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Autore: mjlwards    15/01/2015    0 recensioni
Allison, 20 anni.
Il secondo anno di università sta terminando con l'arrivo delle vacanze estive. Londra l'ha fatta sentire a casa, ma anche Harry ne sarà capace?
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Tirai involontariamente una gomitata ad una ragazza in sala mensa. “Oh, scusami” mormorai. Finse un sorriso e abbandonò la fila per il dessert, parlottando insieme all'amica. Elizabeth mi pizzicò un fianco e sporse le labbra vicino al mio orecchio. “Quanto è bello”. Compresi subito che si stava riferendo a Louis dopo aver visto la sua figura minuta varcare la porta principale. Alzai gli occhi al cielo, mentre lei continuava a fissarlo come se fosse una delle sette meraviglie. “Da quando ti piacciono i diversamente etero?”. Si voltò per strattonarmi e, di nuovo, andai contro una ragazza di fronte a me, senza però scusarmi. “Devi smetterla di essere così aggressiva” dissi sistemando il cardigan finalmente abbottonato a dovere. Elizabeth fece un respiro profondo. “Ti dimostrerò che non è gay come dici tu”. Senza preavviso raggiunse Louis a lunghi passi, decisa. Lui era seduto ad un tavolo con dei ragazzi del corso di economia aziendale a pochi metri da noi. Non avevo idea di cosa le stesse passando per la mente. Elizabeth salutò tutti cordialmente, nonostante non fosse da lei, e richiamò l'attezione del diretto interessato. Non riusciva a smettere di giocare con gli anelli che aveva al dito, perfino Louis l'aveva notato ma finse di non averci fatto caso, probabilmente per farla sentire a proprio agio il più possibile. Dopo qualche cenno e un largo sorriso, tornò da me. “Bene, domani ci esco insieme” affermò con nonchalance; sapevo che stava tentando di trattenere un urlo di gioia. “Bene. Ah, dimenticavo, lo vedrai pure stasera al Funky Buddha” borbottai passando il vassoio alla cuoca. Vi poggiò sopra un piatto di pudding e mi liberai dalla fila insieme ad Elizabeth. “Cosa?! Ho solo dieci ore per rendermi presentabile agli occhi di Louis...”. Cercò una conferma nel mio sguardo. Si capiva subito dal modo in cui inarcava sempre il sopracciglio destro. “Tomlinson” risposi con un ghigno divertito. Il suo viso si increspò leggermente. ”Di Louis Tomlinson?!” concluse, non curante del fatto che potesse sentirci mentre cercavamo uno spazio libero intorno alla sala. 

L'ultima ora di lezione passò flebilmente, trascorsi la metà del tempo con una mano a reggere la testa appesantita dalle troppe figure retoriche e l'altra metà a parlare con Elizabeth. Il senso di intraprendenza stava cominciando a calare con l'andamento della giornata. Una volta tornata in camera feci una doccia fredda di dieci minuti, quanto bastava per scacciare la sonnolenza, e avvolsi i capelli in un asciugamano. “Smettila di usare il mio bagnoschiuma, si sente fino a qui” grugnì Elizabeth dall'ingresso. Sbuffai sonoramente e la raggiunsi nel nostro piccolo salotto. “Dove sei stata?” chiesi per cambiare argomento. “Ad origliare un tizio che stava urlando al telefono” rispose come se fosse una cosa normale e puramente innocua. Pensai di sfuggita al ragazzo a cui chiesi aiuto per trovare la mia aula ma, di colpo, riemersi dai miei pensieri quando sentii un urlo di rabbia provenire dall'esterno. Elizabeth sobbalzò dallo spavento e mi disse di chiudere a chiave la porta per questioni di sicurezza, ma non riuscii comunque a trattenermi dall'osservarlo tramite lo spioncino. Ci avevo azzeccato. “Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse, va bene? È l'ultima volta che mi faccio prendere per il culo da una stronza!” urlò ancora il ragazzo, la sua voce fu accompagnata da un tremolio. Si poteva notare un chiaro rossore sul suo volto, al contrario delle nocche che stavano ormai sbiancando per la troppa forza nel pugno chiuso della mano sinistra. “La mia vita era già uno schifo, poi sei arrivata tu, e adesso mi rendo conto che hai solo peggiorato la mia situazione da due anni a questa parte”. Strizzò gli occhi alzando il capo ed emise un altro urlo trattenuto. Mi girai per verificare la reazione di Elizabeth e si riscoprì esattamente identica alla mia. “Quel tipo è pazzo” dicemmo all'unisono. La campanella strillò per la quinta volta nel corso delle lezioni; asciugai velocemente i capelli e corsi verso l'aula senza nemmeno prendere il libro o aspettare Elizabeth. L'ultima ora del sabato era quasi un sollievo per la salute.

Presi il telefono dal comodino del letto e visualizzai il messaggio di Louis. «Vi aspetto davanti al locale. Mi raccomando, per le nove e mezza dovete essere lì» diceva. Mancavano dieci minuti, il tempo di spegnere le luci e chiudere tutte le tende. Nel farlo vidi in lontananza i fari accesi del taxi, appostato fuori dal cancello dell'instituto. “Muoviti” dissi scorbutica, ero certa che, in quanto mio amico, se la sarebbe presa solo con me. Elizabeth mi passò la borsa e serrammo la porta a chiave lasciando l'altra di scorta sotto lo zerbino. Ci avvicinammo alla vettura velocemente non appena sentimmo una leggera pioggia sopra la nuca. Dopo essere partite presi il telefono e risposi al messaggio, tralasciando il fatto che saremmo arrivate in ritardo. Non era la prima volta che mi auto-invitavo alle sue uscite e, una volta presa l'abitudine, bastava che mi scrivesse l'ora e il posto. Quella sera Louis optò per il Funky Buddha, discoteca famigerata della capitale, o almeno così avevo sentito dire. Quando attraversammo la strada, sfoggiando con maestria i tacchi, ci venne incontro e sorrise. Indossava una camicia di jeans con dei pantaloni stretti neri, in pieno contrasto con il tubino bianco di Elizabeth. “Con me ci sono due amici, e credo che un altro arriverà tra dieci minuti” esordì Louis mentre ci fermammo qualche minuto a lasciare le giacche nel guardaroba esterno. Il posto era pieno quella sera, a malapena si riusciva a respirare. “Morirò”. Elizabeth mi trascinò al bancone e chiese al barista due cocktails forti. La guardai male prima di proferire parola. “Sai benissimo che non mi piacciono i super alcolici”. Mi fece la linguaccia. “Ho bisogno di essere brilla per poter attaccare bottone con Tomlinson” marcò il cognome e sorrise consapevolmente. Arricciai il naso quando sentii il bicchiere freddo a contatto con la mia mano. Era bluastro e decorato con un ombrellino di plastica dello stesso colore. Louis si piazzò davanti a noi e ci presentò i suoi amici; uno di loro, il più alto, aveva degli occhi color miele che facevano invidia. Strinsi gentilmente la mano ad entrambi ma non riuscii a capire i loro nomi per il troppo chiasso. Senza farmi notare dalla mia coinquilina cercai di lasciare il drink su un tavolo poco lontano da noi ma mi colse con le mani nel sacco. “Bevi” ordinò, portandomi la cannuccia alla bocca. Solo dopo vidi che il suo era già finito. Chiusi gli occhi e feci un sorso prolungato per farla contenta, poi mi piacque, quindi ne feci un altro, e un altro ancora. Louis mi picchiettò la spalla per informarmi che l'altro ragazzo stava entrando e che sarebbe andato a recuperarlo. “Ti aspettiamo qui” dissi a voce alta per farmi sentire. Elizabeth lo fissò per l'ennesima volta e sospirò, ordinando una vodka. Ovviamente sarebbe toccato a me riportarla a casa. Diede altri soldi al barman e mi indicò l'amico di Louis, quello con dei begli occhi. “Dovresti provare a parlare con lui, gli piaceresti sicuramente” ammiccò giocando con una mia ciocca di capelli. Sistemai i pantaloncini a vita alta con una mano, l'altra reggeva l'alcolico semi vuoto. Non ero un tipo molto sociale all'inizio ma con il passare del tempo avrei potuto dare il meglio di me, ed Elizabeth lo sapeva bene. La voce di Louis mi timpanò improvvisamente nelle orecchie facendomi girare di scatto. Cercai di rimanere impassibile di fronte al ragazzo strano che si aggirava per i corridoi del college qualche ora prima. Mai avrei pensato che Tomlinson uscisse con gente così lunatica. Si soffermò sui miei occhi e nessuna espressione gli incorniciò il viso. “Harry”. Lessi il labiale sorridendo appena.
  
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