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Autore: Laylath    09/01/2015    2 recensioni
(spin off di Un anno per crescere)
Le storie romantiche decisamente non facevano per loro.
Ci si poteva immaginare belle e deliziose favole, ma alla fine la loro personalità era quella della gente di campagna. Rumorosa, divertente, poco raffinata, ma con solide basi che piantavano radici nella semplicità del mondo stesso.
Ed ecco l'ultimo spin off, ossia la famiglia Havoc
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 1.
1874. Primo appuntamento.



 
SCIAF!
Il rumore dello schiaffo riempì tutta la grande stanza dell’emporio Havoc, risuonando impietoso tra le scatole, i barattoli e qualsiasi prodotto esposto.
James rimase incredulo a fissare la ragazza che, davanti a lui, stava ancora con la mano tesa dopo avergli mollato quella cinquina fenomenale. Ma più che per il dolore o la sorpresa, il giovane non riusciva a levare l’attenzione da quel viso arrossato e contratto in un broncio di disappunto tremendamente infantile e affascinante, da quegli occhi castano chiaro accesi di un furore fuori dal comune.
“Ma che ho fatto?” riuscì a dire, dopo qualche secondo.
“Credi che non me ne sia accorta? – esclamò la giovane, abbandonando finalmente quella posizione e scostandosi sdegnosamente da lui – Come quella è uscita di qui ti sei messo a guardarle il fondoschiena!”
“Ma non è vero!”
“Sì che è vero! E avevi la classica espressione di bue rimbecillito che hanno tutti i maschi quando vedono un bel sedere! – ritorse lei, arrivando a pestare un piede a terra e diventando ancora più rossa in viso – Che cosa ci troverai il quella, poi, me lo devi spiegare! Il mio sedere è molto più bello del suo… e poi avrà già sui venticinque anni, come minimo è anche sposata! Sei proprio un… un idiota, maniaco, stupido… animale da riproduzione, James Havoc! Ancora non capisco perché ho accettato il tuo appuntamento!”
“E dai, Angela, non fare così!”
Ma la giovane dai corti capelli castano chiarissimo, tanto da sfumare nel biondo, aveva sdegnosamente girato i tacchi e si dirigeva verso l’uscita dell’emporio. Gli occhi azzurri di James obbligatoriamente si posarono su quel fondoschiena perfetto, incredibilmente valorizzato dalla gonna color cielo e tutta la sua persona gli gridò che non poteva assolutamente permettere che la sua preda andasse via in quel modo.
Non senza averle almeno rubato un bacio.
“Ehi, aspettami!” esclamò correndole dietro.
 
Sentendo quel richiamo dietro di lei, Angela Astor aumentò l’andatura, ma un sorriso soddisfatto le apparve in viso: se James la stava seguendo voleva dire che ci teneva e che la considerava più importante di tutte le altre ragazze con cui era uscito fino a quel momento.
Da quanto ne sapeva non era mai risultato che fosse corso dietro a qualcuna in maniera così palese.
E ti vorrei sfidare a non capitolare davanti alla mia camminata! – pensò, con la sicurezza di chi è consapevole di avere un bel corpo.
L’aveva definito un maniaco, certamente, ma ad essere sinceri lei era la prima a provocarlo in quel senso.
Ma era inevitabile: a sedici e diciassette anni, in pieno giugno e dunque con vestiti più leggeri, c’era una voglia del tutto particolare di provocare il sesso opposto.
E Angela trovava queste provocazioni particolarmente divertenti: pettinature? Nastri per capelli? Abitino nuovo? No, quella era roba per le ragazzine che abitavano proprio in paese e non in una delle tante case di campagna come lei. Ad Angela non servivano capelli lunghi con nastrini: le bastava la sua gonna che le avvolgeva in maniera seducente i fianchi e la sua camminata sicura e dritta, in modo che il petto fosse in perfetta esposizione.
Sì, lei li provocava i ragazzi, ma solo se voleva.
Ed in quel momento voleva provocare James Havoc: gli aveva messo gli occhi addosso da qualche mese e aveva deciso di farlo suo, alla faccia di tutte le altre ragazze che gli ronzavano attorno come api operaie.
Del resto… un esemplare così fantastico di diciassette anni non si trovava facilmente, tutt’altro e…
“Ti vuoi fermare?” la raggiunse finalmente lui, prendendola per un braccio.
“Perché? – il viso di Angela riprese prontamente la smorfia di disappunto – Tanto tra poco ne arriverà qualcun’altra e potrai vedere il sedere anche di quella…”
“Bello come il tuo? – James sorrise, un sorriso sfacciatamente bello, quasi da schiaffi – Non credo proprio, signorina Astor.”
“Ti sembrano cose da dire ad un primo appuntamento?! Grazie, molto gentile!”
“No, non è che volevo dire questo…” si riscosse lui, capendo di aver fatto un commento forse troppo esplicito.
“Cioè il mio sedere non è bello?”
“No! E’ fant… cioè, non è quello che volevo dire ad un primo appuntamento – annaspò James – anche se ammetto che… oh, senti, Angela, perché non la facciamo finita e mi dai un bacio?”
Cosa?”
“Beh, dai –James si mise le mani in tasca con spavalderia – lo vogliamo sia io che tu, no? Perché non la smettiamo con queste stupide chiacchiere e non andiamo al sodo?”
“Te lo do io il sodo!” strillò lei, dandogli un secondo schiaffo, esattamente nel medesimo punto del primo.
Diamine, andava bene reagire alle provocazioni, ma qui si stava davvero esagerando. Certo che voleva il bacio, ma un minimo sindacale di corteggiamento e frasi carine che andassero oltre i commenti sul suo fisico sarebbe stato gradito.
Col cavolo che ti bacio se continui così!
Rimasero a guardarsi, lui di nuovo con lo sguardo di un mansueto bestione perplesso e lei più irritata che mai.
“Senti, se vuoi scappare di nuovo via puoi cambiare direzione e tornare verso l’emporio?” chiese infine James, massaggiandosi lievemente la parte lesa.
“Scusa?” fece Angela, mettendosi a braccia conserte.
“E’ che mio padre stamane è andato via e dunque ci sono soltanto io. Se continui ad allontanarti così poi  non vedo se arrivano altri clienti, capisci?”
“Ti sembrano cose da dire in un momento come questo? – Angela si mise le mani sui corti capelli castani, arruffandoseli con esasperazione, ma comprendendo la problematica – Uff, che disastro di appuntamento! E io che mi ero immaginata tutt’altra cosa….”
“Ah sì? E cosa? – chiese lui, incitandola con un gesto a tornare verso il grande emporio – se me lo dici possiamo risolvere, no? Sul serio, Angela, mi dispiace se te la sei presa, ci tengo a te…”
“Per il primo appuntamento mi aspettavo una passeggiata nei campi, non di stare con te in emporio…” ammise lei col solito broncio, senza però scostarsi troppo dal compagno.
“Te l’ho detto: mio padre ha deciso tutto all’ultimo e mi sembrava brutto dirti di rimandare il giorno prima.”
“E siamo interrotti ogni tre per due da qualcuno che arriva.”
“Lo so, ma non posso cacciarli via.”
“Almeno evita di guardare il sedere alle clienti.”
“E’ un riflesso incondiz… cioè, ti giuro che ci starò attento.”
E ci mancherebbe altro!
Erano arrivati all’ingresso e gli occhi castani di lei tornarono furenti.
Per un attimo James la fissò impanicato, ma poi le mise le forti mani sulle spalle.
“Ti posso offrire qualcosa da bere?”
“Che?”
“Succo di frutta corretto – spiegò lui con aria cospiratoria – lo fa mio padre per pochi clienti scelti. In realtà non dovrei farne parola con nessuno, ma per te farò un’eccezione!”
“Cerchi di ubriacarmi?”
“No, volevo solo sciogliere la tensione e… diamine, Angela, ma perché devi sempre contestare ogni cosa che dico? Questo primo appuntamento è davvero un disastro!”
“Ah sì? Dici così perché non vuoi averne un secondo?”
“Sono profondamente tentato!” si esasperò lui.
“Pure io, ti avviso.”
 
La famiglia Astor, come tante, possedeva un discreto numero di ettari di terra coltivata. A lavorarla erano diversi braccianti, ma anche i componenti della stessa che sin da piccoli venivano abituati ad aiutare in qualsiasi faccenda, secondo la tradizione della campagna.
Alla morte del vecchio Astor, la terra era passata ai due figli maschi che, invece di spartirsela, avevano tenuto unita l’azienda: la casa era stata ampliata e adesso brulicava di due rumorosissime e laboriose famiglie. A dire il vero non c’era una separazione netta, tutt’altro: eccetto le due coppie sposate, i giovani dormivano in diverse camere, maschi con maschi e femmine con femmine… che fossero sorelle o cugine era un dettaglio secondario. Il resto degli spazi domestici era in comune: dalla grande cucina alla sala da pranzo e così via. A detta di tutta la seconda generazione in casa Astor c’erano due madri, due padri e svariati figli, tanto che per un estraneo era difficile capirci qualcosa.
Fu quindi del tutto normale che, quando tornò a casa circa un’ora dopo, Angela venisse letteralmente rapita da sorelle e cugine che volevano sapere del fantomatico appuntamento.
Immediatamente la camera che la ragazza condivideva assieme alle due sorelle e ad una cugina fu riempita di chiacchiericcio, gridolini eccitati, sospiri tanto che era impossibile capire chi stesse dicendo cosa.
“Galline!” esclamò Albert, uno dei più giovani, aprendo di colpo la porta e gettando una bacinella d’acqua sulle ragazze.
Immediatamente si scatenò il putiferio, cosa che, ad onor del vero, succedeva almeno due volte al giorno. Era uno dei tanti contrattempi che si avevano nel mettere sotto lo stesso tetto una quindicina di ragazzi di entrambi i sessi che andavano dai sette ai ventidue anni.
E tutti dal carattere particolarmente vivace tipico di famiglia.
“Albert, ti polverizzo! – Angela scattò in avanti cercando di afferrare il cugino, la sua voce squillante che riuscì a sovrastare tutte le altre – mi hai bagnato tutta la gonna, deficiente!”
“Oh, ma quanto mi dispiace!” sogghignò il colpevole, fuggendo prontamente da quell’attacco e trascinandosi dietro una torma di ragazze furenti.
Succedeva sempre così… non c’era mai un attimo di pace in quella casa.
Nemmeno per poter raccontare alle altre del primo, strano, appuntamento.
 
“James Havoc, eh? Se te lo prendi è un bel colpo. Ammetto che ci avevo messo gli occhi addosso pure io, ma all’epoca usciva con un’altra…”
Angela non fece caso a quel commento fatto da Greta, la cugina che era più grande di lei solo di due mesi. Si limitò a sistemarsi la camicia da notte, spegnere la luce, e infilarsi nel letto che condivideva con la sorella Allyson.
“Se te lo sposi poi devi fare come Christa che è scappata da questo manicomio e ora ha una casa tutta sua – consigliò proprio la ragazza che, al contrario di Angela, vantava folti capelli castani lunghi fino alla vita – allora, ci racconti come è andata?”
Finalmente era arrivata la domanda cruciale.
A dire il vero la mossa di Albert era stata provvidenziale. Se doveva essere sincera Angela non sapeva come definire quello strano primo appuntamento con James Havoc. Nelle sue aspettative doveva essere qualcosa di più tranquillo, romantico e… sensuale. In realtà avevano passato metà del tempo a discutere e a dichiarare i loro dubbi in merito a quel rapporto.
Va bene, può darsi che sia anche colpa mia. Non lo posso provocare con il mio corpo e poi pretendere che dica solo cose romantiche… ma ne avesse detta una…
“Ecco… siamo rimasti all’emporio e…”
“All’emporio?” subito tre voci femminili iniziarono a esternare il proprio disappunto per quella scelta così poco romantica. Già era difficile che una di loro riuscisse a combinare un appuntamento con tutto quello che c’era da fare in famiglia… se poi andava a rotoli in quel modo.
“Doveva pensare all’emporio – spiegò Angela, mostrandosi comprensiva più di quanto avesse fatto con lo stesso James – suo padre non c’era.”
“E sua madre?”
“Scema, lo sai che è morta da almeno dieci anni.”
“Ah, già… beh, però non va bene, proprio no! Siete almeno rimasti soli?”
“Non proprio… anzi quasi mai!”
Angela sbuffò quella frase: sembrava che tutte le ragazze del paese avessero deciso di passare all’emporio quel pomeriggio, giusto per dare fastidio a lei.
“Oh, povera sorellina – sospirò Allyson abbracciandola – vedrai che ne troverai uno migliore. Non abbatterti, facciamo che questo non lo consideriamo un primo appunt…”
“Ci dobbiamo rivedere tra tre giorni.”
“Che? Ma allora…”
“Non sarà certo un appuntamento come questo a rovinare tutto – sbottò Angela mettendosi a sedere con aria decisa, nonostante fosse chiaro che nessuna delle altre potesse vederla nel buio – gli ho messo gli occhi addosso ed è mio personale territorio di caccia, siamo intese?”
“Uh, che dichiarazione forte! Ma dovrai darti da fare… sai bene che James Havoc ha avuto tante storie a scuola, ma mai nessuna che sia durata più di un mesetto!” le ricordò Greta con malizia.
“Appunto… ora che ha finito le scuole è proprio il caso di finirla con questa poli… poligamia!”
“Brava, Angy! Faglielo sudare un tuo bacio!”
Ovviamente… beh, adesso basta! Domani dobbiamo darci da fare… buonanotte!”
“Notte!”
“Notte!”
Oh beh, meno male che non sono volute andare avanti con il discorso… - sospirò Angela mentre si rimetteva sdraiata e si accomodava contro la sorella.
Dopo simili dichiarazioni non sarebbe stato molto coerente dire loro che il bacio c’era già stato.

 
 
 
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nda.
Eccomi, sono approdata anche all'ultimo spin off.
Caricata (anche di chili di troppo) dalla pausa natalizia, mi appresto a narrarvi le vicende di James, Angela e successivamente di Jean e Janet.
Credo (e spero) che questo spin off sia più breve rispetto agli altri: in primis perché non ci sono avvenimenti sconvolgenti e dunque la trama è molto lineare e dunque vado a trattare effettivamente di slice of life
Avrete notato che la lunghezza è minore rispetto ai capitoli che sono solita fare... spero di tenermi su questa lunghezza o comunque di non arrivare alla mole di nove pagine a capitolo, altrimenti non finirò mai.
Ammetto una cosa: degli Havoc non avevo ancora abbozzato uno straccio di idea per le loro famiglie quindi è un po' tutto in divenire anche per me.
Per quanto riguarda i disegni di Mary, do il solito avviso: se i suoi impegni glielo permetteranno comparirà qualche sua opera, as usual ^^
  
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