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Autore: Jordan Hemingway    19/01/2015    3 recensioni
Narra la leggenda che all’inizio dei tempi Otto Clan si divisero le terre del Sud, prosperando sotto la guida del Primo Clan, che godeva della protezione dei draghi. Oggi i Clan sono divisi, e il popolo del Primo aspetta un segno dal loro Grande Protettore per tornare alla passata grandezza…
Due Figlie di Drago nate dallo stesso ventre, due metà dello stesso seme. Materiale da leggenda, ma si trattava di capire se da quella leggenda si potessero anche forgiare due armi letali, o se il fatto di essere state divise nel grembo della madre avrebbe influito sulla loro forza.
Prima classificata al contest "Sangue di Drago" indetto da ManuFury su EFP Forum
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Figlia di Drago



9
“A volte è necessario che l’ombra venga alla luce”
Proverbio di Kanduan
 
“Correte, ci sono Guin e Jokowo!”
La voce si sparse in tutta Kanduan, e un numero sempre maggiore di bambini e ragazzi si gettò nelle strade a tutta velocità per raggiungere per primi la piazza antistante il Palazzo del governatore.
Un successo impossibile da prevedere anni prima, quando Guin era solamente l’apprendista di Leung Yaw: ora il capo dei girovaghi si limitava a starsene seduto sul carro guardando lo spettacolo, mentre Guin e il suo partner roteavano con destrezza cerchi di stoffa arabescata, torce infuocate, verdura e frutta, saltando sui trampoli in decine di figure diverse.
Nessuna meraviglia che avessero estinto il debito con il loro maestro anni fa, rifletteva Leung Yaw applaudendo come tutti ad un nuovo numero di Guin, che quel giorno appariva in piena forma, l’inespressiva maschera bianca e nera quasi animata dalle lingue di fuoco delle torce.
Perché Guin rimanesse tra i girovaghi, nonostante il successo crescente, Leung Yaw lo comprendeva bene: grazie alla sua copertura era riuscita ad avvicinare Mezzosangue in ogni territorio dei Clan, portandone in salvo decine. Conrad non smetteva mai di ringraziare il giorno in cui la sorte aveva messo Guin sul suo cammino. I motivi di Jokowo invece gli rimanevano oscuri. L’uomo si era unito alla compagnia qualche anno prima, finendo tra gli apprendisti di Leung Yaw per la sua incredibile agilità. Non era un Mezzosangue, né una spia dei cacciatori: del suo passato non si sapeva nulla, e non amava conversare. Girava voce fosse un rinnegato della Gilda degli Assassini, o un soldato reietto del Primo Clan, o un Vendicatore in viaggio per cercare la sua preda.
Comunque fosse, rimaneva uno dei giocolieri più abili che tutta Kanduan avesse mai visto, come dimostrava l’applauso che ora scrosciava senza accennare a fermarsi, assieme alla pioggia di monete di ogni tipo.
“Un buon raccolto anche oggi, Guin.” Commentò Leung stimando con gli occhi il gruzzolo ammassato in una cesta.
“E aggiungete pure il contributo del Consigliere Tenna: ci ha appena ingaggiati per una cerimonia nuziale stasera.” La voce di Guin esprimeva una profonda soddisfazione, e i suoi occhi brillavano al di là della maschera.
“Di bene in meglio: mi domando quando tu e Jokowo deciderete di abbandonare questa povera compagnia al suo destino.”
“Forse quando tutto il Pantheon deciderà di assistere a uno dei nostri spettacoli.”
“Non manca molto allora.” Scherzò Leung Yaw, assumendo un’aria afflitta, ricevendo subito una manata sulla schiena da Guin.
“Jokowo!” Guin chiamò il compagno, già in procinto di rientrare nel suo carro. “Fra un paio d’ore prepara i cerchi di fuoco per lo spettacolo di stasera.”
L’uomo annuì. “Saranno pronti.”
“Ti unisci a noi per il pranzo?” Chiese Leung Yaw, conoscendo già la risposta. Jokowo scosse la testa, e salì nel carro.
Leung Yaw sospirò. “Non so come tu faccia a sopportarlo.” Confessò a Guin.
“Con lui non ho bisogno di parlare.” Guinevre finì di ripiegare le bandiere che aveva usato nell’esibizione. “ Andiamo a mangiare, maestro.”
 
Il Consigliere Tenna aveva ricompensato lautamente Guin e Jokowo: “Non avevo mai assistito ad uno spettacolo simile.” Guin era soddisfatta: con quei soldi la compagnia avrebbe potuto comprare altri due cavalli, e sarebbe rimasto ancora qualcosa da dividere con Jokowo.
I due camminavano in silenzio per le strette strade di Kanduan, illuminati dalla luce delle lanterne.
L’atmosfera era strana: l’euforia per le nozze della figlia del Consigliere sembrava aver contagiato tutta la città, e Guin non era immune.
“Che cosa farai con la tua parte?” Era raro che domandasse qualcosa di personale a Jokowo, e subito si pentì di quell’impulso a fare amicizia.
“Quando saranno abbastanza, comprerò una spada da Yamaguchi.”
La donna quasi si bloccò dallo stupore. “Una spada di Yamaguchi-sensei?” Il maestro fabbro di Kanduan era un uomo tanto abile quanto riservato: le sue spade erano poche e per pochi, usualmente Condottieri e Signori della Guerra particolarmente meritevoli.
“Come puoi sperare di ottenerne una?”
Jokowo scrollò le spalle, girò la testa verso di lei, fissandole gli occhi al di là della maschera. “Vieni con me.”
 
La bottega di Yamaguchi-sensei si trovava sulla riva del fiume, in un angolo poco frequentato e privo di lanterne. Jokowo grattò la porta leggermente: ad aprire fu lo stesso sensei, che squadrò lui e la sua compagna per qualche minuto. “Entrate.”
Si sedettero al basso tavolo al centro della stanza che fungeva da fucina, camera da letto e cucina allo stesso tempo. “E’ lei?” Chiese Yamaguchi a Jokowo, che annuì. Guin si alzò di scatto e fece per correre verso la porta, ma venne fermata dal braccio di Jokowo, che la costrinse a risedersi.
“Che cosa sai della guerra?” Le chiese Yamaguchi.
I sensi di Guin si tesero allo spasmo. “Che il Primo Clan ha conquistato in pochi anni Sei Clan su Otto. Che il Secondo Clan è l’ultimo Clan libero e sta per cadere. Che tra Kanduan e il Primo Clan sta solo la Terza Armata del Secondo Clan.”
“Sai pure che Kanduan, nonostante sia una Città Franca, è destinata a soccombere, a differenza di quanto credono i Consiglieri.” Commentò aspro Yamaguchi.
Guin rimase in silenzio.
“Non tutti la pensano come i Consiglieri.” Jokowo parlava a voce talmente bassa da risultare un sussurro. “Ci sono persone che pensano sia necessario combattere il Primo Clan, e non stringere accordi commerciali con loro. Queste persone credono che per combatterli sia necessaria una diversa strategia: dobbiamo conoscere il nostro nemico, i suoi punti deboli, chi controlla l’esercito.”
“Il Primo Clan è rimasto isolato per anni. Nessuno può essere a conoscenza di tutto questo.”
“Tranne qualcuno che appartenga al Primo Clan. Qualcuno che se ne fosse allontanato.” Jokowo e Yamaguchi la guardarono. “Qualcuno che ricopriva un ruolo importante per loro, ma che è stato rifiutato.”
Dietro la maschera, Guin strinse i denti.
“I Clan sottomessi hanno adeguato la loro economia e la loro stessa esistenza ai bisogni del Primo Clan.” Yamaguchi-sensei chiuse gli occhi. “Le epurazioni hanno portato alla morte di centinaia di Ibridi. Mio fratello era un artigiano del Quinto Clan: non è riuscito a nascondere le piume ereditate da nostro nonno.”
Jokowo parlò. “Ero un soldato del Secondo Clan. Mia moglie era una Djinn: non usciva mai di casa, ma non è bastato. E’ stata catturata e torturata dal Primo Clan, i nostri figli sono stati trucidati sotto i miei occhi. Poi mi hanno imposto di servire nel loro esercito.”
I tre rimasero in silenzio per lungo tempo.
Infine, Guin alzò la testa. Lentamente, portò le mani sulla nuca e slacciò la maschera, che cadde sul tavolo.
I due uomini fissarono impassibili il suo viso sfigurato.
“Ditemi di cosa avete bisogno.”
 
Era stato un dettaglio a tradirlo, l’unghia del piede destro che Maj aveva dimenticato di dipingere di bianco per troppo tempo, due piume che non aveva strappato al momento giusto. Ora era troppo tardi per rimediare.
Il generale non invocò pietà, non ricordò le innumerevoli battaglie in cui aveva combattuto in prima fila, fianco a fianco con colei che adesso lo guardava con occhi spenti.
Tacque mentre Tuan Hector decretava la sentenza di morte, tacque quando i suoi commilitoni gli sputarono addosso e lo insultarono. Aveva avuto la sua occasione per salire e l’aveva perduta.
Non guardò Vivianne mentre la lama del Tuan gli calava sul collo.
Vivianne non batté ciglio quando Hector le porse la testa dell’Ibrido che aveva osato profanarla. La mostrò all’esercitò, e si unì alle urla dei soldati.
Dentro di lei, a sua insaputa, iniziava a pulsare il battito di una nuova vita.


 


  
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