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Autore: Lady Viviana    16/01/2015    0 recensioni
"Un giorno, però, mia madre, esausta, su consiglio di un professore, mi portò da un uomo. Aveva una trentina d’anni ed era di bell’aspetto, quel genere di persona che non puoi non notare quando ti passa per strada, se sei una ragazzina. O anche una donna come mia madre. O mio padre, ma solo per invidiare i suoi successi e nasconderti per i tuoi fallimenti. Capii che voleva fregarmi, ma era simpatico, così gli rivolsi anche un paio di parole. Quando uscii, mi strinse la mano come se fossi stato un uomo e mi diede appuntamento alla settimana successiva. Tornai lì diverse volte, ma ora non so quantificarle. Alla fine, disse soltanto una parola, ma questa cambiò tutto. Sociopatico."
Viaggio all'inferno senza ritorno. Storia di un ragazzo diverso dagli altri, segnato da un destino che non gli lascia scampo. Un ragazzo duro e inflessibile, come l'ossidiana. Ma, come per la pietra, anche per lui sarà possibile scalfire la superficie e tirarne fuori delle schegge.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tutto è iniziato quando avevo 15 anni e passavo il mio tempo in uno scomodo banco del liceo scientifico, in cui ero stato mandato perché “ero intelligente”. A dire il verità, penso sia l’unico complimento che mi sia mai stato detto e, per una volta, avevano ragione: lo sono, più di tutti voi. Ma, dall’altro lato, questo mi ha portato a vedere il mondo in modo… diverso, più… lucido, scandaglio la realtà nei suoi dettagli più infimi. E poi la faccio a pezzi.
Voi mi definite matto, ma io mi ritengo un illuminato.
“Quella che il bruco chiama fine del mondo, per il resto del mondo si chiama farfalla”

Comunque sia, passavo le mie ore su quella sedia a pensare ai fatti miei, interrotto soltanto da qualche professore che non si rassegnava al mio mutismo. I miei compagni, invece, generalmente mi ignoravano, ma ce ne erano tre che non erano niente male, due di loro giocavano anche a basket e ogni tanto fare una partitella con loro mi aiutava a schiarirmi la mente e, soprattutto, teneva buona mamma. Le uniche ore in cui non mi annoiavo erano quelle di arte; la professoressa, infatti, era una vecchia pazza che ci lasciava fare e, anche se regnava l’anarchia, potevo dedicarmi ai miei progetti senza scomode domande. Questo finchè un giorno Quella non sequestrò una pallina da tennis a un mio compagno e la lanciò fuori dalla finestra. Eravamo al terzo piano e cadde nel parcheggio, finendo sotto una macchina. Il lancio mi aveva incuriosito così tanto che, non visto, sgattaiolai fuori dalla porta, scesi le scale e la recuperai, per poi tornare al mio posto.  Nessuno si accorse di nulla, finchè, la pallina stretta nel palmo, non la diedi al legittimo proprietario, sotto lo sguardo sconvolto dei presenti. Da quel giorno, la vecchia megera si fece più attenta e quei momenti di tranquillo far niente finirono.
D’altra parte, spesso a scuola non ci andavo, o non potevo farlo, perché venivo trattenuto in centrale. Mi piaceva minacciare i ragazzini, vedere il loro terrore, il sudore che imperlava le loro fronti quando la lama li sfiorava, la paura e l’angoscia nei loro occhi di bambini appena cresciuti. Mi dava tutte le volte una scarica di adrenalina, una sensazione di piacere. E no, al contrario di ciò che puoi pensare, non lo facevo per i soldi. Non mi interessavano, erano soltanto un di più gradito, ma non cercato. A me interessava solo il potere.
Purtroppo, però, presto divenni noto e gli agenti iniziarono a fermarmi, minacciando di spedirmi in riformatorio se non avessi smesso di comportarmi come un criminale.
Un giorno, però, mia madre, esausta, su consiglio di un professore, mi portò da un uomo. Aveva una trentina d’anni ed era di bell’aspetto, quel genere di persona che non puoi non notare quando ti passa per strada, se sei una ragazzina. O anche una donna come mia madre. O mio padre, ma solo per invidiare i suoi successi e nasconderti per i tuoi fallimenti. Capii che voleva fregarmi, ma era simpatico, così gli rivolsi anche un paio di parole. Quando uscii, mi strinse la mano come se fossi stato un uomo e mi diede appuntamento alla settimana successiva. Tornai lì diverse volte, ma ora non so quantificarle. Alla fine,  disse soltanto una parola, ma questa cambiò tutto. Sociopatico.

  
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