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Autore: dreamersoul    10/01/2015    5 recensioni
[...] Fondamentalmente sono tante le cose invisibili, anche se noi non ci facciamo caso: le emozioni sono invisibili, tutte quelle piccole goccie di anima che ci compongono, amore, odio, gioia, emozioni ed emozioni che possiamo catalogare come cose evidenti quanto difficili da interpretare. 
La musica è invisibile, è anche quell'elemento perennemente presente nelle nostre giornate: anche quel motivetto che si canta sotto la doccia è invisibile... sì. 
Le parole sussurrate, sono invisibili: quelle sussurate prima di un bacio, con le labbra posate leggere sull'orecchio, quelle che hanno il sapore di amore e di libertá, le parole che spesso vengono rinnegate, ma che restano impresse come inchiostro su carta.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Numeri Primi - Prologo



Abbassai lo sguardo sulle mie Converse nere  rovinate non prestando attenzione al semi-monologo che stava tenendo il mio amico posizionato al mio fianco: era da circa un quarto d'ora - da quando era passato a prendermi per andare assieme a scuola - che parlava di una ragazza conosciuta nel weekend passato nella baita in montagna dei suoi nonni. Era lunedì, uno stressante e fastidioso lunedì; mi sistemai alla meglio il berretto di lana in testa tirando su con il naso: anche l'inverno era arrivato. 
«Ti giuro amico, ho dovuto fingere di fare volontariato come credito scolastico per far colpo su di lei; ma devo dire che ne è valsa la pena!» 
Sclaciai un sassolino che riposava sull'asfalto nero pece per poi spostare lo sguardo in quello euforico di Lou: era davvero contento. Gli rivolsi un accenno di sorriso rimanendo in silenzio. 
Parlare di sicuro mi piaceva meno di ascoltare: adoravo ascoltare le calde voci dei grandi cantanti o il dolce suono del pianoforte a muro situato nell'angolo più remoto della mia camera da letto, ogni tanto lo suonavo giusto per non dimenticare e quando la voglia di parlare era pari a zero. 

Varcammo lentamente la soglia dell'edificio scolastico: Louis continuava a parlare ed io ad ascoltare. «Non vedo l'ora che finisca il liceo» mormorò il mio amico e, non potei fare a meno di annuire con vigore: aveva ragione; ma, per sfortuna eravamo ancora al terzo anno.
Il corridoio pullulava di gente, l'aria era ricca di mormorii e risolini appartenenti agli alunni; gente che camminava velocemente dando forti spallate ai passanti senza chiedere scusa, gente intenta a ripetere i compiti assegnati per casa e, gente che, invece se ne fregava e basta.
Il mio amico, invece aveva iniziato a parlare del professore di francese che a detta sua "metteva voti alti solo alle ragazze" non pensando che forse avrebbe dovuto iniziare a studiare per l'interrogazione che avrebbe tenuto a breve. «Che hai alla prima ora?» gli domandai a bassa voce,
«Biologia, tu?»
«Letteratura greca, sai che palle!»

Feci scorrere lo sguardo per il corridoio fin quando non individuai chi stavo cercando con lo sguardo da tutta la mattina. Beverly Carter era poggiata leggera con una spalla al suo armadietto e rivolgeva un sorriso solare alla ragazza con cui stava intrattenendo una conversazione. Era... perfetta; sì, perfetta era l'aggettivo giusto per descriverla: i capelli biondo ramato cadevano morbini sulle spalle ed i suoi occhi illuminavano la stanza. Perfetta.
«La smetti? » mi ammonì Louis, « O le vai a parlare, o la pianti: lei non guarda quelli come te! » concluse.
Non rimasi per niente offeso dalle sue parole, sapevo che aveva ragione.        «Un giorno le parlerò» mormorai.

Non sono mai stato popolare al liceo: ero il giusto compromesso tra lo sfigato della situazione e il figlio di papá, anche se mi avvicinavo di più allo sfigato. 
L'Holmes Chapel High School ricordava un pò l'Egitto nell'era dei faraoni: il corpo studentesco era suddiviso in gruppi, o classi, dipende da come volevate chiamarli, e mai - dico mai - un chiunque di una classe inferiore poteva "migliorare"e quindi diventare un qualcuno. Bella schifezza, no?


C'erano i "popolari", o figli di papá come li chiamavo io; erano i padroni della scuola, gente che vestiva di capi firmati che molto probabilmente costavano quanto l'auto che mio padre possedeva allora, ti squadravano dall'alto in basso facendoti vergognare di esistere, ma non nel mio caso, non ho mai dato retta a ciò che diceva la gente ho sempre pensato allo studio e al mio futuro, 'fanculo le voci.

I popolari non avevano mai un capello fuori posto, avevano sempre il massimo dei voti e la loro vita era sempre perfetta: villa con piscina, armadi immensi, cani con pedigree e tutto il resto, in poche parole tutto perfettamente e fottutamente perfetto.

La seconda categoria erano gli sfigati; in tutte le scuole ce n'erano, certo non erano quel genere di sfigati tipo quelli di Glee che per ogni cosa si prendevano una granita in faccia, ma gli si avvicinavano, anche di poco. 

Venivano derisi e penalizzati e, poveri loro, alle volte anche pestati, e non potevano farci niente se quella era la loro natura; anche se, molti di loro come me, aspettavano solo la fine di quel lungo lasso di tempo, aspettavano come me la fine del liceo, perchè si sa, che alla fin fine dopo il liceo si inizia una nuova vita, e non importa se in passato eri uno sfigato o uno strafigo, tanto d'ora in poi ti valuteranno per ciò che sei veramente e non per una stupida classificazione liceale.

Gli sfigati camminavano per i corridoi e sembrava quasi che non ci fossero, camminavano velocemente ed a testa bassa, non si facevano notare, silenziosi come dei ladri nella notte.
Mi facevano pena, sì proprio così, sará perchè un pò mi immedesimavo in loro; ero convinto -e lo sono tutt'ora- che non è qualche "mi piace" in più su FaceBook o il follower in più su Twitter che rende una persona famosa agli occhi degli altri, ci vuole ben di più per essere una brava persona, il che vale più di una borsa firmata o di una macchina costosa.

Quando ero bambino mia madre mi diceva sempre che le persone capiscono il valore delle altre persone solo quando le hanno perse, che per essere, non bisogna apparire; ho sempre pensato, fin da quando ero piccolo che mia madre fosse una donna intelligente perchè leggeva tanti libri; crescendo sono riuscito a modificare questo pensiero: mia madre è una persona colta non per il numero di libri che ha letto, no, ma perchè da sola è riuscita a capire che il centro della cultura umana è il saper vivere, il saper essere; ed è per questo che è la persona che più stimo. 

Spesso quando a scuola accadeva qualcosa di brutto evitavo di parlarne a casa, evitavo di mettere altre situazioni complicate in mezzo; anche se, se ne rendevano sempre conto, anzi, mia mamma se ne rendeva sempre conto e per consolarmi mi ripeteva, che non ero io ad essere sbagliato, ma che erano gli altri a non aver ancora compreso il mio carattere. Queste parole mi erano sempre state antipatiche e, fondamentalmente erano insesate, poi ho capito che le diceva per fortificare la mia scarsa autostima, ed in un certo senso provavo compassione per quel gesto i cui fini erano inutili.

Tornando al discorso di prima: gli sfigati erano - quasi - sempre al centro delle attenzioni delle persone popolari, si divertivano a prenderli in giro, e le vittime per paura non dicevano niente; sempre la solita storia. 
Era alquanto noioso vedere sempre la stessa scenetta all'infinito nei corridoi dell'Halmes Chapel High School: il tipo tutto muscoli che pestava il tipo tutto occhiali o anche, la tipa tutta silicone che derideva quella tutta brufoli; e noi, non potevamo fare niente, non potevamo nè intervenire nè chiedere aiuto a... chessò il preside, anche perchè egli ci avrebbe solo risposto con uno sfacciato "Non posso intromettermi negli affari degli alunni" o ci avrebbe solo scansati.
Ma d'altronde cosa ci si poteva aspettare da una scadente scuola pubblica i cui professori erano ormai stufi di ciò che li circondava?
Poco mancava che si gettassero da un ponte.


La terza - e ultima - categoria erano i ragazzi ombra: ombra perchè loro c'erano e non c'erano, erano conosciuti ma allo stesso tempo invisibili, come una dolce melodia. Fondamentalmente sono tante le cose invisibili, anche se noi non ci facciamo caso: le emozioni sono invisibili, tutte quelle piccole goccie di anima che ci compongono, amore, odio, gioia, emozioni ed emozioni che possiamo catalogare come cose evidenti quanto difficili da interpretare. 
La musica è invisibile, è anche quell'elemento perennemente presente nelle nostre giornate: anche quel motivetto che si canta sotto la doccia è invisibile... sì. 
Le parole sussurrate, sono invisibili: quelle sussurate prima di un bacio, con le labbra posate leggere sull'orecchio, quelle che hanno il sapore di amore e di libertá, le parole che spesso vengono rinnegate, ma che restano impresse come inchiostro su carta.

Alcune cose, anzi, quelle più belle, affascinanti, sono invisibili e non sono degne di essere minimizzate con termini banali, con termini che si è frequenti utilizzare.
I ragazzi ombra erano invisibili, ovviamente è un modo per dire che, non venivano considerati, il che non era triste, per niente, era solo una condizione, era come essere popolari solo che era un pò più intima la loro come popolaritá.
Non venivano pestati nè niente, erano solo... intimi, timidi, racchiusi nel loro io e, sinceramente a loro, quell'intimitá piaceva, ne andavano fieri, li faceva sentire a loro agio senza indossare maschere, quelle maschere di tutti i giorni, maschere di sorrisi, lacrime e tutto il resto.

La campanella suonò ed io mi sistemai in bilico sulla spalla lo zaino di jeans ormai vecchio e con qualche buco qua e lá, per poi iniziare a camminare verso la classe del professor Benson. 
I brusii ed i mormorii si erano arrestati nello stesso momento in cui gli studenti furono avvertiti dell'inizio delle lezioni. 
I corridoi erano quasi vuoti ed io, ero quasi arrivato a destinazione; un ragazzo spuntò dal nulla dandomi una spallata alquanto dolorosa facendo cadere lo zaino poggiato sulla mia spalla.
«Ehi! Sii più attento! » Lo rimproverai raccogliendo la borsa da terra.
«Non ti avevo visto! Eri invisibile!» Urlò riprendendo la sua corsa senza rivolgermi il suo sguardo.


Ecco, io Harry Styles ero invisibile: un ragazzo ombra.






Buonasera!
Dopo quasi sette mesi di pausa ho deciso di iniziare a scrivere una nuova storia, dato che, ormai Like color on my draw è sospesa: motivazione? Assenza di ispirazione. *^*
Ora, passiamo al piccoletto qua sopra: mi è venuta l'idea quasi due mesi fa e, quindi ho deciso di mettermi all'opera. Credo che siate riuscite a capire che la storia sarà dal punto di vista del nostro amato Harry, ma, dovete sapere che non si tratta dell'attuale Harreh, ma niente di meno dell'inesperto sedicenne dei tempi di x-factor!
Penso di riuscire ad aggiornare ogni sabato (o almeno spero ahah)
Spero che questo prologhetto vi sia piaciuto, se è così: mi lasciate una recenzione?😘
Baci,
Robs :)
 
P.s.
Ringrazio di cuore You are a little late e smartjes per avermi sopportato in questo periodo. VI VOGLIO BENE!!!
 
  
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