Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
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Autore: Sassanders    14/01/2015    2 recensioni
Dal capitolo I:
Mentre sto per tirare la maniglia, la porta si apre e un uomo di cui non riesco a vedere il viso mi urta, facendomi strillare e versare il liquido sulla camicia bianca, ritirata ieri dalla tintoria.
Urlo come impazzita, imprecando e alzando lo sguardo. Davanti a me ho un ragazzo di venticinque anni circa, con i capelli corvini sparati in aria, due occhi castani, delle labbra sottili e un piercing alla narice sinistra.
-Sei un fottuto idiota!- esclamo, infuriata.
-Sei stata tu a finirmi addosso! Guarda dove cammini!- mi risponde, alzando un sopracciglio. Devo trattenermi dal prenderlo a pugni.
-Sei tu che non guardi dove vai!-
-Senti, dolcezza, scusa per la camicia, ma non ho tempo da perdere.- replica, sorridendo beffardo.
A quelle parole perdo letteralmente le staffe. Mi ha urtato, mi ha fatto macchiare la camicia pulita da poco, e fa anche lo strafottente?
-Sai che ti dico, tesoro?- dico, sottolineando il nomignolo. -Vaffanculo!- esclamo, con un sorrisetto e mollandogli un pugno abbastanza forte sul naso.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  EVERY BREAKING WAVE.

                                     Capitolo 2.
Una settimana dopo.

Il rumore della sveglia delle 6.30, mi fa trasalire e sbuffare. Cerco a tastoni l’aggeggio e lo spengo, affondando poi nuovamente la testa nel cuscino. Ogni giorno che passa, mi sento sempre più stanca e stressata. Sono due mesi che non dormo decentemente per otto ora di fila, per colpa del lavoro che mi costringe a rimanere sveglia anche fino alle tre. Dopo dieci minuti buoni, mi alzo e fisso il calendario. Oggi è 20 ottobre, precisamente venerdì. Di solito, in sede, il venerdì, è il giorno più pesante delle settimana, e automaticamente, la mia voglia di lavorare diminuisce del cento percento. Mi dirigo in bagno, faccio una doccia veloce e dopo aver indossato una T-shirt e un jeans molto semplici, scendo in cucina. Addento frettolosamente una merendina al cioccolato, preparando il caffè. Consumo la mia piccola colazione ed esco di casa, andando in macchina. Sono le 8.00 precise e a quest’ora c’è un traffico davvero ingestibile: la causa del mio solito ritardo. Arrivo in ufficio alle 9.15, e, stranamente, Jessica non è ancora arrivata. Finalmente sono libera di prendermela un po’ con calma e di sistemarmi decentemente. Lego i capelli in uno chignon molto disordinato e mi lascio sprofondare nella sedia rossa girevole, sbuffando. Mi passo le mani sul viso e comincio a riordinare il tutto per il numero di questo mese. Mi soffermo un momento a leggere le varie interviste e tra un caffè e l’altro, l’orologio al mio polso, segna le 10.07.
Dopo qualche minuto entra Jessica in ufficio, salutandomi come al solito, ma lasciando una specie di promemoria sulla scrivania. Sono troppo presa dal lavoro per guardare il foglietto, anche se mi riprometto di dargli un’occhiata più tardi. Dopo una mezz’oretta circa il mio capo esce dall’ufficio, dicendomi di dover sbrigare delle faccende con non so chi. Annuisco e quando lascia l’ufficio prendo le cuffiette e le infilo nelle orecchie, lasciandomi trasportare dalle note di ‘One’ dei Metallica. Mi arriva un messaggio sul cellulare e noto che è di Logan.
  -Ciao, amore, come va?-                                                                                                                                                                                             -Bene dai. Solito stress per colpa del lavoro, tu?-
  -Stessa identica cosa. Mi manchi.-
  -Anche tu, quando pensi di tornare?-
  -Credo tra un paio di giorni.-
  -Finalmente! Ora scusa ma devo andare, ci sentiamo più tardi. Ti amo.-
  -Ti amo anch’io e a più tardi.-
La conversazione si conclude così, non è il massimo, ma non fa niente. Ognuno ha la propria carriera da portare avanti e non credo nemmeno di volere tutte queste attenzioni. Anche perché sono sei anni che ci ho fatto l’abitudine, oramai. Ci vediamo al massimo una volta a settimana, e mi sta bene così. Passo praticamente tutto il tempo da sola, e ho perso in un certo senso il contatto con il mondo esterno, nel senso di amici. L’unica amica che non mi ha mai abbandonato, nonostante il poco tempo che posso concedermi, è Julie. Ci conosciamo da quando avevamo quattordici anni, e anche se siamo molto diverse, sia fisicamente che caratterialmente, siamo sempre andate d’accordo. Mi sostiene, come ha fatto continuamente, in quei momenti difficili, così come io ho fatto, e credo di fare ancora oggi, con lei. Siamo diverse, fin troppo: io sono abbastanza semplice e, anche se abbiamo una passione in comune, che è quella per il metal, non mi vesto esattamente come, appunto, dei metallari, a differenza sua. Julie è una ragazza alta più o meno quanto me, ha dei capelli castani e le punte verdi e una rasatura a lato abbastanza ampia, nonostante i suoi venticinque anni suonati. Io, al contrario, non mi sono mai vestita come i metallari, ho preferito, e preferisco tuttora, degli abbigliamenti sobri, così come quando ero un’adolescente con una fissazione per la musica, quella che amo fin da piccola, grazie a mio padre. Mio padre, già. E’ stato costretto a crescermi da solo, fin da quando avevo dodici anni. Nonostante i diverbi comuni tra padre-figlia, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto ed è grazie a lui, e al suo pianoforte, che ora lavoro qui. Il pianoforte mi ha sempre affascinato ed ho imparato a suonarlo quando ero ancora uno scricciolo, come mi chiamava papà. E’ fin troppo tempo che non metto le dita su un pianoforte, colpa del lavoro che mi ruba gran parte del tempo che ho a disposizione. Mentre le canzoni mi aiutano a riflettere e lasciano un po’ di spazio ai ricordi, sento un colpo di tosse provenire da oltre la scrivania. Ho le cuffiette ad un volume abbastanza alto, quindi probabilmente non ho sentito il rumore della porta.
Alzo lo sguardo, e mi ritrovo davanti l’ultima persona che mi sarei aspettata e che avrei voluto vedere, al mondo. Il tipo che mi ha versato addosso il caffè, e a cui io ho dato un pugno. I nostri sguardi si incrociano, e quando lui mi riconosce, sbarra gli occhi, ed io aggrotto le sopracciglia.
-Ancora tu? Dio, ma sei la mia persecuzione!-
-Ah, io sarei la tua persecuzione? E sentiamo un po’ in che modo? Io qui ci lavoro. Si può sapere cosa vuoi?- domando, scontrosa.
Scoppia a ridere di gusto. Intanto, non avevo notato assieme a lui altri quattro ragazzi, più o meno della sua stessa età. Tutti ricoperti di tatuaggi e con piercing qua e là sul viso.
-Ma che diamine hai da ridere?-
-Oh, andiamo, ma lavori per una rivista musicale o come parrucchiera? Probabilmente una parrucchiera ne sa più di te, in fatto di artisti musicali.-
Respiro con profondità, socchiudendo gli occhi e imponendomi di rimanere calma. Un particolare che non ho fatto in tempo a notare, troppo presa dallo sconcerto e dalla rabbia, è un piccolo cerotto sul naso all’insù. Sorrido lievemente, alzando un angolo della bocca. A quel punto, il tipo solleva un sopracciglio e interviene uno dei suoi amici, con i capelli corti e un labret a destra, gli occhi verdi e un paio di Ray-Ban sulla testa.
-Innanzitutto, buongiorno. Io sono M. Shadows, il frontman degli Avenged Sevenfold e avremmo un appuntamento con Jessica Tuck.-
A quelle parole rimango sbalordita. Gli Avenged Sevenfold? Li ho sentiti solo qualche volta in radio, ma non avevo mai avuto l’occasione di guardare i loro visi, nemmeno in foto.
-Oh merda…- impreco, sottovoce.
-Scusatemi un momento.- dico, ed entro nell’ufficio di Jessica che, ovviamente, non c’è. Sulla sua scrivania noto una agendina e al giorno di oggi, vedo la scritta ‘Avenged Sevenfold’ seguito da un ‘ore undici’ e al di sopra di ‘Sophie Turner’.
Io devo gestire una nuova intervista per il prossimo mese, e non me lo dice? Ritorno da quei cinque, e do’ un’occhiata alla scrivania, dove noto il promemoria lasciatomi dal mio capo che prima non ho avuto modo di leggere.
‘Avenged Sevenfold alle ore undici, intervista prossimo mese. Gestisci tu il tutto, io ho un appuntamento a quell’ora.’
Sbuffo e mi passo le mani sul viso, quasi dimenticandomi della loro presenza.
-Sì, allora. Io sono Sophie Turner, e sono la vice direttrice di Kerrang. Gestirò la vostra intervista per il prossimo mese. Mi scuso per l’inconveniente, ma il mio capo, quella stronza che doveva occuparsi di voi, mi ha detto che ha un appuntamento e che devo sbrigarmela io. Fantastico, davvero.- esclamo, lentamente e con un tono di voce professionale. Mi rendo conto di quello che ho appena detto, solo quando noto gli Avenged Sevenfold soffocare qualche risatina.
Riorganizzo un attimo le procedure mentalmente.
-Se volete seguirmi.- dico, squadrandoli e andando poi verso l’ufficio di Jessica. Mi siedo al suo posto e apro la cartella sul suo pc, mentre loro si accomodano di fronte a me. Sul desktop trovo proprio una cartella dedicata alla band qui di fronte a me e aprendola, vedo una specie di biografia. Osservo i loro volti in foto, leggendo i nomi sotto. Il tipo del bar si chiama Synyster Gates, il cantante della band è M. Shadows, il più bassino Johnny Christ, quello alto con gli occhi azzurri The Rev o Jimmy, e il ragazzo con il septum e gli occhi cerulei, Zacky Vee.
Memorizzo i nomi  e mi volto verso di loro.
-Premetto che io non sapevo niente riguardo questa intervista. Non avevo semplicemente avuto l’occasione di guardare le vostre foto per riconoscervi e vi ho sentiti un paio di volte in radio, al contrario della mia parrucchiera.- mi fermo un secondo, guardando Gates e sentendo le risatine degli altri. –Solitamente non do’ pareri personali sulla band o cose del genere, ma da quello che mi ricordo siete abbastanza bravi.-
-Grazie mille.- mi risponde il più alto, Jimmy, sorridendo. Ad esempio lui, al contrario di Synyster, mi ispira calma e tranquillità, solo fissando i suoi occhi azzurri.
-Ma voi due come mai vi conoscevate già da prima?- mi domanda sempre Jimmy, indicandoci.
Vedo Gates aprire la bocca per parlare, ma lo precedo.
-Non ci conosciamo. Semplicemente una settimana fa, nel bar qui di fronte, mi è venuto addosso, facendomi macchiare la camicia e scherzando come se niente fosse, e io gli ho mollato un pugno sul naso. Tutto qui.-
Vedo Gates serrare la mascella e i pugni e gli altri quattro ridere.
-Davvero?- mi domanda il bassino, Johnny.
Annuisco distrattamente e ritorno a fissare lo schermo del pc.
-Allora, l’intervista è stata programmata per il 25 ottobre, mercoledì prossimo Per voi va bene?-
Si guardano e Zacky mi risponde di sì.
-Perfetto. Torno subito.- annuncio, andando nel mio ufficio e recuperando la mia agendina personale dalla borsa. La apro e mentre ritorno da quei cinque, annoto l’appuntamento per il 25 ottobre.
-Giù abbiamo dei tavolini adibiti a questo tipo di situazioni. Se volete posso offrirvi un caffè, o vi prego, almeno scendiamo perché se non predo immediatamente un caffè, rischio di addormentarmi.- li supplico quasi.
-Va benissimo.- dice Jimmy, ridendo. Gli sorrido e prendo il portafoglio, uscendo dall’ufficio e chiamando l’ascensore, per arrivare al piano terra, dov’è situato il bar, quindi sette piani più giù di noi. Ero rimasta un attimo indietro, e gli altri mi hanno sorpassato, e proprio avanti a me c’è Gates che mi fissa con uno sguardo che non riesco a decifrare.
-Prima le signore.-
-Oh, grazie mille.-
Entriamo nell’ascensore e l’imbarazzo si impossessa della poca aria circostante. Tossisco, e incrocio casualmente gli occhi di Gates. Distolgo lo sguardo e, dopo minuti che mi sembrano secoli, il plin metallico dell’ascensore ci segna l’arrivo al piano terra. Esco per prima, conducendoli verso un corridoio, per poi svoltare a destra e arrivare al bar. Vedo due divanetti in pelle, su cui si fondano immediatamente Johnny, Zacky e Jimmy. Guardo per un attimo Synyster e poi corro a quasi stendermi sull’altro divanetto, opposto a quello su cui sono seduti il bassista, il chitarrista e il batterista. Poggio l’agendina sul tavolino di fronte a me assieme ai due cellulari, uno di lavoro e uno personale. Gates viene verso di me e si siede alla mia destra, mentre Matt alla mia sinistra. Alzo gli occhi al cielo, sbuffando.
Faccio cenno a Joe, il barista di turno, che viene verso di noi, sorridendomi.
-Ciao Joe, ti presento gli Avenged Sevenfold.-
-Ehm, salve.- risponde lui, timido. –Cosa vi porto?-
-Per me il solito.- dico io, mentre lui annota velocemente.
-Tre caffè normali.- dice Zacky, per i tre che mi stanno di fronte.
-Per me un caffè macchiato.- ordina il chitarrista di fianco a me.
-Quattro normali.- aggiunge Matt.
Dopo aver ordinato, comincio con il spiegare tutto ciò che faremo durante l’intervista.
-Allora, mercoledì funzionerà in questo modo. Arriverete qui e nello studio, vi porrò delle semplici domande a cui dovrete rispondere in modo abbastanza articolato, visto che sarete in copertina. Poi, fisseremo un altro appuntamento per il piccolo set fotografico, dato che devo avvisare il fotografo.- dico, annotando sull’agenda di dover chiamare il fotografo. Joe, intanto, porta i caffè.
-Gates, ripetiamo la scena dell’altra volta al bar? Ti prego, mi sono troppo divertita a spaccarti il naso.- domando, girandomi verso di lui.
-Oh, andiamo. Ti ho chiesto scusa l’altra volta, cosa dovrei fare? Piuttosto dovresti essere tu a chiedermi scusa per il naso.-
Scoppio a ridere e quasi mi sento male, tenendomi lo stomaco. Lui inarca un sopracciglio, perplesso almeno quanto tutti gli altri.
-Io? Ma che diamine stai blaterando? Non sono di certo stata io a urtarti.-
-Chi mi ha rotto il naso?-
-Beh, te la sei cercata! E comunque non stai malaccio con il cerotto, non farla tragica.- ribatto, con un sorrisetto esplicativo.
Vedo lui stringere i pugni e cercare di calmarsi.
-Okay, ragazzi basta. Datevi una calmata. Dovete continuare a comportarvi come due bambini per una cosa così stupida?- chiede, Jimmy. -Brian, tu dovresti imparare a tenere un po’ a freno la lingua, e tu Sophie, da quanto ho capito, a gestire un po’ meglio la rabbia.- si ferma un attimo. –Posso darti del tu, vero?-
-Certo. Ho 25 anni, non 55.-
Vedo tutti sbarrare gli occhi.
-Oh, andiamo, sembro così vecchia?- domando sorseggiando il caffè bollente.
-Ma no, assolutamente. L’aria professionale ti dà solo qualche anno in più.- risponde Zacky.
Faccio spallucce, e una domanda mi sorge spontanea.
-E voi, quanti anni avete?-
-Tutti 28, tranne il nanetto che ne ha 25.- mi risponde Matt, mentre io scoppio a ridere, seguita da tutti gli altri, tranne Synyster.
-Oh, avanti Bri, finiscila di comportarti come un bambino di due anni.- esordisce Johnny. Bri? Brian è il suo vero nome, quindi. Squilla il mio cellulare personale, poggiato sul tavolino, e vedo comparire la scritta ‘Logan' con una foto del mio futuro marito.
-Scusate, devo rispondere.- dico, mentre vedo Brian fissarmi con uno sguardo pensieroso. Mi allontano e porto il cellulare vicino all’orecchio.
-Pronto?-
-Ciao amore.-
-Oh, ciao Logan. Come va?-
-Bene, tutto sommato. Tu invece? C’è qualcosa che non va?-
-No, ti ho solo chiamata per dirti che domani sarò finalmente a casa e ci starò per una settimana.-
-Dio, ma è una notizia fantastica!-
-Lo so, mi manchi tanto. Ti ho disturbata?-
-No, ero solo un po’ indaffarata con il lavoro, sto gestendo una nuova intervista importante.-
-Va bene, allora ti lascio, a dopo. Ti amo.-
-A dopo e ti amo anch’io.-
Pronuncio queste ultime ormai arrivata al tavolo e chiudo la conversazione.
-Scusate l’interruzione.- dico e mi risiedo sul divanetto, sbuffando.-Allora, dicevamo?- chiedo, con una specie di vuoto di memoria.
-Non stavamo dicendo niente di importante, parlavamo di Johnny e della sua statura.- risponde Jimmy. Mi lascio sfuggire una risata e guardo l’orologio al mio polso e noto che è già mezzogiorno, l’ora della mia pausa pranzo. Pausa pranzo… oh merda, devo pranzare con Julie! Me n’ero completamente dimenticata.
-E’ mezzogiorno e ora sarebbe la mia pausa pranzo e avevo promesso ad una mia amica di pranzare con lei. Jessica evidentemente ha troppo da fare per portare il suo bel sederino qui in ufficio, quindi mi tocca rimanere qui. Siccome devo parlarvi ancora di altre cose, potreste fermarvi a pranzare qui?- chiedo, in modo da riuscire a spiegare il tutto e facendo due cose contemporaneamente.
Loro cinque si guardano, poi Matt mi sorride mostrandomi delle fossette a dir poco enormi e accetta la mia proposta. Lancio uno sguardo a Synyster che mi sorride malizioso, e io ricambio con un’occhiata torva. Si prospetta un pranzo a dir poco snervante, e credo anche di saperne il motivo.
 

 
 
NOTE DELL’AUTRICE STUPIDA:
Salve a tutti!
Ecco a voi il secondo capitolo di questa fanfic che non so come definire.
Vediamo un altro incontro tra il nostro chitarrista egocentrico e la protagonista, Sophie.
Penso che abbiate capito che si odiano.
No sentite, questa potevo anche risparmiarmela, ma sto cercando di allungare il brodo, perché non so davvero cosa dire, lol.
Nei prossimi capitoli, ci saranno degli importanti sviluppi e colpi di scena che non riguarderanno solo la protagonista. Vi comunico che aggiornerò regolarmente il mercoledì e la domenica.
Spero di avervi incuriosito almeno un po’, anche se credo proprio di no.
Quindi, se vi va, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe davvero molto piacere. Ringrazio chi ha recensito e chi ha aggiunto la mia storia alle seguite.
Mi trovate su Twitter, e sono @x_sassanders.
Detto questo, alla prossima.
Un bacio!
Sassanders.
   
 
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