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Autore: Nina Ninetta    14/01/2015    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutte! Io davvero non so come scusarmi con tutte voi che seguite questa FF, dopo quasi un mese ce l'ho fatta ad aggiornare, e pensare che siamo oramai alla fine (infatti manca un solo capitolo dopo questo). Quindi non posso che chiedere perdono, non ci sono alibi che tengono, solo vi auguro buona lettura. Nina 
 



Capitolo 18

 
Il web dava diversi consigli per abbassare velocemente la febbre alta, prima che arrivasse al cervello e lo friggesse – questo era il termine usato in un blog e leggendolo Nicolas si mobilitò immediatamente per evitare che il cervello di Teddy friggesse come un involtino primavera. La maggior parte dei rimedi che Google riportava erano ovviamente rimedi naturali: bollire la corteccia di salice bianco; fare un miscuglio di olio d’oliva e aglio; miscelare cinque tappi di aceto di vino bianco e due di acqua; patate; cipolle e quant’altro. Ma lui non era un erborista, né un cuoco e a malapena riusciva a distinguere l’aglio dalla cipolla, figuriamoci tutto il resto.
Teddy se ne stava distesa sul divano, ogni tanto mugolava qualcosa dal fondo della gola, agitandosi. Nicolas allora le si accostava e le carezzava la fronte bollente, scostandole i capelli umidicci che si erano appiccicati sul viso, sussurrandole di stare tranquilla, che lui era lì. Quando aveva letto che il febbricitante aveva bisogno di tutto, tranne che del caldo, aveva spento i caloriferi e, proprio come suggeriva quella pagina web, l’aveva spogliata restandola in biancheria intima e coprendola con lenzuola bianche di cotone, combattendo contro la volontà della ragazza di rifiutare ogni tocco.
Nicolas Antonio aveva anche l’impressione che non l’avesse riconosciuto.
L’unica cura che gli parve più semplice da effettuare fu quella dei panni bagnati in acqua tiepida e alcool. Velocemente tagliò alcune strisce rettangolari strappando vecchie fodere di puro cotone, riempì una ciotola d’acqua più fredda che calda e vi gettò dentro un bicchiere di spirito, adagiandola sul pavimento vicino al divano. Vi inzuppò i rettangoli di stoffa, strizzandoli per bene prima di prendere a strofinarli sull’intero corpo di Teddy, tremolante e con la pelle d’oca. Iniziò dal viso, tenendole fermi i polsi con una mano per evitare che lo colpisse e l’iniziativa si rivelò provvidenziale. Poi scese lungo il collo e il seno, prima di prendere un nuovo pezzo di tessuto. Nel frattempo provò a parlarle:
«Teddy che ci fai qui?»
E lei scoppiò in lacrime, cosa che lo spaventò perché inaspettata. Piangeva disperata:
«Se n’è andato» farfugliò «Se n’è andato e non tornerà più» ancora disperazione nella sua voce e quando questa volta cercò di liberarsi dalla presa di Romero che le teneva i polsi, lui la lasciò per consentirle di coprirsi il volto con le mani:
«Chi se n’è andato Teddy?»
«Nicolas se n’è andato via, lontano, in Europa, e non lo rivedrò più»
Allora il ragazzo capì che stava rivivendo un momento del passato, senza rendersi conto di dov’era realmente, dimentica di tutto quello che era accaduto in quegli anni che li aveva visti lontani e poi di nuovo ricongiunti. Teddy fece per alzarsi, scostandosi le lenzuola dal corpo, ma lui la fermò, aiutandola a mettersi seduta, mentre lo guardava con occhi che sembrava lontani anni luce:
«Avrei dovuto seguirlo?» continuò lei «Sarei dovuta andare in Germania con lui, vero Morena?»
Romero corrugò la fronte: essere scambiati per Morena dalla ragazza che adorava non era il massimo, il suo unico e credibile alibi era la febbre da cavallo e glielo fece passare come buono, trattenendo un sorrisino e l’impulso di accarezzarle il volto rigato di lacrime:
«Si, avresti dovuto» le rispose e Teddy scoppiò nuovamente in un pianto dirotto, mentre cercava di mettersi in piedi respingendo le braccia di lui che tentavano di trattenerla:
«Devo andare …» disse «Forse riesco ancora a raggiungerlo all’aeroporto …» si arrestò di colpo «Perché sono in mutande?» fu l’ultima frase che riuscì a formulare, prima di roteare gli occhi al soffitto e accasciarsi sulle proprie gambe.
Di nuovo Nicolas la sorresse e la sdraiò sul divano, tirandole le coperte sul corpo e riprendendo a lavarla con i rettangoli di cotone impregnati di acqua e alcool per far diminuire la temperatura.
 
Quando Teddy sollevò le palpebre era ormai notte inoltrata. A svegliarla era stato il freddo -ancora quel maledettissimo freddo – che la faceva tremare tutta. L’unica fonte di luce proveniva dai lampioni fuori la strada, così arancioni che filtravano attraverso le tende chiuse. Si ritrovò a fissare le ombre sul soffitto, grandi e minacciose, mentre nella sua mente nascevano i primi ricordi di quella giornata: Nicolas che non le parlava da quando gli aveva confessato che sarebbe tornata in Cile; l’aeroporto e le sue amiche; il pensiero angosciante di lasciarlo nuovamente; l’abbraccio di Grimilde; la corsa in auto con Morena e Diego; la sensazione di sollievo di trovarsi davanti casa di Nicolas, dove però lui non c’era. L’attesa all’addiaccio e poi … poi …
I suoi ricordi finivano lì, sepolti sotto una fitta coltre di nebbia grigia. Sentì una sorta di paura montarle dentro: dov’era lui? Nicolas, dov’era?
Fece per mettersi seduta ma sentì qualcosa schioccare lungo la spina dorsale e la testa volteggiarle come una danzatrice di pattinaggio sul ghiaccio, date le temperature le parve un ottima similitudine.
Poi lo vide e si rilassò.
Lui dormiva sul tappeto ai piedi del divano,  raggomitolato sotto un ampio piumone da cui spuntava solo l’ombra della testa. Teddy fu tentata di svegliarlo, di dirgli che era tornata per stare con lui, ansiosa di vedere la felicità affiorare sul suo volto, invece sgattaiolò al suo fianco, lasciandosi riscaldare dal calore della coperta e, soprattutto, da quello del suo corpo, prendendo un braccio per avvolgerselo intorno alla vita.
Ciò che non sapeva era che lui era sveglio.
 
La terza volta che Teddy riaprì gli occhi fuori era giorno, finalmente dalle nuvole filtrava un raggio di sole, seppur debole, e le parve di sentire il cinguettio di qualche uccello. Di nuovo fu costretta a riordinare le idee e spiegarsi il motivo per cui si trovava sul tappeto, con un piumone attorcigliato addosso. Si mise a sedere, i capelli scompigliati e gli occhi appannati dal sonno e da chi ha avuto la febbre a quaranta. Molto probabilmente i caloriferi erano stati accesi perché l’aria era meno fredda di come la ricordava.
Nicolas Antonio Romero era appoggiato contro lo stipite della porta, le braccia conserte e un’espressione seria dipinta sul volto. La fissava come si farebbe con un estraneo che si scopre d’improvviso dormire in casa tua senza invito. Lei si alzò, abbozzando un sorriso e trattenendo la coperta intorno al corpo, dopo qualche passo lui allungò una mano e le porse un foglietto. Il sorriso svanì dalle labbra della ragazza. Non era un foglio, era un biglietto:
«Che significa?» gli chiese e lui le rispose senza guardarla negli occhi:
«Sono riuscito a modificare il biglietto aereo, così non ne dovrai fare uno nuovo» Teddy scosse il capo con lentezza, non poteva essere vero, non poteva davvero dirle quelle cose. Forse stava ancora dormendo.
«Il tuo volo è oggi alle 16, con scalo a Parigi. La maggior parte dei voli transoceanici fanno scalo a Parigi. Se vuoi posso accompagnarti fino a là, il confine non è lontano …»
«Vuoi mandarmi via?» disse lei con voce che rasentava l’isteria. Sicuramente stava ancora dormendo «Vuoi davvero mettermi su un aereo e rispedirmi indietro?»
«Sei stata tu a dirmi che volevi tornare a casa o sbaglio?»
«Si, è vero, ma adesso io sono qua, proprio davanti a te, sono tornata da te e tu cosa fai? Ti preoccupi di recuperare il mio biglietto aereo?»
«Tu credi di poter fare sempre quello che vuoi» iniziò il cileno, all’apparenza sembrava il più tranquillo dei due «Decidi di andare, poi di tornare e magari domani vorrai di nuovo partire …»
«Sono tornata per stare con te!»
«E quando hai deciso che saresti andata via, prima o dopo che siamo stati insieme mentre ci sussurravamo che ci appartenevamo?»
Teddy indietreggiò come se quell’ultima frase, quell’ultimo appartenevamo al passato, fosse stato un proiettile che l’avesse colpita, dritto a l cuore.
«Ma di cosa mi meraviglio ancora? Mi pare di avertelo già detto: tu non sai amare» il tono del pallavolista si era fatto più cinico, più pungente, posò il biglietto dell’aereo sul tavolo, dove avevano cenato tutti insieme e quando ancora credeva che finalmente lui e Teddy avessero trovato la felicità, prima di rivolgersi di nuovo a lei che se ne stava a testa bassa «In cucina ti ho lasciato dell’antibiotico, ho chiesto consulto al mio medico, tranquilla non mi sono improvvisato dottore, prima però misurati la temperatura. Poi vestiti, ti accompagno a Parigi»
«E se avessi la febbre?»
Nicolas parve ponderare la sua prossima risposta:
«Allora la misurerai davanti a me» girò i tacchi e andò di sopra.
 
Teddy strinse i pugni e si morsicò il labbro inferiore, sempre tenendo su il piumone e, attenta a non inciamparvi dentro, lo seguì a grandi falcate, dopo aver recuperato il biglietto dalla superficie liscia del tavolo. In altre circostanze la sua andatura sarebbe stata buffa, ma in quel momento aveva solo l’aria di una persona costernata, afflitta:
«Io non me ne vado!» quasi gridò, poi lo vide sospirare e tornare a guardarla:
«Teddy, davvero, va’ a prepararti o rischi di perdere il volo»
«Ho detto che non me ne vado!» e davanti ai suoi occhi strappò il foglio di sola andata per il rimpatrio «Non voglio andare a Parigi o chissà dove …» si accostò e lo guardò dal basso «… voglio rimanere con te»
«Ma questo non è il tuo Paese, non è la tua terra, non ci sono i tuoi bambini della scuola, né il tuo mare ...» si arrestò quando lei gli carezzò la parte destra del viso con la punta delle dita, avvertendo i polpastrelli freddi sulla barbetta pungente e ispida, lentamente sentì il suo palmo scivolare alla base della nuca e fu come se una scossa elettrica gli attraversasse la schiena.
 
Senza smettere di studiare il suo volto, lottando per non sprofondare nell’oscurità dei suoi occhi, Teddy lo attirò a sé e schiacciò le labbra contro le sue:
«Sei tu il mio Paese, la mia terra, il mio mare e io non voglio più sentirmi una straniera»
«Te ne andrai di nuovo» aggiunse lui affondando le braccia nella morbida coperta, più o meno all’altezza della vita, per chiuderla in un abbraccio a mo’ di fagotto:
«Solo se dovessi morire» Teddy seguì i movimenti di Nicolas Antonio come se fosse stata una bambola, inginocchiandosi con lui sul pavimento e stendendo il piumone dietro di sé, permettendogli così di sdraiarla e coprirla con il suo corpo:
«E poiché tu sei eterna …»
« … staremo insieme per sempre» finì la frase per lui, sorridendosi a vicenda.
 
Romero la baciò una volta, sfiorandole appena le labbra, poi una seconda, assaporando un po’  del suo sapore, benché lo conoscesse a memoria, infine rapì la sua bocca, fondendo i loro profumi, i lori gusti, i loro respiri. Discese lungo il collo, soffermandosi sulle clavicole, fino alla sporgenza dei seni. Teddy lo spogliò della maglia, aggrappandosi con le braccia alla sua schiena nuda, sentendo i muscoli lavorare per lei, poi iniziò ad armeggiare con l’elastico dei pantaloni di tuta:
«Aspetta, aspetta» disse lui d’un tratto, scostandosi dalla ragazza che lo fissò stralunata e intontita «Prima devi misurarti la febbre.»
Teddy si sporse nuovamente verso il suo corpo bruno e definito, cercando le sue labbra, senza prendere troppo sul serio le parole del ragazzo sghignazzò:
«Certo, non appena avremo finito …»
«No, ora» si allontanò e tornò dopo poco con il termometro elettronico, porgendoglielo «Ci vorranno due minuti» la ragazza incrociò gambe e braccia, seduta al centro del piumone, mettendo il muso «Non fare storie! Sono responsabile di te e della tua salute, quindi muoviti!»
«Altrimenti?»
Lui si chinò per parlarle a una spanna dal viso, baciandogli ora una guancia, ora l’altra, guardandola dritto negli occhi:
«Altrimenti non ci sarà un “dopo”»
Teddy sbuffò, come una bambina che non vuole andare a scuola e fa i capricci, ma lo fece, gli obbedì … altrimenti non ci sarebbe stato un “dopo” e sapeva che Nicolas Romero era un uomo di parola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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