che si presenta nel 60% dei casi, è una parestesia nella sede del morso. Fase di latenza o "rabbia furiosa". Tipica di questa fase è l'idrofobia, un laringospasmo doloroso in seguito al tentativo di far bere il paziente (negli animali tale sintomo non si verifica). L'ultima fase è quella terminale, quando cioè il virus ha colonizzato i tessuti del sistema nervoso centrale e in cui si hanno sintomi neurologici. La sintomatologia prevalente (75% dei casi) è di tipo furioso (forma furiosa), con aggressività, irascibilità, perdita di senso dell'orientamento, allucinazioni, iperestesia, meningismo, lacrimazione, aumento della salivazione, priapismo, eiaculazione spontanea, Babinsky positivo, paralisi delle corde vocali e idrofobia. Nel restante 25% dei casi si ha una sintomatologia di tipo paralitico (forma paralitica).”
 
“Qualcosa che sia scritto in termini più comprensibili per noi umani?” domanda Grassetti, ironica.
 
“Boh, proviamo a vedere ad un altro link. Qui si dice: la rabbia di solito inizia con un breve periodo di depressione, irrequietezza, malessere generale e febbre. L'irrequietezza aumenta fino a un eccitamento incontrollabile con salivazione eccessiva e spasmi dolorosi dei muscoli laringei e faringei. Tali spasmi, che sono provocati dall'irritabilità riflessa dei centri della deglutizione e della respirazione, sono scatenati facilmente (per esempio da una lieve brezza o da un tentativo di bere acqua). In definitiva, il paziente non può bere, sebbene abbia molta sete (di qui il termine "idrofobia"). E-”
 
“Va benissimo, Marchese, può bastare così,” proclama Camilla, estraendo un dvd da un’altra cartellina, inserendolo nel lettore e armeggiando con il telecomando, fino a portare il filmato al punto desiderato e a farlo partire.
 
“Ma questo è…” esclama Gaetano, mentre sullo schermo scorrono le immagini della fine dell’interrogatorio di Fausto Misoglio.
 
Il momento dell’aggressione, Mancini cianotico e De Matteis che getta in faccia a Misoglio il bicchiere d’acqua che c’era sul tavolo. Misoglio che cade a terra, tossendo furiosamente, cercando disperatamente di respirare.
 
“Vedete la reazione all’acqua? È completamente esagerata, sembra quasi che De Matteis gli abbia gettato dell’acido in faccia. E poi i sintomi che elenca: febbre, mal di testa… e dopo rifiuta di nuovo l’acqua, con veemenza. Come se ne avesse paura…” spiega Camilla, mentre Gaetano, Marchese e Grassetti la guardano sconvolti.
 
“Camilla… non starai dicendo che…? In effetti la reazione è anormale e lui è parecchio agitato, venerdì con te è stato aggressivo, violento però... il padre di Ilenia è sempre stato un uomo violento ed essere convocati dalla polizia di solito suscita nervosismo. E poi quante persone hanno mal di testa e febbre? Magari gli è andata l’acqua di traverso e il fatto che poi abbia rifiutato di bere non vuol dire niente… può essere che fosse solo ansioso di andarsene di lì, che sia un caso isolato,” ragiona Gaetano, non volendo correre a conclusioni affrettate, anche se...
 
“No, non è un caso isolato, la professoressa ha ragione. Quel bicchiere era lì, pieno, perché il signor Misoglio aveva già rifiutato di bere all’inizio dell’interrogatorio. E anche quando è stato convocato venerdì, aveva avuto un violento attacco di tosse, sembrava gli fosse andata di traverso la saliva,  e si era lamentato di non stare bene. Quando il dottor De Matteis ha provato ad offrirgli dell’acqua si è scansato dal bicchiere, quasi come se gli stesse porgendo qualcosa di pericoloso,” interviene Grassetti, ricordando perfettamente quei momenti, visto il disgusto che aveva provato per il signor Misoglio.
 
“E questo spiegherebbe anche la giacca di jeans… Ilenia è scappata di casa in tutta fretta con sua madre… non avrà avuto il tempo e il modo di prendere tutti i vestiti, no?” fa notare Marchese, la voce ancora tinta di incredulità, mentre Gaetano afferra il telecomando dalle mani di Camilla e comincia a trafficare.
 
“Che stai facendo?” gli chiede Camilla, per poi spalancare la bocca quando lui sceglie un fotogramma in cui Misoglio è di fronte e zooma sul suo viso.
 
“La statura c’è, Misoglio non arriva al metro e settanta, la corporatura pure, è decisamente stempiato, per non dire calvo, ha gli occhi azzurri e…”
 
“Il neo sopra al sopracciglio destro…” sussurra Camilla, guardando meglio l’area che Gaetano sta indicando con il dito, mentre un brivido la scuote da capo a piedi, il gelo nella schiena e nel cuore, insieme al desiderio fortissimo di vomitare.
 
E nemmeno l’abbraccio di Gaetano questa volta riesce a scaldarla.
 
Si guardano come quattro statue di sale, l’incredulità  che mano a mano lascia il posto al disgusto, al dolore e alla rabbia.
 
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Maledizione, rispondi! – impreca tra sé e sé, dopo l’ennesima, inutile chiamata al questore. Niente, il telefono era sempre occupato.
 
“Cosa facciamo dottore? Entriamo in azione o aspettiamo?” domanda Marchese, seduto accanto a lui sull’auto civetta, Grassetti e Lorenzi su un’altra macchina parcheggiata al lato opposto della strada, altre due auto della polizia – e quindi altri quattro agenti – appostati sul retro.
 
Per ora non si era visto nessun movimento dallo stabile di Misoglio, ma sa benissimo che non possono rimanere tutti parcheggiati lì a lungo, prima che mangi la foglia. E ci sono parecchie altre case abitate lì attorno, non possono permettersi di dargli tempo e modo di reagire.
 
“Andiamo, non possiamo più aspettare,” decide, sapendo che è l’unica cosa sensata da fare e al diavolo il questore. Del resto, è un’emergenza.
 
Scende con calma dall’auto, seguito da Marchese, fanno qualche passo intorno alla casa con la maggiore nonchalance possibile, fino a raggiungere l’ingresso anteriore.
 
“Voi aspettate all’ingresso dietro,” sussurra nel microfono agli agenti appostati sul retro, mentre, con un cenno, Lorenzi e Grassetti si affiancano a loro ai due lati della porta.
 
“Suoniamo o forziamo?” domanda Marchese, in evidente apprensione.
 
“Suoniamo prima, magari può pensare che siamo qui per un altro interrogatorio,” ragiona, sperando di riuscire a prenderlo di sorpresa, senza il rischio di altri spargimenti di sangue.
 
Preme il campanello, una, due, tre volte, ma non risponde nessuno.
 
“Forziamo?”
 
“Sì, Grassetti,” conferma, facendosi porgere gli attrezzi del mestiere. Un paio di movimenti di polso precisi e la serratura scatta. Per essere un pluriomicida evidentemente meticoloso al limite del paranoico, Misoglio non sembra curarsi granché di avere porte blindate.
 
Pistola in pugno, Marchese si proietta nella cornice della porta, seguito da Gaetano. Un cenno di intesa, Marchese inizia ad incamminarsi, uno, due passi e poi un luccichio e Gaetano si lancia su Marchese, afferrandolo per le spalle e tirandolo indietro di peso.
 
“Che succede?” domanda Marchese, il tono di chi ha quasi avuto un infarto.
 
“Fermi tutti!” intima Gaetano, con un tono che né Grassetti né Marchese gli hanno mai sentito usare. Mette una mano in tasca, da cui estrae una piccola torcia elettrica, proiettandone il fascio di luce sul pavimento.
 
Fili di nylon trasparenti brillano di fronte ai loro occhi, attraversando il corridoio da lato a lato all’altezza del ginocchio, della coscia e a metà polpaccio proprio a due passi da loro. Gaetano li segue con la torcia: sono collegati a due canaline che corrono lungo il muro e da lì a due scatole elettriche poste vicino al pavimento. Da una delle due scatole elettriche parte un’altra canalina che corre fino alla porta.
 
Non sa se si tratti di un allarme o di esplosivo o di altro, sa che probabilmente ci deve essere un modo per disattivare il tutto, che Misoglio deve avere un modo per disattivare il tutto, ma, dopo quello che è successo al Luna Park, non può rischiare. Non con così tante case e così tanti civili nei dintorni. E non se la sente nemmeno di tentare di aprire l’uscita sul retro.
 
“Usciamo!” dà l’ordine, avendo cura di riavvicinare la porta senza chiuderla del tutto, “rimanete contro il muro, mentre chiamo i rinforzi.”
 
Non sa se Misoglio sia barricato dentro lo stabile o meno ma, di sicuro, questo è un lavoro per gli artificieri e per i reparti speciali.
 
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Guarda l’orologio per la terza volta nell’ultimo minuto.
 
Questa è forse la parte del lavoro di Gaetano a cui non si abituerà mai: saperlo fuori, in azione, in una situazione in cui la minima distrazione può significare-
 
No, non deve pensarci!
 
Sono quasi due ore che è via… certo c’era quasi un’ora d’auto, anche di più a seconda del traffico, ma…
 
Decisa a pensare ad altro, afferra il telecomando del televisore ma, dopo pochi istanti, il suo inconscio la tradisce, portandola sul canale delle news.
 
Nessuna breaking news, sembra tutto tranquillo, nota con un sospiro di sollievo. Vorrebbe chiamarlo ma non può di certo permettersi di distrarlo.
 
“E in cronaca... una notizia battuta dalle agenzie due ore fa: un ragazzo e una ragazza tra i venticinque e i quarant’anni di età sono stati ricoverati per intossicazione da monossido di carbonio, privi di documenti. Si valuta l’ipotesi del suicidio: i due ragazzi, presumibilmente appartenenti all’ambiente dei punkabbestia, sono stati ritrovati in una portineria di uno stabile abbandonato nella zona industriale tra la Appia e Ciampino. Sono ancora in coma, ma i medici rassicurano che le loro condizioni sono stabili e a breve potrebbero risvegliarsi. Queste sono le loro foto… si invita chiunque avesse notizie sulla loro identità a contattare immediatamente-“
 
Camilla solleva lo sguardo, pietrificata: i volti esanimi di Ginger e Sisma, tinti di quell’innaturale colorito ciliegia, ma perfettamente riconoscibili, campeggiano a tutto schermo, come bersagli di un tirassegno.
 



 
Nota dell’autrice: Ed eccoci qui, alla fine del capitolo più lungo che abbia mai scritto in vita mia. Finalmente l’assassino è stato svelato ma… non è ancora finita! Prima bisogna catturarlo ;). Nel prossimo capitolo ci attendono quindi un po’ d’azione, tutti i dettagli su come l’assassino abbia agito e perché  (anche se gli elementi per ricostruirlo sono tutti presenti in questo capitolo) e… le conseguenze di quanto è successo per tutti i nostri personaggi. Si chiuderanno delle porte e se ne apriranno delle altre, prima che i nostri protagonisti dicano di nuovo arrivederci alla capitale. E tra due capitoli si torna a Torino ;).
Spero che questa prima risoluzione del giallo non abbia deluso le vostre aspettative, dopo tanta attesa, è la cosa più complessa in cui mi sono mai cimentata da un punto di vista di scrittura e spero che “fili tutto”. Immagino che alcuni avessero già intuito chi era l’assassino, mentre altri ancora no e sono davvero curiosa di sapere che cosa ne pensate, come sempre anche i pareri negativi mi sono utilissimi per capire in cosa sbaglio e in cosa invece c’ho azzeccato ;).
Un plauso speciale va a 1575 che è stata la prima a scrivermi in una recensione chi fosse l’assassino, azzeccandoci in pieno e che ha anche notato l’idrofobia del padre di Ilenia. Complimenti per le doti investigative ;)!
Infine vorrei ringraziare ancora di cuore tutte voi per avermi seguita fin qui in questa lunga avventura e, se vi va, vi do appuntamento al prossimo capitolo!
   
 
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