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Autore: Vera_Davvero    12/01/2015    3 recensioni
Quale sarebbe il tuo ultimo desiderio prima di andartene per sempre? Jenny ha le idee chiare: vuole vedere la Terra di Mezzo. Visitare la Contea, ammirare lo splendore di Gran Burrone e la maestosa Erebor, vivere una straordinaria avventura, come i personaggi delle storie che legge. È solo un'utopia, e lo sa bene.
Nella realtà, queste cose non succedono.
Ma nei sogni è ancora libera di sperare...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo del mattino è limpido e colorato. L'aria frizzante accarezza il mio viso. Ho i polmoni pieni del profumo dell'erba e dei campi, e il cuore in pace.
Il mio sguardo si perde nello splendore della Contea avvolta dalla luce del mattino. È tutto così perfetto...
"Dormito bene?" 
Mi volto di scatto, e vedo Bilbo Baggins uscire dalla porta per raggiungermi in giardino. Gli sorrido, mentre viene a sedersi accanto a me.
"Si." rispondo. "E... grazie ancora per avermi ospitata, Bilbo."
"È stato un piacere."
Nessuno dice niente per un po'. Ci limitiamo a guardare avanti a noi, a deliziarci dello spettacolo offerto dalla Contea alle prime luci dell'alba.
Poi, ad un certo punto, Bilbo si volta verso di me, e dice: "Senti, non voglio metterti in difficoltà. Non ho intenzione di chiederti nulla, e tu non mi devi alcuna spiegazione... c'è solo una cosa che voglio sapere di te, Jenny."
"Chiedimi pure."
"Tu non hai una casa?" chiede timidamente. "Una famiglia... un posto a cui fare ritorno?"
Mi perdo un momento a fissare i suoi occhi così carichi di sincera empatia, e cerco le parole giuste con cui rispondere.
"Si, Bilbo, io ho una famiglia. Mia madre si chiama Alice, e mio padre Gregory. E ho anche una sorellina, Mary. È molto piccola, sai, cammina appena." racconto. "Siamo una famiglia come tante. Viviamo i nostri alti e bassi. A volte si discute... a volte non ci si parla per un po'. Ma ci vogliamo bene, a modo nostro. Io... io voglio loro un bene infinito. Ultimamente le cose si erano fatte... complicate per noi. Ma loro si sono sempre presi cura di me, e hanno fatto il possibile per farmi stare bene..."
Realizzo che queste parole non sono rivolte tanto a lui, quanto a me stessa. 
"Forse non li ho mai ringraziati abbastanza per quello che hanno fatto per me..."
Prendo un respiro profondo, e poi continuo. "Loro... loro sono lontani."
"Lontani? Lontani quanto?"
Abbozzo un sorriso. "Più di quanto tu possa immaginare."
Lui è visibilmente colpito dalle mie parole. 
"E come mai non sei con loro?"
"Questo, mio caro Bilbo, temo proprio di non potertelo dire." spiego. "Ci sono cose di cui preferirei non parlare. Ti chiedo scusa."
Lo hobbit scuote la testa. "Non preoccuparti. Chiedevo e basta. Ho capito che hai un passato alle spalle di cui non vuoi parlare. Lo capisco, e rispetto la tua decisione." dice. "Voglio solo che tu sappia che puoi contare su di me."
Le sue parole arrivano dritte dritte al cuore. Sono commossa.
"Ti chiedevo questo perché non posso lasciarti andare via senza saperti al sicuro. Non fraintendermi... la Contea è un posto tranquillo, ma sai, non a tutti gli hobbit va a genio la Gente Alta... insomma, non ho la certezza che ci possa essere qualcun altro disposto ad offrirti ospitalità. Sei giovane, e sei sola. Pensavo che potresti... beh, ecco... restare per un po'. Qui." dice. "Se ti va".


Ancora non mi capacito di cosa abbia spinto Bilbo Baggins, lo hobbit in persona, ad ospitarmi a casa sua. Davvero, non ha alcun senso per me. Insomma, sono pur sempre una sconosciuta.
O meglio, lo ero. Ormai è una settimana che vivo a Casa Baggins. La camera degli ospiti in cui ho dormito la prima notte è diventata a tutti gli effetti la mia stanza. E parte svegliarmi con il torcicollo un giorno sì ed uno no, il soggiorno a casa dello hobbit si sta rivelando veramente piacevole.
Bilbo Baggins è davvero la persona più adorabile di questo mondo. Ho imparato a conoscerlo meglio, in questi giorni. È cordiale, divertente, un gran chiacchierone, quando ha qualcuno disposto ad ascoltarlo. E io lo sono sempre. Adoro sentirlo parlare, amo lasciarmi coinvolgere dai suoi racconti. 
E con "racconti" non intendo certo grandi imprese o fatti straordinari. Mi racconta della vita nella Contea. Mi ha parlato degli hobbit, dei suoi amici, parenti e conoscenti, e ad alcuni di loro, quando sono venuti in visita, mi ha anche presentata.
Mi ha raccontato della sua infanzia. Era un bambino vivace, stando a quello che mi ha detto. Un'adorabile piccola peste. 
Mi ha parlato dei suo genitori. Di sua madre, Belladonna Tuc, di quanto fosse dolce, e di suo padre, Bungo Baggins, e dei momenti trascorsi insieme. 
E così come lui ha cominciato a condividere la sua vita con me, anche io ho cominciato ad aprirmi con lui. Durante le sere passarte in giardino, oppure davanti alla luce calda del caminetto, gli ho raccontato anche io qualcosa di me.
Gli ho descritto gli episodi più buffi della mia infanzia, gli ho parlato dei miei amici, dei miei parenti, e anche di Percival, il cucciolo che ho salvato dalla strada.
Lui ha ascoltato tutto in silenzio, senza mai interrompermi, ridendo assieme me in alcuni momenti, facendo qualche domanda ogni tanto.
Ma non ha mai insistito per sapere qualcosa di più. Era come se riuscisse a capire fino a che punto poteva chiedere, e da che punto in poi era meglio rispettare i miei silenzi. Non ha mai voluto sapere nulla che io non fossi disposta a raccontare. E io gliene sono stata silenziosamente grata. 
Poi, come mi aveva promesso, mi ha portata a visitare la Contea. Ogni giorno mi ha mostrato qualcosa di nuovo.
Abbiamo percorso tanti sentieri fianco a fianco, seguito il corso dei ruscelli, camminato in mezzo ai campi, e ci siamo addentrati nei boschetti, camminando all'ombra delle fronde. 
Giorno dopo giorno ho iniziato a sentirmi sempre più a casa.
Per ringraziarlo di tutto quello che faceva per me, ho fatto il possibile per aiutarlo nelle sue faccende quotidiane. 
Ogni mattina gli ho fatto trovare la colazione in tavola, e l'ho aiutato a curare il giardino, a bagnare i fiori, potare le piante, a tagliare la siepe.
A pranzo e a cena, poi, ci trovavamo per cucinare insieme. 
Ho sempre amato cucinare. Fin da bambina mia madre ha condiviso con me le sue ricette, e da più grandicella conoscevo tutti i suoi segreti. Mi ha anche trasmesso il valore della pazienza e dell'attenzione ai particolari, tutte cose che mi hanno permesso di diventare brava almeno quanto lei.
Cucinare era una delle cose che più mi mancava durante la mia permanenza in ospedale. 
E, ad essere sincera, quando nel caso migliore la tua dieta si basa su minestra e purè di patate, e nel caso peggiore ti capita una flebo, inizi a sentire la mancanza del buon cibo fatto in casa. 
Bilbo ha condiviso con me alcune delle sue ricette, e io ho fatto lo stesso con lui. Ogni volta ci siamo divertiti a sperimentare qualcosa di nuovo.

Insomma, il tempo è davvero volato... una settimana! Stento quasi a crederci!
Sto lavando le stoviglie della colazione, e intanto ripercorro con la mente questi giorni e sorrido fra me. 
Poi d'un tratto un pensiero si fa strada nella mia mente. Una cosa su cui, in effetti, non ho mai riflettuto. 
Ho trascorso sette giorni qui. Un periodo lunghissimo. Ma se questo è un sogno... allora da quanto tempo sto dormendo?
O il tempo scorre davvero in modo diverso in questa bizzarra proiezione della mia mente rispetto alla realtà... oppure non apro gli occhi da una settimana.
Un brivido freddo mi percorre la spina dorsale. È tantissimo tempo.
Appoggio sul tavolo il piatto che sto asciugando con un panno, e mi fermo a riflettere.
Potrei essere in coma. Oddio... deve essere senz'altro così. 
Ma è possibile sognare durante il coma? Non saprei...
Tutto quello a cui riesco a pensare è alla mia famiglia. Chissà come stanno affrontando questa situazione...
Con un sorriso amaro mi ritrovo a pensare a loro. Mia madre verrà ancora a raccontarmi le ultime novità? Mary avrà detto la sua prima parola? Percival avrà accettato che non farò più ritorno a casa?
E mio padre verrà ancora tutti i giorni al mio capezzale a leggere il libro?
Sento gli occhi riempirsi di lacrime. 
Sono una stupida egoista. Ero così felice di quello che questo sogno mi stava offrendo che mi sono quasi dimenticata di quello che loro stanno passando. Chissà che dolore provano nel vedere la loro bambina addormentata da così tanto tempo... chissà come soffrono alla prospettiva della mia morte...
E io, che mi sono lasciata così tanto coinvolgere dal miraggio di una nuova vita, sto iniziando a rendermi conto che è tutto sbagliato.
Dovrei svegliarmi. Dovrei tornare da loro... 
Dovrei lasciare quest'illusione per stare vicina alla mia famiglia,  ed aiutarli a lasciarmi andare nel modo meno doloroso possibile...
Dovrei.
Già. Sarebbe la cosa giusta da fare. 
Ma se da un lato non riesco a dire a me stessa che è quello che voglio davvero, dall'altro non ho la più pallida idea di come fare a svegliarmi. Davvero non saprei. 
Sto rimuginando su queste cose quando vedo Bilbo entrare in casa e chiudere immediatamente la porta alle sue spalle. Vi si appoggia contro con la schiena per qualche momento, poi scatta in direzione di una finestra, e guarda fuori, il collo teso in avanti, le dita strette attorno alla posta che è andato a ritirare.
Sembra quasi che ci sia qualcosa lì fuori che lo hobbit ha paura di affrontare.
Nonostante tutto, mi viene quasi spontaneo sorridere. 
"Che succede Bilbo?" chiedo.
Lo hobbit mi si avvicina. "È successa una cosa strana, Jenny. Stavo ritirando la posta, quando mi si è avvicinato un individuo. Non te ne ho mai parlato, forse. Uno stregone, un certo Gandalf... fabbrica dei magnifici fuochi d'artificio..."
Mi irrigidisco all'istante, la mia mente si azzera di colpo.
Bilbo continua: "Da bambino impazzivo per quei fuochi d'artificio... beh, comunque sia, lo stregone ha completamente perso la ragione. Mi ha chiesto se volessi prendere parte ad un'avventura. Un'avventura!" 
Ride, una rista nervosa, incrocia le braccia al petto. "Ti rendi conto di che assurdità?"
"Ehm... già" mormoro. 
"Ora se n'è andato. Ma aveva uno strano sguardo... non so, dici che devo aspettarmi qualche sorpresa?"
Lo guardo. È piuttosto scosso, mi fa tenerezza.
Oh, se solo sapesse... questo non è che l'inizio!


  
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