Anime & Manga > Ranma
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Autore: ciccina_chan    19/01/2015    1 recensioni
AKANE: l'avevo giurato a me stessa, basta relazioni. Eppure con lui era stato impossibile fermarsi: come puoi opporti a un uragano d'estate?
RANMA: non conoscevo una ragazza decente. Lo giuro, non so perché, ho avevano problemi psicologici o idee strane. Ero una calamita per stranezze. Ma poi era arrivata lei, e mi aveva affascinato, conquistato, distrutto. Mi aveva ucciso, totalmente. La cosa più meravigliosa e disastrata della mia vita.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~AKANE

“E forse quel che cerco neanche c’è”
                                                                       - Anonimo

Il giorno seguente mi alzai presto: non volevo farmi vedere in giro per la casa da due sconosciuti in pigiama. Soprattutto se il pigiama in questione era giallo con nuvolette e rotelline. Imbarazzante.
Dopo la doccia indossai l'uniforme della scuola. Non l'avevo ancora provata, lasciandola nella confezione di plastica con il simbolo dell’Istituto. Nonostante l’impazienza di cominciare una vita lontano da quella città, una parte di me la rifiutava, e si esprimeva trascurando un povero vestito.
Lo infilai e lo trovai carino: verde, con sotto una camicetta bianca a maniche lunghe e larghe. Guardandomi allo specchio, toccai il vuoto all’altezza della spalla, sulla quale qualche settimana prima si trovavano i miei lunghissimi capelli. Morbidi e lucidi, sapevo che molte ragazze della mia vecchia scuola me li invidiavano, e sapevo che lui adorava sistemarmeli dietro al collo affondandoci le mani, per potermi baciare meglio.

Un flash e quello che era accaduto mi travolse, lasciandomi a fissare spaventata il mio riflesso.
Feci un respiro profondo e mi staccai dalla scrivania, che le mie mani stringevano con forza.
Una nuova realtà.
Ce l’avrei fatta.

Vedere la faccia imbronciata di Nabiki mentre andavamo a scuola non aveva prezzo: era abituata a girare per la scuola scollata e con pantaloni aderenti e questa uniforme be’, rovinava tutto.
< Una uniforme?! Dio pensavo fossero meglio! Questo è un sacco della spazzatura > continuava a ripetere, mandando occhiate distratte al telefono.
Notai che Ranma la guardava, sorridendo, e ci scambiammo un’occhiata complice mentre lui la imitava in silenzio.

Appena entrati a scuola, tutti gli occhi presenti nella stanza si rivolsero verso di noi. Giusto, era un paese, tutti si conoscevano, eravamo estranee. Ottimo, davvero.
Tenendo lo sguardo basso mi feci guidare in presidenza, cercando di far sì che l’attenzione fosse proiettata su Nabiki. Odiavo quando qualcuno mi fissava, mi sentivo a disagio, a lei invece piaceva, essere al centro dell’attenzione, era pane per i suoi denti.

< Saotome, vai pure in classe > un uomo abbronzato con un paio di occhiali da sole in testa ci fece accomodare in una stanza. “Rettore” diceva il cartellino; possibile che quello fosse il rettore?
< Ma non c’è bisogno di qualcuno che accompagni le ragazze nelle classi? > il tono speranzoso di Ranma mi fece capire che a scuola non era un granché
< Saotome, quante volte devo dirti di andare in classe? È più il tempo che passi in punizione che quello che passi a studiare >
Beccato.
< Okay okay, ci vediamo dopo > e se n’era andato, confondendosi con gli atri ragazzi.          
Notai solo in quel momento che non indossava la divisa maschile, ma un paio di pantaloni della tuta e una maglietta sbracciata alla cinese. Particolare.

Mi vennero consegnati un miliardo di fogli, e raccattai tutti i volantini possibili. Si, ero proprio una volantino – maniaca. Sorrisi. E mi accorsi meravigliata che era uno dei pochi sorrisi spontanei che facevo da sola da un po’ di tempo.
< Sorellina cos’hai da sorridere come un’ebete? Dai andiamo in classe uhm… io sono al piano terra, tu al primo. Ci vediamo dopo > aveva detto, per poi allontanarsi sicura.
Quanto invidiavo la sua sicurezza, la scioltezza dei suoi movimenti, il suo fare sempre noncurante ma attento. Mia sorella era forse la persona più insopportabile e intrigante che avessi conosciuto.
O così pensavo, prima di conoscere meglio Ranma e le sue sfaccettature.
Presa da questi pensieri andai a sbattere contro un ragazzo
< Scusami non ti avevo visto... >
< Oh fanciulla, sei la ragazza nuova giusto? Piacere, io sono Tatewaki Kuno > disse baciandomi una mano
< Uh io, sì. Scusa devo cercare la mia classe > avevo detto un po’ stranita, cercando di superarlo
< Non c’è problema, ti ci accompagno io, questo è il mio regno, in che classe sei? >
< Uhm... 3^ B > dissi ancora titubante
Lui mi afferrò per una mano e mi trascinò su per una rampa di scale, continuando a blaterare cose insensate del tipo “Oh tenera come un fiore” o “il viso di un angelo e lo sguardo di uno smarrito agnellino” ... spero non si riferisse a me, perché l’agnellino lo avrebbe steso velocemente.
Mi divincolai dalla sua stretta e mi limitai a seguirlo, fingendo di non notare il suo broncio.
< Ecco la sue classe oh dolce dea > disse, cercando di prendermi una mano, ma sgusciai via velocemente con un “ciao”.

Ventitré occhi si puntarono su di me mentre consegnavo la mia scheda al professore     
< Signorina Tendo, vuole presentarsi? >
< Uhm > odiavo le presentazioni: mi costringevano a selezionare informazioni importanti, che non mi facessero sembrare noiosa ma che non dicessero nulla di veramente importante < Mi chiamo Akane e ho sedici anni e vengo da Tokyo… uhm be’ cosa dire > merda mi stavo bloccando.
< Dove abiti? >
< Perché ti sei trasferita? >
< Numero di telefono? >
< Hai facebook? >
< È vero che i ragazzi della città sono meglio? >
Sorrisi accondiscendente e risposi evitando accuratamente le prime domande
< A che ti serve? Hahah sì e non ho visto tanto di qua, però si, in città ci sono un sacco di ragazzi interessanti > e scambiai un’occhiata con l’unica ragazza che aveva posto una domanda.
< Va bene, si sieda pure accanto a Yukimura >

Sorridendo alla mia nuova compagna di banco mi ero seduta accavallando le gambe
< Ehi Akane, piacere, sono Sayuri > aveva una voce dolce, e il sorriso sulle sue labbra era altrettanto zuccheroso
< Piacere > sorrisi al suo sorriso raggiante
< Allora, lui è il prof d’italiano, ama discorsi filosofici e psicanalizzare gli studenti, ma è bravo. A proposito, hai visto il rettore? > aveva sussurrato con un tono beffardo
< Bene… chi, il tizio con gli occhiale da sole e la camicia a maniche corte? Davvero è lui il rettore? >
< Essì, è arrivato un annetto fa da non so quale isola, rivendicando il suo posto come preside, e da lì è rimasto. Vedi quel ragazzo lì? > disse indicando Ranma, che stava scarabocchiando qualcosa su un foglio < Be’, è l’unico ragazzo della scuola che esprime apertamente il suo disappunto verso il preside... ormai non viene neanche più punito. Il rettore è un bonaccione, ma si sono urlati contro un paio di volte > aveva continuato, guardando Ranma.
Un cattivo ragazzo insomma, Nabiki ne sarebbe stata entusiasta.
< Tendo, Yukimura, smettetela di parlare > il professore ci fulminò con lo sguardo, noi ci scusammo e iniziammo a prendere appunti.
Durante l’intervallo per il pranzo Sayuri mi aveva afferrato per un braccio, trascinandomi nel corridoio.

Era una ragazza simpatica e diligente, un po’ troppo entusiasta per i miei gusti.
Poi sarebbe però diventata un’ottima amica. Mi avrebbe spalleggiato in momenti importanti, sostenendomi nei momenti di bisogno.

< Allora allora cosa posso farti vedere… Ah sì, ecco, quello è Ryoga Hibiki, il migliore amico di Ranma Saotome > e additò il ragazzo che avevo visto venirmi incontro il giorno precedente.
Era carino, notai: aveva un viso vagamente appuntito ma ben curato, e un sorriso dalla quale spuntava un paio di canini un po’ più lunghi del normale. Era alto, più o meno come Ranma, e ora che guardavo meglio, si assomigliavano molto: entrambi atletici, muscolosi, un enorme ciuffo e senza uniforme scolastica. Erano particolari, entrambi.
Avevano un fascino che richiamava l’oriente, luoghi sperduti, avventure.
< Quando scoppia una zuffa, sono sempre coinvolti. Sono considerati un po’ come i due “massimi” della scuola. Entrambi praticano arti marziali e altre tecniche varie. Sono arrivati qui un paio di anni fa, prima Ranma, poi Ryoga. Quasi tutte le ragazze sbavano dietro a uno dei due, ma le pretendenti di Ranma sono scoraggiate da tre pazze che se lo contendo. Entrambi però sono estremamente timidi e riservati, e innamorati solo delle loro arti marziali > aveva concluso
< Come sei informata > avevo insinuato con un sorrisetto. Un’amica infondo non avrebbe fatto male.
< Nono, non fanno per me, non mi avvicinerei mai ai loro livelli. Io ho uhm altri interessi… > e sorrise ancora, dolcemente.
< E sarebb? > ma non feci in tempo a finire che qualcuno mi tirò una spallata, ponendosi davanti a me.

< Tu, che cosa ci facevi con il mio Lanma questa mattina? > una cinesina mi si era parata davanti puntando un dito contro il mio petto, ma non la guardai nemmeno.
< Io con il tuo Ranma non facevo proprio nulla, e ora scusami > avevo risposto, prendendo Sayuri per un braccio e andandomene
< Tu plova a toccallo e giulo io ti... Oh Lanma amole mio! > l’avevo sentita esclamare, per vederla poi con la coda dell’occhio mentre si attaccava al ragazzo chiamato in causa, che però aveva lo sguardo rivolto verso di me. Ma davvero se la faceva con quella?

Quando fummo in giardino, sedute a mangiare il nostro pranzo, notai lo sguardo sognante di Sayuri < Ehi, perché quella faccia? >
< Davvero non lo sai? No logico, tu sei appena arrivata. Allora, lei è Shampoo e non frequenta il Furinkan, ma lavora nel ristorante della nonna, qui in paese. È una delle pazze di cui ti parlavo, tutti qui lo pensano, compresi i ragazzi quando riescono a riprendersi dalla vista del suo fisico pazzesco. Comunque nessuna ragazza le avrebbe mai risposto così, sei una delle pochissime che ha avuto il coraggio di farlo >
< E perché scusa? Chiunque avrebbe risposto così > okay, magari qualcun altro sarebbe stato più gentile, ma io ero stanca di essere trattata male, avevo imparato a trattare gli altri come trattano te, se non peggio. Insomma, spesso avevo il carattere di una ragazza con il mestruo che deve fare motoria. Spaventoso.
< Non scherziamo. È una esperta di arti marziali e chissà che altri stili di combattimento. Nessuno vuole sfidarla e quindi tutte le ragazze hanno rinunciato a provarci con Ranma, come già ho detto >
< Ma davvero? Bene, molto bene > avevo sussurrato, mentre la mia compagna di banco mi guardava dubbiosa, ma non fece domande sull’argomento.
Quella ragazza mi piaceva sempre di più.

La giornata continuò così, senza movimenti particolari, questo fino a dopo cena, quando mi feci un bagno.   
Il bagno di casa Saotome non aveva mobili sulla quale appoggiare i vestiti, che dovevano essere lasciati nella piccola stanza che lo precedeva. Questo era comodo per una casa abitata solo da due maschi, ma, per una ragazza, poteva essere estremamente imbarazzante, insomma, se qualcuno fosse entrato nell’anticamera, ovviamente priva di una porta dotata di chiave, mentre questa usciva dalla porta?
Quindi sgusciai in fretta nella vasca da bagno, guardandomi costantemente attorno.
Il vapore caldo poi mi avvolse, e non pensai più all’ipotetico guardone della stanza accanto.

Iniziai a giocherellare con la schiuma, guardandola a poco a poco diluirsi.
 Cercava di resistere, ma una specie di moto contrario la portava verso l’acqua, contro la sua stessa incolumità.
Insomma, ciò che era successo a me. Sapevo di dovermi allontanare, sapevo di non dover stargli vicino, ma il suo fascino era troppo grande, e mi aveva portato ad avvicinarmi sempre di più, fino all’incidente, che mi aveva cambiata, radicalmente, totalmente.

Mi alzai di scatto, cercando di scappare dai miei stessi pensieri, e sentendo il solito nervosismo riprendere il suo posto.

Camminai sulle piastrelle a piedi scalzi, lasciando piccole impronte scure.
Mi avvolsi in un asciugamano e spalancai la porta, andando a sbattere contro un altro corpo.

Solido, forte, muscoloso. Questi furono i miei primi pensieri, subito seguiti dalla coscienza di avere un asciugamano troppo piccolo, che lasciava ben poco all’immaginazione.
< A – Akane (?) >
< O mio dio che ci fai qui? Esci subito Ranma! > avevo urlato, stringendo con una mano l’asciugamano e facendo un passo indietro.
Un passo che mi portò a scivolare su una mia precedente piccola e malefica impronta e, di conseguenza, allo stretto contatto con il torace di Ranma. Ancora.
< S – Senti, lasciami > avevo detto, appena ripresa dallo spavento.
Lui mi aveva lasciato il polso, continuando a tenere gli occhi su di me < Non ti preoccupare. Ho visto di meglio > aveva solo detto, lasciandomi di stucco.
Certo, non ero una diva del cinema, ma ero consapevole di avere delle uhm doti ecco, e la sua affermazione mi ferì nell’orgoglio.
Reagii quindi poco delicatamente, d’impulso, come mio solito.
< Che stronzo maniaco > avevo esclamato, per poi uscire afferrando un accappatoio e il pigiama, sbattendo la porta.
Ma come si permetteva quello?

Iniziavo a ricredermi sul suo rapporto con la cinesina, insomma, a livello di modi erano molto vicini.

E con questi pensieri mi buttai sul letto, addormentandomi subito.
Ma non sapevo quanto mi stessi sbagliando.
Non sapevo che in quel momento Ranma, rosso dall’imbarazzo, fosse sotto una doccia fredda, appoggiato con la schiena al muro.
Non sapevo quanto lui e la cinesina fossero diversi, quanto lui non la sopportasse e quanto lei fosse smorfiosa.
Non sapevo come entrambi avrebbero movimentato la mia vita, come l’avrebbero cambiata.

 

  
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