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Autore: EmilyLiv_Grey    14/01/2015    4 recensioni
Un Killer inafferrabile. Una questione personale. Due squadre unite in un'unica battaglia. Nuovi amori e vecchie paure. Un passato che ritorna per alcuni, e un futuro da affrontare per altri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 2- Hai chiesto aiuto?

 

La sede della BAU era ancora semivuota quel sabato mattina. I membri dell'unità volevano godersi quel giorno libero in pace, senza morti, senza immagini orribili.

 

Il capo Hotchner stava preparando la colazione a suo figlio, pancakes, latte e cereali, quello che il bambino mangiava tutte le mattine, quello che gli preparava sempre anche la madre Haley. Ogni minimo gesto gli ricordava lei, sua moglie, la donna uccisa da uno dei tanti Serial Killer a cui dava la caccia ogni giorno. Come aveva permesso al suo lavoro di fargli questo? Il suono del latte che bolliva lo riportò alla realtà e cercò di scostare i ricordi. Infondo era passato e non contava. Ora era a casa a preparare la colazione per suo figlio, era un buon padre nonostante tutto e ne andava fiero. Un paio di braccine lo strinsero da dietro e lui si girò, alla vista di quel visino perfetto, che assomigliava così tanto alla donna che aveva sposato, tutti i problemi sembrarono sparire. Era pronto per passare un'intera giornata con suo figlio.

 

Derek aveva già fatto 4 km di jogging e flirtato con altrettante ragazze. Inutile nasconderlo, gli addominali scolpiti, le spalle muscolose e quegli occhi profondi attiravano le donne, e a lui non dispiaceva affatto. C'era però un pensiero che a volte lo coglieva di sorpresa, o meglio, una persona. L'unica donna che desiderava era proprio quella che sembrava non provare più della semplice amicizia nei suoi confronti. I suoi capelli corvini che le incorniciavano i lineamenti duri, gli occhi scuri e le labbra sensuali. Ciò che però lo attraeva più dell'aspetto era il carattere, il suo modo di essere fredda con colleghi e sospetti, e di essere dolce con le vittime e i bambini. Correre l'aveva sempre aiutato a pensare, e mentre rifletteva sui sentimenti che provava per la collega si accorse di essere già a Georgetown e decise di tornare a casa per rinfrescarsi le idee e farsi una doccia. Girato l'angolo una ragazza bionda sulla ventina gli sorrise, lui rispose con l'occhiolino ma, mentre si allontanava, pensò “Sei carina, però non sei Lei...”

 

Emily si alzò dal letto riposata, per una volta che non aveva dovuto mettere nessuna sveglia. Andò in cucina e si versò una tazza di caffé. Sul tavolo c'erano ancora i fascicoli del caso appena chiuso, e si ricordò di dover compilare i verbali, ma decise che l'avrebbe fatto dopo, voleva godersi quella mattinata senza pensare agli orrori che esistevano fuori da quella porta. Sergio miagolò forte per attirare l'attenzione della donna, la quale, vista la ciotola vuota, prese subito la scatola di croccantini e ne versò un po' nel recipiente. “Per quanto staremo da soli io e te?” Chiese al gatto, ormai intento a gustare la sua colazione. A volte le capitava di sentirsi sola, si, aveva i colleghi a cui voleva bene, ma non era lo stesso. Avrebbe voluto qualcuno che l'aspettasse a casa, che le preparasse la cena ma che capisse anche le sue necessità. Forse avrebbe voluto anche dei figli un giorno, ma soltanto con la persona giusta. E chi poteva essere? Le venne un nome in mente, ma la sua parte razionale scostò immediatamente l'idea, non poteva, e forse non doveva nemmeno succedere. Era un collega, un amico, e bello com'era aveva la possibilità di trovarsene a dozzine meglio di lei, donne più semplici, più equilibrate, con un lavoro normale. Erano quasi le 10 e stava iniziando uno dei suoi programmi preferiti, si sedette sul divano insieme a Sergio e alzò il volume. Quella giornata sarebbe stata solo sua.

 

“Cara mamma, sono appena tornato a casa dopo una settimana a Denver, dove abbiamo indagato su un rapitore di bambini. Non è mai facile quando ci sono di mezzo i piccoli umani. E' statisticamente provato che nel 86% delle persone i corpi minuti, gli occhi grandi e la voce acuta ci rendono più empatici e sensibili nei confronti dei bambini. Ma noi dobbiamo indagare sul quell'altro 14%, e a volte è parecchio difficile, soprattutto per alcuni di noi. A causa della sua infanzia Morgan è sempre molto coinvolto, e a volte perde la testa. Anche per Hotch e JJ non è facile avendo dei figli. Lei oggi mi ha confidato che ha paura di perdere Henry, che ha il terrore che questo lavoro riesca a entrare nella sua Casa. Dev'essere difficile mamma, crescere un figlio. Comunque lo abbiamo preso, il rapitore, e marcirà in galera per il resto della sua vita. A volte mi domando perché faccio questo lavoro, se non potrei fare qualcosa di più utile utilizzando la mia intelligenza, poi ci sono giornate come oggi, in cui si riescono a salvare dei bambini, e allora quelle domande spariscono, e mi sento fiero del mio compito. Spero che tu stia bene e che a Las Vegas ci sia il sole oggi. Ti voglio bene. A domani.

Tuo Reid”

Dopo aver scritto la quotidiana lettera a sua madre, i sensi di colpa anche per quel giorno si erano placati, e Reid era libero di dedicarsi alla lettura dei trattati di Hawking, senza pensare al fatto che non vedeva sua madre da quasi 1 anno.

 

Un piccolo terremoto salì sul letto e iniziò a chiamare la sua mamma, che non vedeva da qualche giorno. Jennifer si svegliò un po' insonnolita ma felice e abbracciò forte suo figlio Henry. “Andiamo a preparare la colazione, che ne dici?” Il bambino non aspettò nemmeno la risposta e corse in cucina, mentre Will diede un leggero bacio a sua moglie “Buongiorno, non sai quant'è bello averti qui a casa” “E' bello anche per me” rispose lei, sincera. Amava suo marito, e gli era grata del fatto che accettasse il suo lavoro, le sue assenze e i suoi orari. La capiva, forse perché sapeva cosa significava lavorare nelle forze dell'ordine, dare la caccia ai mostri. Proprio perchè sapeva che lui avrebbe compreso, Jennifer decise di aprirsi, decise di confidare al marito la sua paura più grande. “Sai, a volte ho paura che possa succedere qualcosa a Henry, ho paura di non essere in grado di proteggerlo...” “Caso difficile eh? Lo capisco, per quanto cerchi di evitarlo, il tuo lavoro viene a casa con te anche nel tuo unico giorno libero, però non puoi fare nulla per evitare che le cose brutte capitino. Quindi ora andremo di là e staremo con il nostro bellissimo e sanissimo figlio, giocheremo con lui e lo ameremo, e per una volta i mostri rimarranno fuori di qui. Siamo d'accordo?” Quelle parole erano esattamente quelle che la donna aveva bisogno di sentire. Si alzarono dal letto e si diressero in cucina, mano nella mano.

 

Quella chiamata era stata inaspettata, David non sentiva il suo amico Donald da quasi 30 anni. Dopo l'accademia avevano mantenuto i rapporti per qualche tempo, andando a bere qualcosa ogni tanto, ma la vita poi li aveva divisi, lui era andato a Parigi insieme alla sua prima moglie e Cragen era diventato capitano della omicidi di New York. In altre circostante risentire quella voce gli avrebbe fatto piacere, ma in una situazione come questa no. L'Unità Vittime Speciali della grande mela era una delle più rinomate, e i suoi detective erano molto competenti, era strano, quindi, ricevere una richiesta d'aiuto proprio da loro. Ma questo killer era violento e motivato, non si sarebbe fermato. Rossi lo comprese appena aprì la mail inoltratagli da Garcia. Le foto di quelle donne, i polsi legati, le stesse ferite da tortura, la stessa causa del delitto. Con il loro lavoro sapevano tutti che non esistevano giorni liberi, e Rossi fu obbligato a chiamare Penelope “Garcia, convoca tutti, abbiamo un caso”

 

La coda nella caffetteria di fronte all'ufficio era troppo lunga e Penelope non aveva tempo da perdere. Si sarebbe accontentata dell'acqua sporca riscaldata dell'Unità. Tutti avevano risposto alla chiamata, ovviamente controvoglia, e lei doveva prepararsi per presentare il caso ai colleghi. Quando Rossi l'aveva cercata, si era chiesta cosa ci fosse di tanto urgente da disturbare tutti nel loro giorno di ferie, ma appena viste le foto comprese. I pupazzi e i colori della sua stanza non erano bastati a proteggerla da quelle immagini orribili e agghiaccianti. Ma perché un essere umano avrebbe dovuto fare una cosa simile? Se lo chiedeva spesso, ma non aveva mai trovato una risposta soddisfacente, o almeno plausibile. Dopo aver raccolto tutte le informazione del caso in una cartella le inviò ai tablet degli altri agenti e, mentre aspettava il loro arrivo, andò a prendersi una tazza di caffè. Mentre ne beveva il primo sorso sentì la voce del suo collega sexy: "Ehi bambolina, perché ci hai chiamati?"

L'analista si voltò e vide che con lui c'era anche l'agente Prentiss, “Cavolo-pensò-quei due sono proprio fatti l'uno per l'altra”.

“Tra 5 minuti in sala riunioni" Rispose Garcia con un tono serio, troppo serio. Morgan si accorse che l'amica non aveva usato nessuno dei suoi soliti epiteti spiritosi e spinti. "E' brutto?" chiese lui, e presto i timori del profiler trovarono conferma.

"Molto brutto"

 

Sullo schermo erano comparse sei foto, sei donne, sei cadaveri. Penelope giocherellava nervosamente con il telecomando, aspettando che tutti avessero letto le informazioni sui loro tablet. Ad un certo punto Rossi prese la parola "Ieri mattina il capitano dell'Unità Vittime Speciali di Manhattan mi ha chiamato per chiedermi una mano riguardo al caso del Serial Killer che sta agendo a New York"

"Il Mostro del giovedì, è così che lo chiamano, ho letto qualcosa sul giornale" lo interruppe Derek.

"Perché Morgan, tu leggi anche i giornali?" lo provocò Emily, alleggerendo la tensione che si era creata nella stanza.

"David scusa, ma perché hanno chiamato te invece di fare una richiesta ufficiale?" chiese JJ, che normalmente si occupava della comunicazione con i responsabili delle indagini.

“Io e Donald Cragen, il capitano dell'Unità nella Grande Mela, siamo vecchi amici e abbiamo frequentato insieme l'accademia. Ieri sera ho ricevuto una sua telefonata, in cui mi chiedeva aiuto. Questo S.I ha già ucciso sei persone, e la polizia non ha indizi.” rispose l'agente.

“Le vittime hanno segni di legamento ai polsi e alle caviglie, e delle bruciature distribuite su tutto il corpo” asserì Prentiss leggendo il referto autoptico. “Anche la causa del decesso è la stessa, una pugnalata alla milza, precisa, con la stessa arma in tutti i casi. Il killer sapeva che in questo modo si sarebbero dissanguate lentamente” continuò la profiler.

“Le armi da taglio sono spesso utilizzate dagli SI impotenti come surrogato sessuale” specifico il dottor Reid.

“Il nostro soggetto ignoto non è impotente, le vittime sono state violentate prima di essere uccise” lo corresse Morgan.

“E' furbo, non ha lasciato ne DNA ne impronte, ma lascia le vittime nei parchi pubblici, in posti facili da trovare. L'albero deve avere un qualche significato per lui, è come se sfidasse la polizia. Siamo sicuramente di fronte ad un sadico sessuale a cui piace infliggere dolore e veder soffrire le proprie vittime. L'uso del coltello è probabilmente motivato dal fatto che vuole sentire la vita scivolare via dal corpo delle donne.” intervenne Hotch.

“Statisticamente i sadici sessuali sono i Serial Killer più prolifici, perché spinti da una necessità di uccidere per provare piacere, e circa il 42% di loro ha subito abusi durante l'infanzia” il dottor Reid come al solito espose le sue statistiche.

“Sono i più difficili da prendere, perché non rispondono a canoni specifici. La maggior parte dei sadici crescono in famiglie multi problematiche, in cui subiscono abusi ripetuti da parte di uno o entrambi i genitori, oppure crescono come figli illegittimi o orfani. Come Ted Bundy, cresciuto dai nonni materni credendoli i suoi genitori fino all'adolescenza, quando scoprì la verità in lui si manifestò la psicosi.” terminò Emily.

 

Una cosa era sicura, questo killer sarebbe stata una sfida, una delle più difficili.

 

“Tra mezz'ora partiamo, prendete le quarantottore.” ordinò Hotch.

   
 
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