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Autore: General_Winter    12/01/2015    1 recensioni
Germania, in confronto con altre Nazioni europee, è molto più giovane. Deve perciò studiare la storia che è avvenuta prima della sua nascita come Impero Tedesco nel 1871. In una di queste cacce alle informazioni si ritroverà costretto ad ascoltare, dal suo magnifico fratello, un racconto, che, però, riaprirà profonde ferite nel cuore del prussiano.
[OC! Ducati germanici]
Genere: Malinconico, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Le parti scritte tra i due trattini "-" sono appunto scritte, in quanto parole di Sassonia, che non parla.

CAPITOLO II

Schloss der Mittelweg, Sassonia, 30 Dicembre 1870


La neve aveva cessato il suo lento cadere. La notte infernale era appena passata, ma Gilbert era certo che sarebbero state tali anche le successive. Aveva continuato a girarsi nel letto, disturbato dagli incubi in ogni momento che aveva abbassato la guardia, cedendo le sue palpebre al sonno. Aveva visto i suoi fratelli sparire in una nuvola di polvere o in un turbinio di fiamme. Lo avevano accusato della loro morte, di non essere riuscito a proteggerli come aveva promesso. Aveva scorto lo sguardo deluso di Hesse, quello arrabbiato di Baviera e quello implorante di Sassonia. Poi aveva smesso di dormire, ma il problema non si era risolto, dato che era stato tormentato dai suoi pensieri.

Rimpiangeva di non avere nascosta, da qualche parte in camera, alcuna bottiglia di liquore, dove annegare i suoi dispiaceri. Forse poteva andare in cantina o nelle cucine, ma dubitava che avessero qualcosa di troppo diverso dalla birra e quella era troppo leggera per fargli perdere il filo delle sue memorie.

Lo sguardo della Nazione fu attirato fuori dalla finestra. Una carrozza si dirigeva nella loro direzione, come aveva fatto la sua la sera prima. Non sembrava portare stemmi di alcun genere, probabilmente era un messaggero. E Gilbert conosceva molto bene l’infausta notizia che stava per portare.

Corse fuori dalla sua camera, cercando di raggiungere il più velocemente possibile l’ingresso, implorando mentalmente che nessuno dei suoi fratelli l’avesse vista.

Spalancò l’entrata, andando incontro al cocchiere, ignorando altamente di essere poco vestito in mezzo alla bianca coltre di neve. Brividi gelidi gli percorrevano le braccia e la schiena, ma non importava nulla, avrebbe resistito. Aveva sperimentato il campo di battaglia troppe volte per essere spaventato da del misero gelo.

Non badò all’occhiata sconcertata lanciatagli dal cocchiere, che non fece, però, domande. Gilbert schioccò le dita, spiccio « Sei qui per consegnare dei messaggi ai fratelli Bielschmidt? »

Confuso, il corriere annuì. Prussia gli tese, impaziente ed infreddolito, la mano « Dalle a me! » ordinò, facendo sobbalzare l’uomo per l’impeto usato in quelle parole « Ve-veramente, mi era stato comandato di darle solamente a fräulein Petra Bielschmidt … » tentò di protestare, lievemente intimorito dallo sguardo determinato e non disposto a rifiuti di Gilbert « Le consegnerò io stesso a Petra, ora dammele e vattene » quasi urlò.

Spaventato, il messaggero consegnò le missive alla Nazione per poi far voltare i cavalli ed andarsene, mentre gli equini nitrivano infastiditi. Gli osservò sparire oltre i cancelli del castello e oltre l’orizzonte.

Posò poi la sua attenzione sui fogli di carta che teneva tra le mani. Li avrebbe strappati e si sarebbe dimenticato di quella follia, se essa non fosse stata così reale.

Aprì delicatamente una lettera, leggendone il contenuto: vi erano dentro scuse di ogni tipo, motivi sul perché e data e luogo dell’incontro.

Almeno ora conosceva il giorno in cui dover dir loro addio per sempre: 17 gennaio.

Mai, come in quel momento, l’arrivo di una data l’aveva spaventato tanto.

Lui aveva visto e deciso i giorni delle battaglie, aveva determinato le ore di un attacco senza mai perdere la fiducia in se stesso o avere rimorsi su quello che stava per fare. Aveva confermato guerre nel giro di pochi giorni. Ma mai un giorno gli era sembrato incredibilmente vicino.

Strinse ancora di più la carta, mentre rientrava, con l’unica consolazione che i suoi fratelli non avrebbero avuto mai a quelle missive. Però era ignaro che quella scena era stata seguita con attenzione da due muti occhi celesti, sorpresi e sospettosi, che lo avevano osservato per tutto il tempo da una delle torri del castello.

Andrea scese di corsa tutte le scale che la separavano dall’entrata, con in testa i mille pensieri di ciò che era accaduto fuori. Il battere dei tacchi degli stivali contro il marmo del pavimento produsse un rumore impossibile da non sentire, che attirò l’attenzione di Prussia.

Arrivata in cima alla scalinata che si trovava nell’atrio del castello con il fiatone, fece percepire la sua presenza con un profondo colpo di tosse, che fece sobbalzare la Nazione che ancora leggeva le lettere.

Un lampo di timore e un brivido di paura passarono negli occhi e lungo la schiena di Prussia, che cercò in tutti i modi di nasconderli dallo sguardo serio ed inquisitorio della sorella.

Andrea scese le scale lentamente, non staccando i suoi occhi dalla carta stretta tra le mani del prussiano.

Appena Gilbert intuì dove era caduto lo sguardo della sorella, appallottolò lentamente i documenti e se li infilò in tasca. Questo non fece altro che insospettire di più Sassonia, che indicò minacciosamente col dito il  rigonfiamento della giacca del fratello.


Un sentiero di salvezza si presentò di fronte ai piedi del biondo. Ingoiò la saliva, vergognandosi profondamente per quello che stava per fare.

Gilbert sorrise falsamente e con voce fintamente innocente chiese « Cosa c’è Andrea? Scusa, ma non ti capisco, potresti essere più chiara? » puntò tutto sull’immenso orgoglio del ducato, facendosi schifo da solo.
Sassonia lo guardò allibita, boccheggiando e chiedendosi mentalmente se Prussia stesse scherzando o facesse sul serio. Digrignò i denti e batté il piede sul pavimento, ringhiando sommessamente.

La Nazione più estesa continuò con la sua strategia, maledicendosi ogni secondo di più « Ancora non intendo, potresti parlare per una buona volta? » domandò vedendo chiaramente la biondina mordersi la lingua e l’interno della guancia.

Il ducato germanico tentò allora, di slancio, di afferrare il contenuto delle tasche di Gilbert, fallendo, in quanto il ragazzo la evitò e le bloccò le mani, afferrandole i polsi e guardandola dritta nei suoi allarmati occhi celesti.

Andrea si morse il labbro nel vedere il determinato sguardo del fratello, che le diceva mutamente di non doversi intromettere in quella faccenda.


La ragazza capì l’antifona, anche se non si era minimamente data per vinta, e con uno strattone delle braccia si liberò dalla stretta di Prussia, appena in tempo perché in atrio vi entrasse Petra che, con la sua solita melodiosa e dolce tonalità di voce, li invitasse nell’altra sala a far colazione.

Con un’ultima occhiata di avvertimento a Sassonia, si rivolse a Hesse con un sorriso e la seguì, appiattendo il più possibile le lettere quasi stracciate che aveva cacciato nella giacca, mentre perfettamente lo sguardo furioso e sospettoso di Andrea perforargli la schiena prima di entrare nella sala da pranzo.

« Be’, direi proprio che Gilbert nasconde qualcosa di grosso e noi non credo proprio che staremo buoni, soprattutto non dopo lo spettacolino che avete appena dato … » una voce potente rimbombò per tutto il salone.

Allarmata, Andrea si voltò, per poi rilassarsi nell’incontrare gli occhi neri di Baviera, che scendeva lentamente le scale, quando, molto probabilmente, prima aveva assistito a tutta la scena da poco distante.

Sassonia assentì alle parole del fratello, prima di dirigersi assieme a lui verso la sala da pranzo.
 

Le uova e la pancetta ben cotta sembravano ancora sfrigolare nei piatti di ceramica di tutti i fratelli seduti al tavolo, ma quella volta un nodo alla bocca dello stomaco aveva scacciato la fame dal corpo di Gilbert. Spiluccava con poca voglia gli affettati della sua colazione, troppo impegnato di pensare al destino di tutte le persone che in quel momento lo circondavano.

Un marcato colpo di tosse lo distolse dalle sue ponderazioni. Alzò di scatto la testa appoggiata alla mano, per vedere dieci teste che lo guardavano stranite, quasi in attesa che lui parlasse.

L’unica cosa che notò, però, fu il posto vuoto a capotavola, di fronte a lui « Dov’è Otto? » chiese all’improvviso.

Johannes parlò « Herr Bismarck se ne è andato stamattina, molto presto, per motivi politici, che però non ha voluto specificare … » concluse, con una nota di dubbio nella voce.


Uno sbuffo tra il divertito e il rassegnato uscì dalle labbra, diventate per un secondo troppo sincere, del prussiano « Sì, se ne sarà andato sicuramente per quel motivo … » mormorò tra sé e sé, tornando ad abbassare la testa. Bisbiglio che, pur indistinto, era giunto alle orecchie di tutti i presenti.

Fu immediatamente interrogato da Hans « Cosa hai detto, bruder? ». Nel sentirsi chiamato di causa un’altra volta, alzò di nuovo lo sguardo dal suo piatto ancora pieno « Assolutamente niente! » si affrettò a chiarire immediatamente Prussia.

Baden, senza la sua solita acidità, intervenne « Cosa ti sta succedendo, bruder? È da quando sei tornato ieri che sembri strano … » spiegò Mark, mentre si infilava in bocca una generosa porzione di uova.

Sentendosi punto sul vivo, il prussiano saltò letteralmente sulla sedia, alzandosi in piedi, sotto lo sguardo stupito di tutti, mentre i sospetti di Andrea e Christian si facevano sempre più marcati.

« Non vi dovete preoccupare di nulla! » ordinò urlando Gilbert, per poi vergognarsi nel vedere l’espressione allarmata dei fratelli e delle due francesi « Me ne vado … » biascicò a mezza voce, cercando di nascondere il rossore che era calato sui suoi zigomi.

Boccheggiando come un pesciolino, Petra riprese la parola, cercando di apparire calma, nonostante le reazioni del fratello maggiore « Ma … m-ma Gilbert , la colazione! » esclamò, con la voce che vibrava, nonostante volesse nascondere l’insicurezza nel dire quella frase.

Con un tuffo al cuore, Prussia la ignorò, sussurrando « Non ho più fame … » prima di andarsene.

Anche Baviera e Sassonia si alzarono, attirando l’attenzione di tutti « E voi dove andate? » chiese Wurttemburg, girando la testa verso le nazioni più antiche, facendo ondeggiare i capelli castani
« A far luce su questa faccenda » mise immediatamente in chiaro Christian, che se ne andò seguito da Andrea.
 

Un ennesimo conato squarciò l’aria quieta del bagno privato della camera da letto di Gilbert. Il prussiano si era infatti chiuso alla toilette, non essendo riuscito a sostenere un secondo di più gli sguardi spaesati dei suoi fratelli. Un grosso senso di nausea gli aveva bloccato lo stomaco, impedendogli di mandare giù ancora un solo boccone. E in quel momento era relegato di fronte alla tazza del gabinetto, sentendo la bile risalire lungo la gola.

Si passò la manica del polso sulla bocca quando fu sicuro di essersi sfogato abbastanza.

Tre forti colpi alla porta lo avvisarono che qualcuno era venuto a controllare il suo stato di salute, mentre stava cercando di eliminare quel saporaccio dalla sua bocca con dell’acqua « Chi è? » domandò, cercando di tenere il tono di voce più normale possibile.

Senza nemmeno rispondere, Sassonia e Baviera irruppero nella camera, entrambi fin troppo determinati per andarsene senza nemmeno un’informazione strappata dalle labbra del fratello. Gilbert capì immediatamente che stava per cominciare uno dei conflitti più complicati che avrebbe mai dovuto affrontare. Sarebbe iniziate una gara di testardaggine, ma il vincitore era tutt’altro che deciso.

« Gilbert, noi tre dobbiamo parlare » sentenziò immediatamente Christian.
« Sul serio? Parla anche Andrea? » domandò ironico l’interpellato, notando, però, solo allora il plico di fogli e la stilografica tenuti in mano dalla ragazza. Lei infatti si sedette alla scrivania, togliendo il tappo alla penna e cominciando a scrivere alacremente. Una serpentina nera uscì dalla punta della penna e andò a posarsi su un foglio, prima che questo venisse alzato per mostrare una chiara calligrafia

-Cosa ti sta succedendo, bruder?-

Prussia fece la cosa che aveva fatto per la maggior parte del tempo da quando era tornato a Schloss der
Mittelweg: ghignare e mentire.

« Assolutamente nulla. Siete voi che vi fate strani pensieri »
« Bugiardo! » intercalò il regno di Baviera
-Ti stai comportando in modo strano sin da quando sei arrivato a casa e sono quasi certa che non sia per colpa della guerra. Ti ho visto affrontare conflitti più gravi più tranquillamente-
« Vi sto dicendo che non ho nulla … e smettetela di essere così sospettosi! » disse, distendendo di più il sorriso tirato.
« Sappiamo che ti sta succedendo qualcosa, Gilbert, e non ce ne andremo prima che tu ci abbia detto di cosa si tratta! » esclamò Christian, mentre stava ormai perdendo tutta la calma per colpa della cocciutaggine di Prussia.
« Nulla di cui dobbiate preoccuparvi! »
-Allora qualcosa c’è!-

Il prussiano si morse la lingua per la rivelazione appena fatta.
« Davvero! Non c’è nien… » non poté finire la bugia che uno scintillio metallico gli passò pericolosamente vicino alla testa, prima che un assordante rumore di porcellana infranta riempisse la camera: Sassonia aveva tirato un coltello contro il volto di Prussia, che era rimasto immobile nel vedere la lama passargli troppo vicino all’orecchio e schiantarsi contro un vaso.

La pazienza della sorella era stata ampiamente superata. Baviera le bloccò la mano destra per impedirle di fare una pazzia come quella, lievemente irritato dal comportamento infantile e pericoloso della ragazza.

Si voltò poi verso Prussia « Se non è nulla di cui preoccuparsi, allora perché sei corso in bagno a rimettere? Sai perfettamente che puoi dirci tutto … » concluse magnanimo il regno germanico.

E Gilbert, a quelle parole dette con tutta la semplicità e tranquillità del mondo, quasi cedette. Fu quasi tentato di dire tutto, di parlare della creazione dell’Impero Tedesco e della loro imminente morte. Sentiva il torrente di parole premere contro le sue labbra, ansioso di uscire e rivelare la verità.

Forse, se avesse parlato, si sarebbe tolto il peso che lo opprimeva e sarebbe riuscito a vivere in serenità quelle ultime settimane, senza dover continuare a mentire …

Qualcuno bussò alla porta, distogliendo i presenti dai loro pensieri « Avanti! » ordinarono all’unisono i due fratelli. Un giovane maggiordomo si fece mestamente avanti, con riverenza « Herr Gilbert, herr Christian, fräulein Andrea, il pittore è arrivato » annunciò serio, sorprendendo tutti i fratelli Bielschmidt.

L’espressione sconcertata di Prussia parlava da sola « Impossibile! Non l’ho nemmeno fatto chiamare! » gridò.

Il cameriere, avendo sentito il tono di Gilbert e avendo notato la ceramica in frantumi, assunse una nota molto spaventata nella voce, che cominciò a tremare mentre tentava di dare spiegazioni « L’ha convocato Herr Bismarck quando è arrivato ad Hannover infatti, a detta sua, ha trovato il Kaiser che gli ha riferito le sue volontà, Herr Bielshmidt ed ha detto che è partito subito, in quanto lui stesso riferisce di avere un debito con lei. Se vuole seguirmi … » invitò cortesemente, lievemente sollevato di poter lasciare quel posto il prima possibile.

La conversazione precedente era inesorabilmente caduta nel dimenticatoio, tranne per il prussiano, che fu però ben contento di abbandonare i fratelli nella sua stanza, ma, nonostante questi non avessero ancora ottenuto le risposte che cercavano, nulla li avrebbe fermati, il prima possibile, da un ennesimo assalto al biondo. Lo seguirono nella sua visita al ritrattista.


L’artista era davanti alla porta d’entrata di spalle, ancora all’esterno, mentre dava le direttive al cocchiere ed ad alcuni servitori riguardo tele, cavalletti, tavolozze e colori. La sua voce argentina e quasi infantile che riempiva tutta l’aria circostante era impossibile da non riconoscere.

Molto sorpreso e spaesato, Gilbert incollò il suo sguardo sulle spalle minute del giovane, sul fisico longilineo e sui capelli rossicci. Forse un aspetto comune, ma quel sottile ciuffo arricciato non lasciava dubbi: solo una persona al mondo poteva possedere quella ciocca sbarazzina che sfidava la legge di gravità.

« FELICIANO! » sentendosi chiamato, l’italiano si voltò, sorridendo raggiante non appena i suoi occhi castano chiaro incontrarono quelli blu di Gilbert.

Abbandonò immediatamente i lavoratori, che borbottarono alcuni improperi sottovoce, per raggiungere in cima alle scale la Nazione stupefatta e dubbiosa « Cosa ci fai qui? » domandò Prussia non appena Italia si fu avvicinato abbastanza perché il biondo non dovesse urlare.

Un rosso congestionato comparve sulle sue gote non appena l’italiano, in uno slancio di affetto, lo  abbracciò. Ci mise qualche secondo prima di riprendersi dalle emozioni esplicite tipiche della Nazione mediterranea e ricambiare mestamente l’abbraccio.

Veneziano sorrise ancora, tenendo gli occhi chiusi « Sono qui per richiesta del Signor Bismarck di fare un ritratto a te e alla tua famiglia, Gilbert! »
« Ho capito, ma in realtà chiedevo cosa ci facessi tu in Prussia »
« Cercavo te! Non ho ancora potuto sdebitarmi per l’immenso aiuto che mi hai dato cinque anni fa contro il Signor Austria e questo, non appena il signor Bismarck me lo ha chiesto, mi sembrava il minimo! » la voce di Feliciano aveva avuto un calo ricordando la sua guerra intrapresa contro Roderich, la nazione che lo aveva allevato come un figlio, per poi opporsi alla sua voglia si libertà ed indipendenza.

« Tranquillo, Italien, te l’ho già detto che l’ho fatto anche per un mio interesse. Comunque, perché, ora che puoi, non sei insieme a tuo fratello? » ricordò Gilbert l’espressione di pura gioia che aveva preso possesso del viso dell’italiano non appena si era ricongiunto con Romano dopo secoli di separazione.

Un ennesimo dolce sorriso si stese sul volto di Italia « Ora è diverso: perché so per certo che se avessi voglia di vederlo, di abbracciarlo, di stare con lui, lo posso. Abbiamo tutta un’eternità da passare insieme, gli posso tranquillamente concedere qualche anno per- »

« FELICIÈN! » una voce morbida e vellutata che sembrava provenire da uno strumento musicale ben suonato che dalle corde vocali di una persona interruppe il discorso di Veneziano: una ragazza bionda dal soffice accento francese vestita con un lungo abito verde acqua corse incontro alla nazione italiana, abbracciandolo stretto e schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia.

« Oh! Signorina Alsazia! È davvero molto tempo che non ci si vede! Come stai? » chiese l’Italia del Nord non appena si fu ripreso dalla sorpresa « Très bien, mon petit rayon de soleil! Troppo tempo, come va da te in Italia? Sai perfettamente come può andare a me e a mia sorella Lorena, non puoi non aver sentito nulla a riguardo ciò che sta succedendo tra m. Bielschmidt e mon cousin Francis … » concluse Annie un po’ cupa sulle ultime informazioni.
Feliciano annuì serio « Certamente che ho sentito, una guerra non passa di certo inosservata e poi-»

« FELI-CHEN! » la nazione italica fu interrotta ancora, questa volta, però, da una voce chiaramente teutonica. Un ragazzino biondo, con i capelli ben pettinati corse verso di loro, seguito dall’altra regione e da Baden, Wurttemburg, Mecklemburg, Oldenburg ed Hesse, che li raggiunsero.

Ci furono baci, saluti e pacche fraterne sulle spalle, e ancora risate e parole. Tutti i fratelli entusiasti di rivedere l’amico italiano … be’, quasi tutti …

Come se fosse stato chiamato un’ennesima volta, Veneziano si voltò, nonostante fosse sicuro che il suo nome non fosse vibrato nell’aria riempita delle loro chiacchiere: i suoi occhi castani si scontrarono con due zaffiri e due ossidiane che lo fissavo molto intensamente, quasi con superiorità e ribrezzo.

L’atmosfera si fece improvvisamente pesante non appena tutti si accorsero della presenza di Baviera e Sassonia, che avevano assistito a tutta la scena in disparte.

Un brivido di timore percorse le ossa di Italia quando notò la posa rigida e la mascella serrata dei due ducati più antichi. Abbassò lo sguardo « Signor Baviera … Signorina Sassonia, è un onore rivedervi … » sussurrò non molto convinto, avvicinandosi inconsapevolmente a Prussia, mentre una sensazione di fastidio e nervoso cominciava a circolargli nelle vene.

La voce di Christian era così bassa e imperativa che non sembrava nemmeno la sua « Herr Vargas, sarà lei che farà il dipinto? Mi auguro che le venga bene, ma la sua fama di artista è riconosciuta in tutto il mondo, vedremo di non preoccuparci più di tanto. Ora, se vuole scusarci … » e si eclissò insieme ad Andrea.

Gilbert seguì i fratelli con lo sguardo fino a che non scomparvero, stringendo poi la mano attorno ad un braccio di Feliciano « Vieni con me, Veneziano, dobbiamo metterci d’accordo per il ritratto … » fece vago, prendendolo con sé e portandoselo in camera.

Arrivati nella stanza, il prussiano chiuse la porta, concentrandosi sull’altra Nazione « Feliciano, io ti devo fare una domanda. Tu sei stato a contatto con Otto, non è così? »
Il ragazzo annuì.
« Hai … hai sentito qualcosa a riguardo di quello che sta succedendo al territorio germanico? »

Vargas temporeggiò prima di dire « Ho sentito alcune voci … nulla di chiaro … c’è stato un accenno da parte del signor Bismarck ad un suo collega, ma ho cercato di non impicciarmi troppo … poi mi ha mandato qui prima di dirigersi verso Versailles »

Lo stupore si dipinse sopra il volto del teutonico « A Versailles? Ma è impazzito?! In pieno territorio nemico?! »

« Sembra che voglia ufficialmente umiliare il fratellone Francia … » fece mesto Nord Italia « Comunque è vero, Gilbert? Davvero tutti i ducati germanici moriranno per dar vita ad un nuovo stato? » domandò quasi sull’orlo delle lacrime al pensiero che tutta la famiglia germanica sarebbe presto scomparsa, anche lei …

Prussia non rispose, ma il suo silenzio valeva più di mille parole. Calde lacrime silenziose cominciarono a scendere dagli occhi ambrati di Veneziano. Nascose il viso tra le mani, ripensando ai volti allegri dei fratelli teutonici.

Due forti braccia gli circondarono le spalle e la minuta Nazione si voltò improvvisamente verso il biondo, riversando un fiume di scuse « Perdonami Prussia, sono qui a piangere come un bambino e nemmeno penso a te, che è sicuramente più doloroso veder perdere così la propria famiglia, è solo che sono tutti così simpatici, anche se Sassonia e Baviera sono un po’ più freddi, ma non meritano di fare quella fine e poi ho pensato a cosa farei io se mi fosse portato via Romano, proprio ora che ci siamo riunito dopo tanto tempo! »

Un dolce sorriso si fece strada sul volto del ragazzo dagli occhi blu « Non preoccuparti per me, Feliciano, sto bene » mentì, prima di fare una raccomandazione « Solo … non fare una parola di questo argomento finché resterai qui, va bene? »

Incassando la testa nel petto del prussiano, l’italiano annuì, trovando ingiusto che i ducati germanici non potessero sapere della loro fine.

 
 

La tana del lupo:
Scusate il ritardo e spero che vi piaccia il capitolo. Ringrazio Frosty lily, che ha recensito lo scorso capitolo, ceci the hedgehog che ha messo la storia tra i preferiti e Generale di Capo Urano, nikkith e Queen Giulietta che hanno messo la storia tra le seguite.
Ciao e baci J
  
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