Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: Ronismine    13/01/2015    0 recensioni
Un giorno ti svegli così, e ti viene voglia di scrivere. Scrivere su cosa? Questo è sempre stato un problema per me; avere tutte le capacità ma non avere le idee giuste non aiuta mai, soprattutto se per scrivere devi avere TANTE idee. Così ho deciso che se non ero un persona abbastanza interessante da poter scrivere su di me, avrei scritto su un’altra persona. Ed eccomi qui, accompagnata da un po’ di musica, a parlare di Eddy, conosciuto come Ed Sheeran. a parlare di lui, a parlare di NOI e di quanto lui mi abbia salvata, in tutti i modi in cui una persona possa essere salvata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo decisi di rimanere a casa e mio padre non oppose resistenza. Non so spiegarvi con certezza, ma ,secondo me, se l’aspettava questa situazione. Mi svegliai verso le nove, anche se fu una notte movimentata, quella. Mi alzai barcollando a causa del mio pigiama troppo lungo, andai in cucina a versarmi un po’ di tè e mentre bevevo facendo attenzione a non ustionarmi la lingua accesi il telefono. C’erano due messaggi di Cher che mi chiedevano dov’ero finita, ma non se la sarebbe presa, soprattutto quando le avrei spiegato la situazione. E vabbè. Uscii dalla chat con Cher ed eccola lì, terribile e inevitabile, un po’ come la morte, la mia morte. La chat con Giulio. Occupava tutta la memoria del telefono, ma non avevo il coraggio di cancellarla. La aprii. Era piena di cose stupide ma che mi facevano sorridere, alcune erano state inviate alle 3 del mattino. Avevo la pessima abitudine di non lasciar cicatrizzare le mie ferite, mi divertivo ad aprire la crosticine e vedere il sangue fresco uscire. Penso che lo stesso valeva in quella situazione.
Perché doveva finire sempre così? Non avevo nulla nella mia vita ma non facevo la finta depressa, non ero bella o quant’altro, ma amen, me ne facevo una ragione. Mi ero accontentata di tutto, perché togliermelo adesso?
Spensi il telefono tremando. E sentii un leggero peso sulle mie ginocchia. Tigro si era accoccolato su di me, quasi come conforto.
-Anche io vorrei essere un gatto sai? Come si fa a rifiutare una creaturina come te?- la sua risposta fu una leccata al dito.
Papà era andato a lavoro, così passai il resto della mattinata a sistemare un po’ la casa e mangiando schifezze fino a riempirmi prima di pranzo. Stavolta mio padre fece un po’ di storie, era molto devoto alla corretta alimentazione e ogni volta che rifiutavo i pasti nella sua mente si faceva spazio l’idea che sua figlia stesse avanzando in un’anoressia senza precedenti. Infondo eravamo italiani.
Saranno state le due e mezza, quando sentii il citofono suonare. Cher prendeva il pullman, non poteva essere lei. Cominciai a illudermi che fosse Giulio, ne ero quasi sicura, ma quando vidi tramite il videocitofono una chiazza rossa, caddero tutte le mie aspettative.
-Chi è?!- risposi quasi arrabbiata, anzi lo ero.
-Ehm… sì, sono Edward, Mia sei tu? Volevo solo lasciarti questi appunti, è stata la prof si biologia a dirmi di passare, non voglio dare fastidio davvero, gli lascio sulla buca delle lettere..-
Inutile dire che mi sentivo uno schifo, lui era stato capace a passare da casa dopo appena un giorno che ci conoscevamo, e quel deficiente non aveva nemmeno mandato un messaggio per chiedermi se stavo bene. Ero vestita più o meno decente, la casa era pulita e così mi venne in mente una piccola idea per farmi perdonare.
-No scusami Ed, pensavo fossi uno di quei testimoni di Geova, ehi sta cominciando a piovere, entra dai, ti raffredderai- avevo detto tutto con una velocità così allarmante da lasciarlo senza altro da dire.
Salì e basta.
Appena mi vide gli si illuminò il volto con un sorriso dolcissimo. Scioglieva anche me quel sorriso.
-scusami, non sono molto presentabile, ma… ecco, non è un bel giorno questo.-
-Oh non devi scusarti, anzi grazie per avermi fatto entrare, credo che mia sorella ci metterà un po’ per venire a prendermi.-
Finì di pulirsi le scarpe allo zerbino e entrò, accolto calorosamente da Tigro ovviamente. Ci sedemmo sul divano e bevemmo insieme una tazza di tè. C’era silenzio fra noi, ma non un silenzio imbarazzante, stavo bene in quel silenzio. Mi dava modo di pensare, di riposarmi. E nemmeno lui sembrava imbarazzato. Si era sistemato sulla poltrona che non usavamo mai in casa, una poltroncina normale, ma non piaceva né a me né a papà e nemmeno a Tigro. Ma lui sembrava starci bene e sembrava avere un’ottima affinità col gatto. Quante cose si scoprono in silenzio.
-Perché non sei venuta oggi?- iniziò il discorso lui, sapevo che prima o poi me l’avrebbe chiesto.
-Non sono stata molto bene ieri, diciamo che non è uno dei miei migliori periodi..-
-HAILITIGATOCONGIULIO?- disse tutto d’un fiato.
-come lo sai?-
-Oggi mi ha chiesto se stavi male o cose del genere e poi aveva la tua stessa espressione negli occhi, quella di chi ha troppe immagini in testa ma le vuole trattenere a tutti i costi.- aveva la capacità di capire tutto senza chiedere nulla, sapeva molto più di me in quel momento.
-Sì, ho litigato con lui, per colpa di quella puttana della ragazza. Lo vedi? Non mi sto mai zitta, non riesco a non dire quello che penso-. Sentii qualcosa di caldo accarezzarmi le guance, un’altra volta. Non piangevo mai in pubblico, chi è che lo fa? Ma quelle lacrime erano impregnate di amarezza e dovevano uscire, tanto peggio di così le cose non potevano andare.
Mi trovai avvolta improvvisamente da un altro tipo di calore, quello era piacevole almeno mille volte di più. Non faceva male, anzi, sembrava riuscire a tenermi intera per qualche secondo. Mi aveva abbracciata.
Penso che tutti sappiano quanto siano belli gli abbracci, però hanno tutto un altro sapore se vengono dati nei momenti più devastanti. Ti ricompongono, non so se mi spiego.
-Guarda, stamattina l’ho vista… sì sembra davvero una puttana- sorrise. Sorrisi anche io.
-Non la pensa come te lui- risposi amara.
Si impegnò a fissare le sue iridi nelle mie, anche se questo gli causava un violento rossore sulle guance
-Il fatto che le sta accanto non vuol dire che non lo pensa. Siamo strane creature, noi umani. Preferiamo il facile al bello. Ma nonostante tutto il bello non smetterà mai di essere bello, così come il facile non smetterà di esserlo. Dobbiamo solo trovare le persone con più buongusto, disposte a qualche formalità per avere qualcosa di migliore.- tornò a sorridermi e si alzò –Beh, ora devo davvero andare, grazie del thè Mia-
Lo accompagnai alla porta in silenzio, assorta a ciò che aveva detto. Dovevo per forza rispondergli vero? Vero.
-Ed..- si girò –Grazie, davvero, grazie mille-
Sorrise ancora una volta.
Forse, dopo quella conversazione, potevo prendere ago e filo e cominciare a ricucirmi..

  
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