Capitolo
14
The
name of the pain
≪Ufficiale 3309, mi può
supportare?≫.
Kayla era stata bloccata da Ruperttikjakmos, con un incarico importante. ≪Non sono riuscito a trovare il
comandante Erol da nessuna parte, può aiutarmi lei?≫. Kayla annuì, non poteva
rifiutare un lavoro. ≪Bene,
abbiamo una nuova lista di esperimenti per oggi. Lei... non ha mai visto le
iniezioni, giusto?≫.
Kayla scosse la testa. Non avrebbe neanche mai voluto vederle. ≪Oh, bene, allora... abbiamo un
prigioniero che deve essere sottoposto alla sua prima. Sarà interessante,
vedrà.≫.
Kayla seguì il capitano verso le celle, mentre entrava e affidava i prigionieri
già testati verso altri esperimenti. Quando ebbe firmato tutti i protocolli,
portò Kayla verso le celle dei prigionieri che non erano ancora stati usati.
Con passo deciso, e fingendo di leggere su una scheda, andò verso una cella, e
fece cenno a Kayla di rimanere in attesa. Entrò, e uscì, portando, mezzo
trascinando, Kai. ≪Kayla!
Cosa sta succedendo?≫.
≪Io... è arrivato il...≫. ≪Erol aveva detto che mancavano
ancora dodici giorni!≫.
≪Mi spiace, ma i prigionieri
dedicati a quegli esperimenti sono morti prematuramente, così il tuo turno e
precipitato fino ad oggi.≫.
Gli occhi di Kai erano pieni di lacrime, Kayla non sapeva come comportarsi. ≪La prenda per le manette, avanti!
Cosa sono queste storie?≫.
≪Capitano, Kayla, cosa sta
succedendo?≫.
Erol. A passi larghi, con la rabbia negli occhi, si diresse verso di loro. ≪Mancano ancora dodici giorni,
prima che questo prigioniero debba affrontare la sua prima iniezione. Cosa
credete di fare?≫.
≪Tutti quei prigionieri che
dovevano affrontare la seconda iniezione sono morti. Hanno sbagliato ancora le
dosi. Neanche mezza settimana sono durati.≫. Kai alzò la testa. Neanche
mezza settimana? Sbagliare le dosi? E lei allora? ≪Già, scommetto che queste dosi
sbagliate erano nel loro pasto, no?≫.
≪Comandante Erol, come può
accusarmi di aver ucciso quei prigionieri? Io faccio tutto questo per il bene
della città e dei suoi abitanti!≫.
≪Ma non posso permetterti di
portarla agli esperimenti prima che sia il suo turno.≫. Ruperttikjakmos lo fissò con i
suoi occhi terrificanti, sottili come fessure. ≪Comandante Erol, mi sta
ostacolando?≫.
Erol non rispose. Sapeva che quello che stava per fare gli sarebbe costato
caro. Scegliere tra le due cose a cui teneva di più. ≪Sa, vero, cosa comporterà se lei
si oppone agli esperimenti, vero?≫.
Erol annuì. ≪Allora
ha deciso. Una settimana in stanza punitiva. Voi due, portatelo via!≫. Chiamò due guardie che facevano
il controllo, per evitare che nessuno scappasse, che presero per le braccia
Erol. Kai lo guardò passare, e si divincolò, ma la stretta di Kayla era ferrea.
Per la sua amata era arrivato a sfidare il barone. ≪Andiamo, 3309. Dobbiamo preparare
la prigioniera per la sua prima iniezione.≫. Kai guardò la direzione dove
avevano portato Erol, mentre una lacrima le rigava il viso.
≪Eccoci qua... Tutto pulito, tutto
per noi... Fa’ sedere la ragazza su quella sedia.≫. Ordinò bruscamente. Kayla
obbedì, assicurandole le manette ai polsi e alle caviglie. ≪Kayla...≫. mormorò Kai, con la voce rotta
dal dolore. ≪Ti
prego, aiuta Erol... lui ha tanto bisogno di qualcuno che lo sostenga... sta
diventando debole, presto il male avvolgerà il suo cuore. Ti prego, aiutalo...≫. Kayla stava per sussurrarle una
risposta, che Ruperttikjakmos la chiamò:≪Vieni
qui... Adesso parteciperai a tutte le azioni di preparazione.≫. Aprì un vano dietro ad una
macchina, e tirò fuori delle siringhe piene di un liquido azzurro. ≪Questo è Eco blu. Serve a
mitigare l’attrito del’eco oscuro nell’organismo della... cavia.≫. Le porse la siringa. ≪Avanti, sai fare le iniezioni,
no?≫.
Kayla strinse i denti, avvicinandosi a Kai. Le scoprì un punto del braccio e le
iniettò in vena l’eco blu. Il corpo della ragazza prese a contorcersi, i raggi
blu la costringevano in convulsioni involontarie. Le rivolse uno sguardo che
chiedeva pietà. Che implorava di venire sciolta, per poter scaricare tutto
quell’eco. ≪E
adesso... la prima iniezione...≫.
Pronunciò Ruperttikjakmos, infilandole nel braccio un’altra siringa. Kai urlò. L’eco,
forzato nel suo corpo, cominciò ad assestarsi nelle sue vene, facendo pressione
dall’interno. Il dolore era atroce. Kayla tentò di scostarsi, inorridita, ma
Ruperttikjakmos la fermò. ≪Lo
vedi? Lo vedi l’eco che ha nel corpo? Non lo sta rigettando. Questo vuol dire
che fra tre giorni potremo darle una seconda iniezione.≫. Gettando via la siringa, andò
verso la macchina, mostrandola a Kayla. ≪Lo
vedi quel iniettore lassù? Tra poco saremo pronti per poterlo utilizzare al
posto delle siringhe. Sarà tutto automatico, niente più iniezioni a caldo con
inutili oggetti da gettare appena usati. Oh... è svenuta. Portala pure via.≫. Kayla sciolse le manette da
Kai, e la riportò in cella. Era leggera. Avrebbe potuto portarla in braccio
come una bambina. Il ragazzino la guardò impaurito, prima di rendersi conto che
era Kai, quella trasportata dalla guardia. ≪Lasciala dormire. È stata dura
per tutti.≫.
mormorò Kayla, chiudendo la cella.
“Oh Precursor... cosa le hanno
fatto?” pensò Jak, adagiando la sua amica sul loro letto. Un piccolo cerotto
copriva il segno della siringa. Jak guardò fuori dalla cella, senza poter
vedere nulla, a parte il muro che segnava il corridoio. “Perché sono così
debole? Perché non riesco a difendere nessuno? Cosa mi è successo, da quando
eravamo a casa?” ≪Piccolo...≫. Jak si voltò verso Kai:≪Io lo so che sei tanto
spaventato. La paura... è normale, quando sei lontano da casa, perduto in un
altro mondo. Io so che Erol non manterrà la sua promessa, che se mi succederà
qualcosa, tornerà da te a farti del male. Devi essere forte, e capire che lui
non ha nessuno. Lo so che sarà dura, ma... ≫. Tacque, cercando le parole. Jak
imprecò mentalmente. Quanto desiderava poter parlare, poter farsi capire,
poterle dire il suo nome, sentirlo pronunciare da lei, lei che era stata così gentile,
in quel nuovo mondo oscuro e malvagio. ≪...
ma io lo so che dentro di te c’è la bontà di perdonare ogni torto subito.≫. Jak la guardò ancora,
impotente, mentre Kai si riaddormentava. Si distese per terra, cercando di
pensare ad altro, di sfuggire via. “Keira, Samos... Dax. Oh, Dax, dove ti sei
cacciato? Dove ti trovi, adesso? Starà bene? Oppure sarà al freddo, sotto un
pezzo di cartone...” “Dovresti pensare a te stesso, invece di quel topastro che
ti ha lasciato in messo ai guai” “Se ci catturavano tutti e due, sarebbe stato
un grande problema, ma con lui fuori, potrà aiutarmi ad uscire!” “E se lui
fosse stato già catturato? E se fosse morto? Ora che non ci sei più tu a
difenderlo, è una preda per ogni genere di animale!”. Il pensiero che Dax
potesse essere morto fu troppo duro, e decise di cercare di dormire. Domani
sarebbe stato un altro giorno, anche se chiuso in quella cella.
Kayla si risvegliò di colpo,
cercando di mettere a fuoco cosa aveva davanti a lei, mentre le ultime immagini
del sogno svanivano dalla sua mente. Si asciugò il sudore, riadagiandosi.
Guardò la(17000 parole!) sveglia. Le due. Fece un sospiro, rigirandosi, ma il
sonno non voleva tornare. Aveva sognato. Un incubo. Non faceva altro che incubi,
da quando aveva partecipato a quella iniezione. E Veger, e Ruperttikjakmos, ed
Erol, riuscivano a farne dieci, anche venti in un giorno. Sentì il cercapersone
che squillava. Il capitano Acheron. “Acheron? Cosa vuole?”. Si vestì, e andò alla prigione. Haven era la
solita, sia di giorno che di notte. La paura che le teste di metallo
attaccassero era tanta, la paura che le guardie prendessero qualcun altro era
tanta, la paura che il giorno dopo fosse stato solo un bel sogno, era ancora di
più. A proposito di sogni, si ricordò l’incubo. Una creatura, una mostruosa
creatura che usciva da una vasca di quello che sembrava eco oscuro. Aveva le
movenze come una bestia selvaggia, ma i suoi lineamenti le ricordavano
qualcosa. E quell’espressione di rabbia... un’ira furiosa, che proveniva da
quegli occhi. Come se tutto l’universo fosse stato in collera. Quegli occhi
neri, senza iride né bianco. Scosse la testa, cercando di cancellarlo. Era solo
un incubo. Aveva mangiato troppo pesante, o aveva ancora in testa l’esperimento
su Kai, ma era solo un incubo. Quella creatura non poteva uscire dal suo sogno.
≪Comandante Acheron, cosa è successo?≫. ≪Dannazione, Kayla, se non lo sapevi potevi chiedere!≫. Kayla si guardò intorno. ≪Chiedere cosa?≫. ≪Gli esperimenti, per tutti i benedetti Precursor! Le persone che sono state sottoposte agli esperimenti devono essere messe in un’altra zona, non possono essere rimesse nella stessa cella da dove vengono. Specie se hanno compagni di cella. Credi che sia un lavoro dedicato alla tortura sul prossimo? Credi che noi non abbiamo un’anima? Vedere come sono ridotti i loro compagni dopo le prime iniezioni rende i prigionieri instabili! Specie quelli più giovani. E con chi era in cella, Kai?≫.
Kayla capì subito. Rischiava di mandare a monte tutti gli esperimenti! Salutò e corse verso la cella del ragazzino. La aprì di scatto, e quello che vide le fece tornare in mente il sogno. Il ragazzino, con un gemito di paura cercò di scappare, ma Kayla lo prese per la collottola. Non era ancora venuto il suo momento. Facendo un respiro profondo, prese le manette che portava alla vita come tutte le KG, e andò verso Kai. Gettò il ragazzino in fondo, stando attenta che non cercasse ancora di scappare. Giusta precauzione. Lo afferrò in tempo per i capelli, fortuna che erano lunghi, e gli diede una scrollata. ≪Credi che solo perché io sia una donna, sia più mollacciona di altri? Vedi di non cercare più di scappare, né con me né con altri, perché non andresti lontano. E non credo che tu voglia farti ficcare una siringa nel braccio prima del tempo.≫. Il ragazzino sembrò capire le sue parole, tanto che si sedette a terra, in fondo alla cella, silenzioso come sempre. Sospirando, mise le manette a Kai, cercando di trasportarla fuori, quando quello che fece il ragazzo attirò la sua attenzione.
Con un pezzo di qualcosa trovato per terra, forse una scheggia di mattone, scrisse sul muro una parola. Erano caratteri precursor. Ma Erol aveva detto che non sapeva scrivere. Si avvicinò lentamente, cercando di decifrare le lettere. ≪Ja... J...a...k. Jak. Cosa significa?≫. Il ragazzino si indicò, poi indicò la parola. ≪Jak... ti chiami Jak?≫. lui annuì. ≪Ca... forte. Pensavo non sapessi scrivere...≫. lui sembrò indignato, cercando di alzarsi in piedi, ma ricadendo sotto lo sguardo di Kayla. ≪Allora... Jak... posso far sapere anche ad altri che ho scoperto il tuo nome? Oppure credi che sarà il nostro segreto?≫. Jak guardò Kai, triste. ≪Vuoi che lo dica a lei? Quando si sveglia?≫. Lui alzò la testa, raggiante. Un lieve sorriso lo illuminava. Kayla sospirò. Era tanto giovane... ≪Va bene. Però, io dovrei dirlo anche agli altri, che ho scoperto il tuo nome. E non preoccuparti. Non ci sarà mica nulla di male, a sentirti chiamare finalmente in un modo decente, invece che “ragazzino” o “moccioso” no?≫. Jak annuì. ≪Bene. Adesso vado, devo portare Kai in un'altra cella. Non aver... ≫. Ripensò a come Kai aveva gridato, durante gli esperimenti. C’era da aver paura. Non poteva dirgli il contrario.
Decise di lasciar cadere il discorso, portando
Kai in un’altra cella. Si fece guidare dalle guardie che erano lì verso la zona
degli esperimenti. Passò di nuovo davanti alla sedia, rabbrividendo, e, aprendo
una delle celle, le dissero che poteva lasciarla lì. Mentre l’adagiava sul
letto, sentì che si era svegliata. Le tolse le manette, aspettando. ≪Cosa... Kayla...≫. Kai si alzò di scatto. I suoi
occhi tornarono verdi, qualsiasi colore fossero prima. ≪Cosa è successo? Dov’è il
piccolo?≫.
≪Jak...≫. ≪Cosa? Cosa hai detto?≫. ≪Il piccolo... il tuo compagno di
cella si chiama Jak.≫.
Kai cercò di rialzarsi, ma le fitte dovute alla pulsazione dell’eco la fecero
rispedire indietro. La stava consumando. ≪Jak...
Grazie, Kayla. Grazie davvero...≫.
In quel momento, chiuse gli occhi. Kayla notò che era troppo strano. Le
premette due dita sulla gola. Non sentiva battito, eppure, qualcosa pulsava. Al
buio della stanza, le vene di Kai, imbottite d’eco, pulsavano luminose di
quell’elettricità violacea. ≪Oh...
Precursor benedetti...≫.
mormorò Kayla, cercando qualcuno che potesse aiutarla.