Cap.2 Il nipote di Vegeta
6 anni dopo
"Vetrunks, rallenta!" gridò un bambino da una lunga coda nera che gli oscillava dietro le spalle.
"Gorin, non fare la lumaca! Se non ti sbrighi perderemo il pulmino per andare a scuola!" lo rimproverò un altro bambino. Aveva dei capelli color glicine a fiamma che gli oscillavano sulla testa ed alcune ciocche gli ricadevano sul viso pallido.
Gorin stringeva le bretelle del proprio zainetto con entrambe le mani.
"Mamma ha detto che se cado resto e mi acceco, mi crescerà il terzo occhio come a papà!" si lamentò il bambino.
Vetrunks accelerò, evitò un lampione, le suole dei suoi scarponcini strofinavano contro il marciapiede.
"Vetrunks, aspettami, ti prego!" implorò Gorin.
Vetrunks svoltò l'angolo e si fermò, guardò il pulmino giallo allontanarsi e si girò.
"Uffa, è la seconda volta in questa settimana!" si lamentò.
Gorin si morse l'interno della guancia.
"Solo perché oggi è martedì" rispose.
Vetrunks spiccò il volo e levitò intorno alla testa dell'amico.
"Andiamo" ordinò.
Gorin negò con il capo, afferrò la propria treccia e arrossì.
"Papà dice che non posso usare i poteri fuori casa. Posso essere visto e posso perderne il controllo" ribatté.
Vetrunks roteò gli occhi e atterrò al suo fianco, iniziando a camminare. La sua figura si rifletteva sulle vetrine dei negozi della strada.
"Con te non si può mai fare niente" brontolò.
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Il maestro chiuse di scatto il registro, guardando i due bambini entrare, si sporse in avanti con le sopracciglia aggrottate e la fronte corrugata.
"Vetrunks, Gorin, siete in ritardo anche oggi" ringhiò. Il glicine chinò il capo e le sue iridi scure divennero liquide.
"Ci scusi maestro, ma Gorin è stato poco bene" mentì.
Gorin batté un paio di volte le palpebre e piegò di lato il capo.
"Io sto bene" ribatté.
Vetrunks strinse i denti e gli tirò una gomitata.
"Non ricordi che hai vomitato tantissimo?" chiese sibilando.
Gorin negò con il capo.
"Forse stai male tu. Ti ricordo che abbiamo solo perso il pulmino perché mi sono svegliato tardi" ribatté.
Vetrunks si massaggiò le tempie, stringendo gli occhi.
"Signor Briefs, la smetta d'invetare scuse. Andate subito ai vostri posti, tutti e due!" ordinò il maestro con il viso arrossato. Si alzò in piedi e raggiunse la lavagna, tenendo un gessetto nella mano.
"Oggi parleremo dei triangoli. Queste figure geometriche...". Iniziò a spiegare.
Vetrunks si tolse l'unica bretella dello zaino che indossava e lo lasciò cadere per terra con un tonfo. Si sedette dietro il suo banco, incrociò le braccia sul tavolo e ci affondò il viso.
-Con Gorin non si può mai far niente- pensò. Rialzò il capo, raddrizzò la schiena e si abbassò, aprì la cartella prendendo il primo quaderno e un portapenne.
"Nonno vuole che io studi e lo farò, anche se queste cose sono noiose" bisbigliò.
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Vetrunks incrociò le braccia al petto, si appoggiò con la schiena alla macchinetta premendoci anche la suola di uno dei due scarponcini e assottigliò lo sguardo.
Gorin in avanti flettendo le ginocchia e prese una merendina rettangolare al cioccolato. Si rialzò, scartandola. Un ragazzino largò il doppio e alto il triplo lo afferrò per una spalla e lo costrinse a voltarsi. Aveva altri due bambini alle sue spalle, alti quanto lui dai visi lentigginosi e i capelli che puntavano disordinatamente verso l'alto.
"Gorin, dammi i tuoi soldi, devo comprarmi la merenda" disse il più grosso.
"Paga, paga". Gli fece eco quello alla sua sinistra.
Gorin mise le mani in tasca e tirò fuori una monetina marroncina.
"Ho solo questa, mi dispiace" fargugliò.
"Pochino davvero" disse l'altro. Il più grosso fece scricchiolare le dita delle mani.
"Non mi ci compro neanche una gomma da masticare" ringhiò.
Gorin iniziò a tremare, aderendo alla macchinetta dietro di sé. Il bulletto ciccione gli prese la merendina dalle mani e se la mise in bocca, masticandola rumorosamente. Vetrunks si voltò alzando un sopracciglio.
"Perché ti stai facendo trattare così da questi idioti? Li puoi stendere con un pugno" ribatté atono.
Gorin deglutì ed i suoi occhi divennero liquidi.
"Papà vuole che faccio a pugni solo per le cose importanti" biascicò.
"A chi hai detto idioti?!" gridò il bulletto più grosso. Cercò di tirare un pugno al viso di Vetrunks, quest'ultimo lo afferrò al viso e lo strinse facendogli scricchiolare le ossa.
"Tsk, lasciate in pace il mio amico" ordinò. Lasciò andare le mani del bambino grassoccio sentendolo singhiozzare, i due più alti indietreggiarono tremando.
Vetrunks aumentò l'aura e i tre volarono via, sbatterono contro la parete e caddero a terra perdendo i sensi.
"Sei stato mitico, mi hai savalto!" gridò Gorin, abbracciandolo.
Vetrunks roteò gli occhi e sospirò.
"Voi due cosa avete combinato?!". Si sentì gridare una voce maschile adulta. I due bambini impallidirono, guardando il maestro avanzare verso di loro con una serie di passi pesanti.
"Siete in castigo!" gridò l'uomo.
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"Perciò sono in ... castigo?" domandò Vegeta. Teneva il cellulare appoggiato all'orecchio e le spalle adagiate contro una gelida finestra di vetro.
"Volevo parlare con i genitori dei bambini, ma non ne ho trovato uno. Sono lasciati allo sbando" si lamentò il maestro dall'altra parte dell'apparecchio.
"La madre di mio nipote in questo momento 'sta disputando una gara di arti marziali, il padre è in una riunione all'estero. Il padre dell'amico è in un ritiro sprituale e la madre fa la giornalista in una zona di guerra" spiegò atono il principe dei saiyan.
"E' esattamente quello che ho detto io!" sbraitò il maestro.
"Lei in questo momento è a lavoro. Per questo i suoi figli sono allo sbando?" chiese Vegeta. Sentì l'altro ansimare, digrignare e ghignò socchiudendo gli occhi.
"I bambini che quel vandalo aggressivo di suo nipote ha aggredito sono stati mandati dalla psicologa della scuola. Sono in stato di shock" ringhiò lo sconosciuto. Si sentì una porta cigolare e un colpo di tosse stridulo.
-Quella bambola odiosa di Rif sarà andata a recuperare il marmocchio del Treocchi. Perciò è meglio che vada io a prendere Vetrunks- rifletté Vegeta.
"Dove devo venire a prendere il bambino?" domandò ringhiando.
"Dal preside" sibilò il maestro. La telefonata si chiuse, Vegeta abbassò lo schermo del cellulare e lo mise in tasca. Si voltò, aprì la finestra e saltò spiccando il volo.
La
luce rossa della Gravity Room si spense ed i robot caddero uno dopo
l'altro sul pavimento con un tonfo.
Vegeta si guardò
intorno, atterrò
stringendo i pugni e digrignò i denti. Raggiunse il pannello
di comandi
e digitò un paio di passi. Si passò la mano nei
capelli a fiamma
sentendoli umidi.
"Maledizione"
ringhiò. Cliccò un paio di volte sul tasto
dell'interfono.
"Qui
non funziona niente, femmina!" gridò. Strinse un pugno e
tirò un colpo
al pannello, facendo tremare i tasti. Si voltò, raggiunse la
porta di
metallo e la abbatté con un calcio. Percorse il corridoio
con una serie
di tonfi, raggiunse la propria camera da letto.
"Donna!"
gridò spalancando la porta della stanza.
"Era l'ora ti
presentassi". Sbraitò in risposta Bulma.
Vegeta
incrociò le braccia sul petto e corrugò la fronte.
"Io mi stavo allenando"
ruggì.
"E'
successa una cosa importante qui" ribatté Bulma. Il viso di
Vegeta
divenne rosso e le sue iridi scure brillarono. Si sentì un
colpo di
tosse provenire da dietro l'azzurra. Vegeta passò accanto
alla moglie,
vedendo sdraiata nel letto Pan.
"Non
sapevo ci fossi" borbottò. La mora gli sorrise, teneva tra
le braccia
il piccolo Vetrunks.
Il bambino si sporse verso di lui, aprì
e chiuse
le manine sorridendo.
"No... nh... no...
no" biascicò il neonato. Pan cullò il piccolo che
chiuse gli occhi.
"Ha guardato una tua
foto e...". Spiegò Bulma, spostandosi di lato.
"Nonno". Disse il
nipotino, muovendo i piedini sotto la coperta.
"Sono la sua prima
parola" mormorò Vegeta.
Vegeta accelerò la velocità di volo.
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"Nonno!" chiamò Vetrunks, guardando il principe dei saiyan percorrere il corridoio verso di lui.
"Vieni" ordinò, Vegeta, con voce dura. Il nipote annuì, si alzò dal sedile di plastica e si avviò verso l'uomo. Lo seguì lungo il corridoio, fuori dalla porta principale e spiccò il volo guardando le sue spalle. Il principe dei saiyan atterrò su una collinetta, si vedevano le figure dei palazzi all'orizzonte e sentì il nipote atterrare a sua volta.
"Perché ci siamo fermati qui?" domandò il bambino. Strofinò gli stivaletti per terra e abbassò lo sguardo, osservandosi le punte.
"Non dirò niente ai tuoi genitori, ma per quello che hai fatto ti devo parlare" rispose il più grande. Si girò e abbassò lo sguardo, mentre Vetrunks lo sollevava. I loro occhi color ossidiana s'incontrarono.
"Ho deciso di non allenarti più" spiegò secco il principe dei saiyan.
"Perché?" chiese Vetrunks. Sgranò gli occhi e le iridi gli divennero bianche."Hai usato i tuoi poteri contro dei nemici insignificanti. Hai dimostrato di non saperti controllare" ringhiò Vegeta. Il bambino strinse i pugni, digrignando i denti.
"Nonno, non è come pensi tu! Dovevo difendere Gorin" ribatté.
"Potevi ucciderli, te ne rendi conto?" domandò il più grande.
-Potevi diventare un assassino come me- pensò. Vetrunks singhiozzò e una lacrima gli rigò il viso. Vegeta corrugò la fronte, chiuse gli occhi e si passò la mano sul capo.
"Nonnino, se ti ho reso triste perdonami. Puoi anche non allenarmi, ma non smettere di volermi bene" mormorò il bambino. Vegeta socchiuse gli occhi osservando il nipote. Gli mise la mano sulla testa e sospirò.
"Non
posso smettere di volerti bene" brontolò. Piegò
di lato il capo, facendo ondeggiare delle ciocche nere larghe quattro
dita. "Da oggi dimostrami che posso ancora fidarmi di te e
cambierò idea anche sull'allenarti".
"Nonno, ti voglio bene" mormorò Vetrunks.
Abbracciò il più grande e gli strofinò
il viso contro le gambe. Vegeta lo afferrò per le spalle e
allontanò.
"Non in pubblico" borbottò.
Vetrunks strinse i
pugni, li portò al petto e sporse il capo
in avanti spalancando gli occhi.
"Tsk, marmocchio" brontolò Vegeta. Afferrò il ragazzino per la cintura alla vita, se lo caricò in spalla e spiccò il volo, sentendo il nipote ridacchiare.