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Autore: malpensandoti    12/01/2015    3 recensioni
E non m’interessa se le gambe sul tavolo non posso metterle che tanto alla fine s’intrecciano sempre e solo con le tue.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appoggio le gambe sul tavolino del salotto di Louis e penso che Kalia non me lo lascerebbe mai fare.
Lui si affaccia dalla cucina, il viso sbarazzino, la barba da tagliare e gli occhi piccoli e chiarissimi.
“Vuoi un po’ di tea? Così ti calmi e mi spieghi cos'è successo”
Annuisco piano, chiudo gli occhi.
Lo sento sospirare e la mia gola si secca.
È colpa mia, Louis sta male per me perché sono un coglione.
Questa è la sesta volta in tre mesi che appoggio le gambe sul suo tavolino, che bevo il suo tea dolce e che fumo le sue Merit gialle.
Kalia non riesce mai a calcolare quanto zucchero deve essere messo, il suo tea è sempre troppo amaro. Glielo dico, lei ride e “Arrangiati”, io la bacio, ti bacio e va tutto bene.
Da quant'è che sono qui? Fuori ormai è buio, mi tremano le mani, ho la schiena a pezzi, il fiato di chi ha corso per chilometri e invece sono venuto in macchina.
Sbuffo, stringo le palpebre e infilo le dita tra i capelli.
Quando riapro gli occhi, Louis è seduto sulla poltrona ed è ancora colpa mia.
Mi metto seduto composto a mia volta, sospiro, afferro la tazza di tea sul tavolino e soffio sul liquido scuro.
“Allora – lui arriva dritto al punto, come ogni volta – Cos’hai combinato stavolta?”
Le parole che usa mi fanno sorridere.
Louis ha ventitré anni e studia psicologia. Dice sempre che sono la sua cavia preferita, il più complessato e stronzo del gruppo. Io rido, ma so che ha ragione.
Mi lecco le labbra, continuo a soffiare sulla tazza, “Non ho parlato” rispondo poi.
Louis annuisce lentamente, appoggia la schiena sulla stoffa verde della poltrona e una caviglia sul ginocchio dell’altra gamba.
“Parla a me, allora” mi sprona.
Louis non è insistente. Il suo tono è calmo, tipico degli strizzacervelli. L’espressione è serena ma concentrata, il viso disteso, le orecchie tese e gli occhi vigili.
Louis è il mio rifugio, la casa in cui scappare quando le cose si fanno difficili, quando ho voglia di una canna, quando Kalia è fuori con le sue amiche. Mi calma, mi sgrida, a volte perfino alza la voce. Sorride, mi prepara il tea, un “Sei un idiota” e torno forte anch’io.
Mia madre me lo ripeteva sempre, “Sei troppo misterioso, Harry, a cosa pensi tutto il giorno?”, mio padre mi ha sempre voluto più loquace, mia sorella più presente ai pranzi di Natale, io ho sempre parlato il giusto.
Non ho mai mentito, la bugie non mi piacciono e anzi, mi spaventano. Le ho sempre considerate basi su cui la gente c’impianta rapporti e poi scatena terremoti. Non ti puoi fidare, e crolla tutto.
Per questo ho sempre optato per il silenzio. Nel silenzio ci affogo, prendo Kalia e la trascino con me. Nel silenzio facciamo l’amore, le afferro le mani, le bacio il collo, la gola, le labbra.
Nel silenzio, nel mio silenzio, ci sto bene che bene è riduttivo. Il silenzio lo riempio con le parole di Kalia, coi suoi sorrisi sempre così importanti, le sue lamentele, le sue scapole, le dita abili, le gonne sempre troppo scure e sempre troppo lunghe, i messaggi inaspettati, lei lei e solo lei.
“Cosa farai adesso? – mi chiede Louis poi, con un piccolo sospiro – Puoi restare quanto tempo vuoi, Harry, ma la situazione non cambierà, lo sai”
Lo so, certo che lo so.
Non sono scemo, sono un idiota.
È diverso.
Annuisco, mi lecco le labbra, appoggio la schiena al divano e sorrido.
Non capiresti perché ci sono cose di cui non riuscirei mai a parlarti. Mi piacerebbe confidarti tutto quello che vuoi sentirti dire, amore mio. Ma non ti ho ancora detto nulla e mi dispiace.
Ti amo mi risulta difficile, non mi piacciono le parole perché non è quello che provo, perché con ti amo io ti amo come tutti gli altri, ti amo come ti amo lo dice mio padre e lo dice il tuo, ti amo come il ti amo che dice Louis o dice Ella. E io non ti amo come gli altri, io ti amo che mi scoppia il cuore e la milza e chiudo gli occhi e la schiena brucia. Ti amo nei miei silenzi e nel nostro silenzio che tanto facciamo l’amore e quindi chissene frega.
 
 
 
 
Ti ho mandato un messaggio a cui non hai risposto.
Voglio solo sapere come stai. Come stiamo così distanti?
È il terzo giorno che non mi prepari la colazione, che non mi sgridi per il dentifricio senza tappo. Louis volta pagina del libro che sta leggendo sul divano e io lascio che la cenere della mia sigaretta cada sul tavolo.
Come stai?
Non ci siamo baciati. Ho accompagnato Beth a casa perché era ubriaca, perché Zayn è andato via prima e io dovevo ancora finire di bere.
Il bar era troppo affollato, c’era della brutta gente. Mi sono preoccupato, ma non nel modo in cui pensi tu.
L’ho accompagnata a casa, le ho aperto la porta e l’ho fatta distendere sul letto.
Non è successo niente e niente è quello che ti ho detto.
Beth poi ne ha parlato con Ella e sai com’è fatta Ella.
Sai anche come sono fatto io.
Me ne rendo conto solo adesso, perché se Louis mi dicesse che sei stata a casa di un tuo amico, un tuo amico ubriaco, impazzirei.
Quindi mi dispiace per essermene andato, mi dispiace per il mio atteggiamento, per quello che ti ho detto, per ciò che mi hai fatto e che abbiamo distrutto. Mi dispiace perché non ti do le basi necessarie su cui impiantare qualcosa e impiantare noi.
E non m’interessa se le gambe sul tavolo non posso metterle che tanto alla fine s’intrecciano sempre e solo con le tue. 
  
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