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Autore: Nina Ninetta    16/01/2015    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Epilogo
Stavolta sia per sempre



 
«Sono la sposa più brutta del mondo!»
Grimilde guardò la sua amica Morena dal basso, con uno spillo all’angolo della bocca a mo’ di sigaretta e le mani occupate a sistemare l’orlo dell’abito bianco che, nonostante le modifiche, continuava a farla inciampare.
O forse inciampava perché non era abituata a portare scarpe coi tacchi. In ogni caso, bisognava evitare che rotolasse sul tappeto davanti a tutti gli invitati e a Nicolas Romero che non avrebbe smesso di prenderla in giro neanche fra cento anni.
«Suei l’uonica spuosa capuace dui deprimuersi il giuorno del suo muatrimuonio» le disse la biondina e Morena la guardò, inginocchiata ai suoi piedi:
«Che hai detto?»
«Lascia stare» continuò Grimilde inserendo l’ultimo spillo che teneva stretto fra le labbra e tornando in posizione eretta prese a sistemarle i boccoli sulle spalle:
«Posso sedermi?» chiese la sposa, stanca di fissare la sua figura allo specchio. Fosse stato per lei la cerimonia nuziale si sarebbe conclusa qualche giorno prima nella sala del sindaco di Santiago, ma sua madre era una vecchio stampo e avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di vedere la sua unica figlia femmina sfilare lungo la navata della chiesa con indosso un ridicolo abito bianco di tulle e pizzo.
«No Morena, non puoi sederti! Ti si stropiccia il didietro del vestito» le fece notare la biondina come se le avesse chiesto una cosa assurda
«Ma io sono stanca» si lamentò ancora la ragazza bruna, la cui pelle abbronzata risaltava contro il candore dell’abito
«É il tuo matrimonio, devi essere stanca!» esclamò infine Grimilde, iniziando ad essere seriamente preoccupata per il ritardo di Teddy che avrebbe dovuto portare le fedi nuziali.
Di soppiatto controllò il cellulare, attenta a non farsi scorgere da Morena, già abbastanza in ansia per quel giorno. Lo schermo dell’I-phone mostrava solamente la foto che aveva scelto di impostare come sfondo, la quale ritraeva lei e Martinez immersi in un panorama mozzafiato, scattata durante uno dei loro viaggi in Europa. Anche se quel tramonto alle spalle dei due soggetti sorridenti le sembrava che fosse quello del Cile.
Sicuramente era quello del Cile.
Dopo alcuni mesi di convivenza Grimilde aveva supplicato Alex di portarla nella terra natia di sua madre, l’Irlanda, e lui ovviamente l’aveva accontentata. La biondina era rimasta affascinata da quelle immense colline verdi che si estendevano a perdita d’occhio, fino a fondersi con un cielo azzurrissimo e un sole molto giallo, ma freddo. Era rimasta affascinata dalla flora e dalla fauna del luogo, molto meno dalla gente scostante e sempre imbronciata, o ubriaca di birra già alle dieci di mattina. Non si era riconosciuta in loro, non avevano nulla della sua allegria, della sua spensieratezza, del suo ottimismo e allora aveva capito che da sua madre aveva ereditato solo il gene fisico. Tutto il resto apparteneva a suo padre e al mondo del sud, a quello latino. Per la prima volta si era sentita parte del Cile e ne era stata felice.
É proprio vero, aveva pensato durante il viaggio di ritorno dall’Irlanda, alcune cose bisogna perderle per capire appieno il loro valore e quanto ci teniamo.
 
La porta della stanza si aprì e Teddy ne fece capolino con le chiavi ficcate in bocca, una mano occupata a sorreggere il sudario del suo abito da damigella e nell’altra diverse borse. Si chiuse la porta alle spalle con un colpo di tacco, sputando le chiavi sul letto, mentre le sue amiche la fissavano a bocca aperta, l’unica cosa in ordine in lei erano i capelli, raccolti in una treccia che le ricadeva fin oltre il seno destro.
«Scusate scusate scusate» adagiò il vestito chiuso nel porta abito sul letto e porse il resto delle borse a Grimilde che le prese assottigliando gli occhi azzurri «C’era traffico e …»
«Odori di sesso» disse la ragazza bionda senza neanche un’ombra di sorriso sul viso e l’ultima arrivata avvampò, prendendo a farfugliare
«Incredibile!» sbottò Morena a braccia aperte «Hai fatto tardi il giorno del mio matrimonio per … per …»
« … fare sesso» finì la frase per lei la biondina, con già addosso l’abito da cerimonia, identico a quello che Teddy stava sfruttando per nascondere la sua espressione imbarazzata:
«Ma smettetela!» esclamò, poi si chiuse in bagno, ridacchiando e scuotendo il capo ora che era lontana dagli sguardi indagatori delle sue compagne.
Quella di festeggiare il matrimonio al resort dove tutto era cominciato anni prima (il rincontro tra lei e Nicolas, il colpo di fulmine Diego e Morena, il vortice passionale tra Grimilde e Alex) era stata un’idea dello sposo ed era logico che Teddy e Romero avessero voluto finire quello che avevano lasciato in sospeso nella medesima camera d’albergo, quando solo una fotografia e una verità omessa l’avevano fermata. No, non era stato il pensiero di Marcelo o del suo matrimonio imminente, anzi fra le braccia di Nicolas aveva addirittura dimenticato quel piccolo particolare …
«Martin dov’è?» il tocco di Morena sulla porta del bagno e la sua voce la fecero sussultare. Rispose semplicemente che era con i ragazzi.
 
Martin rise e corse traballante fino a raggiungere il pallone, con le sue gambette corte e grassocce, tentò di dargli un calcio ma finì con il sedere sul pavimento, tuttavia non pianse, ad attutire il colpo c’era il pannolino. Si rialzò, incoraggiato dagli incitamenti di Alexander e questa volta riuscì a calciare la palla che rotolò fino all’atleta cileno. Il bimbo gli si avvicinò, cominciando ad arrabbiarsi perché non riusciva a sottrargli il pallone che Martinez muoveva velocemente a destra e a sinistra fra i piedi:
«Palla, palla!» disse Martin con la sua vocina infantile, ma Alex non sembrava intenzionato a ridargliela.
Diego Torres osservò la scena riflessa allo specchio, divertito, mentre Nicolas gli aggiustava la cravatta che proprio non voleva stare dritta. Nonostante l’aria condizionata, lo sposo sudava e già diverse volte era andato a rinfrescarsi il viso.
Forse Morena aveva avuto ragione – e quando mai! pensò – quando gli aveva detto che sarebbe stato meglio sposarsi in primavera o in autunno, piuttosto che in estate con 35° all’ombra.
Solo un anno fa sembrava che loro due non avrebbero più avuto chance, non avrebbero avuto un futuro insieme, e invece tra qualche ora sarebbero stati marito e moglie.
Tornati in Sardegna si era fatto come aveva deciso lei e a nulla erano valse le scuse e i ti chiedo perdono di Diego per restare sotto lo stesso tetto; il giorno dopo le sue valigie erano già pronte e dopo qualche mese di soggiorno in hotel, aveva deciso che era meglio fittare un appartamento, non lontano dalla casa – la sua casa – in cui vivevano Morena e Martin.
Ogni pomeriggio, dopo gli allenamenti, passava a far loro visita, portando un giocattolo nuovo a suo figlio e un regalo qualsiasi (fiori, gioielli, borse, scarpe, abiti) a lei, la quale gli disse di smetterla di sprecare tutti quei soldi, non le serviva niente. Talvolta prendeva Martin e lo portava a fare una passeggiata, appuntamento a cui Morena non aveva mai presenziato.
Poi una sera si era presentato con la cena e sebbene Morena si era rifiutata di mangiare in sua compagnia, non aveva resistito ai ravioli di carne e scettica si era seduta al tavolo, ma al lato opposto al suo. Avevano mangiato in silenzio, eppure Torres aveva tenuto il sorriso per tutto il tempo e lei lo aveva ammonito, dicendo che non c’era nulla di divertente. La sera dopo si era presentato con le pizze, quella dopo ancora con piatti tipici sardi e così via, fino a quando la ragazza non gli aveva fatto trovare la cena pronta, borbottando che se continuava così avrebbe ripreso tutti i chili persi nei mesi precedenti per colpa sua. La frase era rimasta sospesa nell’aria, la realtà della sua scappatella aveva aleggiato per un po’, poi si erano seduti a tavola, con Martin nel seggiolone, ed erano sembrati una vera famiglia, fino a quando lui non era tornato nell’appartamento in affitto.
La stessa trafila era andata avanti per settimane, Diego aveva cominciato ad avvicinarla con tocchi leggeri, facendoli sembrare casuali: un tocco di mano quando gli porgeva il piatto, lo sfiorare dei capelli quando prendeva Martin dalle sue braccia, un bacio fuggevole all’angolo della bocca quando andava via. Ignorando le sue richieste di non farle più regali inutili e insensati, Torres le aveva portato l’ultimo film del suo attore cileno preferito che non avrebbe mai trovato in Italia e per poco Morena non gli era saltata al collo. Dopo aver messo a letto Martin Diego non era andato via, l’aveva aspettata sul divano e con il DVD del film inserito nel lettore per vederlo insieme. La ragazza bruna non aveva protestato, si era seduta al lato opposto al suo e in silenzio avevano guardato la pellicola. Il problema era sorto durante una specie di riappacificazione fra l’attore protagonista e la co-protagonista che si era conclusa con un dolce bacio e, ovviamente, sotto le coperte. Torres era scivolato verso di lei, prendendo a baciarle il collo e sussurrandole di volerla, di desiderarla fortemente, mentre lei lo allontanava e gli diceva di smetterla, ma lui non l’aveva ascoltata e per farla stare zitta l’aveva baciata, mantenendole le mani dietro la schiena affinché non lo respingesse. Alla fine avevano fatto l’amore ed era stato durante quel lasso di tempo che lui le aveva chiesto di sposarlo.
 
Teddy entrò nella stanza e quasi le venne un infarto vedendo Martin rotolarsi sul pavimento e sganasciarsi dalle risate mentre Martinez gli solleticava la pancia. Aveva la camicia fuori dai pantaloni di tessuto e i capelli in disordine. Nicolas e Diego se la ridevano per fatti loro, forse ricordando un episodio divertente del passato.
«Por Dios!» la ragazza si affrettò a raggiungere il bambino e a rimetterlo su, mentre lanciava occhiate di fuoco a Martinez e agli altri due «Se lo vede la madre così conciato mi sbrana! E poi verrà a cercare le vostre teste bacate!» aggiunse, senza rivolgersi a nessuno in particolare, intenta a dare una sistemata a Martin che protestava vivacemente.
Nicolas Antonio non la sentì neanche. Nel momento in cui aveva varcato la soglia della porta le era parso di vedere una dea. L’abito in chiffon verde acquamarina le scendeva morbido e plissettato fino alle caviglie, con una delicata scollatura incrociata; ai piedi teneva alti sandali dorati che richiamavano la collana e gli orecchini, uno nascosto dalla treccia che cadeva sinuosa oltre il seno. Sugli occhi una velatura di ombretto, le guance colorate dal fard e le labbra lucide di lip gloss.
Martin vide la palla rotolare fuori dalla stanza e con le braccia protese scappò dalla morsa di Teddy per seguirla, la quale tornò in posizione eretta e sollevandosi l’abito gli corse dietro, intimandogli di fermarsi immediatamente. Nicolas la seguì.
 
Riuscì a raggiungere il piccolo Martin solo dopo diversi metri, finì di sistemargli la camicia nei pantaloni e, prima che scappasse di nuovo, lo prese in braccio mentre teneva il pallone stretto stretto a sé. Romero le si avvicinò e le porse aiuto:
«Dallo a me»
«Così lo farete arrivare come uno zingaro alla cerimonia?» abbozzò un sorriso sarcastico «No grazie, lo tengo io» Nicolas si mise le mani sui fianchi e la fissò con sguardo da rimprovero:
«Non dovresti esagerare nelle condizioni in cui ti trovi» Teddy roteò gli occhi al soffitto
«Come devo dirtelo: è solo un ritardo di qualche giorno!»
«Ah, si?! E questa cos’è?» continuò lui, dandole un pizzicotto leggero sulla pancetta che aveva messo su da un po’ di tempo, strappandole un sorriso
«È colpa della cucina italiana» gli rispose, posandogli un veloce bacio sulle labbra.
Nicolas coprì gli occhi di Martin e passò l’altra mano intorno alla vita di Teddy, baciandola seriamente.
 
Grimilde stava spulciando a uno a uno i fiori che Morena le aveva dato a fine cerimonia, quando aveva sventrato il suo bellissimo bouquet e lo aveva diviso equamente fra lei e Teddy. Inalò il profumo delle gardenie bianche e dei lillà che le solleticarono il naso provocandole uno starnuto.
Martinez la avvolse in un abbraccio, posandole un bacio sui capelli, era così piccola che si perdeva nelle stretta delle sue braccia. In silenzio fissarono il sole che in lontananza si immergeva nell’oceano, un’enorme palla arancione che si stagliava contro un immenso azzurro. I lampioni che costeggiavano il terrazzo si accesero e i primi moscerini accorsero alla loro luce, come viandanti assetati berrebbero dalla prima oasi nel deserto.
Né Grimilde, né Alex erano a conoscenza di quel terrazzo, dove Diego e Morena avevano consumato la loro prima cena e dove Nicolas e Teddy avevano avuto la loro prima chiacchierata dopo anni di silenzio. Ma era normale: avevano trascorso la maggior parte del tempo in stanza.
La biondina starnutì di nuovo e lui fece per toglierle i fiori, ma lei lo arrestò, affermando che erano suoi e che glieli aveva regalati la sua amica:
«Allora continuerai a starnutire per tutta la notte …» si fermò solo per sussurrarle all’orecchio « … ed è un peccato perché avevo in programma di festeggiare una notizia …»
Grimilde si girò nelle sue braccia per guardarlo in faccia, la fronte corrugata:
«Che notizia?»
«Sono ufficialmente un giocatore della prima squadra di Milano» e Alex sorrise smagliante, cosa che non fece lei «Milano … Italia …»
«I-Italia?»
«Si bionda, Italia!»
Grimilde iniziò a saltellare e a urlare, aggrappandosi a lui e prendendo a baciarlo ovunque: la bocca, il naso, le guance, la fronte. Quando poi le disse che la città in cui sarebbero andati a vivere distava circa 40-45 minuti di macchina da quella in cui abitava Teddy, la biondina andò in escandescenza. Si sbracciò come una matta per richiamare l’attenzione delle sue amiche che la raggiunsero.
 
Oramai la cerimonia si era conclusa e sul terrazzo erano rimasti gli sposi e i loro testimoni, in compagnia dei grilli e delle cicale, delle stelle e del mare.
Morena e Diego Torres, il quale le stava incollato addosso come per paura di vederla sparire nel nulla se non le avesse tenuto la mano, erano sprofondati nei cuscini del dondolo dopo aver consegnato Martin alla nonna. La sposa teneva il capo adagiato sulla spalla del suo sposo, mentre le carezzava i capelli con le dita, con le gambe tirate fino al seno e le scarpe posate accanto ai piedi dell’altalena.
Grimilde se ne stava seduta sulle ginocchia di Martinez, fra le tre ragazze era quella che aveva ancora energie da spendere. Faceva programmi per il futuro e stilava a voce tutte le città che avrebbe voluto visitare in Italia, portando la conta con le dita:
«A Roma ci sono già stata, quindi rimangono da vedere: Firenze, Venezia e … cosa c’è più?» Risero tutti. Quella ragazza non sarebbe mai cambiata.
Anche Teddy sorrise, inspirando dalla sigaretta, crogiolandosi fra le braccia nude di Nicolas che si puntellava contro la balaustra del terrazzo. I capelli castani di lei continuavano a solleticargli il volto, ma non si lamentava, infondo quella di sciogliere la treccia era stata una sua richiesta e se solo le avesse detto di tenerli fermi Teddy lo avrebbe guardato male, avrebbe sbuffato e li avrebbe legati, e a lui piacevano così.
Le posò un bacio sulla guancia e fu come se migliaia di piume le sfiorassero la pelle. A volte si stupiva di provare ancora dei brividi quando la toccava, l’accarezzava, quando la baciava, o al solo pensiero di fare l’amore con lui.
Come in quel momento.
Stava bene lì, stretta a lui, a chiacchierare con le sue amiche di sempre, quelle di una vita, ma avrebbe voluto prendere il suo volto fra le mani e dirgli:
«Andiamo via, andiamo in stanza, Nicolas, solo noi due. Ho una cosa da dirti …» e allora lui l’avrebbe guardata con quei suoi occhi scuri e velati di malizia, mentre le labbra gli si increspavano in un sorrisino sbieco, chiedendole:
«Cosa hai da dirmi?»
Teddy avrebbe chiuso gli occhi e fatto un respiro profondo, poi li avrebbe riaperti e per la prima volta gli avrebbe detto:
«Te amo!»
 
Fine
 
  
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