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Autore: Nidham    12/01/2015    0 recensioni
Quando il buio viene dimenticato, quando può trarre forza e nutrimento da ciò che dovrebbe essere la luce stessa, un'antica leggenda cessa di essere tale e si trasforma in storia.
In un regno dove antichi Nomi scelgono individui speciali per speciali destini, il Sentiero di tenebra è l'unica strada rimasta per coloro che siano più che umani e accettino di diventare mostri.
Le schiere oscure sono pronte e fameliche, guidate da un astuto burattinaio.
Mentre la luna veglia ancora, come ultimo monito di speranza, gli uomini stessi tradiscono la loro natura, mentre poche coraggiose creature della notte si ribellano alla morte dell'alba.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Imperatore amava consumare la propria colazione a letto, circondato dai suoi più fedeli consiglieri che lo aggiornavano sulle ultime novità della corte.

La prima parte della giornata era completamente dedicata ai problemi interni del palazzo, che fossero pettegolezzi, questioni amministrative o intrighi potenzialmente pericolosi.

Rublescojn ascoltava i resoconti mentre i domestici si prendevano cura della sua persona, lavandolo, massaggiandone il corpo con oli rinvigorenti, vestendolo secondo i desideri espressi la sera precedente. Tutto si svolgeva secondo uno schema ormai consolidato che non avrebbe dovuto rompersi per alcun motivo, con conseguenze gravissime per chiunque osasse provarvi, fosse stato anche per causa di forza maggiore.

All'Imperatore non piaceva che venisse turbata la sua calma, né, tanto meno, che venissero, in qualsiasi modo, buttati a monte i suoi piani, anche se si trattava solo di banali rituali mattutini.

I nobili scelti per il delicato compito di assistere al suo risveglio e alla sua vestizione erano anche i suoi maggiori sostenitori, i più scaltri e privi di scrupoli. Qualsiasi cosa gli riferissero era interpretato in modo che potesse conformarsi al suo pensiero, anche quando si trattava di alterare la verità in maniera quasi grottesca.

I consiglieri lo facevano per entrare nelle grazie del loro signore, mentre egli lo accettava perché era fermamente convinto che il suo modo di vedere il mondo fosse l'unico degno di esistere.

Quella mattina si era alzato con un vago senso di insoddisfazione e aveva sdegnosamente rifiutato ogni tipo di cibo che gli era stato presentato, limitandosi a bere una tazza di caffè bollente, cui il suo cameriere personale aveva aggiunto poche gocce di latte.

Aveva anche lasciato che i suoi cortigiani attendessero in piedi, nell'anticamera, mentre uno stuolo di servitori entrava ed usciva con vassoi carichi di ogni tipo di manicaretti, dalle torte, alle focacce, ai salumi.

Anche solo questo piccolo cambiamento lo indispettiva, visto che, solitamente, si alzava pieno di vita e corroborato da una buona notte di sesso e di sonno, mentre, da qualche tempo, era sempre più irritato e imputava ad Hannah tutta la causa del suo malumore; stava diventando monotona e persino un po' possessiva. Non l'aveva mai scoperta a lagnarsi apertamente, certo, ma aveva notato una nota di rimprovero, in fondo ai suoi occhi, quando rivolgeva le sue attenzioni a Odette, quasi egli le appartenesse; ormai persino i giochetti perversi, che di solito lo distraevano e ai quali la donna sapeva adattarsi così bene, lo annoiavano irrimediabilmente.

Era un peccato doversi liberare di lei, poiché era ancora molto bella ed era forse stata l'amante più gradevole tra quelle che l'Imperatrice gli aveva scelto. La nuova Papessa, invece, per quanto graziosa e eccitante nel suo candore, aveva l'aria di essere un po' troppo ingenua e, probabilmente, dopo essersi divertito a piegarla ed umiliarla, avrebbe avuto ben poco di cui godere con lei.

Non per la prima volta, pensò che il problema fondamentale fosse quella stupida tradizione per cui all'Imperatore veniva negato il piacere di scegliersi le proprie amanti, dovendo lasciare questa decisione alla moglie, come se una donna fosse veramente in grado di conoscere a pieno i gusti del proprio signore. Dimenticava che l'Imperatrice era uno strumento nelle mani del destino, il solo giudice di quante dovessero possedere il Nome.

Quasi gettando la tazza al suo cameriere, fece segno che i nobili venissero lasciati entrare, sperando potessero distrarlo da quello stato di fastidiosa indisposizione.

Li guardò accalcarsi alla porta, mentre ognuno cercava di essere il primo a giungere al suo fianco.

Nei due giorni precedenti aveva chiamato il Marchese Dullars alla sua destra, ma oggi avrebbe fatto meglio a dedicare ad un altro il suo favore, magari a qualcuno che nessuno di loro si aspettasse. Gli piaceva vedere il loro stupore e le mille domande che si rincorrevano nei loro sguardi.

“Messer ciambellano Denin. Avvicinatevi” si limitò a sussurrare, mentre un uomo imponente, di circa quarant'anni, vestito in maniera più dimessa degli altri, alzava la testa di scatto e si faceva largo tra i compagni, con la bocca ancora aperta in una muta sorpresa.

Non era tra i favoriti dell'Imperatore, sia perché apparteneva alla nobiltà minore, sia perché, meno degli altri, era abile nel compiacerlo. In realtà molti si erano persino chiesti per quale motivo fosse stato scelto proprio lui per ricoprire un ruolo cui essi stessi ambivano e cui avevano maggior diritto, tanto che il ciambellano era stato vittima di costanti pettegolezzi maligni. Ma era un uomo concreto e, nonostante l'aria non particolarmente intelligente, aveva a cuore gli interessi della sua famiglia e sapeva come proteggerla; quindi, sopportando ogni difficoltà, aveva cercato di mantenere la posizione così improvvisamente guadagnata, cercando, per quanto possibile, di non farsi notare, poiché mentire non era il suo forte, nemmeno quando si trattava di compiacere il proprio signore.

Adesso, mentre si inchinava un po' goffamente, prendendo posto vicino alla testata del letto, non riusciva a calmare i battiti impazziti del cuore e sentiva gocce di sudore gelido scendergli lungo la schiena.

Nessuno osò protestare, in presenza dell'Imperatore, ma Denin immaginava quale fosse il pensiero comune e come avrebbero cercato di fargliela pagare.

“Come sta il vostro primogenito?” si informò con impensata gentilezza Rublescojn, quasi sorridendo nel guardare il suo prescelto, che si trovò a balbettare un semplice: “Piuttosto bene, vi ringrazio” non osando alzare lo sguardo.

Senza dare adito di aver notato il suo disagio, l'Imperatore gli batté familiarmente la mano sul braccio, prima di rivolgersi al resto della corte.

“Ebbene, quali novità richiedono la mia attenzione oggi?”

Un paio di nobili iniziarono a parlare contemporaneamente, dandosi sulla voce per zittirsi l'un l'altro e ottenendo soltanto di ricevere un brusco rimprovero dal loro signore.

“Non siamo in un'aula scolastica e non tollero comportamenti infantili” sentenziò, facendoli arrossire.

“Volete mettermi voi al corrente degli ultimi sviluppi, ciambellano?”,aggiunse in tono più cortese.

Denin deglutì il più silenziosamente possibile.

“Mio signore, la cosa più strana che posso riferire è l'assenza improvvisa di una delle cameriere della vostra Papessa. Pare sia stata allontanata con estrema urgenza.”

L'Imperatore rimase in silenzio, allungando le braccia sopra la testa e alzando la mano verso il suo valletto, perché lo aiutasse ad alzarsi.

Denin non aveva niente contro la Papessa e non avrebbe voluto destare sospetti nei suoi confronti, ma, messo alle strette, aveva dovuto scegliere tra il non tradire una donna che gli era estranea e il fare la figura dello sciocco con il suo signore. La decisione era stata immediata, soprattutto perché era certo di essere l'unico a conoscenza di quel particolare, grazie alla sconveniente relazione di suo figlio con una delle servette della cucina, molto amica della cameriera scomparsa, e rivelarlo gli avrebbe portato notevole prestigio.

Rublescojn si fece largo tra i suoi seguaci, dirigendosi verso la vasca d'ottone smaltato. Solo quando fu immerso nell'acqua calda i nobili poterono schierarsi intorno a lui, rispettando le posizioni assunte precedentemente.

“State dicendo, Messer Denin, che sta accadendo qualcosa di strano negli alloggi della mia futura signora?” la voce era stata pacata, ma il pavido nobile era consapevole di quanto fosse pericolosa la risposta.

Gli altri si volsero verso di lui, sogghignando, ma, pur pallido, egli non si scompose.

“Mio signore, non ho il potere di presumere alcunché, se non che voi sarete splendidamente capace di trarre le migliori conclusioni dalla mia umile informazione.”

Sentiva la lingua arida e la bocca impastata, ma tirò un sospiro di sollievo, vedendo l'Imperatore annuire, compiaciuto da tanta servile umiltà.

“Ovviamente” disse soltanto e invitò gli altri damerini a riferire in fretta le ulteriori notizie, poiché il pensiero della Papessa l'aveva distratto da qualsiasi altro interesse.

  
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